Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

La Storia Dei Vigili Del Fuoco: Come si diventa eroi
La Storia Dei Vigili Del Fuoco: Come si diventa eroi
La Storia Dei Vigili Del Fuoco: Come si diventa eroi
Ebook293 pages3 hours

La Storia Dei Vigili Del Fuoco: Come si diventa eroi

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

La storia degli uomini che hanno sfidato il fuoco cercando di controllarlo, renderlo amico e mai un nemico, salvaguardando le persone da esso, ha un’origine molto antica e ci fa tornare indietro nei secoli. È una storia globale fatta di tante vicende personali, tutte simili e tutte accomunate da un forte senso di coraggio e spirito di abnegazione, che ci parla di Carlo Galimberti, il pompiere-atleta che vinse tre medaglie olimpiche tra il 1924 e il 1936, di Clarence Singleton, vigile del fuoco in pensione che rivestì la divisa per prestare soccorso nei momenti drammatici dell’attentato alle Torri Gemelle, del comandante Malagamba e dell’ingegnere Elia che alla testa di diverse spedizioni estere sono riusciti a esportare una concezione di italianità non solo legata ai classici stereotipi ma anche a valori profondi e radicati. In questo volume il racconto e i racconti di un Corpo che ha sempre raccolto ammirazione e rispetto da tutti, perché la volontà di salvare vite e offrire la propria alla collettività non conosce confini.
LanguageItaliano
PublisherDiarkos
Release dateOct 21, 2021
ISBN9788836161225
La Storia Dei Vigili Del Fuoco: Come si diventa eroi

Related to La Storia Dei Vigili Del Fuoco

Related ebooks

Modern History For You

View More

Related articles

Reviews for La Storia Dei Vigili Del Fuoco

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    La Storia Dei Vigili Del Fuoco - Matteo Serra

    Introduzione

    Il pompiere paura non ne ha. È da questa frase che è partito l’approccio al mondo e alla storia dei vigili del fuoco. Queste parole sono estrapolate da un coro – più o meno ufficiale – che gli stessi pompieri cantano con estremo orgoglio e che si è diffuso, per la sua orecchiabilità e per il messaggio di coraggio che esprime, anche tra la popolazione civile. Non a caso, quando nel corso di questi mesi il progetto di lavorare a questo volume veniva presentato alle persone, spesso la loro risposta è stata proprio questa, intonando a mo’ di coro: «Il pompiere paura non ne ha».

    Al di là degli aspetti di goliardia, che facilmente ne hanno diffuso la conoscenza, alla base di questo fenomeno c’è quel grande rispetto innato che tutti, anche coloro che non hanno mai avuto modo di conoscerli in prima persona, provano per i vigili del fuoco. Rispetto è una parola chiave che funge quasi da sinonimo con il pompiere, perché sono gli stessi membri del Corpo nazionale a provare un grande orgoglio di poter far parte di una realtà così, puramente, benefica. Già perché i pompieri aiutano tutti, senza distinzione di ceto, di sesso, di origine o di religione. I pompieri vengono ammirati per la loro grande qualità di aiutare gli altri senza chiedere niente in cambio. Sono il più grande esempio di come il detto popolare non cercare gratificazione per quello che si fa per gli altri, perché fare le cose è la gratificazione stessa possa essere profondamente vero. L’aspetto più interessante è che la narrazione della storia e delle loro gesta, che potrebbe essere facilmente additata come pura retorica condita con facili superlativi che potrebbero suonare come aria fritta in un olio di pessima qualità, non corre quel rischio di suonare vuota perché tutti i complimenti, tutti i gesti di rispetto sono meritati e condivisi.

    Secondo l’enciclopedia Treccani, è eroe colui che dà «prova di grande valore e coraggio affrontando gravi pericoli e compiendo azioni straordinarie»; i pompieri sono gli esseri viventi che più si avvicinano a questa definizione perché nelle loro gesta non si trova nulla che non sia una sana volontà di aiutare gli altri. E studiare e per voi leggere – spero con piacere – la storia dei vigili del fuoco non può che confermare tutto questo; questo libro è pieno di esempi, di situazioni, di testimonianze di quante volte la vita delle persone civili sia stata salvata, o almeno resa un po’ meno amara, dai vigili del fuoco che in cambio non hanno mai ricevuto niente se non riconoscenza. E questo, in un bellissimo mondo parallelo, rappresenta la più grande ricchezza a cui possa aspirare un essere umano. Non credo che sia un caso che, seguendo la linea del tempo, le società più evolute siano quelle che hanno anche compreso quanto fosse importante garantire alla popolazione la sicurezza, oltre che tramite la polizia e tutti gli altri corpi dello Stato – che seguono per loro natura dinamiche di potere e di gestione del proprio ruolo diverse – anche attraverso un corpo che fosse neutro, inteso qui non come privo di posizione o fermo in un limbo, ma esattamente il contrario, ovvero deciso nel portare a termine il proprio compito, a prescindere dal contesto che lo richieda.

