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Gli sbadigli del drago
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Gli sbadigli del drago

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About this ebook

“Giunto sul rettilineo dove si comincia a leggere chiaramente TRAGUARDO o FINE DELLA CORSA, immagino sia naturale a tutti pensare che si abbiano ancora molte cose da dire o da compiere, cose che non si iniziano più perché manca il tempo per portarle a termine...
Il passato umano è probabilmente una montagna invisibile di progetti e propositi irrealizzati.
Non è detto che sia necessariamente un danno.
Dal canto mio ho tentato, con questa ventina di racconti, di rabberciare una sintesi; dubito di esservi riuscito.
Consapevole che molte delle cose affermate non piaceranno a tutti, sono sinceramente dispiaciuto e chiedo scusa, ma “l’ora della verità” dovrebbe rendere vana ogni ipocrisia.
Sbaglio? Forse sì. Probabilmente soddisfo solo un’inutile vanità.
Ho provato ad addolcire l’impatto con alcuni intervalli, nell’intenzione, ameni e spero di non deludere troppo l’eventuale lettore, lo prego anzi di perdonarmi se dovessi indurre a qualche dubbio angosciante. È una probabilità tanto esigua che mi lascia malinconicamente tranquillo.”
LanguageItaliano
Release dateApr 6, 2013
ISBN9788875638726
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    Gli sbadigli del drago - Glauco Poggi

    Elisa

    Minacciano di condannarmi questi stolti; pensano di farmi paura. Non immaginano neppure quanto poco m’importi delle loro accuse.

    È gia il terzo giorno, o il quarto, non so. Interrogano, mi fanno parlare e non credono a ciò che dico, eppure è la verità. Nessuno potrà credermi mai... Stento a crederci anch’io.

    Ma voglio raccontarla questa storia. Voglio che da qualche parte ne resti testimonianza.

    Domani, chissà, qualcuno potrebbe capire, spiegare... Adesso non so immaginare come, in che modo... Ma non è detto che...

    Sostengono che l’ho uccisa io; che sono un mostro... Su questo non hanno torto. Che sciocchi. Come avrei potuto? O forse hanno ragione; potrebbe anche essere. È tutto così assurdo... ma, se non io, chi?

    È bene che inizi dal principio.

    Quando fui dimesso dall’orfanotrofio, col certificato di meccanico, trovai un posto come garzone nel laboratorio di un orologiaio. Non un orologiaio di quelli che riparano odiosi svegliarini, pendole, orologi da tasca... No, il signor Pellion era un costruttore di orologi giganteschi, quelli che, illuminati, su campanili o torri, di notte sembrano la luna piena.

    Quello della cattedrale in Place Marty è opera sua.

    Fu durante la riparazione di quell’esecrabile macchina infernale, quella che segna ancora le ore sul campanile di Nostra Signora della Misericordia che... Più su, più su, fannullone. Più su! mi gridava il vecchio Pellion Più su!. Ebbi il viso preso tra i denti di quegli ingranaggi e rimasi sfigurato, un mostro... appunto: un mostro.

    La gente, per strada, mi guarda e, se anche i più, riescono a dissimulare il loro raccapriccio fingendo indifferenza, i bambini che non sanno mentire, mi ricordano ogni giorno, col loro spavento, che sono un essere raccapricciante.

    Attualmente lavoro da un rilegatore; sono ormai diversi anni. La paga non è molta, ma mi trovo bene. Il signor Banaston è un buon uomo...

    Da bambino non ero brutto, lo dicevano tutti, anche la signora che mi voleva adottare sosteneva che ero un bel ragazzo. Chissà quale sarebbe stato il mio destino? Il rettore, però, non permise che quella mi portasse via con sé e mi adottasse...

    Si dice che, in un uomo, la bellezza non abbia importanza... Può essere, ma io non sono brutto; faccio spavento...

    Gli stolti quando vedono una signorina anziana, la deridono e, se è un po’ bisbetica, dicono: È una vecchia zitella arrabbiata, perché nessun uomo ha voluto sposarla. Non è giusto, è una crudeltà che dovrebbe essere proibita.

    Ogni creatura avrebbe diritto a un po’ d’amore. In questo mondo scellerato, è un conforto, un rifugio, una consolazione. L’amore è poi tenerezza, indulgenza, comprensione, pietà, solidarietà...

    Il sesso? Sì, anche sesso, ma non è tutto... È l’esigenza di gentilezza, di fiducia, di dedizione. Questo conta, prima di tutto, in questa gabbia di mastini.

