La cura di sé attraverso l’arte
Di Emma Infante
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Info su questo ebook
l’uomo è l’unico a possedere una vita religiosa. Ancora più singolare risulta il fatto che la forma terrestre vivente più razionale sia quella che, frequentemente, ricerchi nell’irrazionale una forma di sostegno
ai suoi dubbi, alle sue paure, alle sue difficoltà. In un progetto narrativo ponderato, attento e stimolante, Emma Infante getta
prima le basi e poi edifica un percorso non solo di riflessione ma anche di auto-aiuto proprio per quell’anima che più di tutti manifesta un complesso sistema di equilibri atto al suo benessere, spiegandoci come la progettualità del vivere sia l’elemento cardine per avere
non solo cura di sé ma una reale e proficua prospettiva di vita.
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Anteprima del libro
La cura di sé attraverso l’arte - Emma Infante
Il mistero di essere nel mondo
Fra tutte le creature che esistano al mondo, l’uomo è l’unica a possedere una vita religiosa. Il soggetto umano fin dall’origine della propria storia avverte il bisogno di credere in una interpretazione del mondo che si allacci a un sentimento mistico. È curioso come l’essere umano tra le tante creature sia l’unico a manifestare quell’inquietudine della mente che potremmo designare con l’espressione di ricerca del sacro ed è curioso che a rivolgersi al sacro e dunque inevitabilmente all’irrazionale, sia proprio l’animale più razionale che abbia mai solcato la crosta terrestre. L’uomo, dunque, è l’unico essere vivente che abbia ricevuto il privilegio di condurre un’esistenza libera, e questa condizione provoca drammaticamente in lui un senso di vertigine e di irrequietezza, un’angosciosa goffaggine nello stare al mondo, una mancanza di stabilità interiore. Questa condizione provoca nel soggetto aspetti positivi, quali, ad esempio, l’amore, la riflessione e la crescita intellettuale, e la creatività esperita nel campo dell’arte ma anche aspetti negativi, tra i quali possiamo annoverare condizioni quali il dolore, la noia e l’angoscia esistenziale.
L’uomo, grazie al sentimento, si accosta all’arte, in tutte le sue forme ed espressioni; alla filosofia e a molti altri rami del sapere.
Forse la sete di verità e di bellezza cui l’uomo anela, non è che essenza costitutiva dell’essere umano. Essa non si configura quale tratto eccentrico del sentire, bensì come:
il risultato più alto del cammino evolutivo
¹.
1 Vito Mancuso, Io e Dio, Garzanti, Milano, 2011, p.169
Coltivare la propria anima
L’uomo come soggetto in divenire
Il protagonista di questo scritto è l’uomo. L’uomo, con le sue insicurezze e le sue paure, con i ricordi infelici che graffiano la mente e che feriscono il cuore; l’uomo, con i suoi dubbi e il suo senso di incompiutezza; l’uomo, con la sua incapacità di essere costantemente all’altezza delle situazioni che si incontrino durante il proprio viaggio e, infine, l’uomo con il suo bisogno di dare sollievo a quella parte trascendente in cerca di una dimensione altra, orientata alla spiritualità nella sua essenza più misteriosa ed elevata. Questo libro è dedicato a tutte le persone che hanno avvertito almeno una volta nella vita quel male di vivere che spesso gli artisti pongono al centro della propria creatività, elevando la ferita di esistere a dimensione poetica, a grido intonato.
Per cominciare il mio ragionamento mi pongo una domanda, una domanda che sarà al tempo stesso premessa e presupposto: che cos’è l’uomo? L’uomo è soggetto in divenire, soggetto che prende forma e che agisce in un arco temporale. È attore e spettatore della propria esistenza ed è chiamato a dare valore al proprio tempo, conferendogli spessore umano, attraverso un percorso di formazione che non si esaurisce mai e che vede il soggetto impegnato nel ricercare e nel perseguire la propria cifra personale, la propria originalità.
Il divenire, dimensione caratterizzante dell’essere umano, implica e richiede, per poter avanzare e per potersi compiere, un orientamento, una direzione verso la quale tendere, una via alla quale guardare, necessita di un progetto, di un orizzonte verso cui mettersi in cammino. Privi di tale orizzonte, infatti, gli sforzi sarebbero vani e le orme tracciate lungo il percorso della vita, andrebbero cancellandosi tra loro, confondendosi in un groviglio contraddittorio, ambiguo, confuso e dunque infruttuoso. L’individuo assume il pieno controllo del proprio percorso, nel momento in cui si faccia carico di prendersi cura di sé e del proprio sviluppo personale.
L’esistenza come progetto
La cura di sé implica il considerare la permanenza dell’uomo nel mondo come esperienza progettuale, nella quale il soggetto, in modo creativo, prenda possesso della propria vita, arrivando a considerarla nei termini di vero e proprio disegno. L’uomo agisce in una dimensione che concettualmente può essere definita come spazio del prender forma e il prender forma è sperimentare, provare ad acquisire pienamente senso umano
². In questo contesto la cura di sé può essere intesa nei termini di una trasmissione dei valori riconosciuti come buoni
³ e come il coltivare e promuovere quella spinta all’autoconservazione che nell’uomo trova la sua massima e più significativa espressione in un istinto di autoaffermazione.
