Il Rondinino. La morte – La vendetta – La resurrezione
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“Non più disprezzato, non più maltrattato ma un ragazzo esuberante, bello, deciso, a cui non importava essere amato, doveva riuscire a rimpinguare il suo orgoglio e la sua sete di vendetta contro quel mondo che lo aveva fatto tanto soffrire fino a perdere la coscienza di discernere tra il bene e il male.”
Lui cercherà sempre la vera fede, la fede dell’amore, cercherà la vita del cuore, che per lui come del resto per tutto l’essere umano, è “l’essere amato amando”.
Con Luisa “Risorge”. Risorge all’amore e anche grazie a una strana conversione arrivata da un vero miracolo, da adulto a Medjugorie, ritorna ad amare tutti, anche colui che aveva ritenuto responsabile di tutti i suoi mali, Dio.
Luigi Bertagnoli, più conosciuto come “el Gigi”, vedovo da poco, dopo 53 anni di matrimonio, pensionato, disabile al 100%, vive a Verona con una collaboratrice domestica.
Non ha frequentato scuole diplomatiche o universitarie... Ma molti corsi di approfondimento.
Ora, il giorno, non potendo fare altro, lo passa principalmente al computer. Da questa situazione è nata l’idea di scrivere un libro sulle strane vicende della sua vita.
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Il Rondinino. La morte – La vendetta – La resurrezione - Luigi Bertagnoli
Prima Parte
La morte di un rondinino
La colpa
Sacrilego...Spergiuro....Sacrilego ….Spergiuro, quelle piccole frasi, sussurrate a fil di voce dai miei compagni di collegio, mi rintronano ancora nella mente dopo quasi sessant’anni e ancora non trovo pace. Non era vero! Io sapevo di non essere né sacrilego, né spergiuro.
Tornavo dalla Balaustra dopo aver ricevuto la comunione come tutti i giorni durante la messa mattutina e non potevo difendermi perchè non si poteva parlare con l’Ostia ancora in bocca, ma anche perchè comunque nessuno mi avrebbe ascoltato.... creduto.
Ormai era stata decretata la mia colpa
dalle Alte sfere
del Collegio-seminario dei Padri Redentoristi . Perciò chi si accosta alla comunione senza aver confessato ai superiori una colpa così grave
compie un sacrilegio. E chi nega, giurando, la stessa colpa diventa uno spergiuro. Questa era la dottrina
che vigeva nella chiesa cattolica e che ci insegnavano in collegio.
E ancora... sacrilego....spergiuro....Finalmente, dopo interminabili secondi (a me sembravano secoli) inginocchiato nel banco al mio solito posto potevo rivolgermi a Colui che tutto vede e che tutto sa. E prosternato, con le mani che coprivano il volto, tenevo il corpo di Cristo tra la bocca e le mani...a quel tempo era proibito toccare l’Ostia con le dita ma io volevo, pensavo, ero convinto che in quel modo Gesù era costretto ad ascoltarmi e pregavo dicendo: -
Tu che tutto puoi! aiutami! Vedi come sono ingiustamente accusato! Tu sai che non sono stato io a
rubare" il cioccolatino dal paniere, aiuta il Preside... il Direttore... l’assistente a credermi, ma sopratutto perdona i miei compagni che non sanno quanto male mi fanno con questo sussurrio continuo....Sacrilego...Spergiuro.
Loro non hanno colpa cercano solo di finire al più presto la condanna". Forse...sarebbe meglio mentire...fingere di confessare la colpa
non commessa e liberarmi così da questo insopportabile anatema che mi opprime, così la sera si cenerebbe normalmente e finirebbe da parte loro la smania di dover per forza avere un colpevole... Ma ahimè Signore! Tu lo sai, mentire è peccato! Se mentendo ammettessi di essere stato io a prendere il cioccolatino in più, come un testimone (in buona fede ho visto il Luigi a mangiare 2 volte il pane e cioccolatino
) afferma di aver visto, verrebbe cancellata la sentenza del Rettore: -"Fino a quando il colpevole non avrà confessato, tutti gli studenti di qualsiasi classe e di qualsiasi età rimarranno senza cena".-Si tornerebbe a cenare normalmente ma... perderei l’anima.
Anche il confessore mi esorta a dire la verità
(anche lui convinto che io sia il colpevole)... Ma non sei Tu o Dio che infondi lo Spirito Santo nei preti? Perchè non gliela dici Tu la verità, perchè non dai loro la saggezza di poter scoprire il vero colpevole, se ce ne fosse uno e liberarmi così da quest’incubo che mi lacera lo spirito e mi fa sentire colpevole non tanto di quello che vengo accusato, ma dei forzati digiuni ai quali siamo tutti costretti? Signore Tu vedi il mio pianto, il mio tormento. Signore non ce la faccio più! Sento su di me lo sguardo e l’abominio di quei ragazzi che fino a qualche giorno fa erano tutti miei amici e giocavamo insieme al pallone, ci prendevamo in giro con fraternità ed affetto. Ora tutto è cambiato! Anche Andrea non mi parla più. Lo vedo triste... affranto. Ed io cosa posso fare?. Posso solo difendermi davanti a tutto e davanti a tutti piangendo, cercando di convincerli con la verità e cercando di restare sempre nella Tua Grazia. Mi sento solo Signore e senza il Tuo aiuto senza il Tuo sostegno sento d’essere perduto. Pietà!".
