Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

Un furto incredibile: Chi ha rubato i miei ovociti?
Un furto incredibile: Chi ha rubato i miei ovociti?
Un furto incredibile: Chi ha rubato i miei ovociti?
Ebook261 pages3 hours

Un furto incredibile: Chi ha rubato i miei ovociti?

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

Torino, 2033. Rachele e Gabriele vogliono diventare genitori. Per farlo decidono di servirsi degli ovociti che lei, ormai quarantenne, ha fatto crioconservare anni prima.
Ma una macabra sorpresa li attende. Quei gameti sono già stati utilizzati da qualcuno che se n’è indebitamente appropriato.
Nel tentativo di comprendere cosa sia accaduto, i due si rivolgono al vicequestore Zamira El Amri, amica di vecchia data di Gabriele e una delle prime poliziotte italiane col velo.
Zamira e il suo fidato collaboratore Claudio Dini avvieranno un’indagine senza precedenti, i cui risvolti si riveleranno molto più ampi e complessi del previsto.
LanguageItaliano
Release dateFeb 28, 2023
ISBN9791281032217
Un furto incredibile: Chi ha rubato i miei ovociti?

Related to Un furto incredibile

Related ebooks

General Fiction For You

View More

Related articles

Reviews for Un furto incredibile

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    Un furto incredibile - Giuseppe Valenti

    Indice

    Capitolo 1

    Capitolo 2

    Capitolo 3

    Capitolo 4

    Capitolo 5

    Capitolo 6

    Capitolo 7

    Capitolo 8

    Capitolo 9

    Capitolo 10

    Capitolo 11

    Capitolo 12

    Capitolo 13

    Capitolo 14

    Capitolo 15

    Capitolo 16

    Capitolo 17

    Capitolo 18

    Capitolo 19

    Capitolo 20

    Capitolo 21

    Capitolo 22

    Capitolo 23

    Capitolo 24

    Capitolo 25

    Capitolo 26

    Capitolo 27

    Capitolo 28

    Capitolo 29

    Capitolo 30

    Capitolo 31

    Capitolo 32

    Capitolo 33

    Capitolo 34

    Capitolo 35

    Capitolo 36

    Capitolo 37

    Capitolo 38

    Giuseppe Valenti

    Un furto

    incredibile

    Chi ha rubato i miei ovociti?

    Capitolo 1

    5 settembre 2033

    Ci voleva proprio questo fresco dopo il caldo di quest’estate pensò Rachele appena sveglia sentendo un’aria insolitamente frizzantina stuzzicarle il viso.

    Quella temperatura era l’ideale per rinvigorire le sue energie, provate dall’afa umida che, come ogni anno, aveva attanagliato Torino nei mesi più torridi e per imprimere lo spirito giusto a quella giornata.

    Un appuntamento importante l’attendeva e Rachele tutto voleva meno che sfigurare. Un abbigliamento accurato, un trucco delicato e la dolcezza del biglietto che Gabriele le aveva lasciato sul comodino si erano rivelati la cornice perfetta per affrontare quell’incontro atteso da anni.

    Appena un’ora dopo, seduta al tavolino del bar di via Luigi Des Ambrois, non smetteva di puntare l’ingresso de La Fenice, il centro di medicina della riproduzione dove aveva riposto sogni e speranze. Le sarebbe bastato attraversare la strada – appena cinque metri dal marciapiede di fronte – per arrivare in perfetto orario al colloquio col direttore. Intanto il tè caldo che stringeva tra le mani coccolava ricordi lontani nel tempo.

    Era l’estate del 2020. Rachele, che aveva da poco compiuto trent’anni, conduceva una vita ricca di soddisfazioni. Grazie alla sua laurea in Filosofia aveva trovato un lavoro che la coinvolgeva e il suo cuore palpitava all’idea di incontrare l’amore vero. Un amore autentico, speciale, diverso, che aveva iniziato a sognare sin da quando, ai tempi del liceo, aveva scoperto Possibly a Love Story di Olivia Fane. Quella lettura l’aveva persuasa che l’amore può esistere anche senza sesso e, soprattutto, libero dall’ansia che la vita sessuale scatena nella coppia. Aveva così fatto sua l’idea che spogliarsi della sessualità e sostituirla con tenerezze, affetto, dialogo avrebbe non solo creato un’intimità particolare, ma sarebbe stato il miglior modo per mantenere un legame saldo e vivo nel tempo, oltre che un ottimo antidoto al conflitto. E proprio quell’estate il destino aveva fatto sì che s’imbattesse nell’uomo che avrebbe dato un nome e un volto a quel suo sentire.

