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Penombra di un'estate
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Penombra di un'estate

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Breno è un piccolo paese del Malcantone, incastonato tra le montagne svizzere. In questo luogo il tempo sembra essersi fermato: pochi abitanti, l’amore per le piccole cose e la riscoperta dei piatti antichi e frugali donano un sapore quasi fiabesco, affascinante e magico. È qui che Alis trascorre le sue vacanze estive, in casa assieme ai nonni.
Lei, è una ragazzina di dodici anni, alle prese con il suo aspetto poco attraente e in via di trasformazione. L’eccessiva magrezza e i capelli, forse un po’ troppo corti, rendono la sua figura un po’ mascolina. Questo le brucia, vorrebbe essere diversa, non vede l’ora di crescere e di dimostrare che anche lei può attrarre. In questa condizione Alis e Mauro si muovono nel loro paese incantato e, tra ciottoli e sagre paesane, tra pane fresco e funghi appena raccolti, vengono a trovarsi invischiati in un intrigo pazzesco. La figura emblematica e controversa della signora Gruber li porterà a inoltrarsi nel profondo dell’enigma: la storia è complicata, all’apice appare un’organizzazione malavitosa nella quale sono invischiate molte persone. Mauro, il figlio del panettiere, è intenzionato a scagionare suo padre da un’accusa infamante e assieme ad Alis si muove con circospezione, ma è sollecitato dall’intraprendenza e della curiosità della sua amica dodicenne. 
Penombra di un’estate di Leila Adamo è un giallo avvincente, dove il lettore rimane completamente coinvolto, pieno di colpi di scena, molto ben raccontato dalla nostra bravissima Autrice.

Leila Adamo nasce e cresce nel Canton Ticino, nella Svizzera italiana. Studia disegno edile, ma è la pittura artistica a interessarle. Dopo un periodo trascorso nella Svizzera tedesca, torna nel Canton Ticino e scopre il mondo della ristorazione, studia e lavora nell’ambito con successo, fino a quando un’operazione alla schiena blocca il suo percorso professionale. Nel restare forzatamente a casa riabbraccia quello che da sempre, oltre la pittura, le piace fare: scrivere, mettendosi in gioco ancora una volta, senza mai perdersi d’animo.
 
LanguageItaliano
Release dateAug 31, 2022
ISBN9788830670822
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    Penombra di un'estate - Leila Adamo

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    Questo libro lo dedico a mio padre,

    in seguito alla sua scomparsa

    non ho avuto il piacere di condividere con lui

    la gioia della mia prima pubblicazione.

    Introduzione all’opera

    Alis Leone, mi presento, ho dodici anni, dovrei scrivere Alice e poi pronunciare Alis perché è in francese che va letto, ma poi tutti lo pronuncerebbero Alice, cosa odiosa, così ho deciso di scrivere sempre Alis, anche se non è corretto, ma elimina il problema, per me solo questo conta.

    Nessuno mi dà credibilità vista la mia età, ma dimostrerò che sono sveglia e il mistero in cui rimango coinvolta a Breno, paesino del Malcantone in Svizzera, in un’estate qualunque in un paesino di pochi abitanti, dove non succede mai niente, si svolge un articolato giallo dove saranno le mie intuizioni a fare la differenza, proprio in quell’estate fatta di emozioni riuscirò a capire cosa voglio fare nella vita e sarò in grado di dare la risposta alla domanda: cosa farai da grande? Dilemma che affligge molti adolescenti.

    Primo capitolo

    Alis Leone, mi presento, ho dodici anni. Dovrei scrivere Alice e poi pronunciare Alis perché è in francese che va letto, ma poi tutti lo pronuncerebbero Alice, cosa odiosa, così ho deciso di scrivere sempre Alis, anche se non è corretto, ma elimina il problema, per me solo questo conta.

    Sono la minore di tre figli: non abbiamo molta differenza di età tra noi, due anni e mezzo circa l’uno dall’altro, ma nel periodo adolescenziale vi assicuro, è un abisso.

    Dormo con mia sorella maggiore, Sara; dividere la stanza non descrive bene il genere di convivenza: sono ospite in camera sua per intenderci, ma va bene, per me non è un problema.

    Mio fratello, Rino, non lo vedo quasi mai, è sempre a giocare a tennis in modo maniacale, un vero fanatico; quindi, sta sempre nel club, ad Agno, è lì che viviamo, nel Canton Ticino, nella Svizzera Italiana. Qui c’è sempre il sole, in effetti godiamo di un clima molto migliore rispetto le altre parti della Svizzera, di conseguenza ci sono sempre tanti turisti della Svizzera Tedesca. Ad Agno c’è un campeggio adiacente al lago e d’estate si riempie regolarmente.

    Sto frequentando le scuole medie e non ho problemi scolastici, a parte la matematica che resta un mistero per me, ma evidentemente il mio cervello è più sviluppato per cose creative, artistiche e questo penalizza la comprensione di formule e calcoli, ma d’altronde ognuno ha le proprie peculiarità.