    Se una creatura ha dentro di sé tutte queste cose da regalare e nessuno le vuole e, magari, la persona alla quale si rivolge per offrirgliele la deride, chi può farle una colpa se, alla fine, si abbandona alla misantropia ed evita il prossimo come la peste?

    Se l’amore è un istinto che, al di là della ragione, permea lo stesso tessuto della carne che ci compone, ma uno sfortunato non può manifestarlo... Quando un essere umano ha speso tutta una vita nell’intento disperato di farsi amare e si trova, alla soglia della vecchiaia, solo, senza neppure l’amara consolazione di un bel ricordo, almeno il rimpianto di un’ora felice; il fatto che sia scontroso, è naturale... A me, pare più che plausibile!

    Questo, però, non è il mio caso. No, non nego che, un tempo, sia stato così, ma adesso, non più.

    Forse, sono diventato pazzo a causa della mia mostruosità... può anche darsi che sia morto stritolato da quelle stramaledette ruote dentate e mi creda vivo in un mondo irreale... Non lo so e, in fondo, non me ne importa, che cambia?

    Ora, più che mai e nonostante tutto, ho una grandissima consolazione. Prima o dopo, mi lasceranno in pace e potrò, finalmente, dormire.

    Sostengano pure che l’ho uccisa io, che sono un assassino; non mi prenderò neppure il cruccio di negarlo per difendermi...

    Non sono rassegnato, sono indifferente. Ho la mia segreta consolazione che mi ripaga di tutto. Prima, no, ero disperato.

    Nessuno può immaginare quante lacrime ho versato in solitudine. Sapete che significa veder sfiorire, anno dopo anno, la propria giovinezza isolati da tutti e da tutto? Immaginate che significa vivere senza l’affetto di una donna, neppure quello di una madre?

    Quante volte, la notte mi sono accarezzato pietosamente il volto da solo, quante volte ho parlato a me stesso come ad un’amante immaginaria... Ho sempre atteso la notte. La notte che, col suo vasto e pietoso lenzuolo d’ebano, occulta tutto, pareggia tutto e rende ogni cosa, bella o brutta, invisibile.

    Sapete che significa provare persino disgusto per se stessi, per questa indignitosa e poco virile necessità di tenerezza?

    No, la morte non è spaventosa... almeno, la propria. È la vita ad essere orripilante.

    Dovrebbero pensarci quelli che l’esaltano come un dono prezioso solo in quanto hanno orrore della parca che ci accoglierà tutti inesorabilmente.

    Ora, però, questo rancore appartiene al passato, Adesso è finito, per fortuna.

    Fu verso i venticinque anni che iniziai a sognare. Da principio indistintamente e di rado, poi sempre più spesso e in modo maggiormente reale ed in fine: ogni notte.

    Non è vero che i sogni siano privi di logica. Anche da svegli il pensiero vaga liberamente: si tratta di un continuo peregrinare anarchico tra reminiscenze disarticolate. È la finalità dell’azione che ci proponiamo, o la questione che perseguiamo, che dà un indirizzo, che impone le strettoie della logica, al nostro farneticare senza criterio... È lo scopo, il morso che viene cacciato in bocca alla fantasia, per impedirle che scorrazzi insensata. Sono le esigenze pratiche che ci svegliano riportandoci alla cruda realtà.

    La malizia consiste nell’imbrigliare con delicatezza il sogno in modo da poterlo guidare, a nostro piacere, nel libero mondo dell’immaginazione.

    Se lasciamo lavorare il nostro cervello senza dargli un indirizzo, esso vaga casualmente evocando ricordi, desideri, impressioni, in modo disordinato, senza alcun criterio come un bimbo curioso potrebbe rovistare dentro un baule di vecchi stracci.

    Non vi è forse mai accaduto che, mentre state portando a termine un’azione meccanica, vi affiori alla mente e persino alla bocca una parola, una frase che, con quello che state facendo, non ha alcuna relazione? È solo perché avete lasciato le briglie sul collo della fantasia e, quella, se non è guidata, imbizzarrisce.

    Io so queste cose perché leggo i libri che mi accingo a rilegare... Una notte mi accadde che, dormendo, dicessi a me stesso: Ma, in questo momento, sto sognando, sto vivendo un sogno.... Allora raccolsi, con cautela, il bandolo dei miei sogni ed appresi l’arte di condurli dove e come volevo, a mio esclusivo piacere.

    Immaginate che significa poter sognare tutto quello che si vuole, senza ostacoli di nessun tipo? Capite che vuol dire poter realizzare quello che si desidera, senza vincoli pratici, morali, legali: senza rischi né ostacoli? Riuscite a comprenderlo?

