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Le indagini di Puzzone
Le indagini di Puzzone
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Le indagini di Puzzone

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Un giallo Puzzone
Puzzone è un cane dal fiuto straordinario e dall’intelligenza pronta. È un incrocio tra un ratonero e un segugio da cui ha ricavato le migliori qualità. Dal padre, il ratonero andaluso, ha preso l’istinto di cacciare i topi, dalla madre l’abilità a riconoscere tra mille odori quello giusto, come ha potuto verificare il suo padrone, Walter Bruno.
Durante una passeggiata lungo il Botteniga a Treviso punta verso un arto artificiale. Da questo momento coinvolge Bruno in una storia dai contorni poco chiari. La sua padrona, Flora Zuin, a cui appartiene l’arto, è stata uccisa e il suo corpo diviso in più parti, che Puzzone riesce a individuare.
Il procuratore Depisis brancola nel buio ma le intuizioni di Walter e il fiuto di Puzzone compiono il miracolo di risolvere il caso.

Puzzone e il sottomura
Puzzone, un meticcio frutto dell’incontro tra un segugio e un ratonero, cambia città da Treviso a Ferrara, perché Walter, il suo padrone, si è trasferito. Qui deve ricominciare da capo la sua vita, perché al piccolo terrazzo ha a disposizione adesso un bel prato. Muta lo scenario delle passeggiate serali. Non più un argine ma un ampio sottomura frequentato da altri cani.
Durante la consueta passeggiata il suo fiuto proverbiale gli fa scoprire il corpo di una donna e inizia così la sua nuova avventura.
Walter si trova incastrato in questa vicenda che appare fin dall’inizio complicata dal comportamento di Puzzone e dai dubbi del commissario Ricardo e del procuratore Lopapa.
Walter seguendo l’intuito e sfruttando le doti di Puzzone sbroglia la matassa della morte di questa donna. Lui non deve proteggere solo se stesso ma anche la sua compagna Sofia che l’ha tradito col proprio datore di lavoro.
Tra colpi di scena il puzzle viene ricomposto e appare un’immagine totalmente diversa da quella supposta inizialmente.
Walter e Puzzone cedono la scena al poliziotto e al magistrato lasciando a loro i meriti della soluzione del caso.
Ricardo e Lopapa erano già apparsi nel primo romanzo ambientato a Ferrara, Il mazzo di rose’. Senza l’aiuto di Walter e Puzzone non sarebbero venuti a capo del rebus di una morte misteriosa e di una storia non prevista.

Intrigo internazionale un’avventura di Puzzone
Walter è in viaggio verso Val di Genova con Sofia e Puzzone per le meritate vacanze italiane dopo un anno trascorso a Lodz. Al suo arrivo a Malga Maria nota due strani personaggi che non dimostrano di essere quello che sono. Un uomo che sta nell’ombra e una ragazza, che appare un animale selvatico. Anna, il suo nome, è arrivata dopo un viaggio avventuroso da Mosca attraversando mezza Europa. Lei deve essere messa in salvo col padre, uno spetnaz che ha tradito il suo paese. Sulle loro tracce ci sono due spetnaz che hanno il compito di eliminarli. Puzzone prova simpatia verso queste due persone e avverte che sono in pericolo. Walter, mosso dalla curiosità, indaga su chi sono con discrezione nonostante Sofia lo voglia dissuadere. Alla fine Puzzone e Walter riescono a risolvere questo un intrigo internazionale nonostante tutte le difficoltà e diffidenze che incontrano.

LanguageItaliano
Release dateMar 2, 2023
ISBN9798215989241
Le indagini di Puzzone
Author

Gian Paolo Marcolongo

Un giovane vecchio con la passione di scrivere. Amante delle letture cerca di trasmettere le proprie sensazioni con le parole. Laureato in Ingegneria. In pensione da qualche anno, ha riscoperto, dopo gli anni della gioventù, il gusto di scrivere poesie e racconti.Non ha pubblicato nulla con case editrici ma solo sulla piattaforma digitale di Smashwords e su quella di Lulu.

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    Le indagini di Puzzone - Gian Paolo Marcolongo

    Copyright © 2018-2019-2021-2023 Gian Paolo Marcolongo

    Design di copertina © Samuele Galiazzo - pexels.com

    Tutti i diritti sono riservati. È vietata ogni riproduzione, anche parziale. Le richieste per la pubblicazione e/o l'utilizzo della presente opera o di parte di essa, in un contesto che non sia la sola lettura privata, devono essere richiesti all'autore.