    È stato così per Augusto, che per primo ha deciso di fornire la sua Roma di una realtà che si occupasse di gestire gli incendi e la sicurezza notturna; così come per la rinascimentale Firenze, città del progresso per antonomasia che in mezzo ai tanti artisti, scultori, pittori, uomini di lettere e di pensiero ha compreso quanto fosse importante avere questo genere di sicurezza. E ancora Napoleone, personaggio tra i più iconici della storia, capace di costruire e organizzare i pompieri come mai nessuno prima – anche se per farlo avrà bisogno di vedere con i propri occhi quanto sia pericoloso non avere i giusti mezzi per difendersi dal fuoco. E da lui fino alla storia contemporanea, con le due guerre mondiali in cui i vigili del fuoco sono stati molto spesso il solo braccio a cui potevano aggrapparsi i tanti civili che hanno combattuto un conflitto parallelo, non in trincea ma nelle città come nelle campagne; una guerra fatta di paura, nascondigli, fame e sofferenza. In questo contesto non lo Stato, impegnato in altro, non l’esercito, spesso pura macchina esecutiva di voleri più grandi, ma i pompieri sono stati l’ancora di salvezza per le persone. Loro che, alla fine, altro non erano che persone, ragazzi come ce ne sono tanti, che dopo aver aiutato chi ne aveva bisogno lo salutava in dialetto, condivideva con lui il poco pane e salame che aveva in dotazione. I pompieri sono sempre stati persone normali che hanno deciso di non fare niente di convenzionale; o meglio, trasformare nella propria abitudine il concetto di abnegazione, aiuto e salvezza. E così, entrare nelle fiamme per recuperare qualche mobilia, unico possedimento di una famiglia povera in tempo di guerra, non diventa un’azione straordinaria, ma meravigliosamente ordinaria.

    «Abbiamo santa Barbara dentro il nostro cuore», continua il coro da cui è partito questo ragionamento. Santa Barbara, la donna simbolo della forza di volontà di chi non si vuole rassegnare a un destino già scritto, come può essere quello di un uomo e di una donna che si trovano in mezzo alle fiamme o che vedono la loro casa sgretolarsi sotto una scossa di terremoto. Barbara rappresenta la capacità di affrontare il pericolo con fede, coraggio e serenità anche quando non c'è alcuna via di scampo. È stata eletta patrona dei vigili del fuoco in quanto protettrice di coloro che si trovano in pericolo di morte improvvisa. Originaria di Nicomedia, nell’odierna Turchia, fin da quando è piccola mostra grande interesse per le arti e la cultura. Il padre, Dioscoro, adorava la figlia e sognava di concederla in sposa al prefetto della città; Barbara però per la sua vita aveva ben altri piani, avendo deciso di abbracciare la fede cristiana e dedicarsi a Dio. Il padre quindi, che in questa nuova religione non ci vedeva nulla di buono, decise allora di condannarla a morte, tanto era forte la sua delusione per la scelta dell’amata figlia. Barbara quindi si rifugiò in un bosco ma qui fu nuovamente trovata e consegnata al prefetto Marciano, che non decise di ucciderla ma bensì di rinchiuderla in una cella di una prigione, in modo tale che in assoluta solitudine finisse i suoi giorni. Tempo dopo nella prigione scoppiò un violentissimo incendio e ovviamente nessuno si preoccupò di salvare Barbara, che venne così data immediatamente per morta. Per puro miracolo – o mano divina a seconda delle correnti di pensiero – Barbara uscì indenne dalle fiamme, usando questo incredibile avvenimento per invitare tutta la popolazione ad abbandonare i credi pagani e scegliere la strada del Signore. Questo le costò nuove e dolorose torture, finché non venne decapitata il 4 dicembre – giorno poi a lei dedicato – dalla spada di suo padre Dioscoro che immediatamente dopo aver reciso l’ultimo lembo di pelle della ragazza, fu colpito da un fulmine. Barbara così è diventata la santa da invocare contro le fiamme, i fulmini e le morti improvvise, dato che lei più volte nel corso della sua coraggiosa vita riuscì a salvarsi da situazioni compromesse.

