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Tisana e bestemmie: Storia di un amore bipolare
Tisana e bestemmie: Storia di un amore bipolare
Tisana e bestemmie: Storia di un amore bipolare
Ebook704 pages7 hours

Tisana e bestemmie: Storia di un amore bipolare

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About this ebook

Malù è una donna sensibile, decisa e profonda. Di mestiere, fa l’arte-terapeuta. Per lavoro, si è trasferita in una regione di montagna, ma lì si sente sola. Soprattutto durante il periodo in cui, a causa di un incidente, è costretta all’immobilità. Lì decide di cercare un compagno su Internet.

Ivan è musicista. Anche lui è sensibile, profondo e magnetico. Ma in modo diverso, perché soffre di bipolarità — e non solo. A causa della sua malattia, si sente anch’egli molto solo e si iscrive a sua volta su un sito di incontri, sperando di trovarvi l’Anima Gemella.

Malù e Ivan si incontrano così, in rete — ed è subito intesa. Tra loro, inizialmente tutto combacia o si completa. Una magia inspiegabile li unisce dal principio, e ciò crea in entrambi un forte bisogno dell’altro.

Dopo una serie di scambi scritti intensi, lui le svela di essere malato. Lei è confusa e ha paura, ma non riesce a troncare la storia sul nascere, perché è già troppo coinvolta emotivamente. Decide quindi di provare a frequentarlo e di incontrarlo.

Dalla rivelazione in poi, Malù passerà il tempo a farsi sballottare tra gli stati contrastanti di Ivan e a subire i suoi umori: tra speranze e paura, amore e odio. Tra il Paradiso e l’Inferno.

Terrà duro per un anno, in nome di un sentimento che neppure lei sa capire. Alla fine, però, l’usura, un incontro e un paio di avvenimenti-chiave la porteranno a staccarsi da lui, lasciandogli aperta una porticina — ma solo fittizia.
LanguageItaliano
PublisherGlauca Federa
Release dateJul 29, 2022
ISBN9791221379945
Tisana e bestemmie: Storia di un amore bipolare

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    Tisana e bestemmie - Imperiali Lorina

    Lorina Imperiali

    Tisana e bestemmie

    Storia di un amore bipolare

    UUID: 1f0ac52f-e400-4375-9a12-f4ae97a41f83

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    https://writeapp.io

    Indice dei contenuti

    Prefazione

    Avvertenza

    Breve analisi e chiave di lettura

    Retroscena — L'autrice racconta

    A chi si indirizza questo libro?

    Dediche

    1 — Capitolo primo

    2 — Ci voleva un desiderio, ossia una direzione

    Il primo inciampo

    Il secondo inciampo

    La risposta purtroppo perfetta

    3 — Desiderio a parole e a note

    Lasciar apparire l’infinito

    Il mio alter ego razionale

    La trama di intese prosegue

    Le prime note stonate

    Osare la concretezza

    Convinta e già bella persa

    Diventa lentamente parte di me

    4 — Senti,… devo dirti una cosa…

    Si fa sul serio

    L’attesa e la sorpresa

    Il primo contatto con la sua musica vera

    La verità

    Ciò che si agita dentro

    So che non so nulla

    Riattaccare per capire

    — Come leggere il seguito —

    5 — L’onda dell’Ombra

    L’esaltazione

    La fase dei contrasti

    Espormi e scompormi

    Le prime avvisaglie di contagio

    Un passo indietro e due in avanti

    La prima ricerca d’aiuto

    6 — La caccia alla felicità

    La proposta azzardata

    L’esame musicale

    In viaggio verso mete oscure

    Avvicinarmi alla repulsione

    Cominciare dal capolinea

    La vertigine di un incontro, di un ritrovo e di uno scontro

    La prima impotenza

    Verso la Casa a doppio taglio

    Strattonamenti fuori programma

    Riprendere fiato tra i contrasti

    Una Casa tanto sognata quanto temuta

    Paure reali e realtà paurose

    La sobrietà che sorprende

    La sua vita normale

    La sua vita di prima

    La diagnosi

    I primi contraccolpi del dopo-diagnosi

    I farmaci e il suo impegno quotidiano

    Tra contrasti e complessità

    L’intensità dell’intesa silenziosa

    Il vuoto, la gratitudine e il silenzio

    La lentezza

    Sedotta dalla sua fragilità quando si esprime delicata

    La paura che salva dai sensi in fiamme

    L’emozione di un’uscita a cena

    Un tête-à-tête di emozioni

    Galanteria nervosa

    Orientarsi tra cartine e sensazioni

    Gli ultimi scampoli di un giorno assurdo

    I primi istanti di un giorno che non sai

    Prenditi una vacanza da me

    In tilt senza motivo

    Realtà e repressioni

    L’Addio alla Casa

    Il distacco

    Il rientro nell’oblio

    Sono a casa — ma dove sono?

    Disconnettersi e riconnettersi

    7 — L’anticamera dell’Ombra

    Un altro risveglio che non sai

    Quando le cose vanno troppo in fretta

    Il panico da assenza

    La ragione

    Se ti ignori, paghi caro

    Il viaggio irrazionale

    Una pausa di nome incoscienza

    La nostra paura più grande

    Preparativi agitati

    Sono in vacanza, ma non si direbbe

    Chi sta bene? Chi sta male?

