Ritrovare la Strada
By Rosa Ucci
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Questo Racconto è la storia di una vita complessa. Il suo incipit corrisponde al periodo dell'infanzia in un picco- lo centro dell'Abruzzo sulle pendici dell'amata Maiella Madre, che sem- bra essere rimasto in una stagione quasi mitica ed arcaica, quasi che il tempo si fosse fermato.Questa condizione di povertà e di semplicità era però destinata ad in- terrompersi bruscamente e, per al- cuni versi, brutalmente. Arriva poi il tempo di un viaggio inaspettato e radicale che cambia completamente l'esistenza della giovane protagoni- sta. Di fronte al suo sguardo attonito si spalancano gli orizzonti sterminati e complicati di un Paese: l'Australia. Nessuno le aveva detto che sarebbe stato il luogo di un riscatto a lungo agognato. Un luogo nel quale avreb- be scoperto, negli anfratti del suo in- conscio e tra ripetute sofferenze, la strada della comunicazione interiore, profonda, luminosa e sorprendente.
Rosa Ucci
Rosa Ucci, nata a Lanciano (CH) nel 1946, si è laureata in Scienze Politiche a Bologna e in Psicologia Applicata a “La Sapienza” di Roma. Dopo un’esperienza ventennale di insegnamento, si è dedicata alla libera professione di psicologa e psicoterapeuta, porgendo particolare attenzione ai problemi dello sviluppo della personalità femminile nella sua espressione individuale e sociale. Il suo spiccato senso di libertà e il desiderio incessante di conoscere la natura umana in tutte le sue sfumature l’hanno condotta in Australia, in America, in Inghilterra, dove ha approfondito le più recenti tecniche di analisi dei comportamenti consci e inconsci e svolto attività di ricerca e di divulgazione su tematiche sociali. L’incontro con il tango, durante un viaggio in Argentina nel 1992, segna l’inizio di un interesse che condurrà alla originale intuizione sul significato profondo del tango, espresso in tutte le sue sottili e intime sfumature nel testo Nostalgia, tradimento, amore. Viaggio all’interno del Tango, nato nei locali di una Buenos Aires non turistica, dove il ballo è vissuto ancora nel suo originario significato di trasformazione del dolore in sentimento vitale.
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Ritrovare la Strada - Rosa Ucci
CaPitOLO 1
Dal luglio 1936 all’aprile 1939 imperversava in Spagna la guerra civile fra i ribelli franchisti, nati come i Nacionales ed i Republicanos, i sostenitori della Repubblica spagnola, che terminò con la sconfitta della causa repubblicana dando inizio alla dittatura di Franco.
La guerra accese un appassionato interesse nelle comunità politiche ed intellettuali internazionali. Il generale Francisco Franco era appoggiato dalla Germania nazista e dall’Italia fascista. Dal regime fascista italiano tale guerra fu vista come una crociata per la civiltà europea e per la civiltà cristiana contro le barbarie dei rossi
.
Mio padre seguiva con poco interesse le sporadiche conversazioni politiche che seguivano in oratorio dopo le funzioni domenicali, né si pone va domande circa le motivazioni profonde della guerra. Un giorno gli venne all’orecchio che chi si arruolava come volontario era pagato profumatamente. Non ne parlò nemmeno con mia madre, decise di arruolarsi come mercenario nell’esercito delle camicie nere di Mussolini.
Il ritorno di mio padre in paese fu un evento straordinario. Fu accolto con la banda come un eroe. Gli fu dato perfino un lavoro a Chieti nelle cartiere perché aveva onorato la patria. In realtà gli episodi di guerra segnarono mio padre in maniera irreversibile. Non si liberò mai dell’odio per i soldati tedeschi, capaci di una violenza gratuita. Uccidevano chiunque senza ragione, uomini, donne e fanciulli. Spesso ripassava a voce alta i fatti disumani, le atrocità di quei soldati, che armati di rivoltelle, tiravano senza remissione, perseguitati dalla follia, impazziti dal sangue. Vedevano rosso. Lo spettacolo barbaro di donne scarmigliate, mutilate, lacerate non lo abbandonò mai. Era ricorrente. Dai traumi di guerra mio padre non si riprese mai più. Si ammalò per sempre. Nel 1942 fu richiamato alle armi. La sua destinazione era l’Albania e la Grecia. Ma di lì a poco fu congedato perché inadatto alla lotta
. Così era uno dei pochi uomini rimasti in paese quando il fronte attraversò l’Abruzzo.
Egli era a conoscenza che Lettopalena doveva essere bombardata ed aveva deciso di portare la famiglia in salvo ad Abbateggio. Un paio di altre famiglie si unì a lui. Si allontanarono, una mattina all’alba, verso la direzione stabilita, evitando le strade, e percorrendo solo sentieri collinari e boschi familiari.
