Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

Da zero al successo: Testimonianze di donne italiane che ce l'hanno fatta
Da zero al successo: Testimonianze di donne italiane che ce l'hanno fatta
Da zero al successo: Testimonianze di donne italiane che ce l'hanno fatta
Ebook298 pages3 hours

Da zero al successo: Testimonianze di donne italiane che ce l'hanno fatta

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

Storie vere di donne che di propria iniziativa hanno dato vita ad una tipologia di attività, fornendo un contributo economico, culturale o sociale alla società. «In questo libro ho voluto inserire anche una parte statistica e una, oserei dire, di denuncia in merito alla situazione che si trovano a gestire le donne che mettono su un'attività economica, ma anche i motivi per i quali in molte sono costrette a rinunciare - aggiunge lo scrittore -. Voglio sottolineare che la donna italiana che decide di avviare un'attività imprenditoriale possiede un livello di istruzione alto e superiore a quello dell'uomo imprenditore. Raggiungono una percentuale vicino al 21 percento le donne con una laurea, gli uomini laureati che fanno impresa si attestano intorno al 16%. Nelle pagine del mio libro emerge anche, tra le altre, la particolarità di una presenza femminile nelle giovani società innovative addirittura minore che nelle aziende. Eppure, studi e ricerche internazionali dimostrano la correlazione positiva delle performance aziendali con leadership femminile sia nelle start up sia nelle aziende tradizionali. È noto che le start up fondate anche da donne hanno maggiore probabilità di attrarre investimenti rispetto a quelle costituite da soli uomini». L'aumento della partecipazione delle donne al mercato del lavoro ha un forte impatto positivo sull'economia, soprattutto a fronte di una riduzione della forza lavoro e di una carenza di competenze. Per la Commissione europea è un mezzo che consente alle donne di plasmare la loro vita, svolgere un ruolo nella vita pubblica ed essere economicamente indipendenti.
LanguageItaliano
Publishertredition
Release dateSep 3, 2021
ISBN9783347130050
Da zero al successo: Testimonianze di donne italiane che ce l'hanno fatta

Related to Da zero al successo

Titles in the series (1)

View More

Related ebooks

Biographical/AutoFiction For You

View More

Related articles

Reviews for Da zero al successo

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    Da zero al successo - Nico Stino

    Insegnamenti e ringraziamenti

    La scrittura di questo libro è stata possibile grazie alle tante persone che mi hanno condotto fino a questo punto. Provo a ricordarle tutte. Grazie alle mie radici, ai miei maestri, alle mie guide: i miei figli, Gianluca, Loris, Apichya e Nuttida; mia moglie, Riyawan. Attraverso i loro insegnamenti, i loro pensieri, il loro amore, tramite le loro mani, la loro cultura, le loro invenzioni, con il loro esempio, la loro normalità, il mondo prezioso che mi hanno trasmesso, ho costruito il mio riparo, il mio rifugio. L’ho inserito nel profondo del mio cuore e ad esso ritorno ogni volta che devo leccarmi le ferite.

    Grazie ai miei genitori, che mi hanno dato la vita, mi hanno aperto gli occhi su di essa e poi mi hanno insegnato tutto… anche la capacità di mettere in discussione i loro insegnamenti. Grazie anche per avermi accompagnato, in ogni momento, in quella straordinaria scoperta che è l’umana esistenza.

    Grazie a Giuseppe Rapuano, preziosa guida nella costruzione del sen tiero che ti porta a realizzare i tuoi sogni, per la sua disponibilità e per la sua innata e immediata generosità.

    Grazie a Fernando Catalano, per gli antichi insegnamenti che non ho mai dimenticato e per avermi buttato con fiducia nel mondo degli squali, sopravvissuto ai quali ho capito che potevo essere me stesso.

    Grazie grazie grazie al mio coach di vita, Gaetano Nino Vitolla, eroico compagno di viaggio, che mi ha prestato la sua professionalità e generosamente mi ha concesso la sua amicizia.

