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Per un bios di Ponzio Pilato
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Per un bios di Ponzio Pilato

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Finito il testo di Per un bios di Ponzio Pilato, come un lavoro dialogico tra un insegnante ed un suo ex alunno, già sperimentato con successo in Vita di Giulio Erode, il filelleno, e in Vita di Mosè, si è discusso, nel nostro gruppo, sulla valutazione stessa di tutta l’opera in relazione anche alle precedenti operazioni di distinzione del Regno dei Cieli dal Regno di Dio e di separazione della figura aramaica di Gesù, qain e maran, da quella greco-romano ellenistica dello stesso personaggio, divinizzato, considerato pacifico rabbi, dopo la galuth adrianea, in ambiente alessandrino, in epoca antonina e severiana.
LanguageItaliano
Release dateSep 15, 2022
ISBN9798448450709
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    Per un bios di Ponzio Pilato - ANGELO FILIPPONI

    Per un bios di Ponzio Pilato

    A cura di Jacopo Tipaldi

    Prefazione

    Finito il testo di Per un bios di Ponzio Pilato, come un lavoro dialogico tra un insegnante ed un suo ex alunno, già sperimentato con successo in Vita di Giulio Erode, il filelleno, e in Vita di Mosè, si è discusso, nel nostro gruppo, sulla valutazione stessa di tutta l’opera in relazione anche alle precedenti operazioni di distinzione del Regno dei Cieli dal Regno di Dio e di separazione della figura aramaica di Gesù, qain e maran, da quella greco-romano ellenistica dello stesso personaggio, divinizzato, considerato pacifico rabbi, dopo la galuth adrianea, in ambiente alessandrino, in epoca antonina e severiana.

    Sono sorte letture diverse con valutazioni differenti, specie dopo la decisione di dover porre appendici al libro su Ponzio Pilato (Filone cristiano o Cristo filoniano? - Ta kata Seianon -), Ponzio Pilato e il Malkuth aramaico, messianico; Ma, Filone sapeva di un’impresa di Gesù Messia?; Il corpo di Antigono; I qainiti e le tasse sotto i figli di Erode.

    Le prime tre sono utili a spiegare al lettore, che non conosce la nostra opera storica e che la legge per la prima volta, come Filone abbia in De virtutibus / Peri toon aretoon taciuto una testimonianza indiretta dell’evento messianico aramaico, con realizzazione del Malkuth ha shemaim e probabile fuga di Pilato.

    Le altre due servono per orientare il lettore a comprendere i compiti di un praefectus giudaico:

    Accettata unanimemente la proposta delle cinque appendici, utili per completare la conoscenza dell’epoca, della situazione giudaica e della difficoltà di esercizio prefettizio di un governatore di stampo tiberiano, si è ritenuto opportuno di non dare un’impostazione stoico-platonica al dialogo tra il professore e Marco Cinciripini, ma di seguire un indirizzo scettico-epicureo, di tipo colloquiale, epistolografico, in modo da rilevare meglio i momenti cruciali e nodali della storia, che si ricostruisce. Chiaramente le figure del professore-autore e quella dell’alunno-ingegnere non sono del tutto reali, ma sono prototipi di un insegnamento-apprendimento su una base di indagine concreta, fattuale, di comune conoscenza, esemplari sul piano comunicativo di un messaggio nuovo sul Cristianesimo e sulla Storia romano-ellenistica, imperiale: i due hanno lo stesso codice e una cultura di base differente in quanto il primo è laico e funge da propositore innovatore e il secondo è cristiano, conformato al cristianesimo, fin da bambino,  ma  impegnato  a  scoprire  razionalmente  e  naturalmente ogni processo anche lessico-semantico-linguistico, in un tentativo di nuova concettualizzazione, grazie ad uno studio delle forme retoriche e delle sottese referenze.