    NOTE DELL'AUTORE

    Il presente romanzo è opera di pura fantasia. Ogni riferimento a nomi di persona, luoghi, avvenimenti, indirizzi e-mail, siti web, numeri telefonici, fatti storici, siano essi realmente esistiti o esistenti, è da considerarsi puramente casuale e involontario.

    ISBN 979821598924

    Un giallo Puzzone

    Gian Paolo Marcolongo

    Copyright © 2018-2019-2021-2023 Gian Paolo Marcolongo

    Tutti i diritti sono riservati. È vietata ogni riproduzione, anche parziale. Le richieste per la pubblicazione e/o l'utilizzo della presente opera o di parte di essa, in un contesto che non sia la sola lettura privata, devono essere richiesti all'autore.

    NOTE DELL'AUTORE

    Il presente romanzo è opera di pura fantasia. Ogni riferimento a nomi di persona, luoghi, avvenimenti, indirizzi e-mail, siti web, numeri telefonici, fatti storici, siano essi realmente esistiti o esistenti, è da considerarsi puramente casuale e involontario.

    ISBN 9780463052631

    1.

    Puzzone era il bastardino di Walter e aveva una tendenza particolare: mettersi nei guai, trascinando anche l'incolpevole padrone.

    Era un meticcio di mezza taglia con un mantello che pareva arlecchino, frutto dei molti incroci del parentado canino. Buono coi buoni, cattivo coi cattivi. Aveva un occhio azzurro e uno nocciola e una bella dentatura forte e robusta che non esitava a mostrare quando lo facevano arrabbiare.

    Walter l'aveva raccolto cucciolo in un cantiere di Treviso. Come ci fosse finito, nessuno lo sapeva. I muratori gli davano gli avanzi delle loro gamelle, sfamandolo, mentre lui teneva loro compagnia. Quando Walter lo prelevò, ci fu un coro di proteste da parte loro. Tuttavia era la soluzione migliore, perché dopo alcune settimane il cantiere avrebbe chiuso e il cucciolo non si sapeva dove sarebbe finito.

    Walter lo chiamò Puzzone, perché faceva davvero una puzza bestia. E ce ne volle prima che l'odore accumulato sul suo pelo né lungo né corto svanisse.

    Sofia, quando vide arrivare in casa quel cane lurido e puzzolente, minacciò Walter: «O tu col tuo cane o io me ne vado».

    Lui cercò di rabbonirla.

    «Lo metto in terrazza».

    Pessima idea. Ci mancò un pelo che i vicini chiamassero i vigili per far smettere i suoi lamenti. Comunque passata la notte, la mattina seguente lo portò in una toilette per cani. Nonostante fosse stato lavato, la puzza rimase, anche se l'aspetto era più presentabile. Sofia gli tenne il broncio per diversi giorni ma alla fine l'umore socievole di Puzzone la contagiò in modo irrimediabile. Così il cucciolo divenne il beniamino di casa. Viziato, coccolato sapeva strappare una carezza dopo ogni disastro che provocava. Il servizio buono del caffè in frantumi, la vetrinetta del mobile basso del salotto infranta, le pantofole di Sofia rosicchiate.

    Era un pomeriggio grigio di dicembre con il Natale ormai vicino, quando Puzzone e Walter fecero una passeggiata lungo uno degli innumerevoli canali che attraversano Treviso e dintorni, il Botteniga.

    Puzzone correva avanti e indietro instancabile, quando si fermò di botto. Immobile. Coda dritta e corpo nella classica postura di chi punta la preda.

    «Dai Puzzone! Muoviti» imprecò Walter che era avanti una decina di metri.

    Però il cane rimase immobile. Pareva una statua. Puntava delle piante palustri cresciute tra l'acqua e l'argine. Walter di malagrazia tornò sui suoi passi deciso a schiodarlo dove si era fermato.

    Pose una mano sul capo di Puzzone e lo sentì fremere, mentre il respiro era quasi assente.

    «Che c'è, Puzzone?»

    Strinse gli occhi per mettere a fuoco quello che puntava il cane. Non vedeva nulla nell'oscurità che stava calando.

    «Forza Puzzone, a casa ti aspettano le crocchette» provò ad ammansirlo senza risultati pratici.

    Di solito il cibo era un ottimo pungolo ma stavolta non faceva effetto.

    Il cane restava fermo col corpo proteso in avanti, fremendo come se avesse la febbre, nonostante lui cercasse di tirarlo.

    Walter allora si avvicinò di più al digradare della riva per osservare meglio e restò a bocca aperta.

    «Mio Dio!» esclamò portandosi una mano alla bocca.

    Adesso capiva il motivo del blocco di Puzzone ma iniziava la parte più complicata.