    Ritrovarmi e tornare sui miei passi

    L’effetto paranormale

    Inizia la discesa

    Il punto di non ritorno

    8 — Il picco d’Ombra e il crollo

    Ero stanca, ma sono tornata a casa

    Sul filo del rasoio

    Il filo si assottiglia

    Il filo sta per cedere

    Il filo cede

    Il filo è ceduto

    Precipito nel buio

    Sono precipitata

    Mi sto sfracellando

    Mi sono sfracellata

    Vuoto di fuoco

    Qualcuno mi aiuta a raccattare i cocci

    I cocci mi si scagliano contro

    La disperazione scritta

    Le ferite dei cocci scagliati

    Il giorno dopo

    Le ferite sono ancora aperte

    Due cerotti per le mie ferite

    Ramanzine e riaggiustamenti

    La vacanza che mi prendo

    La tregua che mi terrorizza

    Debolezza nella furia disorientata

    9 — Tra le rabbie e le lacrime

    Confronto e ribellione

    Il post-sfogo

    Una mano per capirci qualcosa

    10— La discesa e la calma

    Un passo avanti

    Una luce all'orizzonte

    Condividere la speranza

    La discesa e la calma piatta

    Ritorno a un futuro normale

    La posta ambivalente

    Riproporsi e illudersi di nuovo

    I magagni da smaltire

    Oltre al danno, la beffa

    Tra buoni propositi e realtà

    Voglio ancora ricreare il sogno

    11— Regali impegnativi

    Il regalo che volevo

    La risposta che (quasi) volevo

    La promessa repressa

    Prepararsi al secondo tentativo

    12— Silenzi e fatiche

    Sbalzi di altitudine

    Profumi soavi

    Magnetismo silenzioso

    Sospesi tra il bene e il male

    Devozione

    L'esilio assurdo

    Insonnie telepatiche e risvegli mostruosi

    Ritmi sottosopra

    Salite e discese

    Andata con ritorno

    I postumi dei sensi

    13— Stanchezze d’amore

    Alla ricerca della coerenza perduta

    Certezze inesistenti

    Congedi e distacchi

    Allarmismi?

    Stanca

    14— Quasi immortale, ma senza relazione

    Il miracolo dal Cielo

    Quasi immortale

    Senza relazione

    15— L’apoteosi di Luce

    Esuberanze riformulate

    Allarmismi (in)fondati

    In viaggio verso l’incognita

    La Luce forte d’estate

    Il ritrovo

    La fusione

    Lo smarrimento

    Il riassestamento

    La pace celestiale condivisa

    16— Verso un nuovo picco d’Ombra

    Accordi e vigilanza

    La fase nella fase

    17— La gincana della morte

    Prepararsi alle montagne russe

    La tensione sale

    La pausa senza respiro

    Il pranzo ad alto voltaggio

    La siesta e l’allerta

    La gincana

    Il precipizio

    Il crollo prosegue

    La fine della discesa

    In fondo alla discesa

    Il rientro

    L'apogeo dell’assurdo

    18— Amare nel ricordo

    I mostri mi perseguitano

    Orientarsi

    Nell’Ombra

    Flash-back

    Senza logica

    Serenità a sorpresa

    Diario interessante

    Due saluti

    19— Un rientro nel distacco

    Il momento giusto per partire

    Check-out

    Il rifugio

    Rientro

    20— Il confine

    Un risveglio con il botto

    Il confine

    21— 500 MB di strazio

    Le tenebre di giorno

    Contatti (quasi) imposti

    Contatti (quasi) ripristinati

    Contatti (quasi) compromessi

    Contatti (definitivamente) compromessi

    Contatti (probabilmente) salvavita

    Contatti (definitivamente) assurdi

    22— La caduta dell’impero: il secondo confine

    Contatti (inesorabilmente) minacciosi

    Contatti (inesorabilmente) deviati

    Contatti definitivamente deviati

    Contatti deviati — punto.

    Messaggi eloquenti

    Messaggi rivelatori

    Messaggi allarmanti

    Fughe vitali

    Salvezza a doppio taglio

    Rivendicazioni psicofisiche

    Diario di un soggiorno importante

    Preparativi e comprensioni

    Rientri e Requiem

    Realtà e vecchi dubbi

    Realtà e vecchi mostri

    23— Poteri e decisioni

    Aiuti reciproci

    Energie rivelatrici

    Energie recuperate?

    Energie trasformate?

    Energie in-differenti

    Energie in-sofferenti o eterna affinità?

    Poteri e possibilità

    Chiarezze nel grigiore

    24- Capitolo ultimo

    Ringraziamenti

    L’autrice

    Note

    Lorina Imperiali

    TISANA E BESTEMMIE

    Storia di un amore bipolare

    Tisana e bestemmie — Storia di un amore bipolare

    © 2012-2022

    Foto di copertina: JLS Photos ( © 2021)

    Prefazione

    Parlare di un disturbo mentale non è cosa semplice, soprattutto se il racconto riferisce di un vissuto personale: in quel caso, si rischia di scadere nel giudizio o di incutere timore — oppure di trattare l'argomento in maniera lacunosa.

    Nella storia narrata qui, mi concedo il lusso di affrontare la tematica sia da dentro sia da fuori, descrivendo un'esperienza molto intima di incontro con un uomo affetto da maniaco-depressione e alternando i resoconti privati a riflessioni più obiettive.

    Per esporle in qualche riga i contenuti del racconto, posso dirle che:

    Questo libro...

    È un diario romanzato

    È (davvero) tanto lungo

    È complesso e dettagliato

    A tratti è eccessivo e ridondante: ciò permette di raccontare la storia in modo realistico e di illustrare le dinamiche della bipolarità(1)

    È scritto con toni spicci, poetici, grezzi e filosofici

    È redatto in modo originale e contiene caratteri speciali

    Parla di amore e di odio — e di energie paranormali

    È la storia di un rapporto umano intenso e tormentato

    Ma è anche...

    Leggero, scorrevole e intrigante

    Diverso, sensibile e istruttivo

    Reale — e pure coinvolgente

    (almeno così mi hanno detto)

    La ringrazio di averlo scelto — e le auguro un'ottima lettura!

    Lorina Imperiali

    lorina.imperiali@verbalnonverbal.ch

    (1) Chiamata anche maniaco-depressione

    Avvertenza

    Per amare questo libro, non occorre capirlo: basta avere la pazienza di lasciarsi trasportare dagli eventi, dal ritmo variegato e dagli stili eterogenei — a tratti (ammetto) eccessivamente ridondanti.