    Grazie a tutte le donne - e imprenditrici - che con grande pazienza hanno accompagnato e costruito questo mio libro con le loro testimonianze.

    Grandi Donne. Imprenditrici nel mondo e in Italia

    Imogene Hill e Steve Jobs

    «Imogene Hill è la donna che ha cambiato il mondo. Se il mondo è così, lo dobbiamo a lei, a questa donna». L’ha sostenuto, e provato a dimostrare, Enrico Galiano attraverso un video pubblicato su YouTube, nell’ambito di TEDx Udine Salon. Il professore di lettere, videomaker e scrittore di romanzi, uno degli insegnanti più amati d’Italia, ha voluto fare comprendere alla platea nazionale, e a tutti coloro che lo seguono su YouTube, quanto un insegnante possa cambiare la vita degli studenti. È possibile avere coscienza di come le persone sono quelle che dimostrano di essere anche grazie al trattamento che ricevono dagli insegnanti.

    Galiano, attraverso un escursus storico, è giunto all’esempio con protagonisti i bambini: la differenza tra un bambino ed un altro sta nel modo in cui è trattato e non nel modo in cui si comporta. Come introduzione l’insegnante Galiano racconta degli episodi che hanno riguardato la sua esperienza da piccolo calciatore.

    «Quando ho ricevuto parole di elogio dal mio mister, e anche l’ordine di diventare capitano della mia squadra, ho capito il mio valore. Tutti i miei compagni mi tenevano in considerazione durante le partite, io segnavo anche molti goal. Ma come mai quando non mi stimavano, ero una schiappa e, invece, quando mi trattavano da protagonista, io cambiavo totalmente, divenendo quasi un campione? Questo si rappresenta come effetto Pigmalione o Rosenthal, e accade a tutti noi».

    Robert Rosenthal, psicologo americano, nel 1963 esegue degli esperimenti sui topini, ha successo e riceve un invito da Lenore Jacobson, preside di una scuola elementare nel distretto scolastico unificato di South San Francisco. Il professore e la preside decidono di attuare un piano, una sorta di scherzo, per mettere alla prova anche gli insegnanti della Oak School. La scuola era divisa in classi lente, medie e veloci. Per stabilire la classe presso cui ogni alunno dovesse essere inserito, ogni anno erano somministrati dei test di intelligenza.

    Anche lo psicologo partecipa a questa abitudine, ma una volta ottenuti i risultati dei test, realizza lo scherzo. Fa credere agli insegnanti che un 20% degli studenti, ma scelti a caso da lui, siano dei veri e propri geni. Poi, Rosenthal ritorna dopo un anno nella stessa scuola e chiede se gli studenti proposti da lui si fossero rivelati essere veramente dei geni. I professori affermano che i ragazzi scelti da Rosenthal sono effettivamente i migliori della scuola elementare.

    Ma Rosenthal, che proveniva da Harvard, somministrò dei nuovi test per riscontrare se effettivamente quegli studenti – scelti da lui a caso – fossero realmente migliorati: effettivamente avevano avuto dei miglioramenti in tutte le discipline. Alla fine, è bastato fare sapere all’insegnante che un ragazzo è intelligente e l’insegnante lo ha fatto diventare intelligente? Sì!

    Rosenthal decise di chiamare questo suo procedimento effetto Pigmalione. Pigmalione viene fuori da una commedia di George Bernard Shaw, nella quale ad un certo punto un professore trasforma una fioraia in una nobildonna. Ma come ci è riuscito? La differenza tra una fioraia e una signora non è nel modo in cui ci si comporta ma nel modo in cui viene trattata, la risposta di Shaw.

    «Se tu tratti un bambino come se fosse stupido, diventa stupido»; «se tu tratti un bambino come se fosse medio, diventa medio»; «se tu tratti un bambino come se fosse ricco di talento, come se fosse intelligente, come se avesse del potenziale, quel potenziale, un giorno, viene fuori». Poi, il professore ha continuato la sua lezione tenendo come punto di riferimento per l’insegnante, il maestro, sia l’effetto Pigmalione sia l’effetto Voldemort. In ogni momento, in classe, un docente può essere Pigmalione o Voldemort, e può trasformare un carbone in un diamante ma anche un diamante in un carbone.

