Fogli di poesia
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Da questa maturazione emergeranno non solo la sua personalità e le sue vere aspirazioni, ma anche tutta la sua forza nel crearsi una famiglia e degli amici consoni al suo mondo.
“Le parole, le più belle, le più vere sembra che nessuno abbia la forza di decifrarle, di udirle, di dirle, e che tutti vorrebbero invece dimenticarle. Eppure le parole si danno, si concedono con la loro leggerezza per essere comprese, accarezzate, per lasciar trasparire anime e coscienze, per reggere i pensieri, i loro naufragi nei mondi interiori più imperscrutabili”.
Silvana Chirico studia pianoforte al Conservatorio di Musica di Reggio Calabria, affianca alla musica, e alla passione per il disegno, gli studi letterari ottenendo la laurea in Lingue e letterature straniere. Insegna prima educazione musicale e in seguito inglese. Sviluppa l’interesse per la pittura e la poesia, partecipa a numerose collettive e mostre sul territorio ottenendo recensioni e consensi. Inizia a pubblicare poesie su riviste, come “Calabria Sconosciuta” e in seguito pubblica per una Antologia poetica dell’editore Pagine, curata da Elio Pecora. Recente pubblicazione è un libro di poesie dal titolo: “Una Postilla” - la mano per una matita, Aletti Editore. Tutor all’Università di Perugia nella facoltà di Scienze della Formazione Primaria dal 2021, insegna lingue e letteratura inglese dal 1979. Ultima pubblicazione, la raccolta poetica Nadezda e le onde, Aletti editore.
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Fogli di poesia - Silvana Chirico
Silvana Chirico
FOGLI DI POESIA
© 2022 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma
www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com
ISBN 978-88-306-6916-1
I edizione dicembre 2022
Finito di stampare nel mese di dicembre 2022
presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)
Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa
FOGLI DI POESIA
Nuove Voci - Prefazione di Barbara Alberti
Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.
È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.
Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi
Non esiste un vascello come un libro
per portarci in terre lontane
né corsieri come una pagina
di poesia che s’impenna.
Questa traversata la può fare anche un povero,
tanto è frugale il carro dell’anima
(Trad. Ginevra Bompiani).
A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.
Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.
Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.
Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterly. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov
.
Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.
Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.
Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.
A mia sorella Mirella
A seguire riporto due citazioni a me care,
con riferimento a Il Mito di Clizia
Benché trattenuta dalla radice, essa si volge sempre verso il suo Sole, e anche così trasformata gli serba amore
Ovidio, Metamorfosi
Portami il girasole impazzito di luce
Eugenio Montale
PROLOGO - RACCONTO DAL NULLA
Io esisto, esisto sempre, mi racconto dal nulla. Esisto nel gemito di qualunque essere o cosa che sia pronta a nascere, nella massa in movimento di ogni presentimento, e anche nelle cose che si sono perse, sparite, dissolte.
Esisto negli errori di chi mi rifiuta, ma anche nell’incertezza tremula di chi mi accoglie. Alcuni a volte, si accorgono di me, altri non sapranno mai del mio caduco transitare, ma lì dove mi scopro, è come alleggerire il tuono dalla canna di un fucile, con una tale risonanza, un impatto così mutevole che renderà le cose compiutamente diverse da quel momento in poi.
Mi scopro lentamente da luoghi misteriosi, e appaio nel modo sorprendente in cui vengo percepita, accarezzata, a volte tradita, per non essere riconosciuta nei momenti più adatti.
Il modo in cui viaggio è da sempre un mistero e altrettanto ignota la forma nella quale sceglierò di prendere a respirare.
Certo mi chiedo se sia l’anima, a rendermi creatura speciale, quello spirito di cui tanto si sente parlare, ma ne sono veramente provvista, oppure sono io il traguardo dell’anima stessa?
Bosco, è il nome verdeggiante con cui mi presento, sotto mentite spoglie, in questa storia.
Ora, dall’appellativo, mi dà l’idea di appartenere ad un agglomerato di alberi all’improvviso infittiti, nel bel mezzo di un’isola, lì a socializzare come sopravvissuti, distanti dal resto dell’umanità.
In realtà abito su una barca a motore che è diventata la mia casa galleggiante.
Sono riuscito a salvare solo questa, la più adatta a viverci, delle tre che appartenevano per retaggio al gruppo di pescatori di cui faceva parte anche mio padre. ‘I Calandrini’, così venivano chiamati non per riferimento all’oggetto, e neppure al nome del personaggio del Decamerone di Boccaccio, ma piuttosto nell’estensione del significato del termine, per essere persone bonarie, ingenue, semplici.
Gran bella eredità, dunque, di questo vado fiero, anche se per la pesca, all’età di trentun anni, ho la certezza di non avere grande attitudine, e neppure una passione particolare, pur avendoci provato e riprovato per solidarietà ai desideri di mio padre.
Forse lo aveva sentito da subito anche lui, che infatti scelse per me un nome con simbologia agreste, che non ricorda neppure lontanamente la verosimiglianza con il mare, o un fiume, e neppure con un bagno lacustre.
Eravamo rimasti in due, e per tanti anni la mamma è stata uno scambievole ricordarsi di come era fatta, e di quanto fosse forte e paziente, nominarla dava energia alle nostre faccende.
La presenza di mio padre è svanita col tepore dell’estate, era anziano e un malanno capitò d’improvviso di pari passo con un malessere come un altro.
Rimasto io, la volontà di preoccuparmi di come sopravvivere era veramente scarsa, ho iniziato a dormire sulla barca, un poco alla volta, per sfuggire al silenzio di una casa, svuotata dagli affetti che mi faceva sentire ingombrante, insieme a tutte le cose che sembravano aver perso valore, e mi facevano tristezza.
Al calar della sera, e già all’imbrunire a volte dalla finestra guardando il mare, più volte mi sono sentito attraversare da un grigiore che non riconosco, essendo il mio un temperamento allegro, pervaso da una voglia di vitalità e curiosità verso le faccende del mondo.
Le barche le ho di fronte, sistemate in fila sulle palanche di legno, tinteggiate con cura e verniciate con il flatting per proteggerle dalla salsedine e dal sole. A me sembra che brillino.
Attratto dai colori, dall’acqua di mare, dalle infinite sorprese del mondo così come avrei voluto scoprirlo o solo fantasticarlo, per molto tempo, da bambino, non facevo altro che immaginare posti, che avrei voluto visitare veleggiando, l’India e il suo fiume sacro, l’America e le cime