    Sono di salute cagionevole, ho la talassemia minor, e nel periodo della crescita crea diversi problemi, una sorta di anemia costante, quindi stanchezza, soprattutto in primavera quando il fegato lavora di più per il ricambio del sangue. Mi addormento quasi sul banco di scuola, anche i miei voti ne risentono, così gioco d’astuzia: durante l’autunno, quando sono più in forma, mi impegno al massimo, sapendo che nel secondo semestre che cade in primavera sarò sottotono, poi facendo la media tra i voti che ricevo in entrambi i semestri alla fine resto a galla, passando l’anno scolastico.

    L’estate è per me un tormento, l’afa che c’è mi fa soffrire tantissimo e spesso mi butto per terra a dormire, il pavimento è più fresco. Non amo il sole, appena mi espongo mi riempio di vescicole rosse, il classico eritema solare.

    Ho la pelle bianchissima, i capelli castano chiaro, mia mamma me li ha fatti tagliare corti, sembro un ragazzino non una femmina… Un giorno li lascerò crescere, mi piacerebbe fare il codino, schiarirli… ma ora sono piccola, non ho voce in capitolo, l’attesa di crescere è pesante, sembra non passino mai questi anni adolescenziali!

    A Como, nella vicina Italia, ho dei parenti da parte di mamma, due zii, con relativi cugini e i nonni.

    I nonni sono ovviamente anziani e mia mamma si preoccupa che soffrano il caldo, così i miei genitori hanno trovato una casa dell’Alto Malcantone nelle montagne appena sopra Agno, l’ultimo paesino di montagna, si chiama Breno, altitudine 798 m., è una frazione di 225 abitanti.

    Là, il caldo non si sente, è sempre fresco, addirittura ci vuole un giacchino la sera, si dorme benissimo.

    La casa presa in affitto dal papà tutto l’anno è al centro del paese, tra due stradine che le si sforbiciano attorno; le strade sono fatte di ciottoli a volte è difficile camminarci sopra bisogna avere scarpe comode.

    Vista da fuori, ha lo stile classico del paese, il muro in calcestruzzo grigio, un bel tetto classico a piode con grosse falde, un piccolo balconcino, lungo una facciata laterale una grande veranda che rimane al secondo piano dove sono ubicate le camere da letto. L’uscio ha una piccola panchina in sasso in cui ci si può sedere e guardare le persone che passano, essendo nel centro, e tra le due stradine c’è un certo passaggio. Si possono notare turisti svizzeri tedeschi vestiti con scarpe da montagna, calzettoni e zaino in spalla, tipico di chi va a camminare, questo luogo è il punto di partenza per arrivare al monte Lema, meta ambita da molti turisti; poi ci sono le persone del paese, facilmente riconoscibili perché sono quasi tutti anziani, con i vestiti tipici contadini, le donne con i grembiuli, spesso con il gerlo¹ dietro la schiena, dove trasportano legna o altro.

    Pensare che dista da Agno solo quindici minuti di strada, ma sembra un mondo a sé stante, unico nel suo genere, dove il tempo si è fermato, la gente è semplice, ti saluta quando ti incontra anche se non ti conosce, anche i turisti salutano, si sono adeguati allo stile del paese.

    All’entrata della casa la porta in legno è difficile da aprire, ci vuole una chiave grande, pesante, sembra di dover aprire una cantina. Appena la porta si apre si entra in un corridoio stretto e lungo, la pavimentazione è di piastrelle rosse, vecchie e scolorite, verso la metà del corridoio, sulla sinistra, c’è un minuscolo bagno solo con wc, doccia e lavandino, l’unico di tutta la casa; sulla destra, una camera che fa da legnaia o deposito; alla fine del corridoio c’è la cucina-soggiorno, un grande camino con due panche laterali, una stufa rudimentale, un lavandino grande, una credenza classica con doppia vetrina e un armadio a muro: esternamente si vede solo una porta, ma aprendola si scoprono vari ripiani scavati nel muro.

    Proseguendo ci sono due stanze che sono inabitabili, nella seconda c’è anche un camino, però senza pavimentazione.

    Dalla cucina c’è una porta, aprendola si trovano delle scale strette che portano al piano di sopra. Una volta saliti si scoprirà un altro mondo: i muri sono affrescati da vari colori, azzurro, rosa e giallo; i soffitti delle stanze hanno dei disegni differenti, ci sono tre camere con letti matrimoniali alti che sembrano usciti da una sorta di castello.

    La veranda rimane vicino alla camera da letto occupata dai miei nonni, è fatta di vetro colorato forse per non far penetrare il sole, è un angolo suggestivo, ciò che si vede affacciandosi è un cortile ed altre case di nucleo come questa.

    Io e mia sorella dobbiamo dormire assieme in un letto alla francese un po’ stretto e molto alto, la cosa singolare è la lampada che rimare sopra le nostre teste, c’è una corda che tiriamo per poterla accendere o spegnere, divertente ed insolito, proprio una cosa d’altri tempi.

    Ma ciò che davvero rasenta l’assurdo è il vasino della pipì, il bagno è troppo lontano al piano sottostante, quindi ci siamo organizzati così, diciamo che non è proprio comodo, ma ci si abitua.

