L'angelo dominante
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Incontro fortuito o programmato?
Successivamente Clarisse si scopre una ladra perfetta, su commissione di Aquilar, uomo di spicco nella malavita messicana, qualche notte dopo subentra al museo ed asporta il Chupicaro.
Il reperto verrà trasportato in Messico dal professore a sua insaputa durante un viaggio-premio dell’università per la quale lavora, organizzato dal complice di Clarisse, lo stesso rettore.Il piano però prende il verso sbagliato, Aquilar che avrebbe dovuto pagare profumatamente il lavoro fatto, cerca d’incastrare Clarisse che con il professore inizia la fuga con il reperto verso Oaxaca, cittadina nella penisola dello Yucatan.
Districandosi durante l’inseguimento tra varie peripezie Marco e Clarisse hanno un incontro molto ravvicinato che li fa innamorare, questo evento però dura poco perché degli individui incaricati della loro morte non danno tregua.
Con l’aiuto della comunità francescana di Oaxaca, riescono a salvare il reperto dalle mani sbagliate ma con un epilogo che lascia il professore amareggiato, la morte di Clarisse.
Innamorato di una donna che non potrà più essere sua e tornato a Parigi, rievoca il loro primo incontro al museo dove fortuitamente incontra nuovamente una donna…
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Book preview
L'angelo dominante - eleonora origgi
L'ANGELO DOMINANTE
ELEONORA ORIGGI
L’angelo dominante
Copyright 2012 Eleonora Origgi.
Design copertina 2012 Ileana Della Matera
http://www.ileanadellamatera.net
Tutti i diritti riservati. È vietata ogni riproduzione, anche parziale.
Il presente romanzo è opera di pura fantasia.
Ogni riferimento a nomi di persona, luoghi, avvenimenti, indirizzi e-mail, siti web, numeri telefonici, fatti storici, siano essi realmente esistiti od esistenti, è da considerarsi puramente casuale.
ISBN: 978-88-6122-413-1
http://www.eleonoraoriggi.com
Indice
CAPITOLO PRIMO.. 7
CAPITOLO SECONDO.. 25
CAPITOLO TERZO.. 35
CAPITOLO QUARTO.. 46
CAPITOLO QUINTO.. 57
CAPITOLO SESTO.. 69
CAPITOLO SETTIMO.. 85
CAPITOLO OTTAVO.. 96
CAPITOLO NONO.. 108
CAPITOLO DECIMO.. 118
CAPITOLO UNDICESIMO.. 125
CAPITOLO DODICESIMO.. 136
CAPITOLO TREDICESIMO.. 145
CAPITOLO PRIMO
La città sta ancora dormendo.
Un camion della nettezza urbana passa sferragliando di buon’ora nelle viuzze di Montmartre.
L’alba è umida.
Nei pressi del Moulin Rouge prostitute d’alto rango stanno rientrando dall’abituale frenetica nottata passata con turisti che pagano profumatamente per prestazioni di lusso.
Sto percorrendo Rue Chappe facendo jogging per mantenermi un po’ in forma. Sono ancora addormentato. Un gatto rovista tra i bidoni di un ristorante italiano. Me ne accorgo solo quando mi schizza fra le gambe facendomi sobbalzare. Con un pizzico di malinconia penso alle amate ferie ancora così lontane. Come vorrei tornare in Italia dalla mia famiglia! Sì, sono italiano e mi sono trasferito a Parigi da tre anni, dopo una vacanza indimenticabile con la mia ex-ragazza. Eh sì… ex-ragazza. Dopo aver rotto con lei ho deciso di trasferirmi e di cambiar vita radicalmente! E ora eccomi qua. Mi chiamo Marco Sessa. Ho trent’anni. Sono professore e ricercatore archeologico presso l’università La Sorbona. Piuttosto giovane per insegnare, ma ho avuto la fortuna di laurearmi con il massimo dei voti e con la pubblicazione della tesi, poi discussa in conferenza, tematica: Il Messico e le sue origini
. Proprio grazie a questo saggio non ho avuto problemi nell’inserirmi in questa nuova realtà.
I parigini hanno una visione molto aperta della comunità. Soprattutto in questo quartiere: ci si affaccia alla finestra e si vedono coppie multi-etniche, si scorgono negozi africani, asiatici, marocchini. Questo mi piace particolarmente. Tutte le razze convivono senza differenziarsi. Gli italiani però sono subito riconoscibili per l’allegria e vivacità. È la caratteristica che ci fa spiccare in qualsiasi gruppo etnico.