    Breve analisi e chiave di lettura

    Tisana e bestemmie — Storia di un amore bipolare è la storia di un sentimento intenso e sofferto, che assomiglia a un amore platonico — o quasi. Il rapporto tra Ivan e Malù è all’immagine della bipolarità stessa: un incontro di contrasti e spesso anche di controsensi. Un crescendo di fatiche e un susseguirsi di alti e bassi, estremi ed estenuanti. E a volte persino simultanei.

    Questo romanzo autobiografico è esposto sotto forma di resoconto dal vivo, che si alterna e si intreccia a spiegazioni di natura più profonda e psicologica.

    È un racconto ricco di dialoghi esterni e interiori, di sottigliezze, di analisi, di simbolismi e di descrizioni che gioca sulle antitesi di tono, di ritmo, di forma e di registro: si passa dal filosofico all’ironico, dal drammatico al burlesco, dal poetico al grezzo, dal confuso allo scorrevole. Dall’evidente all’astratto.

    Dall'essenziale al ripetitivo.

    Il testo presenta inoltre elementi grafici, onomatopee e caratteri speciali — intesi, laddove opportuno, ad accentuarne cadenze e contenuti.

    Questa scrittura variegata e un po’ fuori dagli schemi è intenzionale e consente di essere coerente con gli eventi, anch’essi fuori dal comune. Ciò permette inoltre di esporre in maniera lineare e comprensibile dei fatti e riflessioni dettagliati, intensi e complicati. E a volte talmente ridondanti da risultare indigesti — per il lettore e la lettrice come per l’autrice stessa ( non immaginate quanto!) .

    L’incalzare di avvenimenti, l’arrivo sulla scena di nuovi personaggi e il resoconto di numerosi sogni e diari che si rileva nell'ultima parte del racconto sono a loro volta voluti e rispecchiano, oltre alla realtà degli eventi, anche la portata emotiva dell’intera storia.

    La lunghezza eterogenea dei capitoli rientra anch’essa nel concetto di gesto volontario e necessario, in quanto sottolinea i linguaggi discordanti dell'accaduto, dello stile e della malattia di Ivan.

    *

    Il libro inizia dalla fine della storia. È strutturato a sandwich e presenta un corpo centrale (l’intera vicenda) inserito tra due capitoli — il primo e l’ultimo — che descrivono due scene che avvengono simultaneamente.

    La trama è costruita sulle vicende dei due personaggi principali. Il ruolo principale lo ha comunque Malù.

    Capitolo dopo capitolo, si imparano a conoscere i due protagonisti: le loro abitudini e sensazioni, i loro gusti e pensieri. Se ne vivono in diretta le emozioni e l’intreccio psicologico. Nel contempo, grazie alle riflessioni della protagonista, se ne analizzano le dinamiche. Qua e là, si apprezza anche un po’ di autoironia.

    I nomi dei personaggi sono tutti inventati, così come i dettagli fisici, geografici e biografici che riguardano i vari protagonisti della storia (a parte nel caso di Malù) e che potrebbero far risalire alla loro vera identità: ciò consente di proteggerne la privacy, soprattutto quella di Ivan. La maggior parte degli eventi narrati è invece reale: alcuni di essi sono riportati fedelmente — altri, invece, sono stati modificati o creati, per dare più risalto ad alcune fasi del racconto.

    A dire il vero, si sarebbero potute inventare o aggiungere anche scene più eloquenti e pure spinte, tipo un ricovero di Ivan o una scena di sesso (siccome, nella realtà, ce ne sono state le premesse) — tutti elementi che fanno audience: ma si è preferito astenersene, perché l’obiettivo del libro era di esporre avvenimenti veri e profondi — non di smerciare una storia finta e leggera.

    Per la stesura di questo libro, l’utilizzo del passato remoto è stato volontariamente evitato, per non appesantire troppo il racconto, già sufficientemente denso.

    Tisana e bestemmie — Storia di un amore bipolare è un romanzo a carattere informativo-divulgativo, che vuole condividere e testimoniare, illustrare e far riflettere. E che intende soprattutto dialogare: con le emozioni, con il cuore e con l’animo del lettore.

    Non vuole biasimare né dare lezioni di vita a nessuno: cerca soltanto di capire.

    Nonostante l’argomento delicato, questo libro non è un’antologia del Male e neppure una sua ode: il Bene, in questa storia, ha anch’esso una portata maggiore.

    Retroscena — L'autrice racconta

    La vera vicenda si svolge tra il settembre del 2010 e il maggio del 2012. Nel romanzo, però, la storia termina prima, ossia nell’autunno del 2011, in quanto gli eventi degli ultimi sei mesi di contatto con Ivan sono di scarso interesse, almeno dal punto di vista narrativo.

    L’idea di scriverne un libro mi è venuta nel mese di agosto del 2011, ossia mentre stavo ancora vivendo la storia. La stesura vera e propria è però iniziata nell’estate del 2012, a rottura compiuta.

    Ne ho subito abbozzato i contenuti temporali, per cercare di mettere un po’ di ordine tra i vari eventi e per creare una sorta di trama su cui tessere il libro.

    Ho redatto la storia quasi integralmente sulla base dei ricordi — aiutata, comunque, anche dai diari che ho tenuto tra il 2010 e il 2011, che mi hanno consentito di ricostruire certi pezzi di racconto e di recuperare alcune scene ed impressioni che, altrimenti, sarebbero andate perse.

    L'intero processo di creazione si è esteso su undici anni, durante i quali avrò scritto e rivisto questo libro almeno dieci volte.

    Ora è fatta — e posso girar pagina, ossia dedicarmi a un altro tipo di scrittura.

    A chi si indirizza questo libro?