    2.

    «Mio Dio!» ripeté altre tre volte.

    Quello che vedeva in modo confuso tra le canne palustri cresciute nell'acqua lo lasciava allibito e inorridito. Non poteva crederci. Strinse gli occhi per mettere a fuoco l'immagine che l'aveva reso sgomento. Nessun dubbio ma si domandò cosa fosse collegato a quella scarpina e collo del piede femminile. Un corpo oppure un moncone di arto? L'unico sistema era avvicinarsi ma Walter nicchiava. Rischiava di finire nelle acque gelide del canale con pessime conseguenze.

    Adesso aveva un dilemma: Chiamo la polizia oppure fingo di non aver visto nulla? Però c'era una questione da risolvere: Puzzone, che pareva inchiodato al terreno. Se avesse voluto andarsene, avrebbe dovuto lasciarlo lì, perché non aveva intenzione di muoversi. Il dilemma assomigliava tanto alla vecchia margherita del "t'amo, non t'amo" ma doveva risolverlo in fretta.

    Walter sapeva che non aveva alternative valide all'unica possibile. Convenne che non aveva molto senso cercare di allontanarsi dal luogo dove affiorava quello che pareva un arto umano senza dare nell'occhio. La via che costeggiava il Botteniga era alquanto trafficata e molti condomini vedevano chi passeggiava lungo il canale. Rischiava solo di finire nel tritacarne della giustizia per spiegare i motivi per i quali non aveva fatto i suoi doveri di cittadino scrupoloso. Quindi decise: chiamare il 113 per risolvere i suoi dubbi sul ritrovamento.

    Dopo un'estenuante telefonata per spiegare dove si trovava e perché era lì, Walter convinse una pattuglia dei carabinieri a intervenire.

    «Sofia, tardo a rientrare» telefonò alla compagna nell'attesa del loro arrivo.

    «Perché?» chiese malfidente la donna, in quanto sospettava che volesse nascondere altre verità.

    Un pizzico di gelosia aveva scatenato questa reazione. Walter in effetti non l'aveva mai tradita ma Sofia era convinta del contrario.

    «Ho chiamato la polizia, perché forse c'è una donna morta nel Botteniga».

    Walter udì un profondo sospiro dall'altra parte del ricevitore senza comprenderne il motivo.

    «Vi cacciate sempre nei guai voi due» lo incolpò Sofia e aggiunse. «Non potevi fregartene, anziché telefonare?»

    Walter fece a sua volta un lungo respiro prima di rispondere. Voleva evitare un litigio telefonico. Erano già sufficienti quelli casalinghi.

    «Lasciando Puzzone di guardia al corpo?»

    «Maledetto cagnaccio!» urlò scocciata.

    La telefonata proseguì tra accuse e difese in un dialogo tra sordi, mentre in lontananza si sentiva una sirena in avvicinamento.

    «Ti lascio. Sono arrivati» troncò Walter bruscamente.

    «Fammi sapere» gorgogliò mesta Sofia.

    Un carabiniere munito di una potente torcia si avvicino a Walter che era fermo accanto a Puzzone, che non aveva smesso un attimo di puntare verso le erbe acquatiche.

    Walter si presentò e indicò il punto dove aveva visto affiorare la scarpa, illuminata dalla luce azionata dal militare.

    «Carmelo, chiama rinforzi e i vigili del fuoco. Sembra che in effetti ci sia qualcosa di sospetto tra l'acqua e l'argine» urlò al collega.

    Walter non aveva dubbi. Quella è la parte inferiore della gamba di una donna pensò dopo che la torcia aveva illuminato il punto. E se fosse un arto di un manichino? Fu colto dal dubbio, perché non vedeva un corpo nell'acqua collegato al piede.

    3.

    I lampeggianti blu attirarono dapprima i passanti, poi gli abitanti del condominio vicino ma alla fine ci fu un bel nugolo di curiosi che chiedevano lumi su cosa stava accadendo.

    «Qualcuno è caduto in acqua» disse un signore distinto con la voce di chi la sapeva lunga.

    «Ma non chiamano i pompieri?» obiettò una signora impellicciata.

    Ognuno dava la sua spiegazione e tutti si affacciavano al parapetto in legno che divideva il marciapiede dalla riva per vedere meglio il tratto illuminato dai carabinieri.

    Mentre la folla ingrossava, arrivarono di rinforzo altre tre gazzelle dei caramba e un paio di unità dei vigili del fuoco. Il traffico nella via pareva impazzito tra clacson urlanti e il rumore dei motori su di giri, mentre l'aria era ammorbata dai gas di scarico. A completare il caos giunsero anche i vigili urbani che cercarono di far defluire i veicoli fermi e dare una parvenza di ordine all'assembramento.