    Il primo, comunque, propone la questione storica e ne cerca soluzioni ed ha una parvenza di sicurezza espositiva, in relazione ad una base docimologica accertata, mentre il secondo è nella fase di ricercatore generico, più entusiasta ed euforico nelle conclusioni, ma ambedue sono euristici nella ricerca di una probabile conoscenza fattuale, da verificare continuamente, in quanto variabile e meglio conoscibile a seconda dei progressi scientifici e dei ritrovamenti archeologici.

    A dire il vero, col termine professore si indica da parte di un ex alunno, una figura, cara per la lunga e continuata comunicazione, di un orientatore, che, avendo metodo, fa paradigmi operativi di vario tipo (conclusivo, sintetico, sintetico-critico) e li propone come esempi da seguire ai suoi discepoli - di cui l’ingegnere Cinciripini è sintesi come voce dialogante - che seguono i precisi passi e ne calcano le orme, in quanto hanno fiducia nella sua lettura storica, avendone sperimentato nel corso degli anni, la guida verso una lettura tuzioristica di fatti o di testi, esaminati per una valutazione oggettiva, a seguito di giudizi anche temporanei e di risultanze possibili concrete, con formulazioni, secondo pertinenza conclusiva o conclusiva critico-sintetica (cfr. A. Filipponi, L’altra lingua, l’altra storia, Demian, 1995).

    Il gruppo, quindi ritiene giusto pubblicare non solo Per un bios di Ponzio Pilato, ma anche Vita di Giulio Erode, il filelleno, in un unico libro (che comprende, da una parte, i testi di Antipatro, padre di Erode; Giulio Erode basileus; Alessandra la suocera di Erode; Giulio Erode costruttore ed amministratore; Antipatro figlio di Erode; e il regno di Giulio Archelao) e da un’altra, l’appendice con la traduzione dei quattro libri di Antichità giudaiche XIV, XV, XVI, XVII, con testo greco a fronte), oltre alla Vita di Mosè con le appendici di Filone alessandrino, I, II III libro di Vita Moesis con testo a fronte e di Giuseppe Flavio, Ant. giud., II, 201-349; III, IV con testo a fronte) mentre si esprime la volontà di una revisione del romanzo del 1999 L’eterno e il Regno e del saggio Amici cristiani, perché diciamo credo? per una nuova pubblicazione cartacea.

    Al fine della pubblicazione di Per un bios di Ponzio Pilato - sulla cui figura oggi ci sono molti testi - si è discusso su due opere, quella dell’inglese Helen k. Bond (Ponzio Pilato. Storia ed interpretazione, Paideia, 2008) e quella di Aldo Schiavone (Ponzio Pilato. Un enigma tra  storia  e  memoria,  Einaudi,  2017)  ritenute  degne  di  studio  e

    apprezzabili, l’una per la storicità e per la serietà di indagine sul fatto strettamente evangelico e l’altra per l’esame del sistema giuridico, fatto da un esperto di diritto, e si valuta la nostra opera originale per la novità del messaggio, oltre che per l’adeguato piano formale - nonostante il tecnicismo scientifico di ogni enunciato - in quanto non è conosciuta la storia del malkuth ha shemaim - H basileia toon ouranoon - , aramaico messianico, e sono ignote la professione del Christos e la sua impresa, compiuta tra il 32 il 36 d.C., subito dopo la morte di Elio Seiano - 18 ottobre 31 - , di cui Ponzio Pilato è uomo fidato, in quanto ex pretoriano, da lui inviato a governare la Iudaea, regione filoparthica, non ancora integrata nel kosmos imperiale, a causa della sua tipica religiosità monoteistica - . Viene stimata pregevole la ricostruzione del contesto di Roma e di Alessandria e della provincia giudaica, fatta da un traduttore di Filone e di Giuseppe Flavio, letti pur nella loro ambiguità sacerdotale, partigiana. Di conseguenza, si approva la volontà di divulgazione dei nuovi contenuti, utili alla decifrazione dell’enigma di Pilato non riuscita fino ad oggi ad altri scrittori, in quanto la sua figura, essendo tra storia e memoria, non risulta né storica né memoriale ma mitica, come il Christos degli stessi vangeli.

