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La Sardegna Nuragica - Storia della grande civiltà dell’età del bronzo
La Sardegna Nuragica - Storia della grande civiltà dell’età del bronzo
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La Sardegna Nuragica - Storia della grande civiltà dell’età del bronzo

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Sergio Atzeni, cagliaritano laurea in lettere, studioso di storia in generale e in particolare di quella

Italiana e della Sardegna ha già pubblicato numerosi libri con temi storici.

Giornalista, ha scritto per tanti anni sul quotidiano "l'Unione Sarda", oltre la cronaca e la politica,

si è occupato nei suoi articoli anche di temi storici, ambientali e naturalistici.

La sua attività di scrittore è volta soprattutto a far conoscere e diffondere il patrimonio storico

ambiental e Italiano e regionale perché, come egli sostiene, "Conoscere la storia della propria terra è

un diritto dovere al quale ognuno di noi non può e non deve rinunciare".

Il libro "La Sardegna Nuragica" ultima fatica letteraria di Sergio Atzeni è adatto a tutti perché è

caratterizzato dalla facilità di lettura e dalle pagine senza l'intensità dello scritto, i paragrafi

infatti sono spesso intervallati da spazi bianchi che rendono la consultazione più rilassante.

Gli avvenimenti del grande periodo Nuragico dell'età del Bronzo, per meglio essere compresi,

sono preceduti dalla disamina del periodo Neolitico e del Rame con la descrizione puntuale di

tutte quelle culture che sono le antenate della più grande è conosciuta: quella Nuragica.

Nella pubblicazione si descrive con dovizia di particolari il periodo nuragico con tutte le sue

peculiarità che vanno dai primi Nuraghi a Galleria a quelli a pseudocupola, monotorri e Complessi,

dai villaggi alle Tombe dei Giganti e Pozzi Sacri. Anche la ceramica e i bronzetti, caratteristici di

questo periodo, sono puntualmente esaminati in modo esauriente.

Un capitolo a parte è dedicato agli Shardana il popolo guerriero misterioso descritto dagli egizi che

tutto fa supporre si trattasse degli stes si nuragici e per questo vengono forniti dall'autore tanti indizi

e considerazioni per tentare di chiarire quel mistero.

Un altro importante capitolo è riservato ai Giganti di Mont'e Prama le decine di enormi statue

ritrovate nel Sinis, vicino a Oristano, che rischiano di far riscrivere la preistoria della Sardegna.

II libro "La Sardegna Nuragica" è completato da decine di foto, ricostruzioni, disegni, tabelle che

rendono la lettura e la comprensione facili e piacevoli.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateDec 7, 2022
ISBN9791221453430
La Sardegna Nuragica - Storia della grande civiltà dell’età del bronzo

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    La Sardegna Nuragica - Storia della grande civiltà dell’età del bronzo - Sergio Atzeni

    La Sardegna prima della Civiltà Nuragica

    Il Paleolitico Sardo. Fino a poco tempo fa, si credeva che nel Paleolitico la Sardegna fosse abitata solo da una scarsa fauna e non si supponeva che l’uomo in quel periodo fosse presente, o perlomeno, non si trovarono tracce per confermarne la presenza.

    Poi le scoperte nella zona di Perfugas, nel letto del Rio Altana, dove si sono individuate alcune pietre scheggiate col metodo a percussione detto clactoniano, lisciate dall’acqua nel suo scorrere millenario ma riconoscibili come manufatti così decine e decine di microliti sono ora a disposizione degli studiosi.

    Durante le glaciazioni il livello del mare si abbassò notevolmente facendo emergere delle terre prima sotto il mare e creando così una serie di isole tra la Sardegna e la Penisola

    L’uomo, quindi, approdò in Sardegna, forse per puro caso e vi si adattò vivendo di caccia e usando come ripari grotte naturali.

    I suoi utensili erano litici e d’osso, si vestiva certamente di pelli e la sua vita era brevissima. Non abbiamo nessuna traccia della sua religiosità, ma senza dubbio esso fu impressionato da fenomeni naturali quali il fulmine, il tuono o da corpi celesti come il sole e la luna.

    L’uomo del Paleolitico fu certamente condizionato dalle glaciazioni che modificarono il clima e la fauna di quel periodo.

    Un’altra scoperta importante ha dato la conferma che l’uomo fosse presente nell’isola da tempi remotissimi, nella grotta Corbeddu presso Oliena, dal nome di un bandito che la frequentò, furono identificate nello strato più profondo (III) tracce inconfutabili della presenza umana, quali i resti di focolari, ossa ammucchiate al centro della grotta, (gli animali morenti di norma si avvicinano alle pareti e si lasciano andare), crani di cervi e di prolagus (piccolo roditore estinto), ammucchiati in modo razionale.

