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Voi dei cinesi non sapete un C....
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Ebook189 pages2 hours

Voi dei cinesi non sapete un C....

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About this ebook

Una storia che vi farà ridere, alla scoperta dei piccoli segreti, delle abitudini, delle stranezze,

delle credenze che si annidano nella mente degli abitanti di questa nazione, visti dalla

esperienza diretta di un uomo italiano che ci ha convissuto per 15 anni e che

ancora dopo molti anni ancora si interroga: cosa passa nella mente di un cinese dal

momento in cui si sveglia al momento in cui se ne va a dormire?
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateMar 29, 2023
ISBN9791221470260
Voi dei cinesi non sapete un C....

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    Voi dei cinesi non sapete un C.... - Fabrizio Farnesi

    Shanghai

    02 Settembre 2008

    Posso avere un bicchiere d’acqua?. Certo, ecco, tieni. Ma… È calda…. . Scusa, perché mi hai dato un bicchiere d’acqua calda? È un caldo che si schianta. Perché l’acqua calda fa bene al tuo corpo. Scusa, e chi lo dice?. Lo sanno tutti!. Forse lo sanno tutti in Cina ma nel resto del mondo, no!.

    Cominciò tutto così.

    2.

    Un passo indietro

    In realtà io arrivai in Cina a fine Agosto 2008 ma la storia era iniziata parecchio tempo prima.

    Come la maggior parte dei miei coetanei (ho 54 anni) il primo contatto con la Cina era avvenuto con Shanghai, il gioco delle bacchette di legno da buttare sulla superficie (tavolo, tappeto, pavimento) e poi a turno cercare di prenderle una ad una senza muovere le altre. Ero anche bravo a quel tempo, mano ferma, pazienza e occhio per vedere quale bacchetta togliere per prima.

    Dopo, nel passare degli anni non c’era stato altro contatto con la Cina, fino a quando aprirono il primo ristorante cinese nella piccola cittadina da cui provengo. Chiaramente, come succede in ogni piccola realtà provinciale, questo fu un evento, il tam tam del primo ristorante cinese in città si sparse così velocemente che il mio gruppetto di amici chiaramente fecero pressione per provarlo in men che non si dica.

    Che dire, ordinammo a caso chiaramente, e a me personalmente il cibo non piacque sia per la presentazione, sia per questo tavolo tondo con questa ruota che girava per portare il cibo in fronte a ogni commensale e soprattutto per i sapori. Ricordo che un mio amico provò a chiedere al cameriere (titolare? era italiano) dove avremmo dovuto mettere una salsa che accompagnava il cibo. Il tizio, con la faccia più sfavata (meno entusiasta) possibile, ci rispose che era uguale, la potevamo mettere ovunque, tanto... come dire... lasciava intendere che per quella schifezza di cibo… sarebbe stato uguale.

    Ne seguirono altri negli anni ma guardai bene di tenermene alla larga. Fino a quando arrivammo al viaggio che mio padre fece con un gruppo di amici/colleghi. Due settimane dopo, al suo ritorno, lui era entusiasta come un bambino.

    Mi ricordo che gli occhi gli si illuminarono quando raccontava del milione di biciclette viste per le strade di Pechino, di ragazze che volevano comunicare con lui in Inglese ma lui purtroppo non lo parlava e di questo cibo (lui molto più abboccato di me) che aveva provato per la prima volta.

    È qualche anno dopo arriviamo al momento della mia laurea. Mia zia adorata, sapendo che mi ero laureato in Scienze Politiche, facoltà bellissima ma di un utilità pratica per cercare lavoro praticamente pari a zero, mi organizzò un incontro con un manager milanese che mi parlò molto chiaramente. Era il 1996.

    Sig. Farnesi, noi (aziende multinazionali , noi ceo, noi businessmen) abbiamo già da qualche anno iniziato ad investire in Cina, perché il prossimo secolo sarà dei cinesi. Lei deve fare così: accedere a un master presso l’istituto superiore di S. Anna di Pisa, e durante i 2-3 anni della durata del corso, prendere lezioni di mandarino, la lingua ufficiale cinese. Al conseguimento del master lei avrà solo una conoscenza intermedia della lingua ma le sarà sufficiente per essere inviato da una delle molte aziende presenti a lavorare là.

    Diretto, schietto, niente fronzoli né sorrisetti, rappresentava proprio nella mia testa l'idea del businessman milanese che vedevo nei film.

    E, dopo averlo ringraziato, feci 2 voli pindarici e pensai; Che cazzo ne so io della Cina? I cinesi sono brutti, vanno in bicicletta, mangiano un cibo di merda e una volta c’era Mao ma ora non più.