    Si rileva, infatti, che ciò avviene perché non si conosce esattamente la distinzione tra aramaico (popolo ebraico, farisei ed esseni, 600.000 irriducibili integralisti filoparthici, con una propria cultura - musar - in quanto uomini della stessa lingua, fede e stirpe mesopotamica, che hanno una storia, ininterrotta, di duecento anni di guerra con Roma, dal 63 a.C. al 135 d.C.) ed ellenista (giudei, emigrati dalla patria, fondatori di apoikiai / colonie in ogni punto commerciale e portuale dell’impero romano e fuori, legati tra loro da tzedaqah / caritas e numerosi - 2.500.000! - parlanti greco e latino, aventi come capo l’alabarca di Egitto, collegati coi sadducei gerosolomitani (con cui condividono la cultura greca - paideia - , i guadagni nei depositi templari in Gerusalemme, spartiti anche coi romani), trapeziti di professione in Alessandria e in tutti i porti del Mediterraneo e di ogni altro mare o oceano, avendo un sistema di vita particolare con uno statuto riconosciuto da romani come politeuma alessandrino, secondo l’ameicsia filoniana (che autorizza un servitium a due padroni, nonostante i rapporti con la madre patria, durante le feste stabilite dalla legge mosaica e specie col tempio, a cui versano la dovuta doppia dracma annuale). 

    Perciò,  pur evidenziando che il testo di A. Schiavone è  un  bel  libro,  ben  scritto,  piacevole  a  leggersi,  ma non certamente storico e nemmeno memoriale, si ritiene necessario confutare le tante opinioni degli storici sul regnum di Gesù Christos e su Pilato e sulla sua prefettura, in quanto tutti seguono la tradizione cristiana, che confonde il Regno de cieli col Regno di Dio - frutto, quest’ultimo, dell’esegesi alessandrina del didaskaleion di epoca antonino-severiana. Noi rileviamo nel fare storia di Schiavone, uno studioso di diritto, il naufragio in quanto lo vediamo infrangersi su un periodo di 10 anni, poco noto, con pochi documenti, con un buco storico nelle fonti, che è certamente il momento più controverso e più critico dei 23 anni di Regno di Tiberio, perché segnato in Roma stessa da una lotta intestina tra il partito claudio e quello giulio, dopo la morte di Germanico, figlio adottivo, e poi di quella del figlio naturale Druso minore, acuita dal comportamento dell’imperatore, apparentemente rinunciatario al principato augusteo, ma di fatto interessato a cambiare, a favore del nipote Tiberio Gemello, quanto stabilito da Augusto, per una successione giulia: la relegazione a Capri e la cura dell'Impero, affidata ad Elio Seiano, capo del pretorio, non ben esaminati, non possono così chiarire l’enigma di Pilato, figura non accuratamente studiata e compresa nei suoi legami col pretoriano, noti solo a Filone di Alessandria - cfr. A. Filipponi, Legatio ad Gaium - difficili da comprendersi da Giuseppe Flavio (cfr. A. Filipponi, Antichità giudaiche, XVIII).

    Noi siamo convinti che non si possa procedere sulla fonte evangelica di Giovanni evangelista per rilevare lo sdegno contro le lamentele dei sacerdoti giudaici, ma si deve comprendere dalla lettura stessa di Filone la fermezza del procuratore, che è tipico prefetto tiberiano - cfr Un prefetto tiberiano www.angelofilipponi.com - che ribadisce che quanto scritto sulla croce non deve essere cambiato: o gegrapha, gegrapha / quod scripsi, scripsi è dimostrazione che la nostra indagine sulla umana e reale figura di Gesù, Maran / basileus, meshiah aramaico, methorios, politikos e sulla presenza di due fazioni giudaiche di cultura e lingua diversa, con un credo unitario in un solo Dio (cfr. Filone cristiano o cristo filoniano? - Ta kata Seianon -), sia esatta: l’enigma di Pilato si spiega solo dopo il rilievo preciso del ruolo di aramaici giudaici filoparthici, da una parte, e di giudei ellenistici filoromani, dall’altra, agricoltori e morti di fame, i primi, che, fedeli alla legge, vanno a morte; commerciali e ricchi, i secondi, che, comunque, in  seguito  saranno  destinati  a  seguire,  nonostante  la  filoromanità,  i

    confratelli nella rovina in un progressivo decadimento commerciale e finanziario sotto i flavi e gli antonini, dopo l’incredibile ascesa dell’epoca giulio-claudia.