    Al di là del credo e tutto quello che comporta, il fatto che i vigili del fuoco usino questa storia come loro punto di partenza è significativo nel raccontare lo spirito che li ha caratterizzati fin dai primi momenti in cui delle persone si sono radunate con lo scopo di aiutare gli altri a spegnere il fuoco. Già il fuoco. L’altro grande protagonista di questo racconto, simbolo di vita, il cui controllo rappresenta il primo grande passo in avanti nella gara evolutiva che ha permesso all’umanità di diventare padrona del mondo. Il fuoco affascina, incanta, è capace di ipnotizzare quando risuona nei camini delle case; eppure ci vuole un secondo perché quel meraviglioso scoppiettio della legna che brucia nel focolare diventi la miccia di un inferno, l’inizio della fine. I vigili del fuoco ci insegnano a rispettare le fiamme perché sono consapevoli di quanto possano essere pericolose. In queste pagine il fuoco è il nemico, l’ostacolo che pone fine alle vite di tante persone, un elemento tanto vitale quanto mortifero. E che i vigili del fuoco siano chiamati a difenderci da questo elemento quasi divino facilmente ci apre a considerazioni sulla vita dai forti tratti naturalistici, ovvero in una consapevolezza che la Natura sia la vera essenza della vita stessa e che, come è in grado di generare l’esistenza è altrettanto capace di determinarne la fine. Il mito su come il fuoco è arrivato agli uomini è uno dei più belli e interessanti della mitologia greca e racchiude in sé tutto quel concetto di coraggio e forza di volontà. Prometeo era il Titano che più amava gli uomini; a lui Zeus aveva dato il compito di forgiare l’umanità con tutte le qualità migliori possibili: la forza, il coraggio e la resistenza. Quando queste erano finire, Prometeo gli donò l’intelligenza e la memoria, estratte di nascosto da uno scrigno di Atena, la figlia prediletta di Zeus. Quando il capo degli dei decise di punire l’umanità togliendole il fuoco, Prometeo se ne fece carico e di nascosto lo rubò a Zeus, restituendolo agli uomini, che nel mentre morivano di freddo e di fame. Zeus ovviamente andò su tutte le furie e come punizione decise di incatenare il Titano al monte più alto esistente, nudo e senza protezione, continuamente esposto alle intemperie e soprattutto vittima di un’aquila che ogni giorno gli squarciava il petto per mangiarne il fegato, che però nel corso della notta ricresceva, rendendo così eterna la sua punizione. Anche qui il mito si perde nella fantasia, ma comunque imprime al fuoco qualità uniche che inevitabilmente hanno dei riflessi sulla mentalità delle persone e quindi su quelle di chi ha il compito di proteggere gli altri dalle fiamme.

    In conclusione, la storia dei vigili del fuoco è quella dell’umanità che solo quando raggiunge un certo livello di civilizzazione comprende quanto siano importanti i pompieri perché la vita possa scorrere con un minimo di serenità.

    Gli eroi del mondo umano, diretti discendenti di Prometeo e santa Barbara, coloro che cercano di opporsi a un destino spesso già scritto per regalare un’insperata seconda possibilità.

    Prima Parte

    La storia dei pompieri da Augusto a Napoleone

    Roma brucia

    «Una biblioteca che contenga tutto il sapere del mondo». Con questo ordine Tolomeo I, dopo essersi proclamato re d’Egitto in seguito alla morte di Alessandro Magno, ha dato inizio alla costruzione della mitologica biblioteca di Alessandria. Dal III secolo in poi, si dice che non ci fosse un singolo libro che non avesse almeno un gemello custodito in quella biblioteca. Quasi mezzo milione di volumi avevano lì una fissa dimora. Nel ٤٧ a.C., quando l’Egitto era ormai diventato una delle tante province dell’Impero romano, i disordini scoppiati nel porto della città, cuore pulsante della socialità e per questo attiguo alla Biblioteca, crearono numerosi incendi: le fiamme, bramose evidentemente anche loro del sapere custodito in quei chilometri e chilometri di pergamene, divorarono il simbolo della città distruggendo un numero incalcolabile di volumi, molti dei quali persi per sempre.

