Crimea: Viaggio nella penisola contesa
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Scritto nel 2013 dopo ad un viaggio a Kiev e, appunto, in Crimea, per visitare i luoghi in cui si svolse a metà Ottocento la guerra feroce contro l’impero zarista delle potenze occidentali (Francia, Regno Unito, Regno di Sardegna) e dell’impero Ottomano loro alleato.
La conseguenza di questa guerra fu l’emarginazione della Russia dal consesso delle potenze occidentali.
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Book preview
Crimea - Claudia Berton
"Dove siete amore, potenza e gloria?
Stava a voi durare in eterno, l’acqua scorre veloce.
Oh infamia! Ve ne andaste, e restò la fontana"
(Adam Mickiewicz, Sonetti di Crimea)
A Stephen, compagno di viaggio
Introduzione
Il testo che segue racconta le vicende storiche di questa splendida penisola che si affaccia sul Mar Nero. L’ho scritto nel 2013 in seguito ad un mio viaggio a Kiev e, appunto, in Crimea, dove volevo visitare i luoghi in cui si svolse a metà Ottocento la guerra feroce contro l’impero zarista delle potenze occidentali (Francia, Regno Unito, Regno di Sardegna) e dell’impero Ottomano loro alleato. Questa guerra fu – come ha recentemente ricordato il prof. Franco Cardini – il primo evento in cui la Russia, che aspirava ad essere accolta tra le potenze occidentali, fu invece emarginata e combattuta da queste.
Al tempo del mio viaggio, la Crimea faceva ancora parte dell’Ucraina, ma mi resi conto dei profondi legami della popolazione con la Russia, in particolare a Sebastopoli, base della flotta russa del sud e città due volte eroica per i tremendi assedi che subì, il primo al tempo della guerra di Crimea, il secondo da parte della Germania nazista. A Yalta, ho visitato il palazzo dove si svolse la conferenza in cui nel 1945 le grandi potenze alleate, inclusa l’Unione Sovietica, si divisero l’Europa, mentre a Kerch ho scoperto la presenza di una comunità italiana emigrata nell’Ottocento. Luogo ricco di suggestioni e di vicende, la Crimea! A Kiev, nel Maidan, vidi ancora qualche traccia della cosiddetta rivoluzione arancione e cartelli pro e contro la leader Iulia Tymoshenko, allora in prigione. L’anno successivo pertanto, il 2014, quando il Maidan divenne il fulcro di una nuova sollevazione, presi a seguirne le vicende, soprattutto per quel che riguardava la Crimea e ancor più il Donbass, contro le istanze secessioniste del quale si scatenò allora una violenta reazione da parte dell’Ucraina, che dura da 8 anni nell’assoluto disinteresse dei media mainstream e pure della popolazione dei paesi occidentali, per i quali la guerra è iniziata solo lo scorso febbraio con l’ invasione russa dell’Ucraina e la tragica guerra purtroppo ancora in corso.
1. Navi franco-britanniche alla guerra di Crimea
Domenica delle palme ad Evpatoria. Davanti alla ottocentesca cattedrale di San Nikolai – costruita al posto di una chiesetta precedente danneggiata durante la guerra di Crimea – un intraprendente signore di mezza età vende, a mò di rami di palma o di ulivo, rami di gattice dalle grosse gemme lucide e pelose prendendoli da grossi fasci posati su un tappeto multicolore steso sopra il cofano della sua automobile. Una processione ininterrotta di donne, col capo coperto da ampi foulard e tenendo in mano questi rami, entra nella chiesa, dalla cui porta spalancata escono – come ventate da un altro mondo – un vibrante canto corale e profumate nuvole d’incenso. Nel 1916, alla vigilia della rivoluzione, Nicola II e Alessandra visitarono la Crimea e furono accolti in questa chiesa. Oggi, non c’è chiesa russa che non esponga un’icona con la famiglia imperiale Romanov massacrata dai bolscevichi, e il nimbo della santità circonda il capo dei martiri: alterne vicende della Storia! Il Mar Nero luccica in lontananza, tra i rami degli alberi ancora spogli, come un foglio di carta stagnola accecante. Poco più a sud di questa cittadina – che contava a metà Ottocento 9.000 abitanti di svariate nazionalità: russi, tatari, greci, armeni ed ebrei caraiti – il 12 settembre 1854 approdò per la prima volta sui territori dello zar una forza alleata dei paesi che l’anno prima gli avevano dichiarato guerra: Turchia, Francia, Inghilterra. Allo sbarco seguì, senza che vi fosse nemmeno uno scontro, la resa del governatore russo di Evpatoria.