    «Ma chi insegna deve cercare di essere sempre Pigmalione e mai Voldemort». E, allora, è assolutamente necessario seguire alcune regole, secondo Galiano. Non bisogna avere pregiudizi. Non bisogna dimenticare mai che se sei un insegnante, se sei un educatore, se sei un genitore, i tuoi pregiudizi cambiano la realtà. Ogni maestro deve astenersi dal pensare male di un alunno. Mai pensare questo non ce la fa, questo è un caso perso.

    Trattare ogni studente come se avesse dentro di sé un talento straordinario. È l’insegnante che deve fare esplodere il talento di uno studente come se fosse un vulcano.

    Indispensabile scrivere per ogni studente tutti i suoi pregi, uno per uno, e ricordarli da parte di ogni professore. L’insegnante deve rivelare allo studente i pregi di cui è portatore. Lui, l’alunno, deve sapere quali sono i suoi pregi. Sono le parole degli altri che permettono a ognuno di riconoscersi. L’insegnante deve scrivere anche i difetti dello studente, ma non devono essere detti alla ragazza o al ragazzo. Fino al giorno in cui lo stesso docente o maestro avrà capito come lo studente può utilizzare, mettere a frutto, i suoi difetti.

    Ogni insegnante deve credere in ogni alunno o studente, in ogni giovane che segue. Ogni professore deve credere nel ragazzo, perché nel momento in cui lo studente che si ha davanti si accorge che il docente crede in lui, lui comincerà a credere fortemente in sé stesso.

    Ed ora veniamo alla storia del piccolo teppista e alla grandezza della donna Imogene Hill. Negli anni Sessanta, vicino a San Francisco, in California, c’è un ragazzino di sette anni che ha già nel suo bagaglio tante sospensioni dalle lezioni scolastiche. Praticamente definito come un teppista.

    La scuola che frequenta vuole collocare l’alunno in una classe speciale. La sua famiglia adottiva non desidera questo e chiede di concedere solamente del tempo al ragazzino. Un giorno, arriva la nuova maestra Hill e subito lo prende sotto la sua cura, caricandolo di responsabilità, lodandolo in continuazione, incoraggiandolo; gli affida incarichi ripetutamente. Quando il piccolo studente ha solo 8 anni dimostra l’intelligenza di un giovane di 15. Poi, quel ragazzino, diventato adulto, insieme con un suo amico, fonderà la più grande compagnia di computer al mondo.

    Steve Jobs ricorderà, fino all’ultimo giorno della sua vita, e in ogni occasione che gli si presenta, il nome della sua maestra: Imogene Hill.

    Chi è l'imprenditrice italiana?

    La donna italiana che decide di avviare un'attività imprenditoriale possiede un livello di istruzione alto e superiore a quello dell'uomo imprenditore. Raggiungono una percentuale vicino al 21 percento le donne con una laurea, gli uomini laureati che fanno impresa si attestano intorno al 16%. Una esperienza lavorativa più qualificata (da impiegata o quadro) nel curriculum vitae delle donne che si cimentano in una nuova iniziativa imprenditoriale.

    Se è vero che sempre più donne nel mondo decidono di diventare imprenditrici e di aprire la propria attività, contribuendo in questo modo a creare posti di lavoro e a migliorare l’economia del loro Paese, non si può negare che le figure femminili devono affrontare maggiori ostacoli rispetto ai loro colleghi uomini per avviare e fare crescere il proprio business.

    E in Italia?

    L’imprenditoria femminile continua a crescere: nel complesso le attività produttive condotte da una donna hanno superato la quota di un milione e 330mila unità, pari al 21,86% del totale delle imprese, contro il 21,76% dell’anno precedente (fonte: Osservatorio Imprenditoria Femminile di Unioncamere – InfoCamere).

