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Silviana: La guerra del sale e la corte di Lucrezia
Silviana: La guerra del sale e la corte di Lucrezia
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Silviana: La guerra del sale e la corte di Lucrezia

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Corre l'anno 1481.Fra la Repubblica di Venezia e il Ducato Estense i rapporti si fanno sempre più tesi. Il duca Ercole I d'Este ,sicuro che le rocche e le altre opere che ha approntato a difesa del ducato impediranno un improbabile attacco nemico ,sembra non preoccuparsi e continua a divertirsi fra battute di caccia e banchetti. Il marchese di Mantova Federico I Gonzaga, scoprendo invece che Venezia, in segreto, sta per attaccare il Ducato , invia, con la debita discrezione, un uomo di sua fiducia a Ferrara per avvisare l'alleato. Il messaggero, dopo il viaggio solitario attraverso un territorio difficile già colpito dalla peste e dalle alluvioni, arriva alla corte estense, ma durante il difficile viaggio, incontra la donna della sua vita :Silviana . Nel 1502 arriva a Ferrara Lucrezia Borgia .La futura Duchessa assume Silviana come segretaria personale mentre il marito diventa il nuovo ambasciatore dei Gonzaga alla corte estense . In uno scenario di perenne guerra con Venezia, la signora dovrà destreggiarsi fra gli intrighi di corte e la prepotente presenza di Lucrezia. Anche la sua vita privata subirà importanti sconvolgimenti ,ma l'amore continuerà ad essere protagonista.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateSep 12, 2022
ISBN9791221429503
Silviana: La guerra del sale e la corte di Lucrezia

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    Silviana - Dario Frignani

    1481

    In Italia la situazione politica si stava modificando : il 25 gennaio di due anni prima, Venezia aveva firmato un solenne trattato di pace con l’Impero Ottomano, mettendo così fine ad oltre quindici anni di guerra nei Balcani e nel Mare Adriatico; in base al documento, redatto a Costantinopoli in presenza del sultano Maometto II, la Serenissima manteneva il controllo di Durazzo e della costa montenegrina, ma perdeva ogni suo precedente possedimento nelle isole greche, pagando pure una pesantissima tassa per mantenere i vecchi privilegi commerciali nel Mar Nero. Era uno smacco insopportabile per la grande repubblica marinara, padrona indiscussa sino a pochi anni prima delle rotte mercantili per il Levante; il Senato cittadino decise quindi di cercare immediata compensazione sulla terraferma italiana, dove la crescita politico-economica di Ferrara ,sotto gli Estensi, rappresentava un’ulteriore minaccia agli interessi veneziani sul litorale adriatico.

    Il monopolio del sale ed il controllo dei traffici sul Po erano , da secoli ,i principali motivi delle ostilità fra ferraresi e veneziani :il trattato, firmato nel 1404 dal Marchese Niccolò III e dal Doge Michele Steno, obbligava i ferraresi ad acquistare il sale dalla Repubblica di Venezia con il divieto assoluto di produrlo in proprio .

    Nel gennaio del 1479 il Duca Ercole I d’Este veniva informato dal suo console a Venezia che il Doge Giovanni Mocenigo si lamentava del sempre più diffuso contrabbando da parte dei comacchiesi. Infatti, dopo i primi decenni ,durante i quali il trattato veniva rispettato ,il contrabbando del sale ,prodotto abusivamente nelle saline di Comacchio era diventato una pratica diffusa. Le autorità estensi, stimolate dal vis domino di Venezia che, in base al trattato ,risiedeva stabilmente a Ferrara, formalmente, contrastavano queste pratiche illegali .In realtà il Duca tendeva ad essere tollerante per evitare di aggravare la difficile convivenza con i comacchiesi.

    In questo clima conflittuale, alcune decine di armati veneziani erano sbarcati a Magnavacca inseguendo un gruppo di contrabbandieri che, con un atto di brigantaggio, avevano assalito un commerciante di Rimini che portava merci a Venezia via mare. Per ritorsione avevano incendiato alcuni capanni e dopo alcune scaramucce con i comacchiesi ,si erano ritirati .

