Hitler post mortem
By Dario Gumina
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Book preview
Hitler post mortem - Dario Gumina
Indice
Prologo
1 Il lungo viaggio
2 l’irruzione dei giganti onirici
3 Geli Raubal
4 Pasewalk
5 I demoni
6 L’educazione magica e i Superiori Sconosciuti
7 Il mistero dei dischi volanti
8 Le possenti figure archetipiche 123
9 L’ultimo viaggio
10 L’uomo che verrà
Epilogo
Bibliografia
DARIO GUMINA
Hitler Post Mortem
Wotan e le Rune
di Adolf Hitler
All’improvviso nella notte d’amarezza Vedo la Quercia di Wotan
Avvolta nel suo misterioso splendore, Forgiante un’alleanza con i poteri misteriosi.
La luna nel suo magico incanto Traccia le Rune.
Tutto ciò che di giorno è stato Pieno d’impurità
Diventa impercettibile dinanzi Alla formula magica.
In questo modo, i falsi,
Sono separati dai leali.
Ed io mi ritrovo
Davanti ad un Padiglione di Spade.
Miguel Serrano: La resurrezione dell’eroe, edizioni Settimo Sigillo, 2009
Egli suppone che gli eventi siano ordinati come se fossero il sogno di una coscienza inconoscibile, più grande e più vasta
.
W. von Scholz, Der Zufall: eine Vorform des Schicksals (Stoccarda 1924).
Citato da C.G.Jung in: La sincronicità come principio di nessi acausali (1952).
Sir James Jeans dice che potrebbe darsi
"che le origini degli eventi in questo strato inferiore [cioè al di là di spazio e tempo]
abbraccino anche la nostra propria attività spirituale, sicché il futuro decorso degli eventi dipenderebbe in parte da questa attività spirituale".
Citato da C.G.Jung in: La sincronicità come principio di nessi acausali (1952).
Su questo nostro misterioso pianeta esistono luoghi in cui accadono cose che non si possono raccontare, perché nessuno le crederebbe vere. Nella penombra d’ignote, desolate stanze e dei loro altari sono pronunciati i segreti più custoditi, le verità mai rivelate e i piani più sconvolgenti che mente umana possa concepire.
A volte nel cuore della notte, quando l’ora del lupo si approssima, mi sembra quasi di sentire qualcuno bisbigliare alle mie orecchie strani fonemi e indicibili segreti. Così, quando giunge il mattino, al mio risveglio, ho la consapevolezza di essere diverso da coloro i quali tutto ignorano.
Prologo
Un piccolo uomo ritto davanti alla facciata di un antico palazzo. L’uomo è minuto, sulla sessantina, ha le mani raccolte dietro la schiena, indossa un vestito fuori moda di colore grigio e sembra attendere qualcuno o qualcosa.
Dietro di lui si erge imponente l’edificio con la sua facciata aggettante degna di una chiesa del Borromini. Questa sembra avere un carattere prorompente e allo stesso tempo rigoroso, i suoi cornicioni la dividono in tre piani e le colonne la slanciano in altezza. L’uomo e la costruzione esprimono un forte contrasto, piccolo e inerme il primo, solida e gigantesca la seconda. Eppure qualcosa li accomuna, come se l’una fosse l’estensione dell’altro. Impossibile separarli o comprendere quale inquietante rapporto li leghi, le loro ombre si confondono.
A quanto pare l’uomo si occupa di inventare storie, racconti che scrive ma lascia incompleti. Nel suo piccolo appartamento,
risultato
dal
frazionamento dei grandi saloni dell’antica residenza, sembra vi siano montagne di carta, pile di fogli scritti a mano pieni di narrazioni senza finale, inizi travolgenti finiti nel nulla o, ancora, segmenti intermedi di vicende appassionanti senza prologo né epilogo.
È il mistero dell’esistenza il quale, essendo impenetrabile, non si rivela mai e quindi qualunque storia è incompleta per se stessa, perché mai sapremo inserirla nel contesto dell’universo sconosciuto in cui viviamo. Gira voce che abbia viaggiato in tutto il modo e, con i suoi occhi azzurri, viste cose inimmaginabili. Lui non parla. Talvolta passa le ore immobile davanti al grande arco all’entrata, con l’atteggiamento di chi sembra osservare cose quali gli altri non percepiscono. Tutti lo vedono ma nessuno lo capisce.
Si dice abbia conosciuto Hitler dopo la sua fuga in Argentina e, con lui, discusso di cose incomprensibili, come il rapporto intercorrente fra i sogni dei neonati ariani e il volo delle aquile. Oltre a questo, pare conosca il segreto degli U.F.O. , anzi dei dischi volanti, i misteriosi velivoli a forma lenticolare che da molto
tempo solcano i cieli di tutto il mondo.