    Si conferma il dato relativo alla dimensione media delle imprese al femminile, che sono più piccole, con 2,32 addetti contro i 4 del totale delle imprese. In pratica, soltanto un’attività su cinque è guidata da una donna. Sono 14 su 20 le regioni in cui cresce l’imprenditoria femminile, con punte in Sicilia, Lazio, Campania e Lombardia. A livello settoriale, le imprese femminili si concentrano in particolare nel turismo e nelle altre attività dei servizi, tra cui al primo posto ci sono i servizi alla persona. Cambiano però le forme societarie scelte dalle imprenditrici italiane, che sembrano prediligere entità più strutturate: le società di capitali femminili sono aumentate di quasi il 17% rispetto a tre anni prima, arrivando a rappresentare oltre il 21% delle imprese femminili; le società di persone e le imprese individuali restano comunque la forma giuridica più diffusa, anche se la percentuale risulta ridotta.

    La presenza femminile nelle giovani società innovative è addirittura minore che nelle aziende. Eppure, alcuni studi e ricerche internazionali dimostrano la correlazione positiva delle performance aziendali con leadership femminile sia nelle start up sia nelle aziende tradizionali. In particolare, rivelano che le start up fondate anche da donne hanno maggiore probabilità di attrarre investimenti rispetto a quelle costituite da soli uomini; e sostengono che le donne sono più adatte a individuare i bisogni del mercato e a coglierne le opportunità.

    Chi sono le nuove imprenditrici?

    Ecco il profilo dettagliato della neo imprenditrice italiana, fotografato dall’indagine di Unioncamere: ha meno di 40 anni (nel 60% dei casi, contro il 55% maschile), ha un livello di istruzione alto e mediamente più elevato di quello degli uomini (il 20,8% ha una laurea, contro il 16,1% dei colleghi imprenditori, il 46,1% un diploma superiore, mentre gli uomini si fermano al 44,7%), e una precedente esperienza lavorativa maggiormente qualificata (il 18,5% ha alle spalle un’occupazione da impiegata o quadro, contro il 14,3% degli uomini).

    Invece, è più raro il caso di una precedente esperienza imprenditoriale o in proprio: solo il 6,9% delle donne aveva alle spalle una pregressa esperienza da imprenditrice o da lavoratrice autonoma (15,2% per gli uomini), e solo il 3,5% svolgeva una libera professione (5% per gli uomini).

    Protagoniste

    Silvia Bolzoni

    Founder, Presidente e Ceo di Zeta Service

    Biografia

    Sono nata a Credera Rubbiano, un paesino di circa 1.500 abitanti in provincia di Cremona, dove tuttora risiedo, perché è qui che la mia famiglia ed io abbiamo le radici. In passato i miei genitori avevano un’attività, gestivano un’azienda di autonoleggio. In un mondo che all’epoca era a forte tradizione maschile, mia mamma è stata una delle prime conducenti di pullman e ha dimostrato di avere una straordinaria capacità di indipendenza e di autoimprenditorialità, quando ancora le donne lavoratrici erano un numero piuttosto ristretto.

    Forse è proprio grazie all’esempio di mia mamma che oggi sono quello che sono, inconsciamente sono stata spronata a seguire le mie aspirazioni fin da giovanissima. E così, dopo il diploma di ragioneria, ho deciso di non proseguire gli studi: pure avendo voglia di intraprendere un percorso universitario, in me ha prevalso il desiderio di autonomia e indipendenza.

    Questo mi ha portato a cercare subito un impiego, e con grande soddisfazione ottenni presto un colloquio e iniziai a lavorare in quello che allora era lo Studio Zucchetti. Qui ho trovato un ambiente stimolante, sono cresciuta molto sia come professionista sia come donna, ho acquisito maggiore consapevolezza delle potenzialità che mi appartenevano e ho scoperto di avere tante doti che io stessa non avevo compreso o non consideravo importanti.