    L’incontro con Mario era avvenuto un pomeriggio di fine luglio nella libreria in centro del suo amico Miguel. Rachele andava a trovarlo quasi ogni giorno, se non altro perché era il posto perfetto per ristorarsi dal caldo asfissiante che quell’anno più che mai soffocava la città.

    «Molto bello Ogawa» l’aveva d’improvviso raggiunta una voce calda alle sue spalle interrompendo la sua immersione ne La locanda degli amori diversi «Ma dovresti leggere Olivia Fane».

    Quel consiglio, a primo impatto brusco e invadente, le aveva trasmesso consonanza, affinità, intesa, pescando senza saperlo la chiave giusta per accedere alla sua anima.

    D’un tratto Rachele buttò l’occhio sull’orologio del telefonino. Erano le nove e trenta. Il centro medico aveva aperto. Il suo sguardo prese a vagare come quando dalla cima di un monte ci si perde a guardare in basso. Un brivido di freddo le corse lungo la schiena. Indossò la giacca che aveva steso sulla sedia accanto, si sfregò le braccia come per scaldarsi, bevve un altro sorso di tè.

    Mario era entrato nella sua vita con leggerezza. L’aveva corteggiata con costanza e delicatezza, non lesinando premure e attenzioni. La vera svolta era avvenuta qualche settimana dopo il loro primo incontro.

    L’aria vespertina aveva lenito la calura agostana, i rumori del traffico cittadino si erano taciuti, il cielo risplendeva di un’insolita trapunta di stelle.

    Mario aveva organizzato tutto nei minimi particolari. Sul piccolo terrazzino di casa sua aveva apparecchiato una tavola elegante e signorile, seppur non sfarzosa. Il profumo di un delizioso tabulé di bulgur e un vino leggermente frizzante, proprio come piaceva a Rachele, avevano completato un’opera pressoché perfetta. Quella sera Mario aveva confermato il suo essere sorprendente e singolare. Rachele gli aveva confidato la sua visione del rapporto di coppia, di quanto riteneva fondamentale l’ascolto del partner e la possibilità di coccolarne l’anima senza cedere all’erotismo. Lui, totalmente travolto dalla seduttiva sofisticatezza di lei, dopo ore trascorse a chiacchierare non aveva resistito: l’aveva presa tra le sue braccia. Lei si era lasciata avvolgere da quell’inaspettato slancio per risvegliarsi, la mattina successiva, nel suo letto con le narici invase dall’odore del caffè fumante.

    A quella notte erano seguiti nove lunghi anni di unione durante i quali erano rimasti fedeli al loro comune principio: moltissima intimità e zero sesso.

    «Desidera qualcos’altro, signora?».

    Le parole del cameriere risvegliarono Rachele da quel tuffo nel passato. Fece cenno di no con la testa. Poi, come se gli ultimi sorsi di tè avessero potuto infonderle la definitiva dose di coraggio per riaprire la scatola del passato, finì di bere e si avviò al centro di PMA¹.

    «Buongiorno. Sono Rachele Simoni. Ho un appuntamento con il dottor Jemec».

    «Buongiorno. Può attendere qui. Il dottore la riceverà subito».

    Rachele si guardò attorno. L’arredamento era cambiato dall’ultima volta in cui era stata lì. Anche le luci erano più forti di come le ricordava. Istintivamente chiuse gli occhi. Le sembrò di sentire la voce di Mario.