Proviamo a leggere una delle sue storie…
I
Il lungo viaggio
Circa due ore dopo, il secondo sottomarino arrivò a terra e Hitler, due donne, un altro medico e molti altri uomini completarono il gruppo, sbarcarono dal sottomarino cinquanta persone
.
Documento dell’FBI, 21 settembre 1945
Abel Basti: Sulle tracce di Hitler
Eden Editori 2015.
Berlino: 29 aprile 1945
Hitler predispose tutto per suicidarsi con Eva Braun. Lo avrebbero fatto col veleno e lui, in più, un attimo dopo avere rotto la capsula di cianuro tra i denti, si sarebbe sparato, così da essere sicuro di morire. Poi, i due cadaveri dovevano essere cosparsi di benzina e dati alle fiamme. Questi gli ordini impartiti, ma non tenne conto di una cosa.
I suoi uomini non gli permisero di suicidarsi. Mai e poi mai avrebbero consentito che le sacre spoglie del Führer
del popolo tedesco finissero bruciate e miseramente seppellite nel cratere di una bomba. Così caricarono la pistola con proiettili a salve e sostituirono il cianuro con un potente anestetico.
Successivamente presero i corpi addormentati e li trasbordarono su un aereo guidato da Hanna Reitsch e Robert Ritter-von Greim, piloti fedelissimi di Hitler, che decollò sul viale Unter den linden il quale, in quegli ultimi terribili giorni di guerra, era stato adibito a pista di decollo. Così Hitler ed Eva lasciarono Berlino, sprofondati in un sonno chimico che gli risparmiò la visione dall’alto della capitale del Reich, quasi completamente distrutta. Quel volo non fu facile. Fecero diversi scali sempre più a nord fino a quando si trasferirono in un sommergibile. Da lì in poi scomparvero sotto le acque dell’oceano Atlantico e nessuno sa quale itinerario seguirono.
Il viaggio era stato lungo e sfiancante. Aveva sofferto il gelo artico sugli aerei, il fetore dell’aria viziata e quello delle latrine intasate nei sommergibili, sentito i polmoni bruciare.
In seguito a ciò insorse in lui una visione onirica ricorrente. Sognava di provare un
impellente bisogno fisiologico e di trovarsi in una caserma i cui cessi erano in condizioni indescrivibili. Traboccavano di escrementi ma, per quanto disgusto provasse, era obbligato a servirsene ugualmente. A peggiorare la situazione c’era anche il fatto che si trovava a piedi nudi, costretto a camminare tra le feci.
La sottomissione a quanto di più sgradevole potesse esserci, motivata dal bisogno, l’aveva vissuta molte volte, soprattutto da giovane. Rivisse, allora, alcuni momenti della sua vita. Ricordò il periodo della massima povertà quando era costretto a dormire alla männerheim, un ricovero per senzatetto a Vienna, tra i relitti umani.
Intanto il viaggio continuava.
Lo avevano condotto in luoghi inaccessibili, regioni remote del pianeta laddove nessun essere umano era mai stato prima, come fosse un lungo peregrinare in zone sconosciute della mente. Luoghi desertici perennemente illuminati, spazi smisurati in cui aleggiavano silenzio e mistero, giganti di ghiaccio e laghi di lava vulcanica. Perse la cognizione del tempo. Sentì come se i meccanismi ciclopici messi in atto
durante la sua vita fossero adesso sfuggiti al controllo e, prendendo il sopravvento sul loro creatore, lo guidassero
seguendo
piani
imperscrutabili. In certi momenti sembrò guardare a se stesso come a un estraneo, e si chiese come sarebbe stata la sua vita se avesse fatto scelte diverse.
Questo pensiero lo indignò, perché proveniva da una parte della sua personalità nella quale non c’era alcuna ambizione, nessun progetto, se non quello di condurre un’esistenza da uomo comune. Cercare un lavoro, sposarsi, dedicarsi alla famiglia ed essere fagocitato dalla società senza lasciare alcun ricordo di sé che non appartenesse alla moglie e ai figli.
Una notte dal sonno agitato, come il mare sopra di lui, fece un sogno.
Il sogno della casa in miniatura Si trova all’interno di una casa sconosciuta, aggirandosi per le stanze, nota un grande armadio e
spalancandone le ante trova una cassettina di legno. All’interno c’è il
modellino di una casa in miniatura, con le sue piccole stanze perfettamente arredate e, posato su un tavolo, vede un minuscolo album di fotografie. Le immagini ritraggono lui in un’altra vita, altri parenti, altri familiari e così via. Le foto dei suoi figli mostrano due gemelli dagli occhi azzurri, la moglie e normali scene di vita familiare.
Forse in una dimensione parallela esisteva un altro Adolf Hitler che aveva trascorso una