    Questo racconto si rivolge anzitutto a chi la bipolarità già la conosce, per vissuto diretto o per lavoro. Si indirizza però anche a chi se ne interessa ma non sa bene cosa sia, e desidera quindi capirne un po’ meglio le dinamiche o i retroscena.

    Il tono romanzato un po’ audace e le varie spiegazioni circa il quadro psicologico di Ivan sono stati voluti soprattutto per loro, le persone che non sanno, affinché dispongano di un supporto testuale comprensibile, scorrevole, e al tempo stesso informativo.

    Dediche

    Questo libro è dedicato a chi, in un modo o nell’altro, si sente interpellato dalla storia. E anche a coloro che, ogni giorno, si battono con tanto coraggio per stare accanto alle persone come Ivan.

    In particolare, lo dedico alle seguenti persone:

    A Ivan stesso, co-protagonista di questa vicenda, e a tutti i malati di bipolarità, che cercano ogni giorno di vivere una vita normale, e che spesso ci riescono assai bene;

    Alla famiglia e ai parenti di Ivan, che non conosco se non di nome e dalle sue descrizioni. Vi ammiro per il coraggio, per l’amore vero e per la dedizione che gli portate ogni giorno. E mi scuso già sin d’ora se questo scritto vi sembrerà ingombrante o sfacciato. Non vuole esserlo, anzi! Vuole informare con rispetto e senza insultare, ma neppure senza nascondere l’evidenza dei fatti. Questa storia, in fondo, esiste anche grazie a voi, che da sempre porto su un palmo di mano. Davvero;

    A tutte le famiglie dei malati di bipolarità. Ai loro compagni, fidanzati, amici e parenti vari. E anche a coloro che lo saranno o sono stati;

    Ai miei ex-pazienti;

    A chi si occupa di queste persone in senso terapeutico: negli ambulatori, ospedali e nelle cliniche psichiatriche. E quindi, anche se di base mi annovero tra coloro che non ci sono riusciti fino in fondo, questo libro lo dedico un po’ anche a me stessa. E soprattutto me lo devo;

    A chi, come me, ama leggere e scrivere;

    E ovviamente questo libro lo dedico alla mia cara Maura. Perché mi ha aiutata a trovare i veri valori del mio cammino, insegnandomi a vivere con coraggio e con passione (un po’ come diceva Scalfari, vero?). Per sempre nel mio cuore — tra molti ricordi, qualche lacrima, serenità, commozione e consapevolezza: tanta…

    *************************************

    A tutti coloro che sapranno apprezzare queste pagine

    A Ivan

    senza il quale questa storia non sarebbe mai esistita

    A Maura

    senza la quale il mio estro creativo non sarebbe forse mai sbocciato

    A Popov e Vagabond

    senza i quali io, oggi come oggi, non esisterei (più)

    1 — Capitolo primo

    "Ti sono stati messi davanti agli occhi il nero e il bianco,

    uno di fianco all’altro. E tu passerai il tempo a spostarti

    dal bianco al nero e dal nero al bianco,

    senza sosta e senza mai uscirne."

    J. Giono, La caccia alla felicità

    Ottobre 2011

    Certo che questo bagno stretto e senza finestra è una vera tortura!

    Ogni volta che usciva dalla doccia, infatti, Ivan doveva fare i conti con il grosso nuvolone di vapore che restava imprigionato in quella stanza angusta e che gli si incollava addosso di prepotenza, nonostante la porta spalancata e la temperatura dell’acqua regolata sul tiepido.

    E oltretutto… che catorcio di ventilazione!

    Risultato: un eccesso di calore umido e colloso che, a doccia terminata, gli impediva di infilarsi ogni tipo di indumento, mutande comprese.

    Che rabbia!

    Anche quel mattino, quindi, per recuperare uno stato normale, si era ritrovato a girellare dentro casa nudo come un verme. E incavolato nero.

    Per accelerare i tempi, il raffreddamento prevedeva sempre anche una tappa in cucina, dove lui si accomodava sulla sedia col cuscino bianco e nero, e dove in poco tempo si scolava mezzo litro di acqua fredda, quasi ghiacciata. Anche in pieno inverno. A volte, gli piaceva miscelarla con il succo di mele bello fresco — quello torbido che vendono al mercato. Ma solo se era in fase di grazia, ossia se gli veniva in mente di comprarlo.

    Quel giorno, però, apparteneva a uno dei suoi tanti periodi contorti: luna piena, notte travagliata, nervi a fior di pelle e, ciliegina sulla torta, la sera precedente aveva abbandonato l'ultima bottiglia di acqua fuori frigo.

    Porc… za! È calda come piscia!

    Inutile quindi sperare che, in una fase così persa, si fosse ricordato di acquistare del sidro.

    Per calmarsi la sete, la rabbia e pure l’ansia, che gli stavano salendo di gran carriera (alla faccia della doccia rilassante!), in uno dei suoi soliti impulsi maldestri… glu glu glu! : aveva tracannato tutta acqua in un sol fiato — quasi un litro e mezzo.

    Tanto chi se frega, quando ho sete mi va bene anche ‘sto schifo di brodaglia!

    Al che, inevitabilmente…

    Ahi!, il mio stomaco!

    Di colpo, era passato dallo stato di verme sudato e appiccicoso a quello di serpente-palla appesantito. Beh, cerchiamo il lato positivo della cosa: almeno i crampi alla pancia lo avevano distolto dal gran caldo.

    Magra consolazione.

    Con un guizzo arrabbiato, si era poi spostato in salotto e si era tuffato sul divano, per calmarsi.

    Forza, che magari mi riprendo, altrimenti se la mia giornata continua su questi toni non oso immaginare cos’altro mi aspetta, maledizione!

    Quello, per fortuna, era stato un riflesso ben accorto: poco dopo, infatti, stava già ronfando beatamente.

    *

    Si era risvegliato a mezzogiorno, sempre nudo ma stavolta più tranquillo.

    Meno male.

