Ezio Bosso: La musica si fa insieme
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Book preview
Ezio Bosso - Salvatore Coccoluto
Introduzione
È il 10 febbraio 2016 quando Carlo Conti chiama sul palco della sessantaseiesima edizione del Festival di Sanremo il maestro Ezio Bosso, pianista, contrabbassista, compositore e direttore d’orchestra di fama mondiale.
La sua musica è arrivata dall’altra parte del pianeta, eppure al grande pubblico italiano questo nome dice poco. Solo gli addetti ai lavori e gli appassionati di musica più attenti conoscono il talento dell’artista piemontese. Il resto d’Italia si interroga su chi sia il ragazzo dal sorriso travolgente e dalla vitalità contagiosa che è appena salito sul palco su di una sedia a rotelle.
Il Maestro è visibilmente emozionato. D’altronde il Teatro Ariston è il regno del pop, e lui non sa come verrà accolto: «Devo fare qualcosa che mi fa stare bene» dice a Conti, conduttore e direttore artistico della kermesse. Così si affida a un termine semplice e universale: «Quando inizio un concerto dico ciao
. È una parola bellissima». È il primo passo per stabilire un dialogo, per entrare in sintonia con l’altro. Bosso crede fermamente nell’ascolto reciproco, negli sguardi che si incontrano e si parlano, nel ristoro e nella forza creativa dello stare insieme. Anche la sua musica trae linfa da questo approccio: per lui deve rappresentare un linguaggio accessibile a tutti e permettere di stabilire un interscambio tra chi ascolta e chi suona. «La musica siamo noi. La musica è una fortuna che condividiamo» continua il Maestro.
Quando Conti gli chiede dove trovi l’energia per girare il mondo, lui risponde: «La musica è una vera magia, non a caso i direttori hanno una bacchetta, come il mago. La musica mi ha dato il dono dell’ubiquità, perché la musica che ho scritto è a Londra e la fa un bravo direttore con il balletto più importante del mondo. E io vado a Vilnius».
Nonostante sia stato colpito nel 2011 da una malattia neurodegenerativa, l’artista continua ad attraversare il pianeta, gli oceani, le stagioni, con pianoforte e bacchetta alla mano. Quando non riesce ad andare personalmente, manda le sue composizioni. «La musica è una fortuna. E, come diceva il grande maestro Claudio Abbado, è la nostra vera terapia» racconta ancora a un pubblico stregato dalle sue parole. Poi appoggia le dita sul piano e lascia di stucco la platea con Following a bird, brano che apre il suo primo album The 12th room, uscito pochi mesi prima.
Attacca a suonare e sul suo viso si palesa la necessità di perdersi, nei suoi occhi l’estasi del volo. Le sue dita viaggiano sui tasti, la sua mente, invece, verso mete a noi sconosciute. E il pubblico si libra insieme a lui, lo segue in una planata che sfiora mari e laghi, città e foreste. Prenderlo è impossibile, lo si può solo accompagnare con lo sguardo mentre si muove libero, puro, sincero. Il volo si conclude con una standing ovation.
Lui, Ezio Bosso, è un uccellino posato sul trespolo del suo pianoforte, pronto a esplorare nuove latitudini. Un volatile coraggioso che non ha paura di attraversare il mare immenso dell’esistenza. Per questo fa scorta di applausi e di amore, linfa vitale per il suo viaggio. «Ricordatevi sempre: la musica, come la vita, si può fare solo in un modo: insieme» dice. E non è una posa, nemmeno una frase di circostanza. Ripeto: è il principio che guida da sempre il suo cammino artistico, trascorso a «curiosare quello che a volte diamo per scontato».
Ne rendono piena testimonianza le numerose collaborazioni e le esplorazioni interdisciplinari, che la maggior parte del pubblico a casa non conosce. Chi è davanti al televisore, infatti, non sa che Bosso ha ottenuto importanti riconoscimenti come il Syracuse NY Award e il Green Room Award, unico artista non australiano a vincerlo. Non sa che ha diretto le più grandi orchestre del mondo: la London Symphony Orchestra, The London Strings, l’Orchestra del Teatro Regio di Torino e l’Orchestra dell’Accademia della Scala. Non sa che ha scritto colonne sonore innovative per film e registi di grido, e collaborato con grandi performer della danza e del teatro.
Non sa che si è esibito nelle più importanti stagioni concertistiche internazionali, come solista, direttore o in formazioni da camera, nei teatri più rinomati del mondo: Royal Festival Hall, Southbank Center London, Sydney Opera House, Palacio de las Bellas Artes di Mexico City, Teatro Colon di Buenos Aires, Carnegie Hall di New York City, Teatro Regio di Torino, Auditorium Parco della Musica di Roma.