    È forse una colpa? Sognando, non danneggio alcuno...

    Ormai, da tempo, ho imparato a trasferire nei sogni quello che dalla vita reale non ho potuto e non posso avere. Questo mi ripaga a dismisura di ogni rinuncia, di ogni umiliazione. Dormendo posso anche vendicarmi delle offese... Poi, sono giovane, bello, amato...

    Che mi importa se, quattro imbecilli, mi condanneranno a trascorrere il resto della mia vita in carcere. L’importante è che mi si lasci dormire.

    L’unico disagio consiste nel non distinguere sempre se sto vivendo nella realtà o sognando. Talvolta, per assicurarmi che non sto dormendo, devo compiere qualcosa che da sveglio non potrei fare... Di notte, se voglio, mi mangio anche la luna come fosse una mela...

    Di prestigio, di sesso e d’amore, ne ho avuto e ne ho quanto ne desidero. Nessuno può averne più di me!

    Quanto a donne, avrei potuto prenderne quante ne volevo, e le più belle. Chi può impedirmi di essere adorato da chi, nella realtà, mi disprezza e, all’occorrenza, umiliarle... Ne soffre forse qualcuno?

    Sì, ne ho amate e abbandonate molte, senza provar rimorsi, però non ho esagerato. No, non per scrupoli morali, solo per non giungere alla sazietà...

    Fra tutte, però, ho eletto Elisa. Ho scelto la perfezione. Potevo non farlo? Tutte le grazie, tutte le virtù, tutti i pregi uniti in una sola creatura. Eravamo una cosa sola, ci leggevamo nel pensiero e, in lei, trovavo appagato ogni mio desiderio.

    Come mi addormentavo, la trovavo vicina a me. Abbiamo viaggiato, scoperto assieme luoghi meravigliosi. Abbiamo riso giocato... Per anni, Elisa, è stata l’unica cosa che ho sognato in continuazione, senza saziarmi. Bellissima, simpatica, modesta, arguta, spiritosa, elegante, semplice e, allo stesso tempo, spontanea ed incapace di... Anche nella realtà vi sono ragazze carine, simpatiche, intelligenti ma, quando meno te lo aspetti, o sfugge loro un’espressione triviale, o dicono qualche cosa che presuppone un pensiero volgare. Fanno, insomma, qualcosa che ti disincanta come un frammento di insalata rimasto loro tra i denti. Una risata laida, un gesto troppo disinibito, un’osservazione che induce ad evocare qualcosa di schifoso, magari proprio per colpa del maldestro artificio escogitato con l’intenzione per evitarlo...

    Certe ragazze impiegano tempo, denaro, intelligenza e fantasia per apparire come fiori ma, qualche volta, distruggono tutto l’incanto che hanno creato con una parola; una parola sbagliata ed è come se si fossero sfregiate il viso con qualcosa di indelebilmente ripugnante.

    Mi rendo conto di quanto sia difficile essere una donna, però, Elisa era perfetta senza sforzo e senza merito, come una rosa è una rosa perché è nata così.

    So bene che siamo tutti animali con la nostra miserabile fisiologia, ma nulla mi vieta di immaginare l’ideale, l’irreale e sognarlo. Elisa, era tutto questo, per me... Quando, il mattino, dovevo svegliarmi, lei si faceva triste e tentava garbatamente di trattenermi, poi si rassegava e pareva quasi dolente di dovermi attendere... Anch’io, d’altronde, come lei...

    Però, poi, l’ho... No, tradita, no, è una parola che non mi piace; neppure ingannata. L’ho solo trascurata, messa in ombra, perché stregato da un’altra.

    Stabilito che, ignorando questa mia esperienza, Elisa non ne soffriva; perché avrei dovuto sentirmi in colpa? Pure nella realtà, desiderare ma astenersi solo per dovere, non è molto diverso dal permettersi quello a cui si aspira; nel mio caso, poi... Quali remore? Perché? Sì, ho cambiato; certo non in meglio. Non sarebbe stato possibile, ma è andata così.

    Si chiamava Silvana ed aveva davvero qualcosa silvano, di selvatico come una baccante. Possedeva un fascino che emanava da tutta la sua figura. Possedeva un corpo, attraverso il quale se ne leggeva chiaramente il carattere. Una Venere sinuosa in miniatura: perfetta e quasi adolescente. Ad un tempo ingenua e sessualmente corrotta come la più smaliziata delle concubine...

    Come ha potuto, quella mostruosa ed incantevole orchidea, germogliare prepotentemente dal mio inconscio? Me lo son chiesto molte volte... Probabilmente anch’io ho dentro qualcosa di guasto...