    Comunque, ora, mi pongo una domanda conclusivo-finale per la mia ricerca: posso davvero dire che ho ben conformato e strutturato un Marco - un mio discepolo - orientandolo positivamente per uno studio sicuro, grazie ad una solida base storica su Jehoshua, un galileo giudaico aramaico e poi, su Gesù Christos Kurios, un giudeo divinizzato dalla scuola alessandrina, e, dopo la conquista di Alessandria, islamizzata, infine, su Iesus Cristus Dominus, latinizzato dall’Una, Santa, Cattolica, Apostolica chiesa romana?

    Angelo Filipponi

    1. PER UN BIOS STORICO DI

    PONZIO PILATO

    A Pina Mandolesi, mia moglie

    Historia vero est testis temporum, lex veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis, qua voce alia nisi oratoris immortalitati commendatur? / Chi, se non l'oratore, raccomanda all'immortalità - A quale altra voce, se non a quella di un oratore immortale è affidata la storia, testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra di vita, messaggero di antichità (Cicerone, De oratore, II, 9, 36)?

    N.B. Per una normale lettura e comprensione del testo da parte di un dilettante di storia è opportuno dividere il primo capitolo in parti, con pause dopo a), dopo b), dopo c) e dopo d).

    a) Marco C. - Professore, ho letto alcuni libri su Ponzio Pilato, tesi a sciogliere l’enigma della figura di procuratore e a valutare il giudizio della condanna a morte di Gesù Christos, ma, storicamente, ho capito poco o niente, eppure sono due buoni scrittori, conoscitori di storia! Mi riferisco a Helen K. Bond, Ponzio Pilato. Storia ed interpretazione, Paideia, 2008 e ad Aldo Schiavone, Ponzio Pilato. Un enigma tra storia e memoria, Einaudi, 2016.

    Prof A. F. - Marco, tu ti riferisci specie ad Aldo Schiavone e alla sua volontà di sciogliere l'enigma Pilato, che procede secondo i vangeli, operando tra storia e memoria, senza aver chiara la situazione e il quadro storico degli anni 32-36 d.C. del Malkuth ha shemaim, a lui del tutto ignoto, anche se rilevi nella Bond, un tentativo di interpretazione storica.

    Marco C. - Le chiedo, professore, perché non ci parla di Ponzio Pilato e ci precisa davvero il decennio di procura (26-36 d.C.), in modo scientifico, o almeno il più oggettivo possibile, secondo le formule tuzioristiche, così da migliorare la figura ambigua di Christos uomo, Messia, re, mastro e zelota? Noi, tuoi alunni, sappiamo del Regno dei cieli, aramaico che è differente dal Regno di Dio, ellenistico, ma non conosciamo realmente Ponzio Pilato e nemmeno il suo reale mandato in Iudaea! Per noi la sua morte è avvolta nella leggenda, come quella di Gesù! Di lui tutto è indefinito - origine, nome, giovinezza, formazione, cultura, periodo militare, perfino il decennio come amministratore cum iure gladii, cioè di praefectus con funzioni militari - . Niente è chiaro perché è sconosciuto il contesto anche geografico di una regione, all'epoca già ritenuta ellenizzata e romanizzata, la Iudaea, ma non ancora sottomessa e soggetta, nonostante il censimento di Quirinio e l'invio di già 4 procuratori augustali, dopo quasi 90 anni dalla prima conquista di Pompeo di Gerusalemme e dopo 65 dalla seconda di Sosio, per ordine del Triumviro Marco Antonio - che eseguiva, di fatto, il mandato senatorio del 40 a.C. di uccisione di Antigono asmoneo, filoparthico e di esautorazione della dinastia Asmonea, a favore dell'investitura a re / basileus, nominale, di Giulio Erode - !