    In questo bailamme di voci e suoni l'unico a rimanere impassibile era Puzzone, che continuava a restare fermo come una statua di marmo.

    «Mi può raccontare cosa ha visto» chiese un gallonato dei carabinieri col notes in mano.

    «Ero uscito a passeggio col mio cane come faccio tutte le sere in attesa della cena…» cominciò Walter, che era seconda o terza volta che descriveva a carabinieri diversi cosa era successo.

    «Va bene. Le sue considerazioni non mi interessano. Arrivi al dunque» disse il gallonato, facendo segno con la mano di stringere i preamboli.

    Walter tossì brevemente prima di riprendere la narrazione. Aveva capito che il pezzo grosso aveva la puzza sotto il naso. Quindi la cosa migliore era essere concisi.

    «Camminavo insieme a Puzzone…».

    «Ma Puzzone chi è?» domandò il gallonato, guardandosi intorno alla ricerca di una seconda persona che non vedeva.

    «Il mio cane, brigadiere» sparò Walter leggermente infastidito.

    Il gallonato fece una smorfia eloquente che manifestava tutta la sua stizza per essere stato degradato.

    «Maresciallo, prego» precisò con una punta di prosopopea.

    Walter finse di non notare la sua irritazione per averlo preso per un brigadiere. Per lui i carabinieri erano tutti uguali. Drizzò le spalle e riprese a parlare con tono piatto.

    «Camminavo col mio cane Puzzone, quando si è fermato esattamente dove lo vede adesso. Da lì non si è più mosso. Ho guardato cosa puntava e mi è sembrato di notare una scarpa e un piede femminile. Nel dubbio vi ho chiamati» concluse Walter, mentre il maresciallo prendeva appunti.

    Il maresciallo sollevò gli occhi per fissarlo.

    «Non ha toccato nulla?»

    Walter allargò le braccia e fece un mezzo sorriso subito represso. Non intendeva irritarlo ulteriormente con qualche battuta ironica.

    «La luce era poca e la riva scivolosa. Me ne sono ben guardato dall'avvicinarmi. Fare il bagno nel Botteniga in questo periodo non è il massimo».

    Il gallonato lo squadrò con occhio truce. Le battute di spirito non le sopportava, in particolare in orario di cena. Stasera rischiava di andare a mangiare piuttosto tardi, dovendo subire i rimbrotti di Maria Rosaria, sua moglie.

    «Poi cosa ha fatto?»

    Una domanda inutile secondo Walter ma rispose lo stesso.

    «Nulla. Ho chiamato il 113» precisò con un pizzico d'ironia.

    Il maresciallo stava per dire qualcosa, quando un appuntato attirò la sua attenzione.

    «Marescia'. I pompieri hanno recuperato l'oggetto».

    «Vengo. Arrivo subito» rispose allontanandosi.

    4.

    Walter seguì il maresciallo, ponendosi di fianco a Puzzone, che sembrava che si fosse svegliato dall'ipnosi. Agitò la coda dando una leccata alla mano del padrone, che gli accarezzò la testa. Porca miseria imprecò sotto voce. Se ti fossi scongelato prima, saremo al caldo davanti a un piatto di minestra, anziché qui al freddo e all'umidità del canale.

    Allungò il collo per vedere quale reperto i pompieri avessero recuperato. A occhi e croce pareva un arto ma artificiale. Non quello di un manichino ma una protesi per chi avesse perso la parte inferiore della gamba. Non riusciva a distinguerlo bene, perché il piccolo assembramento gli impediva una buona visione. Se fosse così pensò Walter tirando un sospiro di sollievo, non ci sarebbe nessun cadavere in giro. Si fregò le mani, perché significava che tra non molto poteva tornarsene a casa.

    Sentì parole confuse e sovrapposte, delle quali comprese ben poco.

    «Cosa è?» Fu la domanda che Walter udì pronunciare dal maresciallo. La risposta lo raggelò. La sua intuizione in parte era corretta ma non del tutto. Perse alcune informazioni, perché dovette fermare Puzzone, che cercava di raggiungere il reperto.

    «Calma, Puzzone» lo redarguì con dolcezza, perché non voleva essere coinvolto nel caso.

    Se i carabinieri si fossero accorti dell'interesse del cane verso l'oggetto, lui non avrebbe saputo spiegare come Puzzone l'avesse riconosciuto e i motivi del suo atteggiamento. Agganciò rapidamente il guinzaglio nell'anello per impedirgli di muoversi. Doveva fingere indifferenza.