Il mio appartamento si trova in Rue Tarchieu, sotto la scalinata che porta alla chiesa del Sacro Cuore; è modesto ed ha tutto quello che serve per vivere: una camera, un divano-letto molto comodo che adatto in base all’occorrenza, un angolo cottura, un bagno ed i servizi. Dietro il Sacro Cuore ci sono le vie degli artisti; un’infinità di persone che, per guadagnare qualche euro, improvvisano ritratti o paesaggi tipicamente parigini da vendere ai turisti o da esporre per strada. Naturalmente c’è anche chi tenta la fortuna e c’è chi si accontenta. Ma in fondo l’arte è anche questo. Manca ormai poco al risveglio degli ambulanti, all’apertura dei grandi magazzini che, con le ceste stracolme di scarpe, vestiti, indumenti intimi, sono presi d’assalto dai passanti grazie ai prezzi estremamente economici; dei fruttivendoli che si preparano a ricevere i fornitori di merce ormai non più novella e pertanto adeguata al mio palato; dei pendolari, quotidiani abbonati alla metropolitana.
In lontananza, rimbombano stancamente i tuoni di un temporale passato da poco e il cielo si sta velando di nubi a pecorelle con sfumature rosee. Chiaro annuncio di ulteriori rovesci.
Guardando l’ora mi accorgo di essere in tremendo ritardo per la prima lezione. Speravo di non incontrare la vicina di casa con il suo cane. Che orrenda bestiaccia! Un incrocio malriuscito tra un bulldog e un bassotto! Arrivato al capolinea della corsa, con la maglietta fradicia di sudore, mi accorgo purtroppo che le mie speranze rimangono vane:
Buongiorno Marco, anche oggi la solita corsetta?
la signora Blanche ha accelerato il passo sul pianerottolo proprio per intrattenermi. Trascina dietro di sé quella bestia bavosa.
Buondì signora Blanche, come tutte le mattine!
mentre cerco di scostare il cane dagli stinchi per evitare che li prenda di mira.
Hai già letto il giornale quest’oggi?
s’informa, dandomi disinvoltamente del tu.
No, non ne ho avuto ancora l’occasione. Cos’è successo?
salgo i due gradini più in là per poi fermarmi, cercando di sopprimere il fiatone.
Dicono che questa notte abbiano rubato dei reperti archeologici dal museo del Louvre.
Ah, sì?
guardandola stupito Eppure con gli impianti di sorveglianza che il Louvre ha, non dovrebbe essere così semplice.
A quanto pare…
Speriamo che li prendano. Ora Blanche mi deve scusare, non posso fermarmi oltre, sono in tremendo ritardo.
Certo, vai al tuo lavoro. Sei proprio un bravo ragazzo! Ci vediamo domani mattina!
A questa frase, parlando per metafora, mi sento cadere le braccia. Blanche è peggio del Gazzettino Padano (in Italia così si direbbe). Non che sia cattiva, ma ha il pessimo gusto di controllarmi ad ogni passo che faccio. È curiosa. Vuole sapere tutto. Probabilmente sapendo che sono solo vuol farmi da mamma.
Nonostante ciò, quanto appena detto mi fa tornare indietro nel tempo. Non era passato molto che, su invito del rettore dell’università, ero stato presente all’inaugurazione di una mostra su alcuni reperti archeologici ritrovati nelle Americhe. C’erano molte persone importanti, tra cui il Presidente della Repubblica, l’ambasciatore francese, quello messicano e, per finire, i ricercatori archeologici più accreditati. Dimenticavo! I giornalisti non mancano mai. Quel giorno ero presente anch’io per fare le veci dell’università La Sorbona. Il rettore Leroy aveva infatti avuto un imprevisto. Ricordo tutto molto bene perché avevo avuto uno strano incontro durante il discorso del Presidente. Stava già parlando da mezz’ora quando mi ero allontanato per andare a vedere le opere d’arte che il museo ospita. Stavo ammirando La Gioconda, quando mi ero imbattuto in un’immagine femminile tanto regale quanto il quadro che stavo guardando: aveva la pelle che sembrava quella di una pesca, era alta, slanciata e magra. Indossava un tailleur nero di raso: la gonna lunga aveva lo spacco laterale che faceva intravedere la silhouette slanciata e soda di gambe rivestite da calze autoreggenti. Sotto la giacca, portava una camicetta di seta bianca che lasciava scorgere un reggiseno in pizzo. Scarpe con tacco a spillo, cappello a tesa larga e guanti perfettamente intonati all’abito. Occhiali scuri che nascondevano gli occhi ancora inesplorati, davano l’ultimo tocco di elevata classe alla visione di questa sconosciuta bellezza. Leonardo le ha rapito l’anima
aveva sussurrato accostandosi. La guardavo senza parole. Anche la voce era tanto sensuale quanto il suo corpo. Era talmente vicino che sentivo le sue vibrazioni, il suo respiro. Si era tolta gli occhiali e ora mi fissava negli occhi con un’intensità che in quell’istante mi aveva mandato in estasi. Mi sembrava di essere solo nella stanza, solo con lei. Aveva gli occhi di un cerbiatto, di un angelo. Mi sentivo quasi paralizzato. Si era rimessa gli occhiali e poi se ne era andata. Un momento dopo mi sentivo ancora imbarazzato per le sensazioni provate alla vista di una donna del tutto sconosciuta. Mi ero guardato in giro per scorgerla di nuovo. Niente. Sparita.