    Prof A. F. - Certo. Marco! Devo precisare molte cose, che ho detto in Jehoshua o Iesous? (cfr. Jehoshua o Iesous?, Maroni, 2003) e in altre opere, a cominciare dal Nomen di Ponzio Pilato. La figura di Ponzio Pilato non ha sostanza reale umana, come quella di Christos, perché coi secoli è stata oscurata da quella, alonata, di Gesù uomo-dio, giudeo di Galilea, messia, fondatore di una religione di amore, in un periodo di guerra tra la nazione giudaica e l'impero romano, che teneva in una piccola zona, in tre punti diversi, tre guarnigioni, una a Cesarea Marittima di una legione intera, una postazione militare sulla Torre Antonia sopra al Tempio (1 coorte) ed una mista di fanteria e di cavalleria a Cafarnao in Galilea, di supporto al tetrarca Erode Antipa, oltre alle truppe sebastene ausiliarie e alla presenza in Siria di 4 legioni sul confine eufrasico. Un grande spiegamento di forze militari per una piccola regione che era 1/132 - un centotrentaduesimo dell'impero romano - compresa la fascia costiera mediterranea, la Galilea e Perea erodiana e le zone ituraiche sotto Filippo - ! Marco, la tipicità ebraica richiede una particolare attenzione da parte dell'imperatore Tiberio, che considera strategica l'annessione fatta da Augusto della Iudaea erodiana (Giudea, Samaria e Idumea e zona costiera) a causa della centralità del Tempio di Gerusalemme e della perfidia della popolazione giudaica, divisa in ellenistica filoromana (erodiani, sadducei e popolazione giudaica della diaspora) ed in aramaica filoparthica (popolo e sacerdozio - piccolo e medio -) rispettivamente di cultura greca / Paideia, la prima, e aramaica / Musar, la seconda, legata per stirpe, lingua e religione al regno dei Parthi, dominato dal re dei re Artabano III, che rivendica i territori di Siria e Giudea e di Asia Minore come propri, secondo la tradizione achemenide, seleucide ed, ora, arsacide.

    Marco C. - Il muthos, professore, ha avuto, dunque, il sopravvento sulla storia tanto che si favoleggia sulla nascita e sulla morte, sul periodo che precede l'arrivo di Ponzio Pilato in Iudaea e su quello della sua condanna, dopo il richiamo a Roma, da parte di Tiberio, e il successivo giudizio sotto Gaio Germanico Caligola! È mio vivo desiderio che lei orienti me e i miei compagni in un periodo molto complesso per la definizione stessa della figura di Tiberio e della sua politica antiparthica, dominata per il primo quinquennio da Elio Seiano, e, nel secondo, da Macrone e Caligola, più che dall’imperatore, caprino!

    Prof A. F. - Marco, tu vorresti comprendere esattamente la reazione di Tiberio in senso antiseianeo e poi antiparthico, cosa da me affrontata già in Caligola il Sublime e in Giudaismo romano, II e volgarizzata nel romanzo L'eterno e il Regno (eBook Narcissus, 2012) - prima ancora di affrontare il problema della curatela di Ponzio Pilato - rimandato a Roma da Lucio Vitellio, vincitore di Artabano III, sotto il consolato di Ponzio Nigrino e di Acerronio Proculo, per subire il processo, intentato dai Samaritani, e la condanna dal neos sebastos, poco prima della sua malattia, prima ancora dell'attuazione della politica della Neoteroopoiia e dell'Ektheoosis!

    Marco C. - Mi vuole dire, professore, che Pilato è condannato nel periodo universalmente accettato dagli storici del buono stato di salute di Caligola, ritenuto perfetto principe, amatissimo dal popolo e dai militari, ben guidato dall'onnipotente Macrone - la cui moglie Ennia Trasilla è amante del giovane imperatore, da poco vedovo - nella rinnovata saturnia età dell'oro, secondo Filone (incipit di Legatio ad Gaium!)?