    Il Duca Ercole non dava peso alle minacce più o meno velate del Doge, contava di risolvere i contrasti con la Serenissima pacificamente attraverso le relazioni diplomatiche. In ogni caso, per l’aspetto militare, pensava di aver tutelato adeguatamente i confini : le difese erano state rinforzate anche con pontoni galleggianti sul Po a Corbola, Tieni e Codigoro. Con i capisaldi di Magnavacca, per le valli di Comacchio e, ad Argenta per il Po di Primaro; mentre le fortezze di Stellata e Ficarolo, garantivano la protezione verso nord.

    Fino al XIX secolo, quando entrarono in funzione le ferrovie ,i canali ed i fiumi, con il Po al primo posto, erano le principali vie di comunicazione e di trasporto per traffici leciti ed illeciti; per questo motivo, il governo della Serenissima manteneva gruppi di armati, per lo più mercenari ,che pattugliavano il corso del fiume ,che chiamava Po di Venezia mentre, per i ferraresi, era il Po Grande.

    A volte ,succedeva che questi mercenari si facessero prendere la mano e, andassero oltre il loro compito e, con la scusa di fare rispettare la legge, usassero la forza per il loro tornaconto personale.

    Polesella,19 Marzo 1481.

    Nelle prime ore del mattino, una fusta della Repubblica di Venezia che stava pattugliando il Po si era lanciata all’inseguimento di una barca che non si era fermata all’alt. I presunti contrabbandieri, grazie alla nebbia erano però riusciti a fuggire. Nei pressi di Zocca di Ro, gli inseguitori avevano trovato una barca abbandonata sotto i salici, vuota, non c’erano sacchi di sale né, tantomeno, persone. Athos Kezos, l’ufficiale che comandava la squadra, dedusse che i contrabbandieri erano sbarcati ma che non dovevano esser lontani.

    Lasciati due uomini di guardia sulla barca , con gli altri tre ,aveva preso terra lanciandosi all’inseguimento .

    Athos era un vero colosso, proveniva da Cipro e faceva il mercenario fin da ragazzo. La sua forza leggendaria era pari alla sua crudeltà. Non aveva scelto quel lavoro per avere una paga . Lo faceva perché la sua condizione gli offriva la possibilità di servirsi del cosiddetto diritto di preda che, spesso, le regole d’ingaggio gli consentivano .Ma, sicuro di godere dell’impunità anche se le leggi lo vietavano ,se gli capitava l’occasione, non esitava a praticare saccheggi ,stupri ed omicidi.

    Superato l’argine ,avevano sentito un gallo cantare nella nebbia ,erano quindi vicini ad un casolare ed era lì che ,sicuramente, si erano rifugiati i contrabbandieri.

    L’affrettata conclusione del capo veniva accettata dai suoi uomini, abituati a non discutere gli ordini, da quando lo avevano visto tagliare la testa ad un giovane greco che gli si era ribellato.

    Avevano assalito la cascina alla ricerca dei contrabbandieri, che non c’erano e, forse, non c’erano mai stati.

    L’uomo e la donna che avevano trovato nella stalla li avevano legati ed avevano continuato la ricerca nella casa non disdegnando di guardare anche nei cassetti e nella dispensa .

    Uno dei tre uomini agli ordini di Athos si chiamava Andrea Cestaro.

    Aveva diciannove anni ,era nato a Lusia e vi era sempre rimasto fino al giorno in cui tutti i componenti della sua famiglia erano morti a causa della peste. Gli era rimasta zia Maria ,sorella della mamma, che aveva sposato un bolognese ;lei sarebbe stata felice d’aiutarlo ma non la vedeva da anni ed il viaggio per raggiungerla ,per lui , era troppo impegnativo e troppo costoso.

    Dopo la morte dei suoi genitori Il padrone aveva assegnato la casa ad una nuova famiglia.

    Con i suoi pochi stracci e con l’unico patrimonio della famiglia, una medaglietta d’argento con l’immagine di Cristo che era appartenuta a sua madre, dovette partire. Per qualche tempo aveva vissuto da alcuni lontani parenti a Stanghella ma, anche loro erano poveri e non lo potevano ospitare a lungo. Un giorno aveva saputo che la Repubblica di San Marco cercava giovani per il suo esercito ; un po’perché le scelte per trovare un’occupazione non erano tante e, un po’ ,perché l’avventurosa vita da soldato che immaginava, lo attraeva , si arruolò.