    Non è questa la sede per analizzare se effettivamente l’incendio pose fine alla biblioteca di Alessandria o se in realtà questa, sotto forme diverse e ridotte, andò avanti a sopravvivere anche nei secoli successivi. Quello che è interessante è sapere che, secondo molti storici, proprio in seguito a questo episodio e alle sue dolorose conseguenze, l’Egitto decise di creare per la prima volta un gruppo di persone il cui scopo fosse quello di intervenire contro gli incendi. È sicuramente molto affascinante pensare che la formazione dei primi antenati dei moderni vigili del fuoco possa avere nella volontà di difendere la cultura la sua ragion d’essere. Gli storici, purtroppo o per fortuna, a seconda che si voglia o meno credere a questa suggestione, non hanno mai fornito particolari dettagli in questo senso. Con ogni probabilità la Grecia classica, madre della nostra società moderna, aveva una qualche tipologia di arma di difesa contro gli incendi; ma questo non lo sappiamo, forse perché per gli storici di allora il fuoco interessava solo come fonte di vita e non di distruzione; forse perché questa tipologia di interventi erano così comuni che non c’era bisogno di parlarne; forse, molto materialmente, perché non esistevano. Sicuramente però il fuoco era, già ai tempi dei Greci e già da molti secoli prima di loro, un utensile essenziale allo sviluppo della vita.

    La prima società che ha apertamente parlato e raccontato dei propri vigili del fuoco è quella romana. In quei tempi le fiamme erano materia che riguardava i vigiles (non serve un test di paternità per comprendere il netto collegamento lessicale con il termine moderno).

    Le case di quel periodo si costruivano tutte e interamente in legno: per questo la legge romana prevedeva una distanza minima tra una residenza e l’altra, in modo che, in caso d’incendio, le fiamme non divampassero con eccessiva e letale velocità.

    Man mano però che l’Impero cresceva e che la sua popolazione aumentava, questa norma venne sempre più accantonata, per essere poi definitivamente dimenticata. Per farci un’idea di quanto fosse fitta l’urbanizzazione romana, basterebbe cercare su internet qualche foto delle megalopoli indiane: con le dovute differenze, più o meno lo scenario doveva essere quello.

    Come conseguenza di tutto ciò, gli incendi a Roma erano all’ordine del giorno. Non c’era però solo la conformazione cittadina a dar adito alle fiamme, ma anche uno stile di vita in cui il fuoco era un elemento costantemente presente.

    Ogni casa, di un senatore o di un plebeo che fosse, aveva sempre un braciere acceso. Poteva essere usato per cucinare, per onorare gli antenati o per riscaldarsi. La prevenzione era spesso scarsa se non addirittura inesistente. Quando il focolare era all’esterno, questo era facilmente preda di appiccatori dolosi o di schiavi maldestri. Quando le fiamme partivano, era praticamente impossibile fermarle: le case, una accanto all’altro e tutte di legno, erano continuo carburante per il fuoco. Magazzini e scorte di cereali e cibarie varie non venivano risparmiate.

    È evidente come quello del fuoco fosse un costante pericolo per Roma ed è altrettanto chiaro perché lì si iniziarono a organizzare i primi corpi per difendere la città.

    Tacito, negli Annales, ci racconta, nel pieno della repubblica, di alcune figure con mansioni antincendio nell’Urbe: venivano chiamati viri nocturni, perché principalmente erano attivi con il buio. Erano tutti schiavi e stazionavano sulle porte o sulle mura della città, in modo da essere pronti a intervenire. Queste organizzazioni però presto si mostrarono del tutto inutili: un po’ per inefficienza, un po’ perché essendo schiavi non avevano il diritto di usare qualsiasi tipo di arma o di essere inquadrati nel giusto modo. Così, nonostante la loro presenza, il fuoco continuava a circolare indisturbato. Le loro attenuanti però non gli risparmiavano critiche, che spesso cadevano feroci contro questi disgraziati.

    Come per praticamente qualsiasi aspetto della società romana, si dovette aspettare la salita al potere di Augusto perché delle soluzioni pratiche ed efficaci prendessero corpo.

    La grandezza di Ottaviano, nome di battesimo di Augusto, è riassunta proprio dall’appellativo che gli fu attribuito e che poi, nei secoli successivi, diventò quello di ogni imperatore. Il termine augusto deriva dal verbo latino augo, che vuol dire accrescere. Augusto quindi è colui che è diventato più grande. Il più grande probabilmente di sempre, se è vero che ancora oggi, dall’urbanistica al diritto, passando per l’economia e la cultura, la sua eredità nella nostra concezione del mondo e della società è ancora molto presente. Proprio come nei vigili del fuoco.