    Forse, Silvana era la sintesi di tutte le aspirazioni frustrate e soffocate durante la mia penosa adolescenza; non lo so. Questo potrebbe anche essere l’alibi che esibisco a me stesso, alla parte marcia che certo non manca neppure a me; giacché sono anch’io una miserabile bestia...

    In tutti i casi, questa femmina, è diventata la nuova compagna dei miei sogni lascivi... Ormai era Silvana a condurre il gioco e a me piaceva lasciarle l’iniziativa, non avevo ancora provato il gusto della sorpresa onirica e consapevole dell’imprevisto...

    Se non ci riesco neppure io chi mai potrà capirmi e giustificarmi?

    Restiamo soli, isolati come asteroidi che solchino un cosmo privo di stelle, anche quando ci illudiamo di essere capiti.

    Ci sfreghiamo come i cani e ci sembra di essere una cosa sola... Che pazzi!

    Dobbiamo accontentarci dell’illusione.

    Adesso, ad esempio, non so se sto sognando perché, l’ho detto: ho perduto il senso della concretezza.

    Siamo più reali io, Elisa e Silvana o Giulietta, Romeo e Paride?

    Ma se quello che è accaduto è vero, se non mi sveglierò domattina, allora la cosa è orribilmente strana, inspiegabile ed assurda.

    Era un po’ di notti che sognavo di essere a Lesbo, al tempo di Saffo di Gongola e Cleide...

    Poi, mi svegliavo e non riuscivo più a prendere sonno. Mi giravo e mi rigiravo nel mio pagliericcio su nel solaio ma, inutilmente.

    Allora, due o tre sere fa, non ricordo; mi son rivestito e sono uscito. Supponevo che passeggiare un poco, potesse favorire il sonno. Ero ansioso di tornare nel mio meraviglioso mondo.

    Lungo il viale che rasenta il parco, l’avenue Marcenac, appena passato il chiosco, proprio sotto il maledetto campanile della Misericordia, ho udito dei passi leggeri dietro di me. Non mi sono voltato perché, io, non ho paura... la metto!

    Ad un tratto, mi sono sentito chiamare per nome. Prima, piano da non capir bene se fosse una voce reale o suggestione, ma poi distintamente: Clair, Clair, ti prego fermati! Clair, è il mio nome.

    Era la sua voce. L’ho udita chiaramente. Ebbi un sussulto, mi voltai ed era lei, lei Elisa. Elisa, capite?

    Il suo grande amore per me, le ha fatto compiere l’impossibile.

    Elisa ha frantumato la barriera che la relegava nell’inesistente per raggiungermi in quella che lei, ingenuamente, riteneva la realtà... O, è la realtà? Non lo so.

    Ha compiuto un prodigio enorme; ha superato un varco inimmaginabile, che non ha spiegazione, e solo per correre tra le mie braccia... Com’è possibile varcare il muro dei sogni?

    Eppure, Elisa lo ha fatto. L’ha fatto per morirmi tra le braccia. Sì. Perché, come mi sono voltato, un raggio di luce proveniente da quel diabolico orologio, ha illuminato il mio viso mostruoso.

    Lei mi conosceva giovane e bello e s’è trovata tra le braccia di un mostro. Uno sforzo sovrumano, errato, assolutamente sprecato. Le creature dei sogni, sono fragili... Elisa, è caduta ai miei piedi senza vita... Così stanno le cose. Non come dice il gendarme. Per quale motivo avrei dovuto strangolarla?

    Però, potrebbe aver ragione. Magari, nel sonno, ho preferito che morisse, piuttosto che vedere il mio viso... O forse ho voluto provare se stavo sognando... Non lo so!

    In tutti i casi, non importa. Pensino pure quello che vogliono. Mi accusino, mi condannino o mi assolvano, non me ne importa. Io non amo la vita!

    Se sarò giustiziato, sarà come prima di nascere e, se mi chiudono in una cella, mi basterà dormire per evadere nella mia realtà, almeno sino a quando cesserò di vivere. Se quello è il comune, inevitabile traguardo, prima o dopo, ha poca importanza. Ciò che temo è solo di non riuscire più a sognare Elisa e doverla rimpiangere. Senza di me, non esisterà più, Se è solo una creatura della mia immaginazione, dopo di me, non sarà mai esistita... e questo non è giusto.

    Tutti, dopo qualche generazione, non saremo mai esistiti... e se anche Elisa, come probabilmente io, fossimo reali, presto non saremo mai esistiti... Basta visitare un cimitero per rendersene conto...