    Forse con imbarcazioni improvvisate come questa l’uomo riuscì ad attraversare i piccoli tratti di mare e arrivare in Sardegna

    La conferma si ebbe in breve tempo quando si identificò una mascella dai denti larghi e tozzi che, senza dubbio alcuno, appartenne ad un uomo di 12.000 anni fa.

    Più tardi, si trovarono tracce di frequentazioni umane in strati risalenti a 25.000 anni or sono.

    Il cranio di un Megaceros Cazioti, antico cervo sardo estinto

    Il cranio di un Prolagus, piccolo roditore endemico nell’isola, estinto da migliaia di anni

    L’eventuale Uomo di Oliena appartenne senza dubbio al tipo Neanderthal che, com’è noto, fu soppiantato misteriosamente da quello di Cro-Magnon solo 30.000 anni fa e non ci è dato sapere se esso sopravvisse sì da avere contatti con la prima immigrazione neolitica.

    Le frequentazioni umane dell’isola avvennero durante la glaciazione del Riss fra 180.000 e 128.000 anni fa e l’uomo può avervi trovato condizioni ideali di vita, con una flora lussureggiante ed una fauna, priva di predatori, che forniva abbondante cacciagione.

    Certamente quegli uomini primitivi riuscivano a procurarsi facilmente il cibo e forse non avevano bisogno di vagare alla sua ricerca, questo gli permetteva di dedicarsi più a lungo alla costruzione di utensili e di armi per la caccia.

    La valle di Lanaitu presso Oliena culla degli uomini paleolitici e dove è ubicata la grotta Corbeddu (foto sotto) che tanti reperti ha restituito

    La grotta Corbeddu dal nome di un antico latitante che vi soggiornò

    Il Neolitico Sardo

    Neolitico Antico (6000-4000 a.C.)

    Il passaggio dal Paleolitico (Pietra Antica) al Neolitico (Pietra Nuova), fu lento e progressivo. Tra questi due periodi si suole collocare il Mesolitico (pietra di mezzo), nel quale gli uomini affinarono l’arte di lavorazione litica non più scheggiando grossolanamente ma perfezionandosi fino ad ottenere manufatti più rifiniti e taglienti quindi sempre più efficaci. Dopo questo lento periodo di transizione si passò decisamente al Neolitico che rappresentò una rivoluzione tecnica e culturale.

    L’uomo neolitico perfezionò la tecnica litica creando manufatti rifiniti; l’ossidiana, abbondante in Sardegna nel Monte Arci, roccia vulcanica effusiva, permetteva la costruzione di utensili e armi facilmente, fu una vera materia d’esportazione essendo richiesta e ambita in tutto il bacino del Mediterraneo.

    Questo minerale abbondava nell’isola, nel Monte Arci e fu sfruttato fin dal Neolitico antico.

    Il lavoro degli archeologi ha portato alla luce vari siti sparsi in tutta l’isola e all’identificazione di vere e proprie culture, tutte con loro peculiarità e diffusione nel territorio, il cui studio ha contribuito a svelarci gli usi, le credenze, le abitudini e quindi a conoscerle meglio.

    L’ossidiana roccia vulcanica effusiva usata nel neolitico per costruire punte di lancia, frecce, coltelli e raschiatoi

    cartina del neolitico in Sardegna

    Oltre alle culture, caratterizzate dalla diffusione territoriale della ceramica e del modo di seppellire i defunti e della stessa credenza religiosa, vi sono dei ritrovamenti che, mancando i requisiti su esposti, possiamo chiamare momenti culturali.

    Fu così che il ritrovamento più antico datato circa 6000 a.C. appartiene ad un momento culturale nel quale l'uomo neolitico è passato fino a raggiungere una più alta espressione che ha favorito le culture vere e proprie.

    Negli anni settanta, presso il villaggio di Sirri (Carbonia), venne alla luce un importantissimo sito, che testimonia la penetrazione neolitica in tutta l'isola e l'uso abbondante dell'ossidiana quale minerale principe deM'industria litica; il luogo chiamato Su Carroppu (riparo sotto roccia), nonostante sovrapposizioni posteriori, ci ha fotografato il sistema di vita di un clan di cacciatori. Essi usavano, come detto, l'ossidiana sia per le armi sia per gli altri oggetti di uso quotidiano, ma si servivano anche di strumenti in osso, perfettamente lavorato, oltre che collane realizzate con conchiglie accuratamente forate.

    Altri reperti ascrivibili al Neolitico antico furono ritrovati a Cagliari nel promontorio della Sella del Diavolo, tra cui un frammento cardiale con impasto grossolano ed un altro con residui di incrostazione di pasta gessosa bianca.

    Ma per i popoli del Neolitico antico la modernità voleva dire ossidiana, che costituì il vero trapasso tra il Paleolitico e il Neolitico.