    Nel 22 a.C. Ottaviano Augusto decide di creare un gruppo, formato da 600 schiavi, con il compito di occuparsi unicamente degli incendi, controllato direttamente dal Senato. Anche questo tentativo, tuttavia, si dimostrò vano. Negli anni Roma era cresciuta ancora: in quello che è il centro storico, si stima che vivessero tra le 500 mila e il milione di persone. Tutte stipate nelle insulea, i nostri condomini, o in realtà ancora più popolari. La legge poi prevedeva che tutti i cittadini romani ricevessero, mensilmente, una pensione e delle scorte di grano, mentre in cambio loro dovevano solo pagare le tasse richieste. È evidente come questo stile di vita fosse molto invitante e per questo, con il passare degli anni, le campagne si erano sempre più spopolate mentre le città affollate.

    Molta più gente vuol dire anche meno risorse, quindi più povertà. Questa a sua volta può degenerare nella criminalità: così Roma, già per sua natura molto esposta agli incendi, iniziò anche ad avere il problema di molti comportamenti malavitosi, che spesso usavano il fuoco come arma. Il Senato, dal canto suo, si stava dimostrando totalmente incapace sia di mantenere l’ordine pubblico sia di gestire i 600 schiavi addetti all’antincendio.

    Per questo Augusto decise di prendere in mano la situazione e organizzare una definitiva e totale riforma. È qui che nasce il termine vigiles, persone il cui scopo non si limitava allo spegnimento degli incendi, ma anche alla loro prevenzione e sorveglianza. Sta qui la grande intuizione dell’imperatore: non basta più essere veloci a intervenire quando le fiamme sono già cariche, ma è fondamentale fare in modo che queste neanche partano. Insomma, prevenire è meglio che curare, si dirà poi.

    Ottaviano quindi costituisce sette coorti di mille vigili spalmati su quarantanove centurie, comandate ciascuna da un tribuno apposito e tutte coordinate da un praefectus vigilum. L’importanza di questa figura è provata non solo dalla carica stessa, ma anche degli epiteti con cui veniva accompagnata: eminentissumum, clarissimum e più avanti spectabilis.

    Le varie sentinelle avevano dei turni detti vigiliæ che duravano dalle 6 di sera alle 7 di mattina. La loro attività, ancora prevalentemente notturna, non era dedita solo a spegnere il fuoco, ma anche a cercare di fermare eventuali dolosi, evitare i furti e arrestare i fuggiaschi. Insomma, occuparsi della sicurezza dell’Urbe.

    Da Augusto in avanti tutti gli imperatori hanno mantenuto questa tipologia di organizzazione.

    Come detto, il ruolo del praefectus vigilum era molto ambito, nonostante fosse tutt’altro che rilassante e non privo di pericoli. La crescita fu tale che assunsero sempre più importanza, arrivando addirittura ad avere un peso decisivo nell’elezione dell’imperatore. Negli anni il corpo divenne sempre più articolato, con la creazione di molte cariche e sotto cariche: nascono i subpraefectus, vice dei prefetti, e i principales, grado intermedio tra i centurioni e i soldati semplici.

    Quello che non era cambiato era la provenienza sociale dei vigili, che erano ancora tutti schiavi o liberti – ex schiavi a cui era stata concessa la libertà. Una legge del 24 a.C. impose che tutti i liberti che avessero servito per almeno sei anni nel corpo dei vigiles avrebbero avuto la cittadinanza romana (lasso di tempo poi ridotto a tre). Bisognerà aspettare Settimio Severo, quasi due secoli dopo Augusto, perché la maggioranza delle militæ vigilum sia formata da uomini liberi.

    Detto della struttura dei vari corpi, diventa interessante scoprire quali fossero le tecniche per spegnere gli incendi. Una delle armi più efficaci erano delle coperte, i centones, fatte di pelle di animali, imbevute di acqua o aceto, in modo da respingere le fiamme. Erano tuttavia utensili estremi, usati per lo più per cercare di limitare il propagarsi delle fiamme; sicuramente non efficaci per spegnere incendi dalla grande portata. In questo caso l’unico mezzo a cui ricorrere era l’acqua, cosa che, per fortuna, non mancava mai a Roma.

    Sono celebri in tutto il mondo gli acquedotti romani, costruiti nel corso dei secoli per trasportare acqua in ogni parte dell’impero. Gli studi dei romani sull’idraulica erano molto avanzati e la portata di liquidi che raggiungeva la città ogni giorno non è così distante da quella odierna. Fontane e cisterne in ogni piazza riempivano Roma d’acqua. Gli antichi pompieri quindi non avevano problemi a

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1