    Rimase in disparte, cercando di non dare nell'occhio, mentre il telefono squillava. Lo lasciò suonare, immaginando che fosse Sofia che voleva essere informata sulla situazione. Non saprei cosa dire si disse, sperando che la musica cessasse in fretta.

    Puzzone dava segni d'irrequietezza crescente senza che Walter riuscisse a calmarlo. Perché? si domandò, non riuscendo a trovare un nesso tra il comportamento del cane e il reperto riportato a terra. Sembrava che Puzzone conoscesse il proprietario di quella protesi. Provò a tornare indietro nel tempo alla ricerca di qualche possibile indizio senza risultati soddisfacenti. Un conoscente L'aveva informato che vicino al suo posto di lavoro c'era un cucciolo in un cantiere, che avrebbe chiuso dopo poche settimane. «Va là e portalo a casa» gli aveva suggerito, come poi fece. Però da quel momento aveva vissuto sempre con loro. Walter non aveva conoscenti che portassero protesi o qualcosa di simile.

    «Buono, Puzzone» mormorò, lisciandogli la testa.

    Faticava a tenerlo fermo, mentre lui diventava sempre più nervoso. Walter avrebbe voluto minimizzarsi o eclissarsi ma l'irrequietezza di Puzzone rendeva difficile l'operazione

    Non si era mai domandato con quale miscela fosse composto il suo DNA. Non ci aveva mai prestato troppa attenzione prima, ma adesso osservandolo aveva notato il muso appuntito con la corporatura di un bracco o di un segugio. Il mantello e i pelo erano indecifrabili. Però le sue conoscenze in tema di razze canine erano alquanto scarse: per lui era un cane e basta. Qualche ricordo gli tornò in mente. Aveva notato in passato, senza dare peso alle circostanze, che Puzzone possedeva un olfatto assai sviluppato e molto sensibile in grado di percepire gli odori a notevole distanza. Non era la sua unica caratteristica. La sua vista era altrettanto acuta e amava dare la caccia ai topi. Una volta, passeggiando lungo il Sile, aveva individuato un grosso ratto distante un centinaio di metri, il quale non aveva avuto scampo. Una veloce corsa e un colpo secco avevano posto fine alla sua avventura terrena. Per Walter era stata una stranezza inspiegabile, perché gli altri cani evitavano di avvicinarsi a questi grossi topi assai aggressivi. Puzzone invece non aveva esitato un attimo dall'inseguirlo come se il suo DNA avesse risvegliato e scatenato in lui il demone della caccia.

    Adesso ripensandoci e ricollegando questo e altri episodi, intuì che quell'arto artificiale gli aveva ricordato un odore familiare. Ma di chi? si chiese, strattonandolo con impazienza.

    Non osava avvicinarsi al piccolo gruppo di carabinieri e vigili del fuoco nel timore che il cane si tradisse, cercando di annusare il reperto. Doveva mantenere la calma e tenersi distante. Pareva che si fossero dimenticati di lui, mentre discutevano su cosa fare. La sorte fu benigna, perché il maresciallo passò accanto a lui.

    «Signor maresciallo…».

    L'uomo si fermò infastidito.

    «Signor maresciallo» riprese Walter cercando di calmare il tono della voce, «se non servo più, vorrei tornare a casa».

    Il carabiniere aggrottò la fronte, fece una smorfia con le labbra e poi disse: «Vada ma domani in mattinata passi dal comando a firmare la sua deposizione».

    Walter ringraziò, allontanandosi con Puzzone, che pareva restio ad abbandonare la scena del ritrovamento.

    5.

    «Andiamo, Puzzone».

    Walter lo incitò a muoversi per tornare a casa. All'inizio Puzzone si voltava indietro come se fosse pentito di aver seguito il suo padrone ma poi trotterellò accanto a lui, correndo in avanti finché il guinzaglio lo permetteva e tornava al suo fianco tranquillo.

    Mentre Puzzone sgambettava, Walter chiamò Sofia.

    «Siamo di ritorno» comunicò con tono asciutto.

    «Era ora» rispose acida. «Ma c'era davvero il morto?»

    Lui sospiro. Benedetta donna, malfidente e curiosa ma tenne per sé questo pensiero. «Ti racconto tutto a tavola» tagliò corto, chiudendo la conversazione.

    Camminando spedito per riscaldarsi un po' e per non fare troppo tardi per la cena, si domandò più volte perché Puzzone avesse puntato con decisione verso quell'arto artificiale. Quali collegamenti ha avuto con la persona che lo possedeva? Walter, nonostante avesse frugato a lungo nella sua memoria, non aveva rintracciato nessuno con una protesi.

