Lariana ed altro. Quaderni lirici 1982 – 2022
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Si tratta di liriche raccolte nell’arco di quarant’anni, quasi una vita, un lasso di tempo in cui il poeta è cresciuto, è cambiato, è maturato.
Si percepisce l’evoluzione, soprattutto nel tono e nei temi affrontati. Nelle opere giovanili prevale l’amore e il desiderio di fare, di compiere, sebbene talvolta possa scontrarsi con le difficoltà del quotidiano.
Nelle opere più mature il tono si fa ora malinconico, ora quasi rabbioso e amaro per la demoralizzante constatazione che l’umano agire, agitarsi, dimenarsi per cambiare talora il mondo talora solo la propria vita porti a poco o niente, lasciando l’umanità ad accumulare una “pila di niente” .
Doriano Modenini nasce a Casaleone (VR) nel novembre del 1948. Nel 1965 si traferisce con la famiglia nell’hinterland milanese. A Milano, nel 1971, si diploma in grafica pubblicitaria, poi, nel 1974, all’Accademia dei Filodrammatici. Nel 1971 pubblica Poesie (ed. Hinterland, Milano). Dal 1974 al 1979 lavora a Roma, come attore, in compagnie primarie e per la Rai. Pubblica due lavori teatrali sulla rivista “Theatron”, (Roma 1976, 1978). Dal 1980 al 1985 si dedica all’organizzazione teatrale, lavorando con grandi teatri, tra cui “La Fenice” a Venezia e dal 1985, al design, collaborando con importanti aziende lombarde ed europee. Nel 1989 pubblica il romanzo La Sonnambula (Spazio Tre, Roma). Nel 1994 allestisce un importante centro ricreativo a Tokyo con alcune sue grandi opere. Collabora con riviste di design, curando articoli e ricerche specialistiche. Nel 1993, pubblica per Electa (Milano) Dormire, nel 1996 Mitologia e Significati e, nel 2000, Mitologia delle Origini (Spazio Tre, Roma). Nel 2020 Scialuppa di foglie ed altro (Europa Edizioni, Roma). Contemporaneamente si è sempre dedicato alla pittura con esposizioni personali e collettive in Europa, Asia e Stati Uniti.
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Lariana ed altro. Quaderni lirici 1982 – 2022 - Doriano Modenini
Prefazione a cura di Laura Federici
Lariana ed altro contiene sei raccolte che Doriano Modenini ha scritto negli anni: Lariana, Orfeo Anacronista, Gli occhi d’inverno, Arianna, Eliche di tiglio e Lo specchio non riflette i sogni.
Si tratta di liriche raccolte nell’arco di quarant’anni, quasi una vita, un lasso di tempo in cui il poeta è cresciuto, è cambiato, è maturato.
Si percepisce l’evoluzione, soprattutto nel tono e nei temi affrontati. Nelle opere giovanili prevale l’amore e il desiderio di fare, di compiere, sebbene talvolta possa scontrarsi con le difficoltà del quotidiano.
Nelle opere più mature il tono si fa ora malinconico, ora quasi rabbioso e amaro per la demoralizzante constatazione che l’umano agire, agitarsi, dimenarsi per cambiare talora il mondo talora solo la propria vita porti a poco o niente, lasciando l’umanità ad accumulare una pila di niente
¹.
Non abbiamo mete
Non abbiamo mete, forse perché
la ragione ha scelto d’ignorarle.
Sogniamo grandi sfide al tramonto
e all’alba le fissiamo nel vuoto.
[…]
Resta però lo stile di Modenini a fare da fil rouge a tutta le sue opere, un linguaggio asciutto, privo di orpelli, cionondimeno poetico, ricco di immagini, metafore e figure retoriche che comunicano senza intermediazione con l’immaginario di chi legge.