I conducenti del gruppo, forti e sicuri procedevano in avanti, distanziati da donne e bambini. Improvvisamente due tedeschi sgusciarono dagli alberi e puntarono la pistola una su mio padre ed una sul suo amico Nicola e strattonandoli con le braccia gli indicarono di seguirli.
Mio padre e Nicola, con il cuore in gola obbedirono. Avevano fatto solo pochi passi, attraversato la rupe ed entrati nella stradina brecciata, che appare dietro una curva un carretto, trascinato da un asino e due contadini. Sul carretto si evidenziavano vettovaglie destinate ai nascondigli. Erano vicino a Torricella. Uno dei tedeschi puntò la pistola sui due contadini chiedendo di consegnare l’asino con il carretto. I contadini, impietriti, non si mossero. Il tedesco con la pistola puntata sul suo collo consegnò a mio padre un’altra pistola e gli disse:
Uccidi entrambi ora
. Con uno sguardo di pietra mio padre fissava il tedesco, le gambe tremanti, la mano congelata sul grilletto, quando all’improvviso, da lontano, giunse improvvisamente un forte boato. Il segno del Signore. I tedeschi si dileguarono all’istante e mio padre e l’amico si accasciarono a terra con lo sguardo grato verso il cielo.
Intanto il gruppo delle donne e bambini, abitati da pidocchi e vermi, arrivavano ad Abbateggio. Il paese era deserto, si ripararono in una stalla. Mio padre e Nicola non scesero dalle montagne ma raggiunsero i compagni della Brigata Maiella.
La decisione di radere al suolo i comuni a ridosso della Linea Gustav, l’imponente linea difensiva voluta da Hitler e coordinata dal generale Kesserling, creò molto malcontento da parte delle popolazioni occupate, che iniziarono a raggrupparsi in bande partigiane. Ci si univa mossi dalla voglia di ricacciare dalle proprie terre l’invasore di cui avevano subìto soprusi, lutti, stragi e distruzioni. Si armavano come capitava, dal fucile da caccia alla mitragliatrice, rubata, talvolta con destrezza, ai tedeschi.
Queste persone venivano chiamati banditi, perché messe al bando dalle numerose ordinanze emesse dai tedeschi e dai fascisti. Quando erano catturati venivano immediatamente giustiziati in quanto considerati traditori e non riconosciuti come combattenti avversari. Uno di questi gruppi nasce a Gessopalena ad opera dell’avvocato Ettore Troilo, che scelse il nome della Maiella, la montagna madre, per battezzare la sua formazione.
Mio padre conosceva l’avvocato fin da piccolo e con entusiasmo si unì al suo gruppo. Inizialmente contava solo 15 persone. Ettore Troilo con determinazione aprì i contatti con il maggiore inglese Lionel Wigram per offrirsi, con il suo gruppo, come volontario per la Liberazione.
Dopo diversi tentativi, nel gennaio 1944, al gruppo viene concesso la possibilità di combattere con il governo alleato. La formazione era volontaria, se ne poteva uscire liberamente senza dare spiegazione, non aveva connotati politici. Raggiunse 1700 unità ed ancora tanti avrebbero voluto farne partecipe, ma il maggiore Wigram decise di chiudere le adesioni.
La Brigata Maiella combatté a fianco agli alleati guidandoli nei sentieri montani e liberando la maggior parte dell’Abruzzo, animati, di battaglia in battaglia, sempre da superbo eroismo. Una volta liberata la propria terra potevano sentirsi soddisfatti di aver concluso il loro compito. Invece no, continuarono a combattere risalendo l’Italia, unendosi anche ad altri gruppi partigiani fino ad Asiago. Lungo tutto il cammino una scia luminosa ripete e riafferma le loro gesta epiche ed eroiche.
Un’affiliazione sui generis
quella della Brigata Maiella, mai vista in Italia ed in Europa. Nel novembre 1963, quando Sandro Pertini era presidente, la Bandiera della Brigata Maiella i partigiani che salvarono l’Italia
viene decorata con la medaglia d’oro al valore militare. Mio padre era morto da qualche mese.
CaPitOLO 2
I lettesi, nei secoli, di fronte a qualsiasi sventura, terremoti, pestilenze ed invasioni avevano reagito con forza e coraggio di fronte agli eventi traumatici. Avevano ritrovato il loro equilibrio, avevano affrontato di petto la loro disastrosa condizione rimettendo in piedi case, chiese e torri e facendole più belle di prima. Ma quella esperienza di guerra assurda non riusciva a cancellarla. Erano disorientati. Quando la guerra finì gran parte della popolazione era ancora dispersa, disseminata un po’ dovunque. Non c’erano braccia per riprendere un cammino comune. Per molto tempo la Chiesa continuò ad essere un tetto per molte persone, così pure il mulino. I pagliai, quello che una volta era il paese delle bestie, diventarono le loro case provvisorie, intorno campi devastati, mobili bruciati, animali