    Prof A. F. - Marco, si. Ti aggiungo che è probabile che la Claudia, moglie di Pilato, non abbia alcuna parentela, neanche se fosse la bambina nata ad Urgulanilla, poi esposta, per ordine del marito Claudio, che non l'accoglie nella sua domus e ripudia la madre per tradimento coniugale! Preferisco pensare che Pilato sia parente di Ponzio Nigrino e che sua moglie Claudia Procula sia un'Acerronia Procula! Comunque siano i rapporti della Domus Pontia, con i consoli dell'anno 37 d.C. e con i giulio-claudii, l'esilio a Lione, in una zona gallica, ebraica, non è una punizione grave, da parte di un Giudice, che risulta clemente! L'esilio di Pilato è nella stessa zona in cui, due anni dopo, l'imperatore confina Giulio Erode Antipa e la moglie Erodiade per l'accusa di rapporti tra il prefetto romano e il tetrarca galilaico, alla presenza, ora, di Lucio Vitellio, scrittore di Commentaria della recente impresa parthica!

    Marco C. - Professore, vuole iniziare il bios di Ponzio Pilato dal suo esilio ad opera di Caligola! Mi piace l'idea! Iniziamo il lavoro.

    Prof A. F. - Per prima cosa preciso la non attendibilità storica del ritorno di Pilato in epoca Flavia, in Italia e a Roma, su un carro trainato da bufali indemoniati, che precipitano il corpo del prefetto imperiale, dopo ampi giri nell'Appennino centrale, entro il laghetto, ancora oggi detto di Pilato, sotto il Vettore, divenuto caro nel Medioevo, ai Negromanti dei monti sibillini. Storicamente Pilato non può essere rimasto ancora per oltre trenta anni in un territorio a lui ostile, dopo il richiamo tiberiano! Insieme con questa leggenda picena, cadono tutte le altre di epoca neroniano-flavia di un iter in Valle di Aosta e in Savoia del carro trainato da bufali, prima di arrivare a Vienne - come anche del passaggio di S. Pietro nella zona (cfr. Valore storico di Cronaca di Novalesa, in www.angelofilipponi.com) - .

    Marco C. - La leggenda del laghetto di Pilato, professore, potrebbe sottendere una verità, quella dell’ubicazione della famiglia Pontia nell'Appennino centrale e di una nascita del futuro procuratore imperiale nel Samnium - IV Regio augustea - ?

    Prof A. F. - Non so, Marco, anche se non posso escludere che Pilato sia un eques di origine sannita, in quanto ci sono almeno tre distinti rami di Pontii (quello di Aquila, di Nigrino e di Pilato) che sembrano essere uomini di una gens addetta agli acquedotti e alla costruzione di Ponti, stanziati ad Isernia, ad Amiterno e a Bisenti, ed anche in Umbria ed Etruria e in altre località anche campane, montuose, dove hanno Villae, sia gli Aquila che i Nigrino e i Pilato.

    Marco C. - Allora può convalidare una nascita vestina / teramana di Pilato a Bisenti?

    Prof A. F. - Non ho prove per dirlo, ma so della presenza di una casa di Pilato(?) con un impluvium, che ha alcune condutture idriche, laterizie, posta nel paese della valle del Fino, confinante da una parte con la Sabina (Amiternum) e da un'altra con la valle del Vomano, zona del Picenum (V Regio), dove sembra già insediata da secoli una colonia cananea di lingua aramaica, fuggita dalla patria, dopo il ritorno degli ebrei, favoriti da Ciro il Grande nel 536 a.C.!

    Marco C. - Per questo, professore la zona era detta palestina piceni?

    Prof A. F. - Non credo che la denominazione sia, però, di epoca augustea, perché il termine divenne consueto in Italia dopo la galuth ebraica, quando Adriano nel 135 d.C. denominò Palestina la ribelle Iudaea, dopo la vittoria su Shimon Bar Kokba, ultimo eroe-messia giudaico!