Mai smetterò di stupirmi di come la poesia abbia questa potente capacità di evocare un’immagine, un’idea con pochi versi, quasi come un quadro astratto che con poche pennellate riesce a comunicare con il nostro animo in un modo del tutto inatteso.
E la poetica di Modenini non si sottrae a questa caratteristica.
È una poetica decisamente antropocentrica, l’uomo ne è al centro con tutte le sue problematiche, il suo vagabondare mentale, la ricerca di sé, del significato della vita, del significato della storia, dell’amore, della religione.
Insomma l’uomo a tutto tondo con le sue armonie e le sue distonie, per un’indagine introspettiva ampia e universale.
Oltre il canale
[…]
gli uomini sono condannati
alle eterne domande
cui nessun immortale
risponde.
I bambini di ieri,
moriranno domani,
ma la loro infanzia
non sarà mai finita.
Molto interessanti sono le raccolte a tema mitologico che ancora una volta diventano nelle mani del poeta lo strumento per scandagliare l’animo umano nel profondo.
"Orfeo Anacronista e
Arianna", sebbene scritti nell’arco di vari anni, sono come un flusso di coscienza, un lungo monologo in cui i versi si rincorrono e scorrono come seta tra le dita.
Forti sono i versi di Arianna in cui il punto di vista femminile è colto bene, forse perché in definitiva la vita "ha una voce e non varia"² o perché il poeta ha saputo ben immedesimarsi nell’animo femminile. O forse sono vere entrambe.
Arianna – 1
[…]
Anche lui mi vinse, per lasciarmi
sola come un oggetto usato,
ed eccomi smarrita su un’isola
deserta, mercante derubato
che non sa nemmeno a chi
liquidare il corpo smesso.
[…]
Sebbene partano da situazione molto diverse, "Orfeo Anacronista e
Arianna" ripercorrono entrambi il loro dolore, che cosa li ha portati dove sono e si interrogano sul loro destino. Non è forse ciò che tutti facciamo in momenti introspettivi e di rielaborazione degli eventi che hanno segnato le nostre esistenze o quando affrontiamo le nostre paure?
Orfeo – 9
[…]
Ognuno insegue la propria paura
con l’istinto della preda cacciata,
tenendo tra i denti l’orrore
di una solitudine senza riscatto;
qualcuno cerca il fiato
nei parchi, fuggendo
da stanze d’insonni formiche.
[…]
Arianna - 2
[…]
I ricordi sono martelli molesti
che riducono ogni incanto
all’ordinario.
[…]
Tuttavia il flusso di coscienza, il monologo interiore si ritrovano anche nelle altre raccolte dove alcune poesie sono delle elegie sul senso delle nostre azioni, delle nostre vite. Liriche in cui l’amore è spesso al centro, perché anch’esso è quel fil rouge che sempre muove le nostre vite.
Ho un cuore d’ortica
[…]
Ho un cuore nudo che brucia nella sabbia.
Attendo un soccorso prima
di morire deserto, come il giorno
in cui ti vidi la prima volta.
La nostra estasi
[…]
Incapaci di conoscere
il frutto del nostro amore,
come potremmo imparare
a vivere davvero?
Lo specchio non riflette i sogni chiude questo volume. Sono liriche degli ultimi due anni che, come ben sappiano, sono caratterizzati da eventi di cui la generazione post-bellica non aveva conoscenza diretta: la pandemia e una guerra molto vicina.
Si intravede un senso di malinconia e di abbandono, ma anche quello di un animo leonino che si è battuto coraggiosamente e che decide di chiudere con tono assolutorio nei confronti dell’uomo.
Indulgenze
[…]
A dispetto dei tanti,
il tempo insegnò ai vecchi
che i ciechi non ascoltano mai
e i sordi non guardano le stelle;
gli anziani sono fragili falene
che indagano l’oscuro
e confusi sorridono a chi,
come anch’essi in passato,
inseguono meraviglie
nel barbaro presente
e sinceri s’illudono
di cambiare il mondo.