    Se potrò sognare Elisa dovrà credermi ancora bello! Vorrà crederlo, spero. La convincerò di aver avuto solo un incubo...

    Il mio Dio è Morfeo.

    Fine

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    L’accendino

    I genitori, tutti i genitori, hanno la pessima abitudine di vedere i propri figli come i campioni di ogni specialità. Li credono bellissimi, intelligentissimi, sincerissimi, buonissimi e via cantando. Tutti stravedono per le loro creature. È una presunzione ridicola ed ingenua che occorrerebbe punire severamente, anche perché umilia i papà e le mamme che hanno dei bimbi un tantino cretini. I ragazzi tonti sono molti, più di quanto si possa immaginare e, la spiegazione è semplice: i genitori imbecilli sono numerosissimi e, la prolificità è direttamente proporzionale all’idiozia.

    Però devo dire, con estrema obbiettività, che Ermelinda, la mia terza figlia, è bellissima, simpatica e, non lo dico per vanto ma ha un’intelligenza portentosa.

    Pensate, il ventisei del mese scorso era il mio onomastico e quella furbetta ha mandato in frantumi il maialino di suo fratello Policarpo e, con i risparmi che vi ha trovato dentro, mi ha fatto un meraviglioso regalo; è andata a comprarmi un gioiello, nientemeno che un accendino piezoelettrico. Che cara!

    Si tratta di un vero capolavoro d’ingegneria meccanica. Mi dispiace davvero di non fumare per non poterlo sfoggiare orgogliosamente, come meriterebbe, tra gli amici.

    Il fumo è l’unico vizio che mi manca. Peccato! Una volta ho provato a fumare... molti anni fa, ma a parte che per poco non soffocavo, ho sofferto per due settimane di nausea e, saltuariamente, anche di capogiri. Abbiamo tutti qualche limite e, di questo, me ne son fatto una ragione.

    Non capirò mai come una persona seria, timorata di Dio e magari diplomata, possa trovar gusto ad aspirare il fumo prodotto dalla combustione di foglie secche.

    Se, per ipotesi, facendo l’esploratore capitassi nel Belize o anche a Cracovia ed osservassi una tribù di indigeni raccolti intorno ad un braciere, intenti ad aspirare, con voluttà il fumo di sterpi, appositamente bruciati, riterrei di essere di fronte ad individui irrecuperabili dalla nostra gloriosa civiltà democratica. Civiltà, per la quale, non va dimenticato, vi fu pure qualcuno che si diede fuoco... Come astronauta, se scendessi su di un pianeta dove tutti gli abitanti portassero legato a un polso un martelletto per darsi, ogni tanto, un colpo alla tempia resterei perplesso... Specie se chiedendo il motivo di quell’uso mi sentissi rispondere: Sa ho preso il vizio da giovane, ho visto che lo facevano tutti. Ora ne sento la necessità e non riesco a smettere. Ma v’è di più: dato che le sigarette, i sigari e il tabacco da pipa costano un occhio e ormai è assodato che il fumo, oltre a essere nocivo alla salute, richiede anche un tirocinio di disagi per poterne acquisire il vizio; perché non dedicarsi, invece, ad uno sport come ad esempio il pugilato o il parapendio?

    Va detto che occorre essere fortunati pure negli sport. Quando io, in collegio, fui costretto a sceglierne uno, avendo un temperamento più incline alla meditazione che alla fatica fisica, vidi che potevo anche optare per palla medica e pensai: Tutto sommato, stare in cerchio e passarsi l’un l’altro un pallone, non dovrebbe richiedere grande impegno. A tradirmi ha contribuito anche quello stramaledetto aggettivo: medica. Si trattava di una sfera piena di sabbia, che misura quasi un metro di diametro. Lanciarla richiede già un notevolissimo sforzo, ma è quando la vedi arrivare diritta contro di te che cominci a comprendere la ragione che ha indotto qualche stramaledetta carogna a definirla medica.

    Avrei dovuto immaginarlo; persino l’erba alla quale hanno assegnato quel nome, fa scoppiare le mucche come tanti sacchetti di carta... L’ho detto chiaro a tutti, amici e parenti: Anche se fossi moribondo, non chiamate la guardia ‘medica’ piuttosto un veterinario.

    In ogni caso, anche se non fumo, ho apprezzato moltissimo l’ottima scelta di Ermelinda. Il mio accendisigari è decisamente favoloso. Prima di tutto è mignon; tanto piccolo che, se lo caccio in tasca a caso, ritrovarlo diventa un’impresa seria ed impegnativa. Poi

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