    Rientrato a tavola raccontò a Sofia cosa era successo. «Non conosco nessuno con una protesi artificiale» concluse Walter, spostandosi nel salotto, seguito da Puzzone, che si accoccolò ai suoi piedi.

    «Nemmeno io… a parte Pina, una vecchia amica di mamma» precisò Sofia, sistemandosi accanto a lui sul divano.

    Il compagno scosse la testa. Se questa Pina era un'amica di sua madre, non era di certo giovane, pensò, accendendo il televisore.

    «Ma la scarpa faceva pensare a una donna sui trent'anni» affermò Walter. «La tua Pina ne avrà almeno sessanta».

    Sofia rise, perché aveva indovinato l'età. Ma di certo Puzzone non l'ha mai vista. Non conosce nemmeno mia madre! pensò con gli occhi che brillavano senza un motivo apparente.

    «Hai ragione ma è inutile scervellarsi su questo dettaglio» disse la donna per chiudere l'argomento e vedere il programma televisivo.

    Walter provò a non pensarci ma la vista di Puzzone immobile che puntava verso l'arto artificiale tornava a galla prepotente.

    La mattina seguente Walter passò come di consueto dall'edicola per comprare La Tribuna di Treviso prima di recarsi in ufficio. In prima pagina non c'era nulla. Sfogliò velocemente le pagine interne e trovò un trafiletto abbastanza stringato, che dava notizia del ritrovamento di una protesi nel Botteniga da parte un uomo sui trent'anni e del suo cane. All'inizio si era pensato a un moncherino umano ma poi tutto si era ridimensionato come aveva comunicato il comando dei carabinieri.

    Walter ricordò frammenti di frasi, a cui non aveva dato il giusto peso, dopo il ritrovamento della protesi. Aveva udito ci sono brandelli di carne senza capire a cosa si riferissero. Però per il comportamento di Puzzone era chiaro dove fossero state trovate.

    A Walter rimase strano che un dettaglio importante come quelle tracce organiche sull'arto artificiale non fossero state menzionate dal giornale. Questo particolare non è stato divulgato, ma tenuto nascosto pensò, ripiegando il giornale per infilarlo nella tasca del giubbotto.

    Con qualche minuto di ritardo Walter si presentò al lavoro, dimenticando che doveva passare dal comando per firmare la deposizione come gli era stato richiesto prima di lasciare il luogo del ritrovamento.

    A metà mattinata una telefonata gli ricordò l'impegno. Chieste un paio d'ore di permesso, si presentò alla caserma dei carabinieri.

    «Sono Walter Bruno e il maresciallo mi attende» disse al piantone, che lo condusse nel suo ufficio.

    6.

    «Buongiorno, maresciallo» fece Walter ricordando quanto fosse sensibile al grado e allungò la mano.

    Il gallonato alzò gli occhi dai fogli e ignorando la mano a mezz'aria gli fece cenno di sedersi. Poi riprese la lettura del foglio.

    Il sorriso da ebete di Walter si spense in fretta mentre corrugava la fronte. Stronzo lo apostrofò in silenzio sedendosi composto su una sedia di legno in attesa che parlasse. L'atmosfera era surreale.

    «Le leggo la deposizione» cominciò il maresciallo, mentre Walter annuiva con la testa.

    «Ieri sera verso sedici stavo passeggiando lungo il Botteniga col mio cane…» il gallonato alzò la testa per chiedere il nome dell'animale.

    «Puzzone, maresciallo» precisò con immediatezza.

    Il maresciallo riprese la lettura fino alla fine, dopo aver segnato il nome del cane.

    «In fede Bruno Walter» concluse il gallonato, porgendogli il foglio. «Non mi pare che ci sia altro da verbalizzare».

    Walter annuì col capo prendendo il documento da firmare.

    «Le faccio qualche domanda che ieri sera non ho posto».

    «Dica pure. Spero di soddisfare la sua curiosità» disse Walter immaginandone il tenore. Di sicuro mi chiederà perché Puzzone abbia puntato alla protesi. Saperlo….

    «Mi dica. Il suo cane…» Il maresciallo si fermò schiarendosi la voce.

    «Puzzone, maresciallo» confermò una volta di più il nome.

    «…perché si è fermato dove c'era la protesi?»

    Walter represse subito il sorriso. Aveva centrato quale sarebbe stato il senso della domanda. Doveva fare attenzione alle parole da usare per non trovarsi coinvolto suo malgrado nel giallo del ritrovamento.