L’uomo può orientare le proprie azioni e le proprie scelte sulla base di un ordine significativo e significante. Egli è infatti soggetto capace di giudizi che uniscono e intrecciano i diversi elementi della realtà
⁴.
Aver cura di sé è anche determinare e plasmare il proprio destino, tutelando il valore umano di cui il soggetto è artefice, conferendo alle proprie azioni una nobilitazione che assuma la funzione di essere conforme, aderente e pienamente rispondente, alla natura umana.
Questi concetti sono molto stimolanti, ma nel corso della nostra esistenza fino a che punto siamo davvero liberi di plasmare il nostro destino di creature uniche ma sottoposte a variabili e a spesso ineliminabili condizionamenti? Molte delle azioni sembrano predeterminate e vincolate da vicende avvenute durante il passato. Ci sentiamo parzialmente manipolati dal nostro vissuto e dobbiamo cercare di creare un grazioso insieme, utilizzando gli ingredienti che sono già in noi accompagnati da quelli che possiamo recuperare lungo il percorso, ma di cui non siamo ancora in possesso.
2 Sara Nosari, La prova del carattere, Editrice La scuola, Brescia, 2005, p.44
3 Ivi, p.16
4 Ivi, p.45
La cura di sé
L’uomo è forma vitale e significante che prende forma, che cresce e che plasma se stesso in un processo vitale orientato al conseguimento di uno scopo esistenziale unico e unitario. Tale scopo assume valenza creativa e si configura quale promessa cui orientarsi.
Per superare la propria natura, intrinsecamente orientata a un andamento entropico, l’essere umano necessita di un progetto, il quale farà sì che il caos, la trasformazione in atto al suo interno, si dissipi e venga superata, grazie a un’intenzione creativa e a un gesto personale intenzionale.
Alla base della cura alberga imprescindibilmente la dimensione della speranza ed essa caratterizza questo processo di scoperta di sé, in tutti i suoi passaggi, dalle prime fasi embrionali, fino al suo compimento e culmine più rappresentativo. Il concetto di speranza, da intendersi come fiducia, è suscitato da ciò che esiste su un piano potenziale e che può essere sviluppato e formato.
La cura di sé non ha per tutti gli individui le stesse caratteristiche. La si consideri alla stregua di un abito sartoriale, come un abito su misura caratterizzato da un orientamento alla soggettività, attraverso un approccio formativo creativo e originale, volto all’irripetibile.
Nel suo viaggio in direzione della cura di sé, l’uomo non è abbandonato alla propria sorte, non è perso in se stesso, al contrario esso ha la possibilità di appellarsi all’arte quale guida, quale ispiratrice e maestra capace di ispirare il comportamento e di mostrare al soggetto la bellezza intesa come punto supremo cui guardare.
La cura di sé è sguardo curioso, intelligente, rivolto alla ricerca della felicità.
Per raggiungere la felicità è necessario agire con coraggio, scegliendo un percorso personale che non miri a seguire le tracce altrui. Abbiamo la necessità di orientarci al nostro sentiero, alla nostra via unica e individuale. Per fare ciò dobbiamo stabilire quale sia la nostra meta, ciò che noi desideriamo conseguire. Dobbiamo andare alla ricerca di un bene non apparente ma vero, che sia costante e bello nella sua intima essenza: è questo che dobbiamo sprigionare e portare alla luce
⁵. Per trovare questo bene dobbiamo sapere a cosa rivolgerci, a quale orizzonte affacciarci e nel caso in cui questo non avvenga ci sentiremmo persi e confusi, smarriti, ci agiteremmo nella penombra del nostro animo.
Nella sua celebre opera dedicata alla felicità, Seneca suggerisce di seguire con fiducia l’esempio, la lezione della natura, la quale si pone come autorevole maestra e consigliera. Il filosofo latino identifica la felicità con il comportarsi in conformità con la propria natura, cosa che può verificarsi solo se la mente è forte e in salute, interessata al corpo e a quanto lo riguarda ma senza ansie e preoccupazioni, amante di tutto ciò che adorna la vita ma con distacco, disposta a servirsi dei doni della fortuna ma senza farsene schiava
⁶. L’uomo non deve lasciare che il mondo esterno, con i suoi piaceri e le sue gratificazioni effimere, lo possieda, egli non deve essere dominato e corrotto dalle cose del mondo. Gli stimoli esterni alla mente sono strumento utile alla vita, ma l’animo deve sempre essere rivolto al proprio interno e orientato alla propria intima essenza. Questo atteggiamento crea uno stato interiore di armonia, una sicurezza nelle opinioni, un estremo autocontrollo. Da questa condizione ha origine la felicità. La felicita
scrive Seneca,