Quello che le donne ignorano, uomini vittime di abusi
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E invece no. Qui il protagonista è un uomo, e la sua vicenda rappresenta l’occasione per far luce su un’importante verità spesso sottaciuta o del tutto dimenticata: il sesso debole non è sempre e soltanto quello femminile. I sentimenti non hanno sesso e la violenza ha identiche ripercussioni, che sia rivolta a una donna o a un uomo.
Carlo Dandolo nasce a Taranto ed è uno scrittore emergente e contemporaneo di genere plurimo.
Ha iniziato a scrivere per riuscire a mettere su carta i propri sentimenti, col desiderio di essere ascoltato dalle masse e di riuscire a comunicare per cambiare il sistema che lo circonda. È una persona estremamente ambiziosa. Il suo motto è: “Se il sistema non mi aiuta, allora questo sistema va cambiato, e se nessuno ci riesce io lo farò”.
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Quello che le donne ignorano, uomini vittime di abusi - Carlo Dandolo
Sono anche io un uomo
Per uno scrittore come me, scrivere di sé risulta molto facile. Sono i drammi a segnare le nostre vite e a creare le opere migliori. Quest’opera la dedico a tutti gli uomini, e spero che colpisca il cuore di ogni donna. Sin dall’antichità, anche la donna è stata vittima di abusi di ogni genere, e nessuno vuole rinnegare tale dato di fatto; vorrei però portare alla luce di voi signore pure la realtà dell’uomo comune, che troppo spesso viene ignorata. Voglio raccontarvi le difficoltà e le debolezze che noi uomini viviamo quotidianamente, ma che a causa della cultura moderna ci è difficile esternare: perché un uomo non deve frignare, un uomo non deve e non può essere debole, se desidera ricevere rispetto. In questo testo c’è molto di me stesso; in queste pagine mi sono messo a nudo ancor più di quanto non faccia levandomi i vestiti. Perdonatemi, dunque, se alle volte potrò sembrarvi collerico, burbero o spaventato; ma sono un uomo anch’io e, come tale, sono pieno di difetti. Spero di tutto cuore che possiate comprendere le mie parole e i miei pensieri, così da poter cambiare insieme a me quello che la società moderna ci spinge a credere dell’uomo e del sessismo in generale.
La mia storia
Prima di iniziare a esporvi la mia opera, vorrei presentarmi, così che possiate dare un volto alla persona che scrive queste pagine. Sono Carlo Dandolo, ho ventitré anni e, tra i vari sogni e obiettivi che mi son prefissato di realizzare nella vita, c’è quello di studiare e osservare il mondo. Forse, leggendo la mia giovane età, molte di voi potrebbero giudicare le mie parole insensate e ancora immature, esclamando frasi del tipo: Un ragazzo della tua età, cosa ne può sapere della vita? Ne devi vedere ancora di cose, prima di divenire uomo e poterne parlare!
Nel caso tu fossi tra queste persone, rispetto il tuo pensiero, e potrei aggiungere che hai ragione: ho ventitré anni e ancora non ho visto tutto. Però permettimi di ricordarti che con il tempo alcune cose (spesso molto importanti) vengono dimenticate proprio a causa della tanto stimata esperienza. Dall’alto della mia immaturità
, posso permettermi di affermare che a oggi non ho ancora fatto lo sbaglio di rinchiudermi nella comfort zone, dimenticandomi di vivere. Non sento ancora la necessità di lavorare dieci ore al giorno e di rivivere quotidianamente una giornata identica alla precedente; di avere una moglie che non amo e di sentirmi infelice con lei tanto da necessitare di un’amante. Non ho ancora vissuto tali esperienze e non desidero viverle, perché a oggi l’unica cosa che desidero possedere è la libertà di osservare e sognare senza i pregiudizi creati dalla tanto agognata esperienza dietro cui ti nascondi. Ebbene sì, tutto in questo mondo ha due facce, una positiva e una negativa, e anche l’esperienza non fa eccezione. Se fosse pur vero che l’esperienza spesso ci evita sofferenze inutili, è altrettanto vero che il più delle volte ci impedisce di vivere emozioni che varrebbero la pena di essere vissute. Non so ancora bene che direzione prenderà quest’opera, sono del parere che è il libro a guidare la penna e non il contrario. Per ora vorrei iniziare a raccontarvi cosa ho provato io, un ragazzo come tanti che tuttavia è più fortunato di altri, perché a oggi ha la possibilità di essere ascoltato da te e quindi non è più costretto a tenersi tutto dentro. Fin da piccolo mi è stata insegnata una dura realtà parole siamo tutti uguali, ma nei fatti non lo siamo affatto, come dice Orwell ne La fattoria degli animali.