    L'ossidiana, minerale vulcanico effusivo vetroso, si prestava facilmente alla laminazione e alla scheggiatura, si crearono così dei manufatti che si dimostrarono efficaci, specialmente per la caccia, potendo ottenere degli spigoli taglienti e delle punte acuminate e resistenti.

    Si può affermare, comunque, che i neolitici sardi discendenti dalla prima generazione dei più antichi popoli immigrati avessero modi di vita, credenze, sistemi abitativi comuni e, nonostante supposte divisioni tribali, una sorta di omogeneità che facilitò la nascita delle culture medio-neolitiche che costituirono la base culturale autoctona la cui evoluzione, con apporti decisivi megalitici, si concretizzò con il periodo nuragico.

    Neolitico Medio (4000-3400 a.C.)

    Cultura di Bonu Ighinu. Molte scoperte nel campo dell’archeologia avvengono per caso e gli studiosi, senza dubbio, alcune volte si trovano davanti a manufatti la cui incerta posizione nel ritrovamento ne confonde sia la datazione che l’origine.

    Non di rado il classico colpo di fortuna contribuisce insperatamente a far luce su un determinato periodo.

    Così avvenne con la scoperta del sito di Cuccuru S’Arriu presso Cabras (Or), dove alla fine degli anni ‘70 vennero alla luce una serie di tombe scavate nell’arenaria.

    In altri siti, la frequentazione umana per vari secoli e le sovrapposizioni culturali, rendono difficili interpretazioni scientifiche attendibili; ma in questo caso il ritrovamento intatto degli ipogei consentì datazioni sicure e collocazione culturale certa.

    Il nome a questa cultura fu dato da un sito poco fuori il comune di Mara, nei pressi della chiesa del Buon Vicino (Bonu Ighinu) nella grotta chiamata la Bocca del Pipistrello dove vennero alla luce reperti sicuramente da ascrivere a una cultura medio-neolitica: utensili in osso finemente lavorati, statuine femminili litiche a tutto tondo.

    Anche in questa grotta eponima, varie frequentazioni si ebbero nel corso dei secoli soprattutto della cultura posteriore di Ozieri, rappresentata in uno strato superiore. Gli archeologi constatarono che la grotta fu usata a scopo di culto e per sepolture e doveva necessariamente trovarsi nelle vicinanze un villaggio o un altro sito usato come abitazione.

    Fu così che da ricerche in una grotta poco distante chiamata Filiestru vennero alla luce una serie di strati intatti che arrivavano fino al Neolitico antico.

    La grotta con 3 ambienti è situata su una collina alta circa 400 metri ai piedi di una parete a strapiombo. In un ambiente è stata riscontrata la presenza di elementi umani che hanno frequentato per decenni la grotta dal Neolitico antico, 5000 a.C., sino alla età del bronzo.

    Dea Madre sarda della cultura di Bonu Ighinu

    La cultura di Bonu Ighinu ebbe una discreta diffusione nell’isola e fu caratterizzata da una ceramica rifinita con motivi incisi.

    L’importanza del credo religioso e quindi di una nascente spiritualità, fanno pensare ad una continua evoluzione del pensiero con l’affermazione decisiva della credenza soprannaturale.

    La pinguità delle statuette ritrovate riconducono all’opulenza come simbolo di abbondanza e di fertilità.

    Questi idoli vennero ritrovati dentro le tombe ipogeiche di Cuccuru S’Arriu, insieme ad altri corredi, frecce, vasi fittili.

    Il culto dei morti si manifestò così per la prima volta nell’isola e ci permette oggi di ricostruire, sebbene sommariamente, il culto dei morti dei protosardi di Bonu Ighinu.

    La chiesa di Bonu Ighinu (Mara, SS) che dà il nome alla cultura

    Le tombe usate erano del tipo a forno, scavate nel terreno verticalmente con un cunicolo d’accesso e la camera mortuaria più ampia.

    Il tutto coperto da lastre di pietra. Dai vari ritrovamenti, emerge chiaramente la credenza in una seconda vita dopo la morte.

    Plastico di una tomba a forno di Cuccuru S’Arriu (Cabras – OR)

    Questa credenza dovette condizionare la breve vita terrena di quei popoli antichi, perché credere nell’aldilà provocò dei comportamenti atti ad ottenere e conquistare la seconda vita e ad uniformarsi a idee religiose con regole fisse che costituiscono la guida comportamentale per l’esistenza. Tutto ciò portò quei sardi a una crescente attività sociale e ad una organizzazione gerarchica che è la base per qualunque comunità.

    Cultura di Ozieri (3400-2700 a.C.)

    La cultura di Ozieri o di San Michele prende il nome dalla grotta eponima naturale situata in comune di Ozieri.

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