Le navi alleate che attraccarono ad Evpatoria erano state mandate a combattere una sedicente crociata per difendere la libertà e la civiltà europea
¹ contro il dispotismo e la barbarie della Russia, la cui aggressività, a sentire gli alleati franco-britannici, era una minaccia non solo per l’Occidente ma per tutta la cristianità. Improvvisamente – e con una notevole incongruenza – in Inghilterra la sola menzione del nome del sultano ottomano minacciato prese a suscitare applausi. I motivi alla base del conflitto erano gli stessi che sarebbero stati poi accampati per scatenare la prima guerra mondiale, solo che in quel caso la Russia si sarebbe trovata dalla parte dei suoi attuali nemici franco-britannici e sarebbe stato invece il sultano a diventare il prototipo della peggiore barbarie. Come oggi, però, anche nel 1854 tirare in ballo la religione era solo un pretesto: allora, era la cristianità ad essere divisa, in una lotta interna tra i latini e i barbari
ortodossi. Sessant’anni dopo, quando i turchi divennero i nemici da sconfiggere, sarebbe stata la barbarie
musulmana ad essere deprecata negli stessi termini, insieme all’espansionismo del pur cristiano kaiser Guglielmo II. In tutti i casi, comunque, ogni parte in conflitto cooptava Dio come alleato privilegiato.
Il conflitto iniziò nel 1853 con l’occupazione russa dei principati danubiani di Moldavia e Valacchia, che erano protettorati ottomani². Regno Unito e Francia, nell’intento di contenere le pretese e l’espansionismo russo, offrirono subito la propria alleanza al sultano che, forte di questo sostegno, dichiarò guerra all’impero zarista. Il comandante in capo ottomano, Omar pascià, ottenne alcuni successi sul fronte danubiano con l’aiuto dei musulmani ceceni guidati dal celebre Imam Shamil, il campione della resistenza all’occupazione russa nel Caucaso. Il mese dopo, sul fronte opposto, la flotta di Nicola I, uscita da Sebastopoli al comando del famoso ammiraglio Nachimov, distrusse una squadra di fregate e corvette ottomane all’ancora nel porto di Sinop, distruggendo in un’ora soltanto tutta la flotta di Omar Pascià ³: tremila furono le vittime turche, solo 37 quelle russe. Fu questo il casus belli per cui anche Francia e Regno Unito, temendo che la scomparsa del baluardo ottomano lasciasse libero campo allo zar, dichiararono guerra alla Russia. Fu una vicenda ironicamente speculare a quanto accadde all’inizio della prima guerra mondiale, quando incrociatori turco-tedeschi attaccarono i porti russi di Odessa e Sebastopoli. Nel 1854 gli alleati , intenzionati a proteggere Costantinopoli da un attacco russo, sbarcarono le loro truppe a Gallipoli⁴, ma rendendosi conto che la penisola non era in grado di sostenere un così grande numero di uomini diressero i loro eserciti più a nord, nel porto di Varna, dove potevano essere riforniti più facilmente dalle flotte alleate, e da lì puntarono quindi sulla Crimea per prendere Sebastopoli che – grande porto dello zar – minacciava Costantinopoli. Per questo, nonostante la guerra fosse combattuta su vari fronti, dal Mar Baltico al Caucaso, le azioni principali dal 1854 si svolsero nella penisola e la guerra fu ricordata con il suo nome.