    «Signor Maresciallo, mi sono posto anch'io il quesito senza trovare la risposta».

    Il carabiniere lo guardò sorpreso spalancando gli occhi. Non è possibile che ignori il motivo rifletté. È impossibile.

    «Ma il cane è suo? Oppure?» disse col tono di chi dubita sulla veridicità delle parole pronunciate.

    «Certo che è mio» esternò Walter che non capiva dove volesse arrivare.

    Il maresciallo si sistemò sulla sua poltrona di pelle che cigolò sotto il suo peso.

    «Quando si ferma per puntare a qualche oggetto o persona, lei conosce il motivo per il quale lo fa, immagino».

    Il terreno stava diventando scivoloso e negare poteva essere poco credibile.

    «Puzzone… il mio cane» precisò per evitare fraintendimenti sul nome. «Dicevo che il mio cane ha nel sangue gli stimoli della caccia per via di un olfatto molto sviluppato».

    Walter sapeva di aver detto un falso perché Puzzone salvo qualche eccezione non aveva mai dimostrato particolari doti di cacciatore, di conseguenza la sera precedente aveva rappresentato una sorpresa anche per lui. Però si rese conto che non sarebbe stato credibile battere su questo tasto. Nessun cane da caccia punterebbe un oggetto inanimato salvo che non gli ricordasse qualcosa o fosse addestrato per questo scopo. Però per lui non erano vere nessuna delle due opzioni.

    Tuttavia tornato a casa, durante la serata del giorno precedente, colto dalla curiosità aveva fatto una ricerca in rete sui cani da caccia. Dalle immagini aveva riscontrato forti somiglianze con due specie: il ratonero e il segugio. Forte di questi ricordi abbandonò il discorso sull'olfatto puntando su altri argomenti.

    «Pertanto» proseguì Walter abbassando il tono della voce, «quando si è fermato ieri sera ho capito che aveva scovato qualcosa di grosso. Per questo ho chiamato il 113».

    Il maresciallo scosse la testa poco convinto dalle sue spiegazioni. Secondo lui non reggevano, perché erano basate su congetture poco plausibili.

    Walter capì che il gallonato non credeva alle sue parole osservando il movimento del capo e l'arricciare del naso. Doveva spiegare e minimizzare i suoi dubbi.

    «Il mio cane è un meticcio. L'incrocio tra un ratonero e un segugio» sparò la bugia nel modo più credibile con voce decisa e senza pause.

    Walter si accorse che il maresciallo stava per controbattere e non gli lasciò il tempo. «Capisco la sua perplessità ma un amico veterinario me l'ha spiegato, quando ho portato il cucciolo a vaccinare e registrarlo col microchip».

    Lui doveva continuare a inondarlo d'informazioni senza dargli l'occasione di parlare. Ormai era lanciato e non poteva fermarsi.

    «Il muso è del ratonero. Affusolato, a punta e poi è un gran cacciatore di topi».

    Il maresciallo aprì la bocca e spalancò gli occhi per la sorpresa. Se per il segugio aveva vaghe reminiscenze, ignorava l'esistenza di quest'altra razza. Walter colse l'attimo di disorientamento del carabiniere e proseguì.

    «Il mio cane dà la caccia ai topi, che se non vogliono fare una brutta fine, devono fuggire nel modo più rapido possibile. Esattamente come il suo genitore spagnolo».

    «Oh!» fu il gemito del maresciallo a questa cascata di affermazioni. Tutti i suoi dubbi vacillarono.

    Walter era un fiume in piena e continuò a snocciolare parole a raffica.

    «L'olfatto e il carattere l'ha ereditato dal segugio che c'è in lui. Se punta a qualcosa, non c'è verso di smuoverlo».

    Il maresciallo confuso e incapace di ribattere preferì congedare Walter, perché la protesi non indicava nulla pur presentando dei reperti organici.

    7.

    Il sabato mattina della settimana che precedeva il Natale, complice il sole e una giornata non troppo fredda, convinse Walter di portare Puzzone a fare una bella sgambata lungo il fiume Sile nelle vicinanze dell'aeroporto. Non proprio lì ma sulla sponda opposta.

    Sistemata la macchina in modo da non costituire un ostacolo, lasciò libero il cane di correre dove voleva. Abbaiava festoso, muovendosi con frenesia, mentre lui lo seguiva nel prato che costeggiava il Sile. Aveva dimenticato il ritrovamento della protesi, la discussione col maresciallo dei carabinieri per convincerlo che Puzzone aveva solo casualmente intercettato l'arto artificiale. Insomma tutto questo era stato cancellato dalla sua mente. Si godeva la giornata e l'allegria del suo cane.