    Dopo essere schizzato in bagno a scaricare gli eccessi del mattino (ma quanti liquidi mi sono scolato?) , aveva infilato due vestiti ed era andato in cucina, che sentiva un po’ di fame. Beh, ovvio, perché tra un casino e l’altro non aveva neppure fatto colazione.

    Dunque, vediamo un po’ cosa c’è rimasto in frigo:

    Mezzo tubetto di maionese (sì, è chiusa), della marmellata di albicocche fatta in casa (non so più da chi), un panetto di burro (un po' ingiallito), del formaggio stagionato (ossia che si trova qua dentro da un paio di stagioni) e un cartone di latte incominciato e magari ancora buono (speriamo).

    Uhm, e qua dietro che ci sta?

    Un vasetto di cetrioli sottaceto, del pane da toast (muffa? No, non direi...) , due salsicce Alsaziane imballate e una mini-confezione ovale in PVC. Chiusa.

    Il curry dell’altra sera! La mia salvezza!

    Esatto: quella vaschetta l’avrebbe salvato: dalla fame e da un principio di intossicazione.

    Si era quindi affrettato a infilarla nel forno a microonde — sia lodato chi ha inventato quei recipienti, e soprattutto i microonde!

    Tra l’altro chi sarà stato? Mah, di sicuro gli Americani, come al solito.

    Nell'attesa, si era inghiottito la razione di pasticche di metà giornata: cinque compresse, tutte in un botto, aiutato da un sorso di latte che, per fortuna, era ancora abbastanza fresco.

    Sì, stavolta solo un goccio, mettiamoci un po’ di senno.

    Osservando il dispenser con più attenzione, aveva notato che le pillole del mattino stavano ancora al loro posto.

    Oddio, non le ho prese! Va beh, per una volta non ne morirò.

    In seguito, si era riseduto sulla sedia col cuscino bianco e nero. Stavolta, però, vestito, più calmo e… quasi triste. Esatto: oltre che in pancia, iniziava a sentire un grande vuoto anche nel cuore. Una specie — come dire? — di dolore strano e stanco, che proprio non riusciva a spiegarsi, ma che in fondo conosceva molto bene: era un vuoto da mancanza.

    Una sensazione da prendere sul serio.

    Si era quindi diretto in salotto, stavolta muovendosi con grazia. Dopo aver inforcato la prima chitarra acustica che gli era capitata a tiro, aveva dato suono a quegli istinti importanti.

    Al diavolo la fame, ora voglio capire cos’ha da dirmi il mio cuore con tanta urgenza!

    Ne erano usciti alcuni accordi minori, foschi e turbati. Una musica fiacca e sbiadita, che lui aveva ripetuto per un paio di volte, ignorando il Ding! del microonde e persino il profumino di Basmati e pollo al curry che aleggiava dentro casa.

    Gli erano bastati pochi minuti. Dopodiché, aveva posato lo strumento sul divano ed era ritornato in cucina. Calmo. Dopo aver estratto la vaschetta dal forno a microonde, si era riseduto al suo posto, come se niente fosse.

    È ancora caldo?

    Sì. Buon appetito.

    La chiarezza che provava in quel momento, però, non aveva smorzato la tristezza. Anzi: l’aveva rinforzata, condendo ogni boccone piccante con un velo di amarezza irritante. Risultato: quel pollo gli era quasi andato di traverso.

    Ma che cosa era successo?

    Le sue note malinconiche avevano parlato di dolore. Gli avevano annunciato un distacco imminente e la fine di qualcosa di importante: una storia molto intensa, che però a lui piaceva e che avrebbe voluto preservare il più a lungo possibile.

    Diciamo per sempre.

    Una trama di emozioni e sentimenti ostinati, di affetto e forse anche di amore.

    Con me.

    Il sesto senso di Ivan, una volta di più, non si era sbagliato: mentre lui se ne stava chino e mesto sulle corde e sul suo cibo orientale, io ero piegata sul computer e sui miei ragionamenti esauriti. Battevo goffa e seria sopra ai tasti e rivedevo per l’ennesima volta quella lettera tanto inevitabile quanto indigesta — un po’ come il suo piatto speziato.

    Scrivevo, mi sfogavo e intanto tremavo di paura: perché parlavo a cuore aperto: in bene, ma soprattutto… in male.

    2 — Ci voleva un desiderio, ossia una direzione

    " Ci voleva un desiderio, ossia una direzione…"

    J. Giono, La caccia alla felicità

    Il primo inciampo

    Estate 2010, ossia un anno prima

    Era un sabato caldissimo, di quelli che si avrebbe solo voglia di poltrire su una sdraio a bordo mare, sotto un grande parasole. O in piscina, immersi fino al collo. Oppure in una grotta.

    Io, però, non avevo né ombrellone, né piscina. E neppure una grotta nei paraggi. In compenso, abitavo non lontana da un’immensa pineta, amica di escursioni e passeggiate, che mi avrebbe certamente regalato un po’ di fresco. Mi ero quindi preparata a dovere per trascorrere un sereno pomeriggio all’aperto — ma senza accaldarmi.

    All’andata, avevo rispettato saggiamente i cartelli. Rientrando, però, avevo deciso di prendere una strada diversa. Non so perché: forse per capriccio. Male — perché in breve tempo, senza rendermene conto, mi ero ritrovata imboscata (è il caso di dirlo) tra una cascata e un dirupo, in mezzo alle felci e pure alle radici.

    Accidenti, ma dove sono finita?

    Non dove avrei voluto, a quanto pare.

    A un certo punto, gira a destra e prova a manca, che quasi avevo perso la speranza, mi si era presentato sotto i piedi un cammino asfaltato. Un piccolo miracolo, che mi avrebbe riportata a casina sana e salva.

    Almeno così credevo.