    E pensai a quello che avevo in Italia in quel momento; famiglia, amici, donne, sole mare e il miglior cibo del mondo. E mi chiesi E io dovrei lasciare tutto questo per almeno 10 anni, per diventare ricco?. Perché su quello non c’erano dubbi, entro i 40 sarei diventato uno di quei top manager che prendono cifre vergognose, qualunque sia l’azienda.

    Beh, non ci dovetti pensare poi molto, e mi dissi, MA COL CAZZO. Mi sembra chiaro.

    Io dai miei genitori ma soprattutto da 2 fantastiche zie che non avendo avuto figli mi trattavano come un figlio, entrambe maestre, entrambe molto intelligenti e soprattutto entrambe comuniste, non ero stato educato ad inseguire il denaro, ma l’amore, l’amicizia, la passione, i sentimenti, la cultura, una serie di valori che mettevano il denaro in fondo alla lista e quindi non occorre dire cosa feci, ringraziato il manager, me ne continuai per la mia vita.

    Passarono gli anni e l'altro contatto avvenne via televisione. Non so in quale anno ma Rai3 dette una serie, miniserie, di documentari intitolato Megalopolis; quindi, su alcune città del mondo che vanno oltre il concetto di metropoli data la loro grandezza, in popolazione ed estensione.

    Capitò dunque che una di queste città fosse Shanghai. Mi ricordo l’inizio, una ripresa fatta da una telecamera in un'auto che correva sotto una sopraelevata... che era illuminata di un colore cangiante tra un blu elettrico e un verde chiaro sempre elettrico. Affascinante, sorprendente, grande e che sembrava così lontana….

    Visto che sono sempre stato un avido lettore di giornali, riviste, magazines etc., mi imbattei più o meno nello stesso periodo in un articolo che faceva una proiezione sul fatto che nel 2010 ci sarebbero stati 10 milioni di cinesi che pur volendo non sarebbero stati in grado di trovare moglie. Cercai di capire il perché attraverso l’articolo, ma non si spiegavano bene e a parte alcuni fattori culturali, non dicevano molto.

    Un’idea mi balenava nella testa; come vi ho detto prima per l’educazione ricevuta, per me l’amore viene prima di tutto. Io sono quello che crede nel mito greco della famosa mezza mela e che ognuno di noi diviso dalla nostra metà non può e non deve fare altro che cercarla e ricongiungersi, raggiungere il complemento e completamento, questo è il fine ...

    quindi, mi sentivo quasi in dovere di andare ad aiutare ’sti poveri disgraziati a trovare moglie.

    3.

    Come sono finito qui

    Ero alla soglia dei 40 anni, non avevo costruito nessuna carriera, mi ero alternato tra lavori temporanei, contratti a termine, quando ancora erano un'eccezione e non la regola. Postino, spazzino, venditore di giornali, commesso nel negozio di orologi di mio padre, casellante alle autostrade, cassiere di cinema e infine portiere d'albergo. Quest’ultimo lavoro era stato di 9 mesi, da febbraio a ottobre, e l'avevo scelto proprio per poter avere 3 mesi per andare in giro per il mondo. Successe dunque che il mio miglior amico a quel tempo lavorava alle autostrade e a lui andava anche meglio, faceva sei mesi dentro e sei mesi a casa. Fu così che gli dissi: "Fede, visto che abbiamo tempo e ancora salute, perché non ci facciamo il viaggio, quello dei quaranta anni, non la solita vacanza del cazzo ma un viaggio vero, lungo e magari in un posto che sogniamo da tempo. La mia idea era di andare in Argentina, arrivare a Buenos Aires e da lì noleggiare un pick-up e farsi tutta la carrettera che taglia l’Argentina da Nord a Sud fino alla Patagonia ed arrivare a vedere il Perito Moreno, vedere i pinguini e per la via gustarsi la famosa carne argentina.

    Il mio caro amico mi disse: Andiamo in Cina. In Cina? A fa’ che? I cinesi sono brutti, (pensavo alle donne, ovviamente) il mangiare fa schifo, non c’è un cazzo da vedere, perché la Cina?!. Andiamo in Cina o niente. Voleva dire o la Cina o nessun altro viaggio. Conoscendolo, testardo come il capricorno del suo segno, non ci fu verso per un compromesso, provai a proporre altri paesi, ero aperto a quasi tutte le nazioni della terra, ma non vi fu verso, doveva essere Cina o morte.

    Mi venne allora in mente che un altro dei miei migliori amici, dopo aver studiato ingegneria a Londra si era trasferito a HK, prima ancora che diventasse cinese, nel 1994, lì aveva fatto i soldi e vi era rimasto. Essendo in ottimi rapporti lo ragguagliai su questa folle idea della Cina e lui mi disse che avremmo potuto soggiornare a HK prima, ospiti suoi, e da lì organizzare il viaggio in Cina. E così facemmo

    4.