Resto un momento in ascolto; in risposta sento solo il solito .. silenzio! Anche stamattina Gesù non ha potuto ascoltarmi. Forse domani... deluso; tolgo le mani dal volto... la messa è quasi finita,. Le piccole manine sono piene di lacrime... le nascondo come cerco di nascondere gli occhi arrossati. Esco dalla Chiesetta rassegnato, sicuro di dover affrontare un altro giorno di obbrobrio...di insulti... di solitudine.
Ed ora mentre scrivo, rammentando quei giorni, seppur tanto lontani, ancora scendono dalle gote, non più cocenti come quei giorni, ma tiepide lacrime spinte da un’emozione che un cuore tanto dilaniato da quelli eventi, ha saputo perdonare, ma non ha mai potuto dimenticare.
Ma... forse è meglio andare per ordine e spiegare un po’ i fatti dall’inizio. Se qualcuno ha voglia di seguirmi questa è la mia storia. La storia di un
Rondinino qualsiasi che vive la primavera sognando l’estate, cantando e amando la vita, finchè non arriva l’ombra del destino; un Falco! A svuotarlo delle viscere... e a dilaniarne il cuore
.
L’esperienza popolare insegna che il Falco non mangia tutto il Rondinino, ma si limita di nutrirsi delle viscere e bere il sangue dal cuore fino allo svuotamento.
Questa è una storia d’altri tempi, ma purtroppo queste vicende, o simili, succedono ancora oggi portando ragazzi o addirittura bambini, per vendicarsi del mondo, spesso ingiusto nei loro confronti, a formare i Branchi o le Baby-Gang.
L’infanzia
Era il 07 luglio del 1944. La seconda guerra mondiale era verso la fine, verso la tragedia e la sconfitta. Il caldo e l’afa erano soffocanti. Quando all’improvviso si sente la sirena dell’allarme che sibila le dieci fatidiche volte per spronare i cadidavesi a correre nei rifugi e subito dopo, in lontananza, il rumore cupo, stanco, dei caccia alleati, che con il loro carico di morte si accingevano a bombardare. Ma i miei genitori e la levatrice
(l’ostetrica), (la Dèle Comare
quella che ha fatto nascere quasi tutti i miei fratelli oltre a mè), non sentivano o non potevano sentire perchè proprio in quei brutti momenti stavo nascendo io; terzogenito di quella che sarà poi una famiglia molto numerosa; con tredici figli nove maschi e quattro femmine.
Come si può capire i bombardamenti non hanno toccato la mia casa. Ma al secondo allarme, dopo un paio d’ore, mio padre si vide costretto a prendere la bicicletta far sedere mia madre sulla canna
con il neonato in braccio e correre nel rifugio che si trovava nella corte grande
dei nonni paterni, sotto l’aia a quattro/cinquecento metri da casa nostra. Per loro questo tragitto era considerato molto pericoloso per me, ma sopratutto per la salute della mamma perchè a quel tempo una puerpera doveva rimanere in quarantena; cioè a letto e a digiuno per almeno tre giorni poi piano piano ritornava alla vita normale.
Sul Soglio Pontificio regnava Pio XII (Eugenio Pacelli) e i miei genitori, molto religiosi, rispettavano tutti i dogmi e i consigli ecclesiastici. Cosi mia madre , come tutte le puerpere del tempo, rimase quaranta giorni prima di ritornare in Chiesa (la quarantena) e solo dopo il mio Battesimo, finita l’impurità
mestruale e dopo una penitenziale confessione con il sacerdote e successiva benedizione...Poteva essere riammessa a far parte della comunità cattolica e riaccostarsi ai Sacramenti.
Io crescevo in salute. E dai sei ai undici anni, da bravo fanciullo cattolico
tutte le mattine mi alzavo alle cinque meno un quarto per servire alla Messa
delle cinque e trenta sempre in coppia con mio cugino el Gianni
come chierichetti inseparabili.
Prima si cantavano le lodi mattutine, poi i salmi per i defunti, poi....finalmente la Messa... Ah la Messa mi faceva sentire importante con la mia vestina bianca
sempre candida (la mamma ci teneva molto che facessi bella figura perchè, orgogliosa, non voleva che la gente pensasse che con tanti figli, nel frattempo eravamo diventati sette, non avesse il tempo per tenerci in ordine e puliti); …
Non so il perchè ma ci tenevamo tutti