    Dopo pochi passi, però, in un attimo di assurda distrazione (maledetto istante sfigato!), quando ormai mi trovavo a poche centinaia di metri dalla meta e già pregustavo una bella doccia gelata e mezzo litro di tè freddo…

    @ # * $ ° ?? & ! ! ?

    Ma dove diavolo è il sentiero?

    Non sotto le mie scarpe, a quanto pare.

    Invece che sul praticabile, avevo disgraziatamente appoggiato il piede sinistro su un sassolino che stava sul bordo. Certo, pare un’inezia, (si fa presto a dirlo, quando capita agli altri! ) , ma ‘sta pietruzza inopportuna, chissà perché, se n’era scivolata via da sotto lo scarpone proprio mentre mi accingevo a fare il passo. Facendomi afflosciare sulla strada, come un sacco di patate.

    Risultato: Crac!

    Sì, li avevo sentiti entrambi: il dolore e… il rumore.

    Qua siamo messi male.

    Diagnosi: frattura alla caviglia. Per gli intenditori: frattura composta di Weber A. Un nome carino e pure elegante (complimenti, Signor Weber!), che però non mitiga di certo il tormento.

    Prognosi: gesso e sei settimane di riposo. Più la fisioterapia, i bendaggi e tutto il resto, fanno cinque o sei mesi col piede imballato e indolenzito.

    Capirai che pacchia.

    Commento del medico: Poteva andarle peggio, poteva anche rompersi un braccio o una spalla o che so altro.

    Mio primo commento a caldo: nessuno — non sarebbe stato molto ortodosso.

    Il secondo inciampo

    Tre settimane più tardi.

    Ero quindi confinata dentro casa, col piede ingessato. Dopo aver trascorso una giornata all'insegna di faccende e commissioni (sì, lo so, dovrei stare a riposo! ), avevo finalmente rallentato — che la caviglia, di sicuro bella gonfia, iniziava a farmi male.

    Ahi!

    Per alleviare il dolore, l'avevo impacchettata con il ghiaccio e mi ero sdraiata sul tappeto del soggiorno, con le gambe appoggiate sul divano.

    Uff, che sollievo!

    In quella posizione, avevo iniziato a cogitare: sul lavoro, sugli amici e sui colleghi. E ovviamente sull’infortunio.

    Se solo fossi stata più attenta!

    Mentre stavo in piena trance…

    Drin- Drin-Drin- Driiiiiiin!

    Uh? Chi sarà mai?

    Incuriosita, avevo allungato il braccio per rispondere — il telefono era giusto accanto a me.

    Ciao, carissima, tutto bene?

    Markus! Opportuno e premuroso come sempre.

    Grazie, va, ma stasera sono fiacca, il piede duole sempre. Non è che per caso vieni a farti un altro giro da queste parti durante il week-end? Mi annoio un po’.

    La risposta si era fatta attendere un istante.

    Ah, mi piacerebbe! Ma stavolta non posso, devo andare a trovare i miei, riunione di famiglia. Sai, la cresima della mia figlioccia.

    Avevo sbuffato mentalmente.

    Capisco… Beh, allora divertiti!

    Aveva sorriso.

    Ci proverò. E tu non strafare, mi raccomando!

    Avevo sorriso anch’io.

    Agli ordini, dottore!

    *

    Markus era un amico meraviglioso: positivo, sensibile e disponibile. E tanto importante, soprattutto in quel periodo: nonostante abitasse a più di due ore d’auto da me, da dopo l’incidente era venuto a trovarmi ogni fine settimana, aiutandomi persino con la spesa. Di sua iniziativa.

    Così ne approfitto per farmi una bella camminata, che lì da voi ci sono dei bei sentieri.

    Sarà. Peccato che io invece ne abbia tutt’altro ricordo.

    A Markus piaceva molto la regione dove abitavo. A me, invece, decisamente meno: era un posto perso tra le mucche e le capre, un paesino di montagna incastrato nel nulla di un fondovalle. Ai piedi di un Passo, tra un ghiacciaio e tre massicci oltre i tremila che alitavano sul collo. E che solo a immaginarli mi veniva l’ansia a oltranza.

    Un luogo tanto angusto che i raggi del sole, nonostante il vigore, riuscivano a filtrare dentro casa solamente un paio d'ore.

    Che allegria…

    Natura e pace, certo, ma soprattutto tanta neve e ghiaccio d’inverno — ossia cinque mesi l’anno. Non per nulla la gente ci veniva solo a sciare.

    Per il resto, c’erano solo due hotel (aperti più che altro durante la stagione turistica), un ufficio postale praticamente sempre chiuso e uno spaccio alimentare microscopico.

    E soprattutto niente svaghi. Insomma, per vivere lì bisognava esserci nati, altrimenti si soffriva.

    Sì, ma allora che diavolo ci facevo lassù?

    Mi ci ero trasferita per lavoro: due anni prima, infatti, avevo trovato un impiego come arte-terapeuta [2] in una clinica di riabilitazione psicosomatica ubicata proprio lì, su uno dei terrazzi soleggiati di quegli ostici pendii.

    Per me, quel mestiere era una vera vocazione. I posti vacanti, però, erano rari. Volendo esercitarlo ad ogni costo, quindi, mi ero sobbarcata una lunga e tortuosa ricerca di impiego — mossa sempre da un richiamo fortissimo, quasi un appello del destino. Che diceva vai, tieni duro, che qualcosa salterà fuori.

    Non importa dove, sono pronta a traslocare anche in capo al mondo!

    E difatti, chi la dura la vince, un lavoro lo avevo trovato per davvero. In capo al mondo, appunto. E oltretutto in una regione della Svizzera dove si parla soltanto tedesco — anzi: svizzero-tedesco.

    Per passione si fanno davvero cose assurde.

    *

    Markus, dunque, questa volta non sarebbe venuto a trovarmi. Nulla di grave, mi ero detta lì per lì, perché in fondo stavo bene anche da sola.

    O no?

    Beh, non proprio.

