I precursori di Dante
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Con prefazione di Stella Picarò.
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I precursori di Dante - Alessandro D'Ancona
A RIVEDER LE STELLE
ALESSANDRO D’ANCONA
I PRECURSORI DI DANTE
LOGO EDIZIONI AURORA BOREALEEdizioni Aurora Boreale
Titolo: I precursori di Dante
Autore: Alessandro D’Ancona
Collana: A riveder le stelle
Con prefazione di Stella Picarò
ISBN versione e-book: 979-12-80130-65-5
In copertina: Tommaso De Vivo, Inferno, 1863
(Napoli, Palazzo Reale)
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© 2022 Edizioni Aurora Boreale
Via del Fiordaliso 14 - 59100 Prato
edizioniauroraboreale@gmail.com
www.auroraboreale-edizioni.com
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PARTIRE È UN PO’ MORIRE
PREFAZIONE A I PRECURSORI DI DANTE
DI ALESSANDRO D’ANCONA
di Stella Picarò
L’autore dell’opera che vi presentiamo è una figura davvero rilevante nel panorama letterario italiano tra fine ‘800 e inizio ‘900: il suo nome è Alessandro D’Ancona e nasce a Pisa nel 1835 da Giuseppe D’Ancona ed Ester Della Ripa, membri di una ricca famiglia ebraica, particolare non trascurabile, su cui torneremo in seguito.
Il Nostro compie i primi studi a Firenze, dove ben presto è accolto negli ambienti intellettuali risorgimentali, che influenzano le sue prime ricerche storiche e culturali, tra le quali spicca l’edizione delle Opere di Tommaso Campanella, che D’ancona pubblica a soli diciotto anni. Questo saggio sarà solo il primo di una lunghissima serie di studi letterari¹ focalizzati sulla produzione artistica italiana, popolare e colta di tutti i secoli.
Nel 1853-54 collabora a Il Genio, diretto da Celestino Bianchi che fonderà poi anche Lo Spettatore, periodico per il quale D’Ancona sarà corrispondente estero
da Torino, con lo pseudonimo di Don Petronio Zamberlucco. Infatti, nel 1855 il giovane ricercatore si trasferisce nella capitale sabauda ufficialmente per studiare giurisprudenza, in realtà per intercedere presso il governo Cavour a favore dei liberali toscani, ancora sotto il dominio dei Lorena. Durante il soggiorno piemontese, oltre ai corsi di giurisprudenza frequenta anche le lezioni di De Sanctis su Dante, che influenzano profondamente la sua formazione, inducendolo a lasciare la facoltà di legge per proseguire gli studi letterari, che stava già coltivando grazie ai contatti coi maggiori studiosi italiani ed europei e alla collaborazione a vari periodici².
Quando, nel 1859, un plebiscito sancisce il passaggio della Toscana ai Savoia, avendo concluso la sua missione ufficiosa, il Nostro torna a Firenze, dove per due anni dirige il neonato quotidiano La Nazione, che abbandona poi nel 1860 quando ottiene la cattedra di Letteratura Italiana all’università di Pisa, dove resterà fino al 1900, associando a tale mansione anche altri incarichi nella stessa sede, sarà infatti direttore della Scuola Normale di Pisa (1893-1900) e docente di Esegesi dantesca presso l’Università di Pisa (1900-1909). Nonostante i numerosi impegni culturali, D’Ancora continua a dedicarsi anche alla politica, sua passione originaria nella quale s’impegnerà fino a diventare senatore del Regno nel 1904 e sindaco di Pisa nel 1906-07.
Considerato tra i principali fondatori della scuola storica, sarà molto apprezzato dalla successiva scuola idealistica di Croce e Gentile per l’equilibrio delle sue posizioni teoriche e scientifiche, per la sua perizia di ricercatore e per la qualità e il valore del suo insegnamento. Tra i suoi allievi spicca Giovanni Gentile, che lo riporterà agli onori della cronaca quando, durante la seconda guerra mondiale, gli renderà omaggio sottolineando le sue origini ebraiche:
«Noi che avemmo la fortuna di essere stati alla scuola del D’Ancona, lo ricordiamo maestro di scienza e di vita, quello che più di tutti ci fece sentire e amare nella perennità della storia e del calore della fede vivente la Patria immortale; abbandonarlo oggi all’oblio ci parrebbe empietà vile, poiché anche nella furia della lotta più aspra si può e si deve serbare la misura e osservare la giustizia»³.
