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La resilienza: una posizione soggettiva di fronte alle avversità. Prospettive psicoanalitiche
La resilienza: una posizione soggettiva di fronte alle avversità. Prospettive psicoanalitiche
La resilienza: una posizione soggettiva di fronte alle avversità. Prospettive psicoanalitiche
Ebook135 pages1 hour

La resilienza: una posizione soggettiva di fronte alle avversità. Prospettive psicoanalitiche

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About this ebook

«Partire da una nozione come quella di resilienza, nata in seno ad altre discipline, e cercare di concettualizzarla dal punto di vista della psicoanalisi non è un’eresia, ma è certamente un compito complesso che si intraprende con la convinzione che sia possibile formulare una sorta di nosografia a partire dagli strumenti propri della nostra cornice teorica. Gli psicoanalisti hanno studiato i diversi modi in cui le avversità possono affliggere le persone.
La resilienza è caratterizzata da un processo psichico che rivela una peculiare modalità di affrontare l’avversità, risultato di una specifica posizione soggettiva dell’individuo di fronte alla traumaticità dell’esperienza vissuta.
In che modo tratteggiare le ragioni grazie alle quali il singolo proprio a partire dalla frattura subita riesce a raccogliere le forze, ricostruirsi e generare qualcosa di nuovo nella sua espressività? Si tratta di un aspetto strutturante del trauma, capace di trasformare l’ostacolo in potenzialità? È un qualcosa che appartiene alla struttura psichica di ogni soggetto? Come mai alcuni individui si frammentano e altri no? Si tratta forse di una moda, un mito, un risultato del comportamentismo? Quali meccanismi psichici entrano in gioco? È un effetto del narcisismo trofico? Queste sono le domande che hanno ispirato la mia ricerca sull’argomento durante tutti questi anni e che hanno portato alla stesura di questo libro.»
LanguageItaliano
Release dateNov 8, 2014
ISBN9788869430138
La resilienza: una posizione soggettiva di fronte alle avversità. Prospettive psicoanalitiche

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    La resilienza - Ana Rozenfeld

    Ringraziamenti

    A Juan, che incoraggia e sostiene tutti i miei progetti.

    Ai miei figli Pablo e Diego, per tutto ciò che mi hanno dato.

    A mio nipote Octavio, sempre presente con il suo calore e la sua allegria.

    Ai miei genitori, che mi hanno insegnato a scommettere sulla vita nonostante le avversità.

    All’Associazione Psicoanalitica Argentina, fonte di stimoli, e ai colleghi che mi accompagnano con affetto.

    Il mio riconoscimento va anche alla mia collega e amica Hilda Katz per l’illustrazione in copertina all’edizione spagnola.

    Introduzione all’edizione italiana¹

    L’incontro psicoanalitico con una mente gruppale traumatizzata: percorsi di resilienza

    di Antonella Granieri

    Ho conosciuto Ana Rozenfeld, psicoanalista argentina, nel 2007, quando è stata ospite della Scuola di Specializzazione in Psicologia Clinica dell’Università di Torino, invitata dall’allora direttore Franco Borgogno. In quell’occasione ho avuto modo di ascoltarla su un tema di ricerca a lei caro: la resilienza. Si è trattato di un seminario durato due giorni estremamente interessante da un punto di vista teorico: puntuale l’excursus sugli Autori psicoanalitici che a partire da Freud hanno iniziato a tratteggiare aree di senso connesse con le funzioni psichiche che si attivano di fronte alle avversità. Tuttavia, ancor più presente nella mia memoria è la qualità delle supervisioni condotte da Ana su materiale clinico portato dagli studenti della Scuola, a partire dalle loro esperienze di tirocinio, e da colleghi psicoanalisti. Un lavoro raffinato nella direzione della messa a fuoco di passaggi resilienti nelle storie di vita condivise.