    Arriviamo

    Arrivammo a HK, di sera. Il mio amico ci disse di andare ancora con le valigie in mano a raggiungerlo in un ristorante dove stava cenando con il suo staff. Arrivati, per entrare al ristorante dovevamo prendere l'ascensore, 4° piano. Appena aperta la porta dell'ascensore eri già dentro il ristorante: non potrò scordarmi la vampata di odore (puzzo) che avrei poi sentito ancora negli anni. Era un ristorante hot pot, quindi tavoli con pentoloni nel mezzo pieni di acqua che bolle dove vengono buttati gli ingredienti, ovvero tutto quello che ordini per mangiare. Se non l'avete mai provato, non fatelo! È difficile descrivere la disgustosa sensazione di quell’ odore nell’aria, ma per chiunque abbia un cane è possibile arrivarci. Anni prima mio padre aveva un cane ed era lui che si occupava di dargli da mangiare. La maggior parte delle volte consisteva in riso soffiato bollito insieme a carne, che fosse da scatolette o fresca non cambiava. Ecco, l’odore che emanava quella roba è veramente molto simile a quello dell’hot pot, che tra i tanti tipi di cibo cinese è indubbiamente il più popolare, piace a tutti i cinesi ed è il più disgustoso per noi.

    Comunque, non toccai niente anche se il mio amico mi ripeteva che c’erano tipi di pesce molto costosi, tra cui l’abalone, una roba mai vista prima che è disgustosa alla vista, assomigliando molto alla proboscide di un elefante immersa in acqua.

    Bevvi birra su birra e senza cibo e dopo un viaggio di più di 12 ore in aereo, mi ubriacai, vomitai, e infine andai a letto.

    Girando per le strade di HK i primi 2 giorni venni in contatto con un’altra delicatezza (=schifezza) che noi europei non conosciamo. Stavamo girando in Soho, zona centrale dell’isola.

    C’erano diverse bancarelle che vendevano un po’ di tutto e a un certo punto sentii un forte odore di gas. Alchè dissi al mio amico se stessero facendo lavori alle tubature in zona, ma lui sogghignando mi indicò una bancarella distante 7 o 8 metri e mi disse di guardare ad un frutto in particolare, che chiaramente non avevo mai visto.

    Grande più o meno come un cocomero, ma con delle punte esterne, il Durian è l'unico frutto proibito su un aereo, visto l'odore tremendo che emana, esattamente uguale a quello del gas metano.

    Altre cose che vidi nei negozietti che si affacciavano sulla strada sono rimaste nella memoria solo come le cose più disgustose mai viste; il più delle volte non mi azzardavo nemmeno a chiedere che roba fosse. Incredibile a dirsi, era roba da mangiare. Per loro!

    Due giorni dopo, eravamo su un aereo per le Filippine. Il mio amico Dario ci disse che due volte l’anno, lui con un gruppo di manager, giudici, insomma ricchi occidentali di stanza ad HK, se ne andavano ad Angeles, ex base militare americana che, dopo che i soldati se ne erano andati, era rimasta con due campi da golf e una stradina piena di bordelli.

    Quindi, il giorno golf, cenetta alle 18.00, poi inizio del tour, bordello dopo bordello, dove decine di ragazze, a volte immerse in mega vasche da bagno, con numero addosso, erano lì in mostra, sperando di essere scelte dagli avventori.

    In pratica, una volta scelta una ragazza, questa era tua per l'intera serata e nottata. Ovvero ti accompagnava in caso tu con gli altri amici volessi continuare il giro per locali, poi veniva in camera con te. Dario mi informò che in teoria, una volta pagata la mamasan, non ci sarebbe stato bisogno di dare altro denaro alla ragazza ma che chiaramente avremmo dovuto farlo, visto che tutte le ragazze in questione non facevano altro che mandare i soldi alle rispettive famiglie e se non avete idea di quanto siano povere le Filippine, beh, ve lo dico io, e credeteci.

    Finiti i tre giorni di golf/sesso, tornammo a HK a organizzare il viaggio in Cina.

    Accadde però che una sera, prima dell'ora di cena, Dario ci portò in uno di quei locali, che lui conosceva bene, visto che in anni di business e quindi business dinner, conosceva a menadito tutti i casini o bar dove trovare queste ragazze.

    Andiamo in un posto, penso si chiamasse Laguna, dove c’era una piccola pista da ballo, ma essendo tardo pomeriggio, non c'erano

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