1 Charles Bukowski, "Confessione".
2 Umberto Saba, "La capra".
LARIANA
1982-1984
ad Angelo Taborelli
Quando guardi chi t’ama
Le tue strade si perdono
in futile allegria, alla faccia
d’un conto d’uomini nudi
di passi, di svolte insensate,
incapaci d’inserire un filo
nella cruna per ricucire
i propri disastri.
Perdiamo gli anni;
non distinguiamo gli amori
risorti, le carezze familiari,
già polvere negli occhi.
Moriremo comunque,
anche volando
come scriccioli in cielo,
come rose appassite
che stringono a sé
gli evasi profumi.
Ogni ragione in terra
conduce al suo seme
ma la gemma più fine
s’apre negli occhi
quando guardi chi t’ama.
Un uomo di nebbia
Reietto da lussi e profitti,
escluso da pubblici impieghi,
disperso in uno stato che ignora
la grazia degli sconfitti, dovrei
rinunciare a essere bandito,
per trascinarmi appresso bagagli
pesi di vanità concrete e incostanti?
Ognuno anela a ciò che merita,
secondo la propria competenza,
ma io che mi nutro
di farfalle in volo, sono solo
un amante di nebbia, che insegue
il viso di un ignoto amore.
Sassifraga
La notte è amica
delle lucciole
e impazienti sirene,
ma tra terra e cielo
si vela un immortale
sortilegio; a volte
la tempesta irrompe
nei nostri romitori
e folgora saggi ricordi,
collaudate difese
dai passati malori.
Per un poco il cuore
si spegne incenerito, poi
torna come sassifraga
da sotto la pietra.
Qualsiasi cosa accada
nelle nostre sepolture,
possiamo sempre
aspettare
che sorga l’aurora.
La sostanza del nostro presente
Sono nato in questo mezzo di secolo,
dove i pregi sono anime estinte
e niente di nuovo all’annuncio.
Quanti cieli d’incolpevoli eroi
ho visto forzati in arena,
dove il dramma svelava bandiere
stridenti di buono e cattivo.
Nessuno mi ha porto rispetto
e non capisco cosa ne ho ricevuto
o da solo, furtivo, rapito;
forse appunto la scure
che si offre agli onesti,
stupiti agli orli del mondo,
chi ha occhi perfetti e vedendo,
si dice: Ora taccio
.
Potrei per mia scelta morire
o gridare con educata follia;
potrei anche restare con l’orda,
apparso nello stupido agone.
Possiedo tutto il mio male
e poiché mi distinguo diverso
a volte dubito di essere un uomo.
La sostanza del nostro presente
è la perdita di ogni valore
ma nel silenzio della mia remissione,
vaga un miraggio d’affetti,
la traccia di un gesto d’amore.
Una camicia stretta
Cuore mio, resisti ancora
un giorno, un’ora, un anno;
il presente non è tempo di fuga,
se non sai dove approdare.
La saggezza è una colomba ferita,
ha un’ala stanca, e là fuori
grandina ancora.
Tu sogni una curva di mare
aperto, senza chiasso,
dove le armonie del creato
invogliano il riposo; dove
un sogno d’amore si fa sera
e t’offre il guanciale
di una paziente dolcezza.
Cuore mio, aspetta un poco;
siano condannati al desiderio
e alla guerra. Lottiamo
per conquistare la pace
e indossiamo il sereno
come una camicia stretta.
L’immorale
Nel mio lato un sentore di fango
annuncia insolite alcove,
lucciole senza confini di luce
in un cielo di notte infinita.
Nella misura del mio abitare,
con ossa d’amori finiti,
il sepolcro cospargo di fiori.
Rifiuto il piacere istruito
da vivi passiti; respiro
un’immorale coscienza,
un sacramento blasfemo
di affetti innocenti.
Che io rimanga estinto
e più non sorga