Fiabe per Principesse e Principi curiosi
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Fiabe per Principesse e Principi curiosi - Stefania Calesini
Stefania Calesini
Fiabe per
Principesse e Principi
inquieti curiosi
"Guardiamo il mondo una volta, da piccoli.
Il resto è memoria".
Louise Glück
med_0Fiabe per Principesse e Principi inquieti curiosi
Recuperare le nostre emozioni può, certe volte, significare recuperare noi stessi e la nostra storia, che a sua volta è il prodotto di tutte le generazioni che ci hanno preceduto e di cui noi siamo la testimonianza più tangibile e completa, non solo a livello genetico, ma anche nei mobili che arredano le stanze della nostra anima. (Alba Marcoli, Il bambino arrabbiato)
Ognuno di noi ricorda un momento nella propria infanzia, in cui ha sentito una ispirazione verso qualcosa del mondo che ci attirava in modo particolare. In quel momento abbiamo sentito che il mondo poteva appartenerci e che noi appartenevamo al mondo […] in quel momento, è nata la scintilla dell’ispirazione. Una scintilla che spesso trascuriamo, pensando che diventare adulti significhi chiudere con l’infanzia. Diventare adulti significa realizzare le aspirazioni dell’infanzia. Dargli corpo, forma e sostanza. Per farlo è necessario tornare a quella sorgente di ispirazione ogni volta che abbiamo bisogno di scegliere la nostra direzione. Per questo è così importante portare alla luce della consapevolezza le nostre emozioni bloccate, nascoste, il nostro bambino interiore: perché se abbiamo paura di lui, se abbiamo paura delle emozioni che porta nella nostra vita, ci ritroveremo come alberi senza radici profonde. Alberi che possono avere un solido tronco ma non reggono l’impatto del vento. Quel bambino - con la sua vulnerabilità - è la nostra forza e la nostra sorgente vitale.
(Nicoletta Cinotti, dal blog)
Introduzione
Dove ti sei perduta
da quale dove non torni,
assediata
bruci senza origine.
Questo fuoco
deve trovare le sue parole
pronunciare condizioni
di smarrimento dire:
"Sei l’unica me che ho,
torna a casa".
(Chandra Livia Candiani)
Mi contraddico? Sono grande, contengo moltitudini
.
(Walt Whitman)
Di cosa si tratta
Questo libro contiene una raccolta di fiabe per lettori adulti. Uso la parola fiaba intendendo qui, con tale termine, un racconto in cui sono presenti elementi (personaggi, animali, eventi) di carattere fantastico e immaginario.
A chi è rivolto
È rivolto a Principesse e Principi inquieti, ops, curiosi, ed anche a chi, in quel momento, li sta accompagnando.
Le Principesse e i Principi inquieti, ops, curiosi, sono coloro che, mossi da un loro senso di inquietudine, dal voler capire e risolvere sé stessi, hanno scelto di percorrere un cammino verso la comprensione di sé, e di conseguenza verso la comprensione degli altri; hanno imparato - anche giocoforza - ad amare la propria inquietudine, ne hanno trovato e apprezzato gli aspetti vantaggiosi, come la spinta ad osservare, sperimentare, cercare, voler capire, e capire anche che non si può capire tutto. Ma molto si può osservare.
Oppure stanno imparando, vogliono imparare, a farlo.
Le Principesse e i Principi Curiosi hanno imparato che la comprensione è importante non solo per il proprio bene-essere, ma per il bene-essere di tutti. Il valore della consapevolezza profonda del singolo, come insegnano in maniera evidente questi tempi (ma tutti i tempi) si ripercuote nella consapevolezza collettiva e delle relazioni; relazioni fra le parti di sé, fra le persone, nelle comunità ad ogni scala.
Da dove nasce
Materialmente, nasce dalla organizzazione e dalla elaborazione di alcune fiabe che avevo scritto per uso personale, e che hanno costituito e costituiscono i tratti di un’autobiografia scritta con linguaggio fantastico: la scrittura in fiabe mi si è rivelata come un efficace strumento di elaborazione analogica e trasformativa, sia degli eventi psicofisici della mia infanzia e della mia vita in generale, sia del processo di presa di coscienza e di trasformazione di essi.
Intenzionalmente, nasce dall’emozionata volontà di fornire uno strumento che possa facilitare il riconoscimento di meccanismi comportamentali appresi per lo più in seguito a emozioni rimosse, e in seguito alle strategie di protezione codificate per difendersi da quelle emozioni, e spesso ancora attive.