    La vita qui scorre lenta, l’aria è fresca e la mattina è bello sentire un venticello frizzante. Vado sempre a prendere il pane fresco, c’è un fornaio che fa profumare tutte le viuzze del paese con il suo pane appena sfornato, mi piace respirare a pieni polmoni quell’odore proprio buonissimo.

    Compero la pagnotta di farina scura, morbidissima, ancora tiepida. La nonna prepara l’uovo sbattuto, lo gira così tanto da farlo diventare un’emulsione e ci mette anche una goccia di caffè… è squisito… naturalmente lo accompagno con una fetta bella grande di pane burro e marmellata che è una vera goduria!

    Dall’uscio della nostra casa, alzando la testa sulla mia sinistra, c’è un’abitazione particolare: ha una terrazza-giardino e si affaccia sulla strada dove appunto c’è la mia casa. Lì, vedo sempre una ragazzina, credo che abbia un po’ più della mia età. È molto bella, ha i capelli lunghissimi, lisci, biondo oro, un viso da bambolina; quanto la invidio, vorrei io essere così carina! Se lascerò crescere i capelli, forse un giorno avrò l’aspetto, almeno vagamente, di una ragazza; ora sono magra e senza forme, con i capelli corti, un disastro! Potrei andare tra i lupetti e non s’accorgerebbero affatto che sono una ragazza. La sconosciuta è misteriosa, si affaccia da una finestra di quella casa terrazzata solo la mattina poi non la si vede più, ogni mattina incrocio il suo sguardo, magari domani provo a salutarla, spero mi contraccambi il saluto altrimenti mi sentirò una stupida. Da qualche giorno sono qui con i nonni, gli altri sono tutti impegnati in faccende varie: mio fratello con un torneo di tennis, mia sorella ha un corso estivo, lei studia sempre, mia mamma ovviamente deve restare a dare loro supporto; quindi, resto da sola con i nonni, ma va bene.

    Il nonno mi dà spiegazioni su tutto, ha preso un orto a noleggio e passiamo molto tempo a strappare erbacce, piantare semenze, io faccio come dice lui, senza fare domande, poi tanto lui comincia da solo a spiegarmi tutto, è precisissimo. Il suo orto è da fotografare per quanto è ordinato e pulito.

    Lo seguo perché non so come passare il tempo, ma non mi appassiona gran che, ci sono strani insetti a queste latitudini. Uno tra i tanti è rosso con un disegno nero sulla schiena, penso abbia sei gambe e cammina lentamente, non sembra pericoloso, lo guardo sempre perché l’ho visto solo qua nella mia vita, chissà cos’è! Ci sono anche tanti ragni orribili e tafani che pungono peggio delle zanzare, lasciano un segno rosso e si forma una vescicola che dà molto prurito… Chiaramente sono la loro preda preferita, ho la dannazione del sangue dolce e loro fanno banchetti prelibati col mio sangue; il nonno niente, deve avere il sangue amaro, come se fosse tossico per loro.

    Oggi mi sono alzata di buon’ora così vado a prendere il pane appena sfornato per la colazione. Il profumo si estende in tutti i vicoli che percorro per raggiungere il panificio, arrivo con l’acquolina che tocca terra dalla brama di afferrarne anche solo un pezzettino già mentre rientro… impossibile resistere… poi la nonna mi sgriderà, ma lei trova sempre qualcosa per farlo, tanto vale prenderne un pezzetto.

    Sono quasi arrivata davanti all’uscio di casa mia con la bocca piena, non ho resistito a quel profumo di pane appena sfornato, e mi sento osservata, alzo la testa ed ecco la figura femminile dalle fattezze perfette che mi sta osservando in silenzio dalla finestra. Mi ero ripromessa di salutarla ma ora con la bocca piena sarebbe imbarazzante, quindi opto per un cenno con la mano, lei ricambia con un sorriso… Che bello mi ha sorriso! Dopo colazione vado a trovarla, potrei bussare e chiedere se la posso incontrare, così avrei un’amica qua, potremmo fare passeggiate insieme, leggere, disegnare, si prospetta essere una splendida giornata.

    Eccomi, sono davanti alla porta di casa sua, una porta in legno con delle borchie nere che decorano tutto il perimetro. Non ho mai visto una cosa del genere, quindi mi perdo un attimo, prima di bussare, per guardare quella strana decorazione; lo stomaco tira un po’ ho mangiato troppo, ma la colazione era davvero sublime quindi sono consapevole d’aver peccato d’ingordigia.

    Caspita, nel mio immaginario sembrava più facile bussare e chiedere della dolce creatura che si affaccia alla finestra, ma adesso che sono qua non so bene cosa aspettarmi, magari non parlano neanche italiano ed io il tedesco lo parlo poco, magari mi risponde qualcuno di orribile e cattivo, ma cosa vado a pensare! Ora busso!

    toc… toc… toc…

    Mi apre una donna matura con capelli candidi come la neve ma non è vecchia, non saprei dire, ha già i capelli bianchi ma il viso non è rugoso; così mi presento:

    «Buongiorno, signora, mi chiamo

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