Questa guerra, ponendo fine ai quarant’anni di pace pressoché ininterrotta seguiti in Europa all’epopea napoleonica, scardinò l’ordine instaurato nel 1815 a Vienna e fu il maggior conflitto del XIX secolo, segnando per molti versi uno spartiacque cruciale. Rompendo infatti la tradizionale alleanza conservatrice tra Russia e Austria, portò a lungo termine alla formazione di nuovi Stati nazionali come Italia, Romania e Germania. In Russia, dove la guerra fu percepita come un fatto epocale, l’ennesima aggressione al paese – benché la radice del conflitto fosse la politica espansionista russa che mirava al controllo del Bosforo e dei Dardanelli – la guerra creò un forte trauma e un intenso risentimento verso le potenze cristiane europee. Dal regno di Pietro il Grande la Russia aveva infatti cercato in vari modi di europeizzarsi, e nella percezione dei russi erano stati loro a salvare l’Europa per ben due volte, prima nel 1812 contro Napoleone poi nel 1827 sconfiggendo – insieme agli alleati europei – le forze turco-egiziane a Navarino. Ed ora i suoi alleati di un tempo si rendevano colpevoli di un inedito, imperdonabile schieramento dalla parte del sultano musulmano. Questo tradimento da parte dell’Europa costituiva uno scenario al quale un militarista come Nicola I, la cui ideologia si imperniava sull’ortodossia, l’autocrazia e il nazionalismo, non riuscì a reggere: morì infatti di crepacuore un anno prima della fine della guerra.
L’analisi della sconfitta russa – che in termini concreti fu tutt’altro che devastante, se non per il prestigio – rivelò l’arretratezza del paese, la scarsità di linee ferroviarie per cui era stato assai difficoltoso portare i soldati e i rifornimenti al fronte, e la mancanza di armi di ultimo modello. Alessandro, il successore di Nicola I, comprese che era tempo di riforme, che avrebbero mutato il volto della Russia imperiale. Tra le prime e più importanti vi fu l’abolizione della servitù della gleba. Esprimendo la delusione nei riguardi dell’Europa che all’evidenza non riconosceva come europei i russi, Dostoievski suggerì: Andiamo in Asia a fare gli europei!
, e in effetti dopo la guerra di Crimea la politica russa si volse verso Oriente. Un’altra conseguenza importante di questo conflitto fu che, grazie ad una delle loro poche vittorie, i russi presero Kars, salutati dagli armeni locali come liberatori: e fu da allora che i turchi cominciarono a considerare questi loro sudditi fedeli
come traditori.
La guerra aprì il mondo turco-ottomano agli eserciti e alle tecnologie occidentali, integrandolo nell’economia capitalista globale, ma innescò anche una reazione musulmana contro gli influssi e i modi dell’Occidente. Se infatti la Turchia entrò in guerra per difendere il suo impero, la cui parte europea si stava sgretolando, e per contrastare le ambizioni russe mascherate da difesa degli interessi dei cristiani ortodossi sudditi del sultano, l’apertura alle potenze europee alleate avrebbe in ultima analisi affrettato il suo declino. Il Regno Unito proclamò che entrava in guerra per difendere l’impero ottomano dalla minaccia zarista, ma alla radice del suo intervento stava invece la rivalità con l’impero russo per il potere in Asia. Le tecniche di propaganda usate nella guerra di Crimea – prima guerra moderna da questo punto di vista – crearono, come sarebbe accaduto poi nel 1914, un’isteria bellicista così intensa che le persone sospettate di pacifismo venivano accusate di essere filo-russe. A mantenere vivo questo isterismo pro-bellico contribuirono anche i giornalisti e i fotografi di guerra, presenti per la prima volta sul campo di battaglia, per cui – grazie a innovazioni come il telegrafo e le ferrovie – i lettori dei giornali potevano partecipare quasi in diretta agli