    «Amore, io sono d’accordo a conservare i tuoi ovociti per quando saremo pronti ad avere un figlio, ma non vorrei che tu rischiassi di stare male. Hai sentito cosa ha detto il medico. Gli effetti dell’iperstimolazione non sono da sottovalutare».

    Quell’apprensione da parte del suo compagno era stata per lei l’ennesima carezza all’anima.

    L’idea di conservare gli ovociti a Rachele era venuta leggendo un articolo sul social freezing, una tecnica che offriva la possibilità di crioconservare le cellule riproduttive femminili così da poter disporre di gameti giovani anche andando avanti con l’età.

    Il freddo per fermare il tempo

    Le motivazioni che possono portare a una simile scelta sono le più svariate: aver incontrato tardi l’anima gemella o non averla incontrata affatto, voler attendere una carriera professionale ben avviata, volersi concedere del tempo per sé prima di dedicare le proprie energie alla maternità o, semplicemente, aver maturato il desiderio di una gravidanza anche se non più giovanissime.

    A Rachele, invece, la scelta della crioconservazione era sembrata la soluzione perfetta per completare il suo disegno esistenziale: avere un figlio con la persona che amava senza dover fare sesso. Il fatto, poi, che Mario aveva condiviso quella decisione per lei era equivalso a imprimere un sigillo di qualità sulle sue convinzioni e sulla loro relazione.

    «Buongiorno, signora Simoni. Sono Paul Jemec. Venga. Accomodiamoci nel mio studio».

    Nemmeno il medico era lo stesso con cui Rachele aveva affrontato il percorso di crioconservazione sei anni prima. La cosa comunque non l’aveva stupita. Quando aveva ricontattato il centro per fissare l’appuntamento era stata informata che nessuno dei dottori che aveva conosciuto operava più lì e l’organigramma che aveva sbirciato poco prima in sala d’attesa non aveva fatto altro che confermarlo.

    «Sono qui perché nel gennaio del 2027 ho congelato i miei ovociti presso il vostro centro e, come ho accennato al telefono, adesso vorrei usarli. Con il mio partner abbiamo deciso di avere un figlio. So che sono passati diversi anni dal prelievo, ma allora mi era stato detto che gli ovociti sarebbero potuti rimanere congelati per decenni, quindi…».

    «Signora» la interruppe Jemec non senza imbarazzo «Quando ci ha preannunciato il motivo di questo appuntamento, siamo andati a recuperare la sua posizione e… vede… Secondo quanto risulta dai nostri registri, la signora Rachele Simoni ha già effettuato lo scongelamento dei suoi ovociti nel luglio di due anni fa, ottenendo due embrioni che sono stati trasferiti e sul cui esito non abbiamo avuto riscontro».

    «Ma siete pazzi?» riuscì a malapena a dire Rachele che nell’udire quelle parole si sentì come un pugile che aveva appena incassato un colpo in pieno viso.

    «Vuole un po’ d’acqua?» domandò il direttore.

    Rachele si limitò ad annuire, bevve tutto d’un sorso il bicchiere d’acqua che Jemec le aveva versato e, mal celando il suo profondo turbamento, puntualizzò il suo sgomento.

    «Io non ho mai richiesto lo scongelamento dei miei ovociti. Esigo delle spiegazioni».

    «Due anni fa si è presentata da noi una donna che ha dichiarato di essere Rachele Simoni. Insieme a lei c’era un uomo».

    «Un uomo chi?».

    «Un romeno. Tale Augustin Badea».

    «E non avete controllato i documenti di questa persona? Come avete potuto essere tanto superficiali? Come avete potuto dare i miei ovociti a una donna senza accertarvi che fossi davvero io?».

    «Signora, i documenti che la sedicente Simoni e il suo accompagnatore ci hanno fornito erano in regola. Tenga conto che la nostra équipe è subentrata a quella con cui lei ha avuto a che fare solo nel 2030 e non conosciamo ancora tutti i pazienti che ci sono stati lasciati in carico dalla precedente gestione».

    «Tutto questo è assurdo! Questa faccenda non può certo finire qui! Denuncerò l’accaduto alla polizia».