    Marco C. - Comunque, nella zona il sannita Pilato, da giovane, potrebbe aver avuto rapporti con la comunità cananea, aramaica? Per diventare prefetto non bisognava conoscere la lingua del luogo? È così? Professore!

    Prof A. F. - Ci sono molte leggi sulle province consulari / De provinciis consularibus: la lex Poppia stabilisce i costituenti la familia al seguito del praefectus; la lex Sempronia regola il comportamento degli esattori, pubblicani, dell'ordine equestre, in Asia; l'orazione omonima di Cicerone marca il mal governo di Cesare in Gallia e quello di Gabinio in Siria e Giudea - che tradidit in servitutem Iudaeis et Syris, nationibus natis servituti! - e le leges, successive, quando già c'è la divisione in province senatorie e province imperiali, sembrano stabilire il criterio che il proconsole o propretore abbia una competenza linguistica per svolgere proficuamente il suo compito, così da aver rapporto diretto con gli amministrati locali e con la burocrazia provinciale. Comunque e dovunque abbia appreso la lingua aramaica, Marco, è probabile che la carriera militare di Ponzio Pilato sia stata in relazione a quella del coetaneo Elio Seiano - che fece il soldato / primum stipendium meruit - al seguito di Gaio Cesare nella spedizione armena - , accanto a cui il sannita rimase in zone di lingua aramaica, al servizio dei legati Marco Lollio o Sulpicio Quirinio, o altri! - dopo il suo ferimento invalidante e la malattia, che lentamente condusse il dux principe, alla morte a Limira nel 4 d.C..

    Marco C. - Quindi, non solo nella zona italica Palestina piceni, ma anche lungo la fascia eufrasica, dove le popolazioni parlano l'aramaico, potrebbe aver appreso, in compagnia di Seiano, la lingua parlata in Giudea? Per lei, anche Seiano ha una cultura aramaica?

    Prof A. F. - Per Filone - incipit In Flaccum - il pretoriano è il nemico più grande degli ebrei, dopo Caligola - anche lui conoscitore della lingua aramaica fin da bambino, probabilmente dall'epoca del suo viaggio a Petra, col padre e con la sua famiglia, alla corte di Areta IV! - .

    Marco C. - Professore, lei, certamente, non può dire che Seiano e Caligola, in quanto nemici dell'ebraismo aramaico, debbano aver necessariamente una cultura aramaica e conoscere la lingua!

    Prof A. F. - Con sicurezza, Marco, non si può affermare niente, ma neanche negarlo! Comunque, si potrebbe pensare che la carriera di Ponzio Pilato, al di là della possibilità di conoscenza linguistica dell'aramaico da parte di Seiano e di Caligola, sia parallela a quella di pretoriano, eques anche lui, il cui padre Lucio Seio Strabone è prefetto del pretorio sotto Augusto (Tacito, Annales, IV, 1) - un esperto di politica orientale, come prima Senzio Saturnino, come Varo, come Lollio e Quirinio e i predecessori di Pilato nella prefettura della Iudaea. Certo, Marco, è una supposizione senza prove! Comunque, Pilato probabilmente segue il capo pretoriano anche in Pannonia, quando Druso minore, figlio di Tiberio, fu accompagnato per ripristinare l'ordine nella zona turbata da ribellioni e da contrasti tra gli stessi soldati di Quinto Giulio Bleso, zio di Elio Seiano. Pilato, essendo rimasto accanto a Seiano, dopo il 15 d.C., quando il padre, nominato praefectus Aepypti, lascia al figlio il comando unico del pretorio, ne vede la continua ascesa negli honores e la crescita di potere, quando Tiberio gli concede nel 23 d.C. di costituire una sede fissa per i pretoriani nei Castra Praetoria sul Viminale, come premio di un servizio utile per il mantenimento della sicurezza civile sociale dei cives! I pretoriani, insieme agli altri corpi militari urbaniciani, avevano fatto un grande lavoro per la pulizia degli alvei fluviali, per il mantenimento dell'ordine pubblico sulla base di un regolamento dettato da Tiberio che aveva distinto la popolazione in cives e peregrini - externi / forestieri, dando compiti e funzioni con indicazioni precise circa il comportamento quotidiano, in relazione ad un'etica conservatrice, quiritaria, in linea con le riforme augustee.