    Da allora è rimasto vivo il nostro contatto, sempre a partire dal tema della resilienza. Interessanti le chiacchierate durante i congressi dell’International Psychoanalytical Association (IPA) in cui ci siamo incontrate, dove ci si aggiornava sul prosieguo delle nostre rispettive ricerche. È stato proprio durante il congresso IPA tenutosi a Praga nel 2013 che Ana mi ha donato il suo ultimo lavoro, che ho deciso di tradurre in lingua italiana poiché nel tempo mi sono occupata con sempre maggiore interesse di tale tematica.

    A partire dal 2006 ho portato avanti un lavoro dapprima di ricerca e in seguito di intervento psicoterapeutico gruppale rivolto alla popolazione di Casale Monferrato, comune della provincia di Alessandria noto a livello nazionale e internazionale per le vicende legate all’amianto e all’alto livello di mortalità dei suoi abitanti esposti al contagio aereo. Le numerose cave di marne argillose che circondano Casale lo hanno infatti reso per oltre ottant’anni luogo elettivo per la produzione di eternit², che ha rappresentato la principale risorsa economica della città, con un devastante impatto non solo sul piano fisico (asbestosi, mesotelioma pleurico³ e altre patologie asbesto correlate), ma anche su quello psichico (depressione, angoscia, paura, impotenza, rabbia) e relazionale (ritiro sociale, perdita del senso di appartenenza e della coesione sociale) (Granieri, 2008; 2013; Granieri et al., 2013).

    Nonostante tali patologie siano presenti ormai da più di trent’anni nell’intera comunità con fattori di rischio esponenziali, la storia traumatica di Casale Monferrato è stata per decenni negata e mai affrontata: un non voler vedere né sapere, spesso in nome di logiche e interessi economici.

    È evidente come per questa comunità l’esposizione all’amianto abbia rappresentato un vero e proprio evento traumatico e abbia comportato la perdita di aspetti sani del Sé, di fiducia e di speranza nel futuro. Essere vittima di un tumore può di per sé attivare aspetti traumatici, ma il fatto che la malattia sia dovuta all’esposizione a un agente patogeno presente nell’ambiente a causa di azioni imprudenti da parte di chi detiene la principale risorsa economica della comunità può incrementare a livello esperienziale la qualità traumatica della situazione (Varvin, 2013).

    Come Freud (1921) ha sottolineato, le esperienze traumatiche rompono la capacità di simbolizzare e portano a una identificazione narcisistica con l’ingroup, corroborata da fantasie di fusione e da un ideale narcisistico di uniformità e/o omogeneizzazione [...] che non tollera nulla che sia straniero o diverso (Bohleber, 2010). Si crea in questo modo un universo simbolico in cui vengono appiattite le differenze individuali: ognuno è una vittima della fabbrica, ognuno ha perduto qualcuno che amava e ognuno è destinato a morire a causa dell’amianto. Prevale una realtà fantasmatica gruppale che si connota come comunità oppressa, una comunità vittima della società e del profitto, che definisce se stessa attraverso la morte. In un simile contesto non c’è spazio per la soggettività e il senso del Sé si fonde con quello del gruppo (Granieri, Borgogno, F. V., 2014). La domanda chi sono io? viene sostituita dalla domanda chi ho perso?. In questo modo rifugiandosi in una posizione regressiva e difensiva la comunità ha preteso che fosse l’Amministrazione Pubblica a pagare per le opere di bonifica. La fusione regressiva diventa il sostituto illusorio dell’oggetto perduto e il Sé individuale è sostituito da un Sé Ideale Comunitario che può portare a condotte connotate da maniacalità. L’Associazione delle Famiglie delle Vittime di Amianto e la battaglia legale contro la fabbrica nascono anche a partire da questi vissuti, ma hanno parallelamente rappresentato un importante fattore di resilienza.

    Il nostro autentico impegno e coinvolgimento nell’incontro psicoanalitico con una mente gruppale traumatizzata ha rappresentato un campo di intervento fondamentale per permettere ai partecipanti di tollerare l’espressione nel gruppo di aspetti resilienti, seppure in soggetti che condividono l’essere abitanti di un luogo portatore di morte. La possibilità di sostare insieme in tali aree impervie ha portato alla trasformazione degli effetti del vivere a Casale e al transito da resilienza gruppale non mentalizzata a resilienza tout court (Granieri, 2011a,b). In questo senso la parola analitica ha preso corpo ed è diventata non un sostituto ma un preludio dell’azione. Potremmo dire, anzi, che la parola stessa attraverso la pubblicazione si è trasformata in linguaggio dell’effettività (Gaburri, Granieri, 2008; Seganti, Albasi, Granieri, 2003).