Le Principesse e i Principi Curiosi, probabilmente già sanno che a partire dalla nascita (e anche prima), si sviluppa un processo psichico, le cui fasi, generalmente, si fanno corrispondere a dati periodi di età biologica. Dal punto di vista biologico/anagrafico, l’età va avanti e il tempo non si ferma. Dal punto di vista dell’esperienza vissuta, le fasi precedenti
non è che passano, vanno e non tornano più. Rimangono in noi ben salde, fissate nel corpo (carne, ossa, cervello) come esperienza acquisita, e contribuiscono a colorare il quadro del nostro presente e della nostra personalità. Molte di queste esperienze, specialmente quelle più fastidiose e lontane nel tempo, escono dalla nostra memoria cosciente e si nascondono in qualche angolino polveroso e pieno di ragnatele, dove andiamo raramente a rovistare. Sono quelle che in misura più importante dettano, a nostra insaputa, i nostri comportamenti.
A nostra insaputa finché non decidiamo di voler comprendere da dove vengono quelle caratteristiche problematiche
che ci complicano la vita e irrigidiscono la spontaneità, e finché non decidiamo, spesso costretti dallo stesso disagio che ci accompagna, di imparare a elaborarle e gestirle. E prima, di imparare ad accoglierle ed amarle.
Comprendere da dove vengono nella maggior parte dei casi inizia col ritrovare e contattare il proprio bambino interiore, anzi, i propri bambini interiori. Fra di essi ci sarà quello giocoso, creativo, innocente, spensierato, che si riattiva nelle esperienze di gioia e meraviglia che viviamo. Ma ci saranno anche bambini nascosti, scomodi o prepotenti: quello impaurito da azioni violente degli adulti, quello arrabbiato per le ingiustizie ricevute, quello che sente il dolore di non essere stato accettato, rispettato, ascoltato…
Imparare a elaborarle e gestirle comporta individuare e contattare le parti che si sono prese il compito di proteggere quei bambini da emozioni che non erano in grado di sopportare, parti che possono risvegliarsi ogni volta che succede qualcosa di analogo alla situazione di pericolo originario. Accoglierle ed amarle diventa indispensabile; hanno fatto un lavoro duro e necessario, ed ora si meritano di andare in vacanza con i nostri ringraziamenti.
Nel mio personale percorso, in qualità di Principessa Curiosa, avevo trovato utile la lettura di alcune fiabe appositamente scritte per riconoscere in esse il proprio bambino interiore, e riconoscere, in esso, le emozioni che hanno plasmato i propri processi e il proprio carattere
. Contemporaneamente, questo permetteva di riconoscere i bambini, interiori o reali (figli, allievi…) che abbiamo incontrato e incontriamo nella vita.
Una volta innescato il processo di riconoscimento, analogico e cognitivo, ho intuito che per me sarebbe stato più utile avventurarmi nella scrittura col minimo di condizionamenti dovuti ad interpretazioni altrui. Nell’armadio degli archetipi, Principi, Principesse, Regni, Bambini perduti, Castelli, Foreste, Fate, Maghi, Animali, continuano a esistere come elementi simbolici che parlano al nostro immaginario di ogni età.
Ecco perché fiabe e non racconti. Perché il linguaggio della fiaba entra in comunicazione, tocca e colpisce parti profonde, aggira l’elemento razionale che può opporre resistenza, e combina gli elementi problematici
con gli elementi risolutivi
secondo schemi senza schemi, logiche illogiche, alchemiche finzioni. La fiaba, come il mito, inserisce la nostra piccola storia
in una storia più grande
.
Così il processo fantastico, sia nella lettura che nella scrittura, può diventare lo specchio/proiezione del processo personale, e può aprire o preparare percorsi originali per comprendere, affrontare, cambiare in maniera creativa elementi della propria vita.
Dopo qualche riga, nella scrittura la mano scrive da sola, sorretta da un flusso, una musa, che detta le parole: la propria fiaba, scritta da sé, diventa il proprio mito, unisce reale e immaginario nel linguaggio del come se
, della finzione in cui tutto è possibile, dove gli elementi reali (persone, eventi) diventano elementi immaginari con totale libertà di azioni e di situazioni, dove può succedere qualsiasi cosa sia utile alla propria narrazione.
Ecco perché le fiabe di questo libro non saranno commentate, non spiegate, da me. Ecco perché ho preferito proporre domande piuttosto che fornire risposte, che sarebbero le mie risposte.
Le singole fiabe contengono sì, in veste metaforica, tematiche e messaggi; ma tematiche e messaggi che ognuno potrà accogliere secondo il proprio bisogno in quel momento; ognuno potrà trovare, in quel momento, le risonanze che gli servono.