    Di colpo, mi ero resa conto che, ad essere sinceri, sentivo la mancanza di un amore, ossia di una storia coi fiocchi: una che ti prende anima e corpo, un miscuglio tra passione e amicizia che ti fa gioire e ogni tanto anche soffrire. E che in ogni caso ti dà una gran botta di vita. Una storia di sentimento serio, però — non un’avventura. Da condividere (anche a distanza) con un uomo fidato, vissuto e con la testa sulle spalle. Indipendente, deciso e versatile, intenso e sensibile, presente ma non asfissiante. Dal carattere complesso e un po’ ribelle, creativo e profondo. Che ami vivere il presente e costruire il futuro.

    Uno come me, insomma.

    Sì, ma dove lo trovo, un tipo così, tra mucche e montagne?

    *

    " Soltanto il caso ci parla."

    M. Kundera, L’insostenibile leggerezza dell’essere

    Sempre stesa a terra, avevo ripensato a quel social dove in passat, nelle fasi di magra sentimentale, ero solita bazzicare.

    Era un sito europeo per artisti single in cerca di incontri seri, come ostentavano loro. Io frequentavo il portale in versione francofona, a causa della mia innata predilezione per la lingua di Molière e, di riflesso, per i suoi discepoli di sesso maschile.

    Era da parecchio tempo che non lo visitavo più. Eppure mi ricordavo ancora del mio nome di utilizzatore e della password.

    Ma guarda un po’.

    Artisti solitari, si chiamava proprio così. Perché, appunto, vi erano iscritti degli artisti: amatori o professionisti, affermati o in erba, uomini e donne. Gente originale con una forte passione in comune: l’arte in tutte le sue sfaccettature.

    Musicisti, registi, cantanti, attori, pittori e letterati. Anime libere, qualche scapestrato e qualche intellettuale. Di ogni età, condizione sociale e paese d’origine. Si passava dal timido al ribelle, da quello che metteva in rete una foto ogni minuto a quello che chattava a monosillabi. Si parlava di tutto: dalla semplice discussione di natura artistica allo scambio personale e impegnato di chi, dichiarandosi apertamente, si lanciava alla ricerca dell’anima gemella. Perché in fondo, girala come vuoi, era ciò che ognuno cercava.

    Guidata da quei pensieri, mi ero alzata e mi ero messa al computer.

    Ero entrata nel sito dalla porta di servizio, ossia senza connettermi subito. Solo per curiosare un attimo, mi ero detta, e per vedere se magari ci avrei trovato qualcuno che mi ispira.

    Non si sa mai.

    Avevo iniziato il giro dalla rubrica dei musicisti. Tutta speranzosa, mi ero messa a cliccare a destra e a manca. Dopo mezzora, però, mi ero già stufata: i profili erano scialbi, vuoti o primitivi.

    Noiosi.

    Vabbeh, oggi non tira aria. Sarà per la prossima volta.

    Stavo per uscire, quando…

    No, aspetta un momento!

    Lo sguardo era stato catturato da una scritta lampeggiante, inserita su uno sfondo fluorescente e piazzata in alto a destra dello schermo (là dove l’occhio cade spesso, malandrini! ).

    Diceva: Novità.

    Era come se ammiccasse e mi dicesse: clicca qui, ne vale la pena!

    Invitava a consultare i profili degli ultimi arrivati e a dare loro il benvenuto. Se ci si connetteva, e quindi si era membro, si aveva accesso al loro indirizzo di posta elettronica e si poteva interagire sulla chat.

    Avevo tirato un sospiro contratto, di quelli che hai quando qualcosa ti disturba — o ti impressiona, fa lo stesso.

    Più fissavo quell'insegna, più sentivo due vocine contrastanti che iniziavano a strillarmi dentro. La prima diceva sì, dai!, di sicuro lì dietro c’è un tipo interessante che ti aspetta. La seconda, invece, diffidava e apostrofava sì brava, che fantasia!, vuoi dire che oltre quel logo si nasconda proprio il Principe Azzurro? Ma dico, mi prendi per fessa?

    Forse sì. Perché due secondi dopo, alla faccia della voce dissuadente, ci avevo cliccato sopra.

    Avrò fatto bene?

    Difficile a dirsi: dietro quella scritta, infatti, c’era lui.

    *

    Salve a tutti!

    Sono Ivan, musicista per passione e per necessità. Faccio musica da quando avevo 6 anni, e so che tanto ho imparato, tanto ho ancora da imparare. Anche se ho 45 anni suonati (ha-ha).

    Mi sono iscritto qui perché cerco gente con cui condividere la mia passione per la musica e per la vita. Gente con cui si possa discutere di tutto senza troppi convenevoli. Ma con rispetto e interesse.

    Amo le cose semplici e schiette, perché io sono così. :-) . E adoro ovviamente la musica: quella buona intendo, non le canzonette che ti fanno sorbire su certe stazioni radio!

    Mi piace la gente profonda e naturale che ha qualcosa da dire, che ha vissuto per davvero e che quindi conosce la gioia e la sofferenza, ma che non per questo si avvilisce, anzi! Adoro stare solo e in compagnia, so ridere di me stesso ma non derido mai la gente.

    I miei stili musicali preferiti sono il Jazz, la Fusion e il Blues. E ovviamente il Rock: cosa sarebbe la vita senza un buon pezzo Rock che ti tira su il morale?

    Ti interessa uno scambio con me? Che aspetti? Scrivimi! E chissà che non ne nasca qualcosa. :-)

    A presto, allora!

    *

    Avevo sgranato gli occhi.

    Wow, questo mi piace!

    Anche perché, ciliegina sulla torta, fisicamente non era niente male.

    Ripreso un attimo fiato (uff!), ritrovato il senso delle cose (dunque, che ci faccio io qua, su questo sito?) e rimessi i piedi (quasi) a terra (…), la vampata di scetticismo era ritornata alla carica.