    Poi, un giorno, mi arrivò un’offerta di lavoro per una importante multinazionale del settore e, dopo 18 anni di servizio, lasciai Zucchetti. Non è stato facile prendere la decisione di cambiare, sai quello che lasci ma non sai quello che trovi. Ma avevo capito che era giunto per me il momento di sperimentare qualcosa di nuovo, così accettai e iniziai una nuova avventura. Con il senno di poi posso dire che questa esperienza è stata la vera chiave di volta per me e per l’avvio della mia storia da imprenditrice. Molto spesso si dice la mia azienda è nata da un sogno…, nel mio caso posso dire che Zeta Service è nata da un rimprovero.

    Ebbene sì, ho fondato Zeta Service nel 2003 quando, a seguito di un rimprovero per il mio eccessivo orientamento al cliente, ho deciso di dare vita a un’azienda tutta mia. Un’attività imprenditoriale che si differenziasse sul mercato per la spiccata attenzione al cliente e alla sua soddisfazione, e per il benessere di tutti i collaboratori.

    Penso si tratti di una qualità fondamentale per tutte le aziende, ma soprattutto per una società di servizi come la nostra. Per avere successo e lavorare bene è necessario che l’azienda faccia tutto ciò che serve per mettere le sue persone in condizione di stare bene: sono convinta che svolgere un lavoro così importante come il nostro abbia bisogno di un ambiente prima di tutto sereno e accogliente. Ogni giorno io e miei 300 collaboratori lavoriamo portando avanti i principi di cura, ascolto ed empatia sui quali ho fondato tutta la mia attività imprenditoriale. In questo modo siamo cresciuti noi, è cresciuto il numero dei nostri clienti, ed è cresciuto anche il numero dei servizi che proponiamo alle aziende.

    Ad oggi abbiamo tre linee di business:

    • Payroll e amministrazione del personale in outsourcing;

    • Consulenza del lavoro, attraverso Lumina – Noi Consulenti del Lavoro STP;

    • Sviluppo del potenziale delle risorse e formazione esperienziale, grazie alla BU Eleva.

    Sono convinta che l’etica debba essere la base di ogni azienda e che agire in questo senso anche nell’ambito dell’economia e del business porti a risultati inaspettati, che le logiche di fatturato da sole non possono raggiungere. Ma non guardiamo solo al nostro interno, ogni giorno operiamo in modo corretto, attivo e responsabile anche nei confronti del territorio e della comunità, nella convinzione che tutto il valore che generiamo in Zeta Service può, e deve, essere d’aiuto anche alla società. Per questo, mi sono impegnata da sempre, insieme con tutta Zeta Service, nel sociale, con interventi che sono diventati via via più importanti di pari passo con le nostre possibilità di agire. Abbiamo dato vita alla Fondazione Libellula, la Fondazione di Zeta Service che ha in sé il primo network di aziende in Italia unite contro la violenza alle donne e le discriminazioni di genere.

    L’obiettivo per il futuro è quello di proseguire su questa strada, accrescendo ogni giorno di più il nostro impegno non solo nel business, ma anche nel divenire un’azienda esemplare in termini di benessere per i collaboratori e di buone prassi verso la comunità.

    Che impressione le fa la sua presenza tra le 100 leader italiane femminili per Forbes?

    Quando ho scoperto di essere stata inserita tra le cento leader italiane femminili secondo la rivista Forbes ho provato un mix di stupore e felicità. Ho visto il mio nome spiccare al fianco di quelli di grandi donne, personaggi famosi, designer emergenti, scienziate o icone dello sport, e mai avrei pensato di potere essere affiancata a loro. Ma questa classifica premia anche quelle donne che hanno una vita più normale, imprenditrici e manager di successo, donne capaci di interpretare il proprio ruolo, in azienda o nella società, valorizzando ogni giorno un patrimonio personale fatto di competenze, creatività, carisma, tenacia, capacità di innovare e visione del futuro. Allora ho compreso il vero valore della mia nomina, e questo mi ha riempita di orgoglio.