    Era all'incirca mezzogiorno, quando Walter richiamò Puzzone per tornare alla macchina.

    «Forza Puzzone. È tempo di tornare a casa» urlò per farsi sentire, avendo come risposta solo il furioso abbaiare del cane.

    «Benedetto cane» sospirò avviandosi verso il boschetto da cui udiva provenire la sua voce.

    Immaginò che avesse trovato qualche animale selvatico o la sua tana. Per Puzzone era un gioco vedere il topo o una nutria correre veloci verso un nuovo riparo.

    Seguì un sentiero che conduceva alla riva del fiume, quando vide il cane nella stessa posa di una settimana prima. E no pensò Walter. Questa volta non mi freghi. Vieni via con le buone o con le cattive e non m'importa cosa hai trovato.

    Si avvicinò e vide spuntare dal terreno un corpo nudo che assomigliava a quello di una donna, priva di una parte della gamba e della testa. Era supina e ricoperta in parte da terriccio, come se qualcuno avesse cominciato a seppellirla ma fosse stato interrotto. Nugoli di mosche volteggiavano sul macabro reperto e l'olezza di carne in decomposizione ammorbava l'aria. Fare due più due fu un attimo per Walter e associare quello che vedeva con la protesi di una settimana prima rappresentò una logica conseguenza.

    «Vieni Puzzone» disse Walter agganciando il guinzaglio all'anello. «Quello resta qui e noi ce ne andiamo».

    Lo trascinò con forza verso la macchina, anche se era piuttosto riluttante ad allontanarsi. Non era sua intenzione chiamare polizia o carabinieri, spiegando loro che era pura sfiga imbattersi in corpi umani. Però gli scocciava alquanto lasciare quei resti abbandonati allo sfregio di animali e insetti. Devo parlarne con Sofia si disse mentre guidava per tornare a casa. Non aveva dubbi che lei gli avrebbe suggerito di chiudere entrambi gli occhi ma la sua coscienza di cittadino lo spingeva nella direzione opposta. Più di una volta stava per fermarsi per lanciare l'allarme ma aveva sempre proseguito, rimandando la decisione a più tardi.

    Si domandò se questi due ritrovamenti fossero pura casualità oppure un segno del destino. In entrambi i casi era stato l'olfatto finissimo di Puzzone a scovarli. Quale rapporto c'è tra Puzzone e quel corpo martoriato di donna? si disse mentre parcheggiava nel box di casa. Da quando è entrato in casa nostra non ha avuto mai contatti con donne con un arto artificiale. Quando l'ho raccolto aveva quattro o cinque mesi al massimo. Ma prima con chi abitava?

    Walter si andava convincendo che il mistero era racchiuso in quei pochi mesi ma non c'erano indizi per esplorare quel frammento di vita di Puzzone.

    «Ciao, Sofia. Che buon odorino si sente» disse Walter entrando per mascherare il proprio turbamento.

    La compagna rispose con un grugnito. Era arrabbiata, perché lui se ne era andato in giro senza darle una mano come faceva tutti i sabato mattina.

    Walter comprese che l'umore di Sofia non era dei migliori, quindi ritenne inutile e pericoloso parlare di quei resti umani che Puzzone aveva rintracciato. Però il tarlo di non aver tenuto un comportamento corretto continuava a lavorare. Fare una telefonata anonima nei prossimi giorni per denunciare il ritrovamento era sempre più impellente ma per la giornata odierna non avrebbe fatto nulla.

    8.

    Nel pomeriggio Walter si sedette con giornale e telecomando in salotto che nelle grandi occasioni si trasformava in sala da pranzo. L'arredamento era sobrio: divano di pelle addossato alla parete di fronte al televisore, nell'angolo opposto stava un tavolo di cristallo e acciaio con quattro sedie in paglia di Vienna. Niente tappeti o soprammobili in giro.

    Walter non leggeva il quotidiano né guardava lo schermo ma rifletteva sul ritrovamento con Puzzone accovacciato ai suoi piedi. Trovò superfluo parlarne con Sofia. La settimana prima aveva brontolato a lungo, affermando che era da sciocchi farsi coinvolgere in una storia dai contorni oscuri. Lei non avrebbe chiamato nessuno, fregandosene del ritrovamento.

    Walter non era d'accordo su questo ma o faceva una bella litigata oppure fingeva di accettare il suo punto di vista. Adesso il problema era più serio. Non si trattava di una protesi che poteva essere stata gettata nel Botteniga ma di un essere umano, a cui si sarebbe adattato l'arto artificiale, se

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