    La lettura del testo di Ana Rozenfeld consentirà ai professionisti e agli studenti interessati al tema di poter confrontare le diverse posizioni teoriche sul tema all’interno di una cornice epistemologica psicoanalitica, arricchita da numerosi racconti relativi a storie di vita raccolte nella pratica clinica e non solo, che ben tratteggiano il coniugarsi all’interno della mente di aspetti traumatici e aspetti resilienti, nella direzione di trasformazioni percorribili a livello di esistenza.

    Antonella Granieri

    24 luglio 2014

    1 Desidero ringraziare Paolo Collo, Fanny Guglielmucci e Isabella Franzoi per il prezioso aiuto nella revisione del testo.

    2 Fibra di cemento amianto che ha dato il nome alla multinazionale svizzera titolare dello stabilimento casalese, l’Eternit.

    3 Il mesotelioma pleurico è un tumore raro e fatale che ha un tasso medio di sopravvivenza di circa 9 mesi e causa l’1% delle morti mondiali per cancro (Ministero della Salute, 2012).

    Premessa

    di Lía Ricón

    Il titolo che Ana Rozenfeld ha scelto per questo libro muove in me una prima riflessione: quali prospettive innovative ci proporrà l’autrice su un tema di così grande attualità, di cui si stanno occupando diversi specialisti?

    Poiché conoscevo l’autrice, sono stata molto incuriosita dal lavoro, ma nonostante questo albergava in me un certo timore di ritrovare idee datate, vino nuovo in botti vecchie. Per fortuna, questo non è avvenuto. Ana ha indagato i luoghi specifici dove è possibile rintracciare la resilienza, ossia la nostra realtà sociopolitica e la nostra psiche. In questo modo il libro si costruisce grazie a una ricchezza di situazioni concrete e non solo, analizzate a partire dalla prospettiva di una psicoanalista che desidera mostrare ciò che di tangibile vi è della resilienza nei molteplici accadimenti della nostra vita reale.

    Per rendere il testo accessibile anche a un pubblico non specialistico Ana propone un’Introduzione ricca di dati storici, riferimenti etimologici, in modo da declinare il concetto di resilienza sino alle sue accezioni più psicologiche, a partire dalla sua origine in una disciplina differente.

    L’autrice descrive cosa avviene in una persona a livello psichico – in modo spesso inaspettato – come conseguenza di vissuti traumatici, trasformazioni che testimoniano le peculiarità individuali nell’affrontare le avversità traumatiche. Inoltre, Ana analizza le diverse posizioni soggettive che possono generare resilienza e chiarisce come questa non sia un processo prettamente adattivo.

    Trovo particolarmente interessante l’ancoraggio del concetto di resilienza alla psicoanalisi attraverso tre snodi: avversità, esperienza traumatica, danno.

    L’autrice si rifà a una nota frase di Epitteto: non si tratta solamente di ciò che qualcuno o qualcosa ci ha fatto, ma è fondamentale ciò che noi facciamo con ciò che ci è stato fatto⁵. Questo pensiero è strettamente connesso alla radice delle condotte resilienti.

    Nel prosieguo del libro si fa riferimento a diversi accadimenti del mondo reale più o meno contemporaneo che esemplificano, a mio modo di vedere, quanto ho sottolineato in apertura riguardo la particolare originalità del testo. In primo luogo, viene menzionato il movimento politico degli Indignados, che ha la caratteristica di essere pluralista. Un movimento la cui qualificazione politica ha a che fare non con il partitismo, ma con la polis.

    L’autrice propone quindi un’analisi della posizione soggettiva riparatrice – a partire da un incidente che ha coinvolto alcuni

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