Memorie lontane
By Guido Nobili
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La famiglia Nobili partecipò attivamente alla pianificazione e all’organizzazione di detti moti insurrezionali, un’esperienza che il giovane Guido, che allora aveva nove anni, visse da testimone oculare e che segnò profondamente la sua personalità e il suo futuro pensiero politico. Sua madre, Elena Pasqui, affermata pittrice, cucì personalmente quella prima bandiera tricolore che, opportunamente sventolata da una finestra dell’abitazione di famiglia, dette formalmente il via all’“insurrezione” di un manipolo di Carabinieri Reali appositamente inviati da Torino e travestiti da popolani fiorentini, mentre l’autentico popolo fiorentino, all’oscuro di tali trame, assisteva agli eventi con un misto di curiosità e distacco.
Dopo la pubblicazione di una serie di pamphlet e scritti polemici e politici, dette alle stampe nel 1906 il romanzo Senza bussola!... Vita vissuta. Tuttavia, il frutto più significativo della sua produzione letteraria fu il lungo romanzo autobiografico intitolato Memorie lontane, pubblicato postumo alla fine del 1916, pochi mesi dopo la morte dell’autore.
In quest’opera, rievocando con lo sguardo ironicamente distante dell’uomo maturo le esperienze vissute da fanciullo, Nobili riuscì a coniugare tutto il suo amore e il suo attaccamento a Firenze e alla Toscana (da egli in fondo vista e sentita quale sua vera Patria), la ricostruzione di complesse vicende familiari, l’innamoramento giovanile per Filli, una bellissima vicina di casa figlia di emigrati greci, e il turbolento contesto storico-politico risorgimentale da lui vissuto con occhi di bambino, in una narrazione nostalgica di un tempo che fu, permeata da un sotterraneo senso di delusione storica ed esistenziale.
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Memorie lontane - Guido Nobili
SIMBOLI & MITI
GUIDO NOBILI
MEMORIE LONTANE
LOGO EDIZIONI AURORA BOREALEEdizioni Aurora Boreale
Titolo: Memorie lontane
Autore: Guido Nobili
Collana: Simboli & Miti
Con prefazione di Nicola Bizzi
Editing a cura di Nicola Bizzi
ISBN: 979-12-5504-016-3
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GUIDO NOBILI, IL NARRATORE DI UNA FIRENZE ORMAI SCOMPARSA
di Nicola Bizzi
Guido Nobili, fiorentino DOC, nacque nella Città gigliata il 7 Dicembre del 1850, in una famiglia di estrazione altoborghese residente nella storica Piazza di Barbano, quella stessa piazza che il 27 Aprile del 1859 vide scoppiare quei moti, abilmente orchestrati dai Savoia e da personaggi come Bettino Ricasoli e Ubaldino Peruzzi, che portarono alla cacciata del Granduca Leopoldo II° e all’annessione della Toscana al Regno d’Italia. Piazza che, in seguito all’unità nazionale, venne ribattezzata – come tutt’oggi si chiama – dell’Indipendenza.
La famiglia Nobili partecipò attivamente alla pianificazione e all’organizzazione di detti moti insurrezionali, un’esperienza che il giovane Guido, che allora aveva nove anni, visse da testimone oculare e che segnò profondamente la sua personalità e il suo futuro pensiero politico. Sua madre, Elena Pasqui, affermata pittrice, cucì personalmente quella prima bandiera tricolore che, opportunamente sventolata da una finestra dell’abitazione di famiglia, dette formalmente il via all’insurrezione
di un manipolo di Carabinieri Reali appositamente inviati da Torino e travestiti da popolani fiorentini, mentre l’autentico popolo fiorentino, all’oscuro di tali trame, assisteva agli eventi con un misto di curiosità e distacco.
Lo zio Niccolò, il familiare che maggiormente fu implicato nella congiura, divenne dapprima deputato e quindi senatore del Regno d’Italia, fondò la Società Adam Smith, assunse la direzione, tra il 1885 e il 1893, del quotidiano La Nazione e fu azionista per molti anni della prestigiosa società editoriale Le Monnier.
Seguendo le orme paterne (il padre Ferdinando era uno stimato avvocato), Guido si laureò in Giurisprudenza a Pisa, ma esercitò solo saltuariamente l’avvocatura e, nel 1877, si sposò con Maria Elvira di Gelasio del Calza, dalla quale ebbe sei figli.