    Ma dai, non crederai mica a queste cavolate? Suvvia, apri gli occhi!, non può essere farina del suo sacco! Chissà poi chi ci sta dietro, a ‘sto profilo. E magari, ‘sto bellimbusto, dal vero chissà che razza di carogna è! Insomma, fammi il favore: ma quanti anni hai?

    Quasi quaranta, se ti interessa.

    Appunto: vergogna!

    Eppure, una volta di più, malgrado la ragione insistente, tre secondi dopo mi ero già connessa.

    Nel profilo di Ivan, c’era un indirizzo e-mail legato al sito. Era uno di quelli strani, in codice, che non permettono di svelare l’identità del proprietario. Me l’ero copiato nei contatti di posta elettronica e gli avevo scritto immediatamente. Un romanzo.

    Da : Malù Chappuis

    A : guitarebizarre@artistes-solitaires.com

    Oggetto : Un caro saluto

    Ciao Ivan

    Mi chiamo Malù e ho 39 anni. Passavo per caso da queste parti e mi sono imbattuta sul tuo profilo, che mi ha colpita, per ciò che dici e soprattutto per come lo dici. Hai l’aria interessante, ed è per questo che ti scrivo.

    Sono andata a fare un giro sui tuoi link e devo dire che... wow!, complimenti per i pezzi che hai pubblicato! Sono tuoi? Ad ogni modo, mi sono piaciuti, soprattutto quelli lenti: trasmettono dolcezza e sentimento, e nel contempo sanno di certezze. Che mi dici, a proposito? Sono completamente fuori strada? :-) . I pezzi Rock beh… visto ciò che scrivi, me li aspettavo belli tosti. E difatti non hanno tradito le mie aspettative. Di chi sono? Non li ho mai sentiti, prima d’ora.

    Anch’io amo l’arte: adoro scrivere, cantare, la pittura e la musica. Da giovane, suonavo in una banda musicale e mi sono pure sorbita diversi corsi di solfeggio, che però oggi apprezzo, perché mi hanno dato le basi della metrica e della ritmica. Più avanti, ho cantato in un coro e come corista in un gruppo Rock, pensa un po’!

    Parlando di solfeggio e di teorie musicali, immagino che tu sia ferratissimo in materia! O magari… no? A me la teoria piace abbastanza, ma senza la pratica la trovo secca e sterile.(…)

    *

    Scrivevo sciolta: le impressioni e le emozioni mi scorrevano nei sensi, e le dita articolate le mutavano in parole sullo schermo.

    Mi sentivo frizzante e positiva: forse perché quel personaggio aveva l’aria tanto familiare.

    *

    (...) Sono di origini italiane e ho un animo francofono. Attualmente, vivo in un paesino di montagna della Svizzera tedesca, dove mi sono trasferita per lavoro due anni fa.

    Sono arte-terapeuta: una specie di psicologa-artista, o artista-psicologa- fai un po’ tu :-) . Ne hai già sentito parlare? È un mestiere faticoso e meraviglioso, in cui mi identifico. Era da molto, che cercavo un impiego così!

    Il mio primo lavoro era di natura medico-tecnica. Mi piaceva abbastanza, ma col tempo ho cominciato a sentirlo troppo lontano dall’essere umano, e quindi ho cambiato rotta.

    Tu ti occupi di musica a tempo pieno? (…)

    *

    Più scrivevo, più avevo urgenza di dirgli mille cose e di chiedergliene altrettante. Perché sentivo che quell’uomo era in grado di capire. Ero inoltre convinta che, anche se a livello sentimentale non si fosse combinato nulla, con lui avei avuto degli scambi approfonditi e creativi. E avrei vissuto intensamente.

    *

    (…) OK, per ora ti ringrazio di avermi letta. Ti auguro un buon proseguimento e ti dico: a presto!

    Un caro saluto, Malù.

    *

    Mi ero riletta di fretta. In seguito, avevo premuto su INVIO.

    Fatto!

    A quel punto, mi era venuto un sussulto. E pure un po’ di vergogna (forse quella di cui parlava la vocina del malaugurio).

    Oddio, ma avrò fatto bene a sparargli tutte quelle confidenze? Spero di non aver fatto una figuraccia!

    Poi, di colpo, mi era salita una terribile impazienza. La quale, a sua volta, si era presto trasformata in brama. E per finire, mille domande avevano preso d’assalto il mio cervello.

    Come la prenderà? Mi risponderà? E soprattutto: quando?

    *

    L’orologio del computer indicava mezzanotte.

    Era buio già da un pezzo, non ci avevo neppure fatto caso. Stanca e ancora eccitata, mi ero aperta una lattina bella fresca, per placare un po’ gli ardori.

    Ci voleva.

    Trangugiato un lungo sorso, ero scoppiata a ridere: una risata tra l’incredulo e il preoccupato.

    Tremendo, ma com’è che tutt’a un tratto mi ritrovo incasinata per un tipo che nemmeno so chi è?

    Terminata la bevanda gassata, mi ero sentita più serena. Spento tutto, mi ero infine coricata, che era oramai la mezza.

    Sogni d’oro.

    La risposta purtroppo perfetta

    Il mattino dopo…

    Da : Ivan Dupont

    A : malu.chappuis@swissmailservice.ch

    Oggetto : Re: Un caro saluto

    Ciao, Malù!

    (Tra l’altro che bel nome che hai!)

    La tua mail mi ha sorpreso e te ne ringrazio.

    Per prima cosa, credo di non aver mai ricevuto una lettera così lunga e di spessore, prima d’ora — e di sicuro non da gente che ho conosciuto su Internet. E poi caspita!, il tuo modo di esprimerti mi ha colpito! Mi sa di vero e di vissuto.

    Mi sembri sensibile, profonda e riflessiva, dai l’impressione di qualcuno che sa avvicinarsi all’animo umano con tatto. Sei una persona aperta, ma coi

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