    Non tanto perché ho visto il mio e il nostro impegno quotidiano ricompensato, ma perché credo che premiare atteggiamenti positivi possa portare alla nascita di un circolo virtuoso che sia di ispirazione per molti altri manager di molte aziende. Da sempre, curiamo prima di tutto il benessere dei collaboratori con piccole grandi attenzioni quotidiane. I clienti sentono di potere realmente contare su interlocutori fidati, competenti e disponibili. Questo il pensiero che da tempo portiamo avanti e che ci è stato riconosciuto lo scorso anno dalla prestigiosa classifica di Forbes.

    Grandi sogni e (spesso) una dura realtà: come fare incontrare questi due mondi?

    Molte volte mi trovo a ribadire l’importanza di seguire i propri sogni e le proprie aspirazioni. Lo ripeto ai miei figli, ai miei collaboratori e, in generale, a tutte le persone con cui mi confronto. Comprendere quali siano i propri desideri, le aspirazioni personali e pensare di poterli realizzare è il primo passo per stare bene con sé stessi. Non esistono ostacoli insuperabili se ci sono passione e coraggio a guidarti e spesso siamo proprio noi a porci dei limiti, anche quando dall’esterno arrivano, invece, messaggi rassicuranti. Dobbiamo imparare ad ascoltare un po’ di più noi stessi, quello che ci dicono il cuore e la mente. Prendo ad esempio il mio caso personale: ho fondato Zeta Service quando ormai non ero più una ragazzina, avevo 43 anni, avevo un marito e due splendidi figli piccoli. E quindi nutrivo un grande senso di responsabilità nei confronti della mia famiglia, e volevo evitare loro stress e incertezze legate a un così grande cambiamento. Ma sapevo di fare la cosa giusta, desideravo davvero dare vita alla mia azienda, un posto costruito su valori per me importantissimi e che potesse essere, in un futuro, fonte di orgoglio e senso di appartenenza per loro e per molte altre persone che con me avrebbero collaborato. Con qualche sacrificio oggi posso dire di avercela fatta: Zeta Service è un’azienda felice e sana, ma è anche una grande famiglia, fatta di persone che stanno bene insieme e che lavorano mosse da passione, determinazione e spirito di squadra.

    E per questo risultato devo ringraziare proprio loro: mio marito e la mia famiglia, che mi hanno sempre sostenuto, affiancato e aiutato nel realizzare il mio piccolo, grande sogno.

    Come è nata l’idea di dare vita a questa sua attività imprenditoriale?

    Spesso si dice la mia azienda è nata da un sogno … Ecco, nel mio caso, invece, posso dire che la mia azienda sia nata da un rimprovero. Ebbene sì, in una precedente esperienza, all’interno di una multinazionale americana, dove sempre nel campo del payroll mi occupavo del lato commerciale, mi è stato rimproverato di avere un eccessivo orientamento al cliente. Questo mi fece male, ma mi diede anche la spinta per guardare oltre.

    Grazie all’aiuto di alcune persone ho tradotto quel mio eccessivo orientamento al cliente in un concetto concreto e positivo, ovvero l’empatia. E da qui, qualche tempo dopo, ho dato vita a Zeta Service. Zeta Service, società specializzata in amministrazione del personale, payroll e gestione presenze, sviluppo del capitale umano, è nata proprio dal mio desiderio di creare un’azienda che si differenziasse sul mercato per la spiccata attenzione al cliente e alla sua soddisfazione, e per il benessere di tutti i collaboratori e della comunità.

    Penso che l’attenzione alle persone sia una qualità fondamentale per tutte le aziende ma, soprattutto, per una società di servizi come la nostra. Infatti, sapere fare bene il nostro lavoro è scontato, ma ciò che fa la differenza è una reale comprensione delle esigenze dei nostri clienti, dei loro obiettivi e anche dei loro stati d’animo, perché i nostri clienti non sono entità astratte ma sono prima di tutto persone. Da sempre, quindi, mettiamo al primo posto le persone, l’ascolto dei loro bisogni con un atteggiamento accogliente e attento. Sappiamo che per offrire un ottimo servizio ai clienti dobbiamo mettere i nostri

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1