Nel 1891 diede alle stampe a Firenze il suo primo pamphlet, intitolato De profundis clamavi ad te, Domine. Lettera a Sua Maestà il Re, che gli garantì una discreta fama di «scrittore singolare e spregiudicato». Animata da una vivace vena polemica, quest’opera può essere considerata una paradigmatica manifestazione della delusione post-unitaria della borghesia toscana. Vi risaltava, anzitutto, la profonda insofferenza per gli obblighi imposti dal nuovo apparato statale (in primis gli ingenti prelievi fiscali, tanto che secondo Nobili gli Italiani erano stati degradati dallo statuto di «cittadini» a quello di meri «contribuenti»), cui si accompagnava un’accentuata avversione per l’istituzione parlamentare, ritenuta non solo responsabile dell’indebolimento del potere monarchico e della capacità d’azione dell’esecutivo, ma anche luogo privilegiato degli interessi corporativi e dei privilegi individuali perseguiti a discapito della collettività. Arroccato in una risoluta difesa del valore della famiglia tradizionale e della proprietà privata, ai suoi occhi costantemente minacciate dalle ingiustificate intromissioni dello Stato, Nobili lasciò anche trapelare in queste e nelle future pagine dei suoi scritti ‘pubblici’ la sua diffidenza antisocialista e antiegualitarista, e non risparmiò altresì dai suoi strali una diffusa retorica patriottica
tutta toscana, soprattutto in chiave antiromana.
Tra il 1892 e il 1894, in stretta continuità con il primo opuscolo, pubblicò altri interventi polemici: Sul progetto di legge per la conservazione dei monumenti, oggetti d’arte e d’antichità (1892), una lettera aperta ai deputati nella quale difendeva ancora il diritto di proprietà), e Sulla precedenza obbligatoria del matrimonio civile a quello religioso (1894), in polemica contro il fardello di inutili leggi che attentavano alle libertà individuali).
Candidatosi senza successo nel 1895 alle elezioni politiche, con l’appoggio del giornale liberal-monarchico La Battaglia, iniziò a condurre una vita sempre più appartata, chiudendosi nella sfera privata e dedicandosi allo scrivere e alla passione mai abbandonata della caccia.
Alla pubblicazione di altri scritti polemici e politici (Riflessioni sopra un regolamento del Ministero della Pubblica Istruzione; Umilissime considerazioni sul progetto di legge sulla caccia presentato al senato da S.E. il ministro Rava; Letterati o artisti? (tutti editi nel 1905), fece seguito la prima e unica prova narrativa edita in vita, il romanzo Senza bussola!... Vita vissuta (1906), un’opera a evidente sfondo autobiografico. Tuttavia, il frutto più significativo, e successivamente più apprezzato, della produzione narrativa di Nobili fu il lungo racconto autobiografico intitolato Memorie lontane, che oggi le Edizioni Aurora Boreale hanno deciso di ripubblicare. Di datazione incerta, ma verosimilmente giunto alla sua completezza solo dopo il 1909, vide la luce soltanto alla fine del 1916, pochi mesi dopo la morte dell’autore, nella raccolta postuma Bozzetti. Scritti polemici. Pagine sparse, uscita a Firenze per la Tipografia Domenicana grazie a un’iniziativa della famiglia e con la collaborazione di Guido Falorsi.
In quest’opera, rievocando con lo sguardo ironicamente distante dell’uomo maturo le esperienze vissute da fanciullo, Nobili riuscì a coniugare tutto il suo amore e il suo attaccamento a Firenze e alla Toscana (da egli in fondo vista e sentita quale sua vera Patria), la ricostruzione di complesse vicende familiari, l’innamoramento giovanile per Filli, una bellissima vicina di casa figlia di emigrati greci, e il turbolento contesto storico-politico risorgimentale da lui vissuto con occhi di bambino, in una narrazione nostalgica di un tempo che fu, permeata da un sotterraneo senso di delusione storica ed esistenziale.
Nicola Bizzi,
Firenze, 8 Agosto 2022.
I
Quando vi capita di passare di mezzo a Piazza della Indipendenza, voltate lo sguardo verso tramontana, vedrete quel palazzo, che rimane in linea proprio dietro le spalle di Bettino Ricasoli; quella era casa mia. Son nato lì al primo piano, in quella stanza ultima a destra di chi guarda. Forse un giorno nel davanzale della finestra, sotto quella persiana grigia, sarà messa un’iscrizione a mio onore; l’ho già preparata, per mettere in ogni caso i posteri sulla buona via. L’epigrafe dice così: «Qui nacque un illustre ignoto, che seppe apprezzare per quello che valeva l’uman genere».
Il 7 Decembre 1850 comparvi al mondo, e da quel giorno molt’acqua è passata sotto i ponti dell’Arno, e tante cose da allora sono cambiate. I miei parenti della vecchia generazione, che con me convivevano in quella casa, sono tutti morti; la piazza, di bella, ampia che era, l’hanno borghesemente ristretta coll’averla ombreggiata di tigli. Su quella piazza poi, hanno messe due statue, una al Ricasoli, l’altra al Peruzzi, colle quali si vuol dimostrare ai posteri, che anche i grandi uomini non possono sottrarsi al ridicolo, neppure dopo morti.
Quel Bettino poi, pover’uomo, in giubba e cravatta bianca, arrampicato sopra quell’alto piuolo, in atto di porgere un cappello a scatto, è tutta la sintesi degli scherzi crudeli,