    Le sue esperienze di vita non erano mai state piacevoli. A parte la triste parentesi della perdita dei famigliari ,quando era ancora poco più di un bambino aveva avuto una brutta esperienza. La sua famiglia era cattolica, era stato battezzato ma la sua frequentazione della chiesa di Lusia era finita quando il prete ,mentre lo accarezzava in mezzo alle gambe, gli aveva fatto delle proposte indecenti.

    Il giovinetto era scappato ed aveva raccontato tutto ai genitori. Ne erano rimasti sconvolti ma ,piuttosto che denunciare il religioso ,che sapevano avrebbe portato solo guai a tutta la famiglia, mentre lui non avrebbe avuto alcuna sanzione, avevano risolto il problema non mandando più il ragazzo in parrocchia.

    Adesso era diventato un giovane robusto e sveglio, aveva un po’ di pratica di cavalli perché si era occupato di quelli del padrone , ma non aveva alcuna esperienza d’armi. In attesa di mandarlo alla scuola militare di Padova ,gli avevano dato una spada mezzo arrugginita ed era stato assegnato alla guarnigione di Polesella.

    Pensava che sarebbe diventato un soldato, magari un cavaliere, ma si stava rendendo conto che quegli uomini che dovevano insegnargli il mestiere erano più simili a banditi che a soldati.

    Nella pattuglia, Andrea era l’unico componente veneto, gli altri erano tutti mercenari turchi e ciprioti. Era inesperto ed analfabeta ma la sua perspicacia stava rendendo conto che non stavano contrastando il contrabbando ,bensì stavano facendo una razzia!

    Come ultimo arrivato, lo avevano messo di guardia ai due contadini legati nella stalla mentre gli altri saccheggiavano la casa.

    L‘immagine del valoroso soldato a cavallo che combatteva per la gloria di Venezia si era già offuscata con le sue prime deludenti esperienze da militare ma, adesso, era scomparsa del tutto.

    Proveniente dal fienile ,improvvisamente aveva udito un grido disperato e lo udirono anche i due contadini. La donna aveva strillato anche lei, comprendendo che avevano trovato la loro figlia adolescente. Le urla disperate , che chiedevano aiuto, continuavano.

    Andrea non aveva resistito ,era corso fuori ed aveva raggiunto il pagliaio. La scena che si trovò davanti, lo aveva sconvolto : Athos, il suo capo ,era addosso ad una giovinetta che poteva avere dodici o tredici anni la quale cercava disperatamente di divincolarsi ma l’uomo la teneva ferma con una mano mentre cercava di spogliarla con l’altra.

    Il mercenario gli dava le spalle e ,preso dalla libidine ,non lo aveva sentito arrivare.

    Andrea ,sorpreso e disgustato da ciò che vedeva, spinto da un impeto di rabbia agì senza riflettere: vide in un angolo una pesante zappa , la prese e l’abbatté con forza sulla testa del mercenario.

    L’uomo grugnì poi si adagiò su di un fianco. Gli altri due commilitoni erano al piano superiore della casa ed erano ignari di quanto stava succedendo.

    Andrea prese per mano la fanciulla e la portò nella stalla. I genitori lo guardavano con un misto di paura e stupore mente li liberava.

    La giovinetta piangendo abbracciò la madre che si mise a piangere a sua volta.

    Il padre era rimasto immobile, ancora scioccato, non riusciva a capire perché un veneziano si fosse comportato in quel modo.

    Andrea, nonostante la sua inesperienza ,aveva preso l’iniziativa mentre si avviava verso al porta, aveva esclamato:.

    Anche nella situazione concitata avevano capito che dovevano fidarsi e lo avevano seguito.

    A qualche centinaio di metri dalla casa ,con la nebbia che li nascondeva erano ormai irraggiungibili da improbabili inseguitori.

