Una stella una storia
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Book preview
Una stella una storia - Umberto Iervolino
L’autore a chi legge
Mi è sempre piaciuto leggere nelle commedie di Goldoni, L’autore a chi legge
, il prologo, o il consiglio che don Carlo dava ai lettori.
Era un sogno per me, ma non è assolutamente mia ambizione paragonarmi a chi ha riscritto la nuova drammaturgia dell’arte.
In questo mio scritto ho chiesto aiuto alla mia più profonda conoscenza della semplicità applicata. Ho lasciato da parte i vocaboli che fanno rumore, le parole dotte, che lasciano solchi nelle menti e certe volte il vuoto nell’anima. Ho lasciato il posto all’immaginazione, come si addice a un teatrante e poco a uno scrittore, ma è il mio sistema di dire le cose che penso. Il teatro è sempre stata la mia fonte di ispirazione. È proprio con il teatro che sono arrivato alla giustezza della mia non scelta, di lasciare alla mente del lettore l’introduzione fisica e visiva nella mia storia, o meglio nella storia di Stella. Tutto deve riportare all’idea primaria della scelta, che diventa non scelta, perché determinata degli eventi.
Ogni storia che incontrerete, a mio umile avviso, diventa degna di un approfondimento, ma che non trova il suo naturale sfogo, perché è esattamente quello che voglio, trasmettere, nella sua misteriosa interezza, la storia di Stella, che nulla chiede alla vita, come per paura di rompere un incantesimo che si è verificato nella sua esistenza.
Il senso critico e il senso della partecipazione attiva nella storia stessa, diventando scrittore o personaggio, è questo che chiedo al mio lettore, per percorrere le strade della storia di Stella.
Ognuno si deve sentire parte integrante di questa storia-sceneggiatura, che tocca le corde profonde della famiglia, della vita insieme e della crescita emozionale dei singoli personaggi, affinché i lettori trovino, da spettatori attenti, una loro dimensione nel profondo e introspettivo pensiero, dando il giusto peso e significato alle poche parole, di uso comune, del racconto.
È una storia semplice che parla in modo semplice, pindarica in alcuni punti, ma che trova nell’unione finale la coerenza dei pensieri che vanno in direzioni diverse e che si ritrovano alla fine in un unico concetto significativo. L’amore e le nostre non scelte, sono queste analogie paradossali che ci governano, e che nel corso della vita ci colorano con tinte indelebili, avviandoci in percorsi obbligati che emanano il profumo della vita stessa, e che ci indicano che questa nostra vita deve essere sempre vissuta con intensità e determinazione. La semplicità del non approfondimento scritto, ma certamente del pensiero, che lascia pensare.
Una Stella, una scelta. Il funerale degli incontri
Primo quadro
C’era vento quella mattina sul promontorio di Big Hill, dove si trovava l’Istituto delle serve del Signore.
Quel posto era proprio l’incrocio di tutti i venti, bastava che spirasse un alito d’aria, e Big Hill diventava il centro della bufera perfetta. Un edificio molto bello a vedersi, tenuto decorosamente dalle suore e le altre persone che lo gestivano. Lo stile decisamente coloniale, come se ne trovavano tante nel nostro stato di case così, molto grandi e belle facciate, grandi balconi e colonnati, sembrava di vivere in Via col vento
.
Sorella Rose, la mia preferita, e le altre, erano veramente delle brave persone, del resto io ne ero la prova, ero il frutto della loro dedizione e dei loro insegnamenti. Per una come me, cresciuta con loro, ero venuta su abbastanza bene, con modi da maschiaccio, ma abbastanza contenta del mio modo di fare e di essere, la maschietta che danza, affettuosamente mi diceva Rose.
Quella mattina mi chiamarono all’alba, il solito vento faceva frusciare le foglie degli alberi maestosi e le catene delle altalene del parco che stridevano di ferraglia. Rose, la mia amica e sorvegliante, mi disse che dovevo prepararmi per andare a un funerale. Avevo quindici anni, e tanta voglia di sapere. Pensai fosse passato a miglior vita padre Barry, ma nonostante la sua avanzata età e gli acciacchi che lo perseguitavano, non si trattava di lui.
Sulla collinetta del cimitero di Columbus, c’era il sole e tante persone vestite di nero. Era morta Lane Praker.
Io non la conoscevo, non sapevo chi fosse, ma quando vidi la sua foto gigante, che era su un cavalletto, vicino alla bara, mi resi conto che era uguale a me, o meglio, io ero uguale lei, ci somigliavamo, e la cosa cominciava a turbarmi, non poco.
Un uomo bello, con gli occhiali scuri e un cappotto corto, lasciò cadere un pugno di terra sulla bara, poi le ultime parole del prete e la cassa scese lentamente, per scomparire sotto la linea verde dell’orizzonte che ornava quel prato dall’erba rasa, uniformemente tagliata.
Io cercavo con lo sguardo il volto di Rose, per capire cosa facessi io in quel funerale, quell’uomo, tante altre persone a quel funerale, e io. Lui, mi sembrava di averlo visto da qualche parte e pensandoci bene, anche lei, la defunta.
Avevo un pizzico di magone. È sempre toccante un funerale, specie di una donna giovane e bella, ma pensai roba da femminucce e tirai su col naso. Sorella Rose, mi prese la mano e disse Ora devi sapere una cosa Stella, è ora che tu sappia, ora devi sapere una verità
, e mi accompagnò verso quell’uomo, il più triste, ma anche il più bello. Da vicino era ancora più alto. Rose consegnò una lettera a quell’uomo e aspettò che leggesse; poi lui mi guardò e mi diede la mano come si fa tra uomini, poi mi abbracciò impacciato. Fu bello, fu intenso, ma non capivo ancora nulla.
Era mio padre, e non sapeva di me, come io non sapevo di lui, e Lane Praker era mia madre. Rose era vincolata da un segreto, che non aveva potuto rivelare, anche se avesse voluto, roba di chiesa, roba di preti e di monache, che non capivo.
Lentamente andai di nuovo vicino al ritratto, e dopo averlo osservato, ma questa volta con una nuova attenzione, con decisione lo presi e lo arrotolai: era mio, mi spettava, come minimo, mi spettava di diritto. Arrotolai mia madre, la tenevo tra le mani, era l’unica cosa che potevo fare, e la feci.
Non posso dire che fossi triste, ma la cosa mi confuse molto, e non sapevo cosa stesse succedendo. All’improvviso, mi ritrovavo con un padre vivo ed estraneo, e una foto di mia madre, morta. Troppe emozioni, anche per una come me, che aveva nervi saldi e freddezza da vendere.
Dopo poco tempo, lasciai i miei compagni, la mia vita passata, lasciai molte lacrime di nascosto, per andare a vivere una nuova ed eccitante storia, la mia nuova vita, con tante cose da capire e da sapere, una scelta non mia, ma, una scelta che mi toccava, una nuova non scelta, che dovevo accettare, ancora, ma questa volta sapeva di buono.
Andammo a vivere in periferia di Columbus, scappai diverse volte, e diverse volte mi riportarono da lui, non mi vuole, era questo quello che pensavo, era questo che mi faceva scappare, io non volevo stare con chi non mi desiderava, ma non era così. Lui aveva bisogno di me come io di lui, era il mio pezzo mancante, e io il suo, lui, mio padre, e Lane Praker era mia madre.
Avere una famiglia,