    Marco C. - Quindi, professore, i pretoriani vengono organizzati e pagati meglio degli altri corpi militari, per la loro efficienza e per la varietà di servizi relativi alle differenti formazioni di specifiche squadre, che hanno funzioni proprie!

    Prof A. F. - Certo! Tiberio li ricompensa per la manutenzione della stessa urbs, divisa in zone, oltre che per i lavori di convogliamento delle acque dei fiumi Aniene e Tevere, per quelli delle fognature urbane, eseguiti insieme al corpo dei Urbaniciani e dei Vigiles, tutti uomini attenti a seguire le regole riformistiche dell'imperatore, molto attivo tra il 16-23 d.C. nel migliorare le condizioni di vita dei cives, deciso anche a limitare il potere degli stranieri, numerosi come popolazione, da anni troppo invadenti in ogni campo, specie religioso e morale e a punire i tanti goetes / maghi ciarlatani, egizi e siriaci, oltre a quelli ebraici, dando massimo rilievo alla pietas latina, quiritaria, già ripristinata da Augusto!

    Marco C. - Quindi, professore, per lei, Pilato sarebbe uno dei 9000 pretoriani di stanza a Roma al servitium dell'imperatore stesso? Forse un tribunus di una delle nove cohortes! Dunque, Ponzio Pilato, seguendo Seiano, può aspirare anche lui, a fare la carriera prefettizia, il cui vertice è la prefettura di Egitto?

    Prof A. F. - Certo, la nomina a prefetto di Giudea è una promozione per un eques, amico del suo capo e fedele all'imperatore, già stabilito in Campania, desideroso di ritirarsi a Capri (cfr. A. Filipponi, Caligola il sublime, Cattedrale, 2008), che potrebbe permettere, dati i rapporti amichevoli, un incarico maggiore, in caso di buon governo amministrativo e militare.

    Marco C. - Quindi, l'invio in Iudaea nel 26 d.C. avviene per ordine diretto di Elio Seiano, che già ha il controllo totale dell'impero, specie dopo l'episodio di Sperlonga (Svetonio, Tiberio, XXXIX), quando, dopo la morte di Druso minore, si sono già formate a corte due partes ostili, quella dei giulii e quella dei claudii, ora separate, in quanto ciascuna ha un proprio candidato, successore al trono. C'è, dunque, una precisa direttiva politica - anche se coperta e quasi segreta - da parte di Tiberio?

    Prof A. F. - Sembra che ora, nel 26 d.C., il quasi sessantottenne imperatore, scampato alla frana - grazie all'intervento del pretoriano, che lo protegge, facendo arco col proprio corpo - stanco del clima cortigiano e delle lotte interne alla famiglia, abbia volontà di appoggiare il suo erede diretto, appena settenne, Tiberio Gemello, facendo andare contro le disposizioni di priorità dinastica, date da Augusto, il suo potente ministro, incaricato segretamente di minare il potere della famiglia di Germanico, che ha precedenza, sostenuta da Antonia, nonna, e da Agrippina maior, madre, per i nipoti e figli maggiori Nerone Cesare e Druso Cesare. Ricorda, Marco, che Tiberio è aristocratico e che accetta, mal volentieri e costretto, l'impero, quasi coactus, lamentandosi della miserevole ed onerosa servitù, che gli viene imposta (querens miseram et onerosam iniungi sibi servitutem), pur con la speranza di potersene liberare / nec tamen aliter quam depositurum se quandoque spem faceret, dicendo, comunque di accettare fino a quando giunga il momento in cui voi, senatori, stimate di concedere un qualche riposo alla mia vecchiaia / videri dare vos aliquam senectuti meae requiem - Ibidem, XXIV -

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