    «È senz’altro un suo diritto e noi l’aiuteremo a capire. È anche nel nostro interesse scoprire cosa sia potuto accadere, ma per quelli che sono i dati in nostro possesso non risulta ci sia stato nulla di irregolare né di illegale».

    Rachele trattenne a fatica le lacrime. Il suo cuore palpitava impazzito. La sua testa era travolta da uno tsunami. La sua anima si sentiva un fiume in piena incapace di restare negli argini. Il suo corpo, invece, si trincerò dietro una durezza granitica.

    «Avrà presto mie notizie, dottor Jemec. Può starne certo» .

    «Ci ritenga a sua completa disposizione, signora».

    Rachele raggiunse l’auto posteggiata non lontano dalla clinica. Non riusciva a muovere le mani, un peso pareva schiacciarla. Un via vai di pensieri si susseguivano confusi e assordanti. Mise in moto e partì. Solo quando si ritrovò sotto casa notò che, nonostante il centro di PMA fosse distante venti minuti da casa sua, aveva impiegato oltre un’ora per farvi ritorno.

    Aprì la porta, si buttò sul letto e scoppiò in un pianto a dirotto. Ancora una volta i ricordi volarono al giorno in cui aveva deciso di congelare i suoi ovociti.

    «Mario, a me sembra un’idea bellissima. Dobbiamo pensare al nostro futuro».

    «Ieri leggevo sull’Indipendent di una certa Fiona Tomasi che, stufa delle lamentale delle sue amiche single e trentenni sull’inesorabile ticchettio dell’orologio biologico e sul non riuscire a trovare il partner ideale per metter su famiglia, ha pensato di fondare The Stork, un’agenzia per coppie finalizzate a procreare. In pratica si tratta di un’organizzazione d’incontri tra uomini e donne geneticamente compatibili che hanno come unico obiettivo quello di fare un figlio. Alcuni magari si sposano pure, altri invece restano co-genitori e, a quanto pare, sono molto felici della loro scelta. Il servizio costa diecimila sterline».

    «Mario, mi sconvolgi! Ma che argomenti prendi? Io il mio uomo ce l’ho già, così come tu hai la tua donna. Se abbiamo deciso di non avere figli adesso non significa che tra qualche anno non potremmo pensare di averne. Si tratta solo di essere previdenti. Sarà come mettere da parte un tesoretto per il nostro futuro».

    In quel momento la voce di Gabriele, seguita al rumore delle chiavi sul mobile dell’ingresso, arrestò il flusso di memorie, ma non i singhiozzi di Rachele.

    «Che c’è, amore? Perché stai piangendo così?» domandò lui vedendola in quello stato mentre con le sue lunghe braccia la stringeva a sè «Calmati, tesoro. Calmati. Ti sta scoppiando il cuore».

    Anche Gabriele era entrato a far parte della vita di Rachele grazie a Miguel. Era stato lui a presentarglielo durante una cena nel freddo gennaio del 2030, alcuni mesi dopo che aveva rotto con Mario.

    «Cara, stavolta non hai scampo» l’aveva accolta l’amico libraio.

    «Ma cosa stai dicendo?».

    «Che, siccome ti voglio bene, ho deciso di farti ancora una volta da Cupido. Lo vedi quel tipo lì in fondo? Si chiama Gabriele, fa il giornalista ed è pronto a far breccia nel tuo cuore. Gli ho raccontato tutto dei tuoi libri preferiti, della tua visione della vita e lui è letteralmente impazzito».

    «Ma è molto più giovane di me!».

    «Sciocchezze, cara mia! Sciocchezze!».

    Così, tra un bicchiere di vino e l’altro, Rachele si era lasciata coinvolgere dai modi misurati e gentili di quel ragazzo alto, slanciato e perfettamente in sintonia con la sua sensibilità.

    «Gabriele, non puoi immaginare cosa è successo…» disse lei prima di dare sfogo a tutto il suo dolore. Perché, se aveva conservato i suoi ovociti grazie a Mario, era stato Gabriele a spalancare il suo desiderio di maternità.

    «Come faremo adesso?».

