Bari: Oltre il porto: 2 dicembre 1943 - 9 aprile 1945
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Bari - Carlo Capobianco
2 dicembre 1943
Il 3 settembre del 1943 a Cassibile,¹ viene firmato dal Gen. Eisenhower per la parte alleata e il Gen. Castellano per conto del Governo italiano, il cosiddetto armistizio breve
² che sarà reso noto dopo cinque giorni. Il termine breve indicava forse, più il poco tempo con cui ci fu imposto che i pochi articoli che lo componevano, ma che non lasciavano dubbi circa le condizioni che l’Italia avrebbe dovuto osservare in seguito. In pratica cedevamo agli alleati tutto quello che era rimasto delle nostre Forze Armate con l’impegno di accettare in seguito altre condizioni di carattere politico, economico e finanziario.
Il neonato Governo Militare Alleato, con la firma dell’atto Condizioni aggiuntive di armistizio per l’Italia
,³ il 29 settembre si assicurava la resa incondizionata dell’Italia. Come tutte le basi e i mezzi in esse contenuti, anche il porto di Bari passò sotto il Comando delle Forze Alleate con giurisdizione britannica, diventando logisticamente il porto più importante dell’Adriatico insieme a quello di Taranto. Avendo deciso gli Alleati di creare a Bari la più importante base logistica per le operazioni che si sarebbero svolte nel territorio italiano, cominciarono ad ammassare una grande varietà di materiali e merci incrementando il traffico navale. In questa veste il 2 dicembre 1943, nelle sue acque erano presenti numerose imbarcazioni di varie nazioni, ancorate molto vicine tra di loro.
Le operazioni di carico e scarico dei materiali avveniva senza sosta, tanto da prolungarle anche con il buio, accendendo all’uopo tutte le luci disponibili, ignorando la norma dell’oscuramento vigente nel periodo bellico. Grazie a questo e ad altri fattori concomitanti, verso le 17,30 i due ricognitori tedeschi Messerschmitt Me 210, avvistando nell’area portuale circa 40 navi davano inizio a quella che sarebbe diventata di lì a poco il secondo disastro dopo Pearl Harbor per il numero di vittime e navi affondate. Due ore dopo, 88 dei 105 bombardieri della Lutwaffe, decollati da vari aeroporti e preceduti da 2 aerei che lanciavano striscioline di carta stagnola per ingannare i radar, giunti sul porto, sganciarono tutto il loro carico distruttivo. In realtà gli Alleati sapevano che la difesa del porto era carente ma erano convinti, tranne alcuni, che i tedeschi non avrebbero più osato attaccare Bari, anche perché l’azione bellica fu messa in atto quando mancavano pochissimi giorni alla fine del conflitto e buona parte del territorio era in mano alleata.
Il risultato dell’attacco tedesco produsse l’affondamento e il danneggiamento di numerose navi tra grandi e piccole, gravi danni alle infrastrutture e un numero imprecisato di vittime civili e militari.
Questa la situazione delle navi colpite:⁴
Il numero dei componenti gli equipaggi deceduti a bordo di dette navi, parte durante l’attacco aereo e altri in seguito al contatto con l’iprite, è stato stimato in 224 unità. Il porto rimase bloccato per circa tre settimane prima che si riuscisse a portare un minimo di operatività nell’area portuale, tornando alla normalità anni dopo.
Tra le navi affondate la John Harvey,⁶ partita da Orano in Algeria, era stata caricata con 5500 tonnellate di bombe per aerei, buona parte contenenti iprite di cui pochissime persone ne erano al corrente.⁷ Questo tipo di bombe erano vietate per convenzione, ma gli Alleati ne avevano predisposto un certo quantitativo in caso i tedeschi ne avessero fatto uso per primi. Per questo fu apposto il segreto, l’accordo prevedeva che queste armi se usate contro il nemico, quest’ultimo era legittimato a rispondere con lo stesso tipo di ordigni e gli Alleati temevano che se i tedeschi avessero saputo dell’iprite, avrebbero anche loro potuto usare questi armamenti, magari proprio durante l’attacco che si apprestavano a sferrare in Normandia qualche mese dopo, vanificando così la grossa operazione.
Essendo una delle ultime ad arrivare nel porto, la John Harvey