    Andrea ,a quel punto, pensò che i suoi commilitoni avevano già trovato Athos ,forse lo stavano soccorrendo, forse lo avrebbero riportato sulla fusta per poi tornare a Polesella o, forse, avrebbero colto l‘occasione di liberarsi di lui ,visto che nessuno lo amava. Ma quello ,non era più un problema suo, ne avrebbe avuti altri.

    Non sapeva se Athos fosse morto ma, se fosse sopravvissuto, si sarebbe certamente vendicato, in ogni caso, se non come assassino, lo avrebbero cercato come disertore. Sicuramente, con la Repubblica aveva chiuso.

    Aveva subito escluso la possibilità di consegnarsi alle autorità estensi. Ammesso che avessero creduto alla testimonianza della famiglia dei contadini ,sarebbe stato comunque trattenuto ed indagato. Per le autorità, era pur sempre un disertore che aveva aggredito un ufficiale, c’era la possibilità che i veneziani ne chiedessero l’estradizione e, non era escluso che, per evitare incidenti diplomatici le autorità estensi potessero concederla.

    Si stavano avvicinando all’abitato, dovevano separarsi. La famiglia sarebbe andata a cercare aiuto. Andrea, invece doveva intraprendere un lungo viaggio.

    Con gratitudine, la famigliola lo salutò , la ragazzina ,abbracciata alla madre, stava ancora piangendo mentre il padre continuò a guardarlo finché non scomparve nella nebbia.

    Il contadino gli aveva consigliato la strada migliore per arrivare a Ferrara:.

    Si liberò dell’elmo e della spada gettandoli in un fosso poi si avviò di corsa.

    Non era ancora arrivato alla curva dell’argine ,quando sentì le campane che suonavano a martello, ne dedusse che la famiglia era arrivata in paese, almeno loro erano in salvo. Lui, invece ,era solo ,a piedi e con pochi denari, non aveva la minima idea di quello che avrebbe fatto ma era deciso a raggiungere Bologna .Zia Maria era l’ultima speranza.

    Cassana, 20 marzo 1481.

    Il vento di primavera aveva spazzato via la nebbia così poteva orientarsi cercando il campanile .Nel pomeriggio era arrivato alla chiesa di Francolino.

    Il parroco, vedendo il giovane trafelato, lo aveva accolto e rifocillato senza chiedere spiegazioni ma ,lui sapeva chi fosse.

    La notizia che a Zocca una casa era stata saccheggiata da uomini armati si era sparsa subito nei paesi rivieraschi del Po. Tutti parlavano dell’episodio: lo stupro di una giovinetta era stato sventato proprio da un giovane polesano facente parte del gruppo, che aveva ferito il violentatore per poi darsi alla macchia. Andrea ,anche se non aveva molta fiducia nei preti, aveva ammesso che il giovane polesano era proprio lui.

    Don Pietro era diverso dal prete che aveva conosciuto al suo paese; lo aveva ospitato per la notte, gli aveva procurato un mantello ed un paio di pantaloni per sostituire quelli rossi della divisa ed anche un po’ di cibo per proseguire il viaggio, consigliandogli il percorso per evitare le strade e non incorrere in controlli .

    Prima di lasciarlo ribadì:

    Il ragazzo aveva annuito, si rendeva conto di essere in una brutta situazione .

    Il prete ,vedendolo angosciato ,continuò:

    Urgeva continuare il viaggio e per, precauzione ,doveva evitare ogni contatto con la gente, non sempre disposta ad aiutarlo .

    Per arrivare a Bologna doveva fare ancora molta strada. Le indicazioni che aveva erano poche e generiche ,il prete gli aveva detto che la sua meta si trovava nella direzione del sole a mezzogiorno,(i punti cardinali gli erano sconosciuti) ;dopo aver superato il Po di Ferrara ,doveva raggiungere Torre della Fossa e da lì prendere la strada che portava a Bologna affiancando la via fluviale omonima.

    Ripartito da Francolino il giorno dopo, continuando a seguire l’argine del Po, era arrivato a Pontelagoscuro dove aveva deviato verso ovest attraverso i campi per aggirare la recinzione del Barco ed evitare la strada. Contrariamente al solito, marzo era poco ventoso ,il clima era freddo e umido ma , la nebbia era per un fuggitivo come lui un valido vantaggio.

    Dopo aver vagato a lungo,

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