    «Non fare così, Rachele. Vedrai che si tratta di un disguido, di qualche errore nel database del centro».

    «Ma non potrò più darti un figlio e questo mi distrugge».

    «Questo non è detto. Intanto cerchiamo di capire. Domani andiamo a parlare con una mia amica poliziotta. Sono certo che ci aiuterà a far saltar fuori la verità. Il resto verrà da sé».

    Capitolo 2

    6 settembre 2033

    Alle nove in punto Rachele e Gabriele entrarono al commissariato.

    «Sono Gabriele Innocenti. Ho appuntamento con il vicequestore Zamira El Amri. Mi indicherebbe il suo ufficio?».

    L’usciere gli fece strada.

    Gabriele e Zamira erano stati compagni di liceo. All’epoca lei coltivava il sogno di fare la criminologa, ma alla fine aveva optato per la carriera in polizia.

    I due stavano per bussare alla porta quando una donna con il velo in testa e un paio di occhi di un’intensità capace di rapire al primo colpo anticipò la loro mossa.

    «Gabriele Innocenti!» esordì lei festosa «Non ti vedo dai tempi della maturità. Quando mi hai chiamato, non potevo credere alle mie orecchie».

    «Addirittura! Che esagerata!».

    «E devo ammettere che sei bello come sempre! Entrate, su!».

    Zamira non era solo una bella donna. Il suo cervello brillante, acuto, aperto, la sua capacità di valorizzare le qualità delle persone con cui si rapportava, il suo coraggio, il suo impegno, la sua passione, la sua competenza nelle investigazioni l’avevano fatta divenire in breve tempo un punto di riferimento nazionale, oltre che il più giovane vicequestore d’Italia.

    «Vede, cara…» continuò rivolgendosi a Rachele «il qui presente Innocenti era tra i ragazzi più corteggiati della scuola. Faceva girare la testa a tutte le mie amiche».

    «Me l’ha detto».

    «Sempre modesto tu! Comunque per me sei sempre stato troppo alto, anche se devo ammettere che il tuo è l’animo più gentile che abbia mai conosciuto».

    Rivedere Gabriele per Zamira era stato come aprire un cassetto pieno di foto sparse, trovarsi a tirarne fuori una e riportare a galla cose che credeva smarrite. Tra queste le sue battaglie contro la discriminazione razziale subita a causa della sua identità. Abbattere gli stereotipi sociali e difendere il ruolo della donna in una società in cui etnie diverse si trovavano a coesistere per Zamira erano sempre stati valori non barattabili.

    «Allora, ditemi tutto. Immagino che sia questa bella fanciulla» disse prendendo una sedia e posizionandosi accanto a Rachele anziché accomodarsi dietro la scrivania «il motivo della vostra visita».

    «Infatti, ma è meglio che sia lei a raccontarti tutto».

    «Sentiamo».

    Rachele non se lo fece ripetere due volte. Prese a descrivere gli eventi con un distacco e una lucidità che sembravano surreali.

    «Adesso la vedi serena» puntualizzò, infine, Gabriele «Ma non ha fatto che piangere tutta la notte».

    «È comprensibile, ma reagire è l’unica cosa da fare. Disperarsi non servirebbe a nulla e soprattutto non cambierebbe quello che è stato, anzi potrebbe essere d’ostacolo nel capire come sono andate veramente le cose. Sa, Rachele? Anch’io avrei dovuto congelare i miei ovociti. La carriera mi ha rapita e non ho mai incontrato un uomo che mi convincesse a metter su famiglia. Però il tempo passa lo stesso, specie per noi donne».

    Zamira si alzò e andò verso il telefono.

    «Dini, mi raggiunga nel mio ufficio. L’ispettore Claudio Dini» si affrettò a precisare ai due dopo aver riagganciato «è il mio più fidato collega».

    In quello stesso momento l’ispettore bussò alla porta.

    «Permesso?».

    «Venga pure, Dini. Le presento Rachele Simoni e Gabriele Innocenti, il suo compagno».

    Un uomo sulla cinquantina, dal fisico longilineo e dal portamento elegante accennò un saluto.

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1