Il testo che vi proponiamo è un perfetto esempio della metodologia scientifica e della prassi di ricerca di D’Ancona, che si basano sulla necessità di conoscere in dettaglio l’ambiente storico-culturale in cui nasce un’opera: «per fare storia», spiega infatti il Nostro, «abbisogna soprattutto la raccolta critica dei fatti», pertanto lo studio di un periodo o di un autore deve necessariamente partire da una metodica e dettagliata analisi filologica dei documenti letterari ed extra-letterari riferibili all’oggetto di studio; in questo modo, la ricerca si estende dalla puntigliosa ricostruzione della biografia dell’autore fino alla restaurazione filologica dei testi, avvalendosi di tutte le fonti e i documenti storici e letterari che possono aver influito sull’autore e sulla genesi dell’opera.
Quando scriviamo tutte le fonti e i documenti storici e letterari
intendiamo proprio tutti, infatti, in concomitanza con gli studi danteschi, D’Ancona compie anche ricerche ad ampio raggio sui generi letterari e i periodi storico-culturali più vari, le più importanti delle quali riguardano proprio la letteratura popolare e il teatro italiano, che serviranno poi a ricostruire il milieu storico, politico, sociale e culturale in cui fiorì il genio dantesco, di cui si tratta nel presente volume.
A titolo d’esempio, quando D’Ancona cita i precursori di Dante
in relazione ai viaggi ultramondani, la sua conoscenza non deriva da una semplice consultazione (antologica o enciclopedica che sia) di tali opere: l’autore ha scandagliato davvero tutti i testi medievali, dotti e popolari, che Dante poteva aver conosciuto direttamente o indirettamente, e da cui poteva aver tratto spunti per il proprio poema. La vastità di materiali riscoperti, raccolti e ricostruiti da D’Ancona rende le sue ricerche un punto di riferimento irrinunciabile per tutti gli specialisti che s’interessano alla letteratura italiana medievale e contemporanea, perché mettono in rilievo soprattutto l’importanza dell’origine popolare anche della letteratura colta. Questa visione era condivisa dagli studiosi e dagli accademici risorgimentali, che vedevano un nesso strettissimo tra la letteratura, la politica e la lingua di un popolo e di una nazione. Tale era anche la Weltanschauung dei Fratelli Grimm, che come molti altri filologi e storici europei dell’800, avevano colto l’importanza di preservare dall’avvento della modernità i documenti della tradizione popolare, che erano alla base della Kultur di un popolo e del Genie di una nazione, per dirla con Herder⁴.
Tutti gli studi di D’Ancona si basano quindi sull’idea positivistica secondo cui la letteratura di un popolo e la sua storia nazionale sono strettamente correlate, per cui anche il Nostro, come gli altri positivisti, fonda ogni sua indagine sulla rigorosa analisi dei fatti letterari e storici, avvalendosi degli strumenti forniti dalle neonate scienze ottocentesche, quali la filologia e la comparatistica, senza però scadere nella pura erudizione, a cui poteva condurre l’applicazione pedissequa del metodo positivista.
Nei suoi studi D’Ancora parte dunque dal presupposto della spontaneità e semplicità della produzione popolare anonima, contrapposta alla letteratura colta, che invece è artificiosa e complessa. Anche se non sempre era possibile dimostrare che i testi studiati fossero nati fra il popolo, o dal popolo fatti propri, certo è che debbono il lor nascimento a forme di sentire ben diverse da quelle cui ispiravasi la poesia dei dotti e dei cortigiani
.
Questo è il punto di partenza anche per i suoi studi danteschi⁵, che si collocano nella