La realtà è che veniamo discriminati sin dall’asilo, e tale discriminazione può assumere varie forme. C’è chi viene discriminato perché cicciotto o meno carino; chi perché poco sveglio, e quindi lasciato indietro dai compagni e dalle maestre; infine, una delle più classiche discriminazioni è quella sessuale. Sin da bambini ci viene detto che uomini e donne sono identici, ma che i maschi giocano con i maschi e le femmine con le femmine: è così che da sempre ci dividono nei banchi scolastici, mentre ci insegnano la condivisione e l’uguaglianza... A parole, uomini e donne sono identici; eppure, se un bimbo preferisce avere amiche anziché amici, la cosa diviene subito motivo di scherno da parte dei coetanei e di preoccupazione per gli adulti. Molti genitori potrebbero pensare: che razza di bambino, preferisce chiacchierare e giocare con le bambole invece che fare la lotta! Come crescerà, se gli permetto di assecondare quest’indole? Sarei un buon genitore, se gli permettessi di continuare così? E se non lo facessi, ne gioverebbe?
Altri ancora potrebbero mettere in atto violenze fisiche e mentali, sostenuti dalla stupida convinzione che se non lo raddrizzassi ora con la cinta, mi diventerebbe una mezza checca in futuro.
I bimbi, essendo più spontanei di noi adulti, non tendono a farsi mille viaggi mentali e, seguendo il loro istinto, cercano di divertirsi nel modo che ritengono migliore. Se preferiscono le femminucce ai maschietti, per loro sarà normale cercarle nei giochi; rimarranno dunque confusi o traumatizzati, quando verranno picchiati per una simile, sciocca motivazione. A loro non verrebbe mai in mente di pensare cose del tipo: se gioco adesso con le bimbe, forse da grande diventerò gay e la società non mi amerà. Papà e mamma però mi vogliono bene, e mi puniscono per evitare che cresca sbagliato
(personalmente non ritengo che l’omosessualità sia sbagliata; ma, ahimè, per molta gente è ancora così, per cui non posso evitare di riportarlo).
Tutto ciò non avviene, invece, nei riguardi delle bambine. Anche loro sono sicuramente vittime di una bella dose di discriminazione, se si permettono
di giocare solo con i maschietti; considerate delle maschiacce, si supporrà che da grandi non troveranno mai marito. Difficilmente, però, si dubiterà della loro sessualità. Perché si fa una tale differenza in un’età così precoce? Da piccolino non amavo molto frequentare le bambine, preferivo restare all’aperto e giocare con gli amichetti. Cosa buffa, penserai, visto che ho aperto il discorso con la discriminazione infanti-sessuale… Non preoccuparti, poi capirai il perché. Per un bambino, i primi traumi iniziano sul campo di calcio: essere il più debole a pallone significa esserlo poi nella vita. Può sembrarti assurdo ma è così, e i maschietti lo ricordano bene. Quando si sceglievano le squadre, c’era sempre il bambino che veniva scelto per ultimo, il bambino che veniva messo in panchina, che nessuno voleva in squadra e che per questo veniva deriso e messo in porta. Ebbene, io ero quel bambino! Mi piaceva tanto giocare a calcio ma ero cicciotto, lento e scoordinato; anche se passavo ore e ore ad allenarmi per poter essere scelto, ahimè, non capitava spesso, ed era orribile sentir dire:
che palle, perché deve giocare con noi? Quello ci fa perdere!
Quelle parole, dette dal bambino più forte della squadra e che consideravi tuo amico, facevano davvero male. Come avrebbe potuto reagire un bimbo a una simile offesa? La risposta più ovvia sarebbe: piangendo e correndo dalla mamma. Questa cosa, però, a un maschietto non è concessa. La pena per un’azione del genere? La derisione dei coetanei!
UN BIMBO CHE PIANGE DAVANTI A TUTTI PERDE IL PENE E OGNI RISPETTO, TRASFORMANDOSI MAGICAMENTE IN UNA BAMBINA.
Gne gne, vai a piangere dalla mamma? Femminuccia!
gli viene detto.
E non pensare che crescendo le cose cambino, perché un uomo subisce lo stesso scherno anche da adulto. Io ero un bambino dalla lacrima davvero facile, persino un tono di voce troppo alto poteva farmi piangere. Ma cosa c’era di male o di anormale in un bimbo che piangeva? Perché dovevo sentirmi un debole nel farlo? Perché quando piangevo venivo ripreso dagli adulti con frasi del tipo:
smettila di piangere e fai il grande! Devi essere forte o nella vita non farai nulla, un uomo deve essere forte... non fare la femminuccia e reagisci!
E poi, se un bimbo che piange si trasforma in una femminuccia, allora una femminuccia cosa diventerebbe? A quell’età, non comprendendo ancora la lieve gamma emotiva che un bimbo può o non