E allora vale la pena conoscere i voli che il Maestro compie da decenni. In queste pagine proverò a raccontarne alcuni, i più importanti, quelli di cui c’è traccia, a rendere l’idea della portata di questo artista, di quanto sia prolifico ed eclettico.
Cercherò di mostrare l’approccio e il pensiero che sta dietro alla sua musica, mantenendo sempre ben presente un aspetto a cui tiene particolarmente: lui è una persona e non un personaggio. Non una star inafferrabile e fumosa né un fenomeno da circo mediatico, ma un talento limpido e chiaro come l’acqua di un ruscello di montagna. Un virtuoso che ha coltivato il suo talento attraverso lo studio, la dedizione, il sacrificio. In poche parole, un artista puro.
Bibliografia, fonti web e video
Ezio Bosso con ‘Following a bird’ a Sanremo 2016, rai.tv.
Nettuno d’oro al compositore Ezio Bosso, repubblica.it, 4 novembre 2015.
Andrea Silenzi, Ezio Bosso, il pianista che ha commosso l’Ariston, repubblica.it, 10 febbraio 2016, aggiornato il 18 febbraio 2016.
Sito ufficiale di Ezio Bosso, eziobosso.com.
Angela Calvini, Bosso, lezioni di musica e di vita, avvenire.it, 6 aprile 2016.
Angelo Carotenuto, Bosso, magia oltre la malattia: Che noia prendersi sul serio
, repubblica.it, 12 febbraio 2016, aggiornato il 18 febbraio 2016.
Giuseppe Culicchia, Ezio Bosso è ancora un Mod, Rolling Stone, rollingstone.it, 31 maggio 2016.
Musica intorno
Torino è storicamente uno dei motori politici, economici, culturali del nostro Paese. È la casa della FIAT e della famiglia Agnelli, della rivalità calcistica fra Juve e Toro. È la città della Mole Antonelliana e del Museo Egizio, in cui convivono le grandi architetture del passato e del presente. Ha cullato tra le proprie braccia scrittori del calibro di Cesare Pavese, Primo Levi, Italo Calvino, ma anche donne straordinarie come il Premio Nobel Rita Levi Montalcini.
Tra le personalità a cui la città piemontese ha dato i natali c’è anche Ezio Bosso, proprio all’alba degli anni Settanta, per la precisione il 13 settembre 1971. La sua famiglia viveva nel quartiere popolare di Borgo San Donato, che si sviluppa a ovest rispetto al cuore della città. Il borgo è ufficialmente nato nel 1851 e si è presto ampliato con nuclei abitativi e industrie che approfittavano dei corsi d’acqua presenti sul territorio. Dal dolciario al siderurgico, gli stabilimenti in zona diventano sempre più numerosi. Le case si popolano di operai, commercianti, impiegati e studenti, tanti provenienti da altre zone d’Italia.
Anche i genitori di Ezio sono operai e mandano avanti la famiglia con un salario modesto. Lui è l’ultimo di tre figli: ha infatti un fratello e una sorella rispettivamente di dodici e sei anni più grandi. In casa Bosso la musica ha uno spazio privilegiato: nelle stanze c’è una chitarrina jazz, ma anche un flautino e uno xilofono. Nell’aria galleggiano le note.
A tre anni Ezio sente un brano per contrabbasso e se ne innamora. «Forse era di Giovanni Bottesini, l’unico grande virtuoso di questo strumento, compositore e direttore d’orchestra nel 1800» racconta a Carlo Petrini. È proprio il fratello maggiore, Fabio, che si diletta con la chitarra, ad accorgersi che Ezio è particolarmente attratto dagli strumenti musicali. Ad appena quattro anni già li maneggia, li esamina, ne resta rapito al punto di riuscire a trovare le note sul flauto senza conoscerne i rudimenti. «Fin da piccolo dovevo esplorare, dovevo capire, comprendere com’era fatta una sedia» ha raccontato il Maestro al magazine «ArsKey». «Questo più per formazione, ovviamente, della famiglia: il diritto alla curiosità e il diritto alla conoscenza sono fondamentali».
Il fratello ne parla con i genitori, riferendo dell’attitudine che aveva scorto nel piccolo di casa. La madre e il padre decidono così di assecondare questa propensione per la musica e, a soli quattro anni, sono orientati a fargli prendere lezioni di piano.
In casa, però, girano pochi soldi, e i genitori non possono permettersi una scuola, figuriamoci un maestro privato. Si rivolgono così a una prozia anzianissima, la signora Tina, che, bacchetta alla