Lascio un’ulteriore considerazione, per me molto importante.
Considero assolute poche verità, e fra queste quella per cui l’effettiva consapevolezza delle proprie fragilità e dei propri inevitabili conflitti interiori, e la responsabilità di gestirli senza riversarli su Altri (o senza esserne vittima), si riflettono immediatamente sulla consapevolezza e responsabilità della collettività, e possono contribuire alla convivenza pacifica, rispettosa e amorevole, fra persone, gruppi, nazioni.
Questi Altri sono spesso i bambini reali, verso i quali (e verso il futuro) siamo in debito di sana attenzione e sana responsabilità. Ho fatto mio, da molto tempo, un pensiero che ho trovato espresso da diversi autori: la consapevolezza personale diventa un gesto e un impegno politico
, un atto di cura verso la comunità umana ed il mondo tutto.
Tasto dolente?
Curiosare e indagare fra i propri meccanismi può essere fastidioso, perché si può andare a scavare in cause poco simpatiche, perché si può scoprire che le nostre azioni derivano da parti sconosciute che agiscono a nostra insaputa, perché possono cadere immagini di noi a cui siamo molto affezionati. Ma può essere molto liberatorio, farci riconoscere risorse dimenticate, sapere che si può prendere e riprendere la partecipazione autentica nella propria vita.
Questo lavoro potrebbe essere l’occasione di sperimentare l’osservazione, di allenare in sé la lucidità del testimone. Lungi dall’essere assenza emotiva, la mente lucida (o piena attenzione o mindfulness) è strumento per discriminare, valutare, senza operare giudizio né giustificazione; deriva spesso da un atto di volontà, o dalla comprensione intuitiva che non c’è altra scelta; necessita, ahimè, di disciplina (imparo) e di pratica (agisco), accompagnate da sincera compassione (sento) verso tutte le parti che ci abitano. Quest’ultima componente spesso è quella che davvero permette di ampliare e arricchire il punto di vista e di fare pace con chi siamo, con chi sono, con chi sei. E la Piena Attenzione, quella che ci permette di avvicinarsi ad un accettabile libero arbitrio.
Questo libro è nato dall’intenzione di offrire un aiuto all’osservazione di sé, alla consapevolezza e ad una trasformazione di quanto ci fa male. Di invitare ad essere curiosi, ad esplorare. L’intento è quello di una consapevolezza creativa. Un nous poietikos, un intelletto creativo/costruttore che trova stimoli sia nella lettura che nella scrittura. Quindi è un lavoro serio, eseguito come se fosse un gioco, un’avventura.
Il metodo qui proposto non sarà adatto per tutti. Se lo trovate adatto, approfittatene. Se vi piace, approfittatene. Se vi dà un sopportabile fastidio, approfittatene.
Lavorare con queste fiabe
Il cuore è la capitale della mente.
La mente è uno stato a sé.
Il cuore e la mente insieme fanno
un unico continente.
Uno - è la popolazione –
numerosa quanto basta –
questa estatica nazione
cercala - sei tu.
(Emily Dickinson)
Le mete vengono lanciate in alto dalla psiche, come esche per il pesce vivo, finzioni per sollecitare e guidare l’azione. […] Nella misura in cui una meta è una storia che mostra una via, essa è la storia che cura. (James Hillman, Le storie che curano)
Ascoltando le primissime parole della narrazione di un mito, di una fiaba o di una leggenda, sentiamo subito che non saremo tanto informati, ma trasportati altrove. Le fiabe e i miti non sono solo le mappe di un viaggio ma sono anche i mezzi di trasporto. […] Il mito e la fiaba, situandosi fra lo storico e il sacro, integrano il personale nell’universale ed espandono la nostra comprensione del sé. […] La storia maggiore ci abbraccia, e tutte le storie diventano una. (Deena Metzger, Scrivere per crescere)
Scrivere di sé, tradurre la propria vita in un racconto, significa rendersi visibili, anche se ciò che scriviamo non ha un folto pubblico. Innanzitutto, diventiamo visibili a noi stessi. […] La persona, in una fiaba, può rielaborare nuovi significati perché si sperimenta al di là dell’immagine che ha sempre avuto di sé. (Maria Varano, Guarire con le fiabe)
La fiaba letta, sentita, scritta, riletta, può costituire il luogo dove avviene la congiunzione fra aspetto analogico e aspetto cognitivo, cioè fra ciò che intuisco e di cui mi sento essere cassa di risonanza, e il