Torniamo comunque alla realtà. Blanche mi aveva incuriosito con la notizia del furto. Dovevo sapere. Entro nel mio appartamento che si affaccia al terzo piano. Mi butto velocemente sotto la doccia e poco dopo infilo un paio di jeans e una camicia di lino. Afferro la borsa con gli appunti della lezione infilandomi al collo il mio portafortuna messicano. Poco dopo mi dirigo all’edicola. La giornata è diventata uggiosa. Il cielo è grigio ma non piove. L’ombrello non serve.
Buongiorno Edmond, mi dai Le Monde, per favore? Mi hanno detto che ci sono delle grosse novità oggi.
L’edicolante è un uomo tozzo, pelato e simpatico. Con lui sono ormai in confidenza. Lo vedo tutti i giorni o quasi.
Sì, questa notte sono riusciti ad entrare al Louvre, sapevano già cosa cercare e dove cercare visto che non hanno fatto suonare l’allarme e hanno rubato solo un reperto.
Cos’è che hanno rubato?
chiedo mentre apro il giornale.
Hanno rubato una scultura messicana quella… accidenti, non mi viene in mente il nome!
Il Chupicuaro! C’è proprio l’immagine in prima pagina. Cavolo! È un reperto molto antico che data tra il VII e il II secolo a.C., sono appena stato all’inaugurazione per conto dell’università. Il rettore Leroy non poteva andarci.
Ah beh, il signor Leroy l’ho visto questa mattina. Ha preso anche lui il giornale e quando ha saputo che avevano rubato quella pietra, era quasi contento.
È una scultura Edmond… una scultura
mentre lo riprendo sorridendo. Ma Edmond, quando dici il signor Leroy, intendi dire Leroy il rettore della Sorbona?
Sì, sì, proprio lui!
Rimango per un attimo nuovamente perplesso, perché per quanto ne so il rettore non abita a Montmartre ma a Saint Germain che è quasi dall’altra parte della città. Chissà per quale motivo si trovava in questa zona stamattina.
Edmond mi daresti anche due biglietti per la metropolitana?
Certo.
Pago e mi dirigo verso il cavalcavia che porta alla stazione di Anvers.
La metropolitana passa a brevi intervalli e poco dopo salgo.
Lungo il tragitto sfoglio il giornale per vedere cos’è successo da ieri nel mondo. I soliti problemi e bisticci politici in Italia, a New York elezioni del presidente, ma la notizia più terribile è quella di un sottomarino russo rimasto incagliato nel Mare del Nord. E, more solito, sulla povertà e le ingiustizie del mondo nessuno si pronuncia.
Giunto a destinazione, mi svincolo dall’intrìco dei pendolari e imbocco il viale dell’università. L’aria è satura del vociare degli studenti. Mi affretto a raggiungere l’auditorium dove si tengono le lezioni. Quasi all’entrata m’imbatto nel rettore Leroy che mi prende sottobraccio facendomi cambiar direzione con aria orgogliosa:
Buondì, professor Sessa!
Buongiorno a lei, signor rettore!
Leroy è un uomo molto autoritario, è sempre in giacca e cravatta ed immancabilmente proprio a causa di questo abbigliamento gli attribuiscono una severità che non avrebbe se vestisse polo e jeans.
Io e lei… anzi… posso darti del tu, vero?
chiede imponendo la confidenza.
Certo.
"Appunto, io