Poema del mare e dei sassi e dei versi cantabrici
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visione quasi profetica il novello Ulisse immagina canti andalusi , gitani e poemi come memoria della sua patria elettiva, il mare, e come memoria dei suoi antichi avi. Come canto delle Sirene.
Nel porto qui dell’immenso golfo e la marina battuta
dall’onde i pescherecci arrivano dall’aperto mare
mare ampio gonfio di acqua e di pesci, lampare
e coste frastagliate e lunghe a volte solitarie
col faro che sovrasta la collina i villaggi fin sopra
le montagne con le mucche al pascolo al notturno
pelago abituate sopra la terrazza in fiore che guarda
oltre l’inferriata di pietre vulcaniche abbrunite
sopra le nuvole dell’alto cielo fino al mare sopra
il tragitto di calcare cosparso in ampi spazi di gelsomini
odorosi di magnolie verdi di campanule profumate
(dal ‘Poema del mare e dei sassi’)
Vincenzo Crosio
Nato a Napoli il 2/2/ 1950 si laurea in Storia contemporanea, specializzato in Storia dell’Arte e della Conoscenza alla Federico II di Napoli con stages di Formazione alla Sorbona di Parigi presso la scuola di Alti studi, in particolare con Tesi sulla epistemologia semantica. Partecipa al movimento politico e culturale Maodada a Bologna, Napoli e Milano.Scrive su Tam Tam, A/traverso, dirige Ordine Sparso, e la Collana di racconti per Synergon di Bologna, nella redazione di Napoli.Per Synergon scrive racconti e saggi, tra cui La città narrata, Sopravvivere allo sviluppo-poesia rap e comunicazione. Pubblica il ‘Ferlinghetti bar’ per la Aelia laelia, Lo strano caso di Thomas De Quincey. Synergon, Guardando le luci che scorrono come in quadro di Hopper, Poems songs blues and ballads, Ed. della Biblioteca, Kuge, così celesti i fiori nel vuoto-Ed.Il Laboratorio di Nola, Il Koan del ramo spezzato-Aletti,Storia e civiltà dei Campi flegrei e della Campania antica. Vulcano wordpress, Idilli-bozzetti per una cartografia semantica del nuovo mondo. Ed. della Biblioteca, Storia di Eleonora de Esneider. La Zisa edizioni. Con Mascia Marini,Vera d’Atri, Erri de Luca ed Habib Tiwoni ha fatto parte del coordinamento nazionale ed internazionale di Poets againt the war. Ha scritto saggi di antropologia ed epistemologia semantica su Scienze e ricerche. E’ stato rettore del seminario teologico-politico di Fudenji, tempio Zen di Salsomaggiore Terme, scrive Lettere filosofiche con lo pseudonimo di Ralph Salomon Raucenberg sulla rivista Kairos che ha in pubblicazione insieme con Le massime stoiche di Julius Cabral. Ha in ultimazione e revisione il poema epico in 32 canti ‘L’oceano capovolto’.
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Poema del mare e dei sassi e dei versi cantabrici - Vincenzo Crosio
Prefazione
Questo libro di Vincenzo Crosio è caratterizzato da una qualità pregevole in quanto riaffida alla versificazione un compito che ultimamente sta facendo fatica a riconquistare, cioè quello della narrazione, del racconto. Quasi tutti i poeti italiani del ‘900 e contemporanei (fatte poche eccezioni) sono sempre più liricizzati
poiché convinti della vocazione alla sintesi della composizione in versi. Ma in verità così facendo, la poesia rinuncia alla sua occasione preziosa di riconciliare la narrazione con aspetti che riguardano il piano della sonorità la cui importanza è focalizzata dallo stesso Crosio nella sua nota introduttiva.
Eugenio Montale, in una intervista degli anni ’60, affermava che ormai il poema si è reso impossibile in virtù della stessa natura della poesia che secondo il poeta genovese deve avere l’imprescindibile dote di una relativa brevità; sottolineo l’aggettivo relativa
perché non si può certo negare che Montale avesse scritto poesie lunghe. Ma per quanto alcune lo fossero, possiamo escludere in lui la tendenza al poema, vale a dire al romanzo in versi. Raccontare una vicenda qualsiasi affidando trama, personaggi e storia a un campo in cui dominano elementi fonetici ritmici e metrici, attesta ormai un’impresa assai complessa, oltre che inattuale, sia per lo scrittore che per il lettore. Con il primato sempre più pervasivo della prosa, lo scenario che si è creato in questi decenni è certamente sfavorevole per questo modo di scrivere versi, soprattutto se consideriamo il fatto che la poesia è già di per se stessa un genere letterario bistrattato e poco apprezzato soprattutto da quell’ampia pletora di lettori abituati a una scrittura macrologica e ridondante che ha il solo fine di mantenere le poche certezze che si vogliono coltivare e in cui ci si vuole ammansire. Pensare e immaginare, grazie allo strumento della scrittura poetica, sono delle avventure che pochi lettori hanno il coraggio di intraprendere; e questo accade perché il lettore medio si rifiuta di entrare in contatto con se stesso e con i propri fantasmi, in quanto connivente con paradigmi che sono rassicuranti e allo stesso tempo comportano la consunzione del sé culturale e dell’identità di un popolo. Insomma si ha ormai la convinzione che per vivere in pace, per usare una metafora oggi alla portata di tutti, bisogna smetterla con le culture dell’identità e con le nostre tradizioni. Ma è una pace finta perché non ha più veri abitatori ma solo soggetti inadeguati che, come Lo straniero di Camus, sono vittime di vuoti meccanismi moralistici.
Il poema, da sempre, non solo riannoda e recupera una memoria condivisa ma allo stesso tempo rimette in scena il tanto citato inconscio collettivo di connotazione junghiana. E lo fa molto meglio della prosa. Proprio grazie alla consapevolezza di ciò, da qualche anno a questa parte invece assistiamo a una timida seppur netta renaissance del poema come un genere letterario che, dalla sordina in cui era stato relegato nei decenni passati, ritorna a conquistare una cauta posizione editoriale. Ne è testimone proprio questo libro di Vincenzo Crosio che, nella interessante nota introduttiva espone le