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Il faro delle lacrime
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Il faro delle lacrime
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Il faro delle lacrime

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About this ebook

Un faro in mezzo al mare d’Irlanda, Jo, il guardiano italiano, criminologo mancato, sono i principali protagonisti di un thriller dal ritmo incalzante e dai continui colpi di scena.
Tutto ha inizio con il corpo nudo di una bellissima ragazza trovato una notte di bufera tra gli scogli della torre di granito.
Altri cadaveri seguiranno. A indagare è chiamato l’ispettore Casey, un poliziotto poliziotto.
Il principale sospettato è Jo, il solitario guardiano del faro, un uomo affascinante e mite, ma incapace di resistere a violenti eccessi di collera. Cosa nasconde il suo passato? E’ lui l’assassino? Quale mistero si cela dietro gli omicidi seriali? Il terrore avrà mai fine?
Cominciate a leggere e non riuscirete a smettere.
LanguageItaliano
Release dateOct 7, 2013
ISBN9788875639082
Il faro delle lacrime

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    Il faro delle lacrime - Lorenzo Beccati

    I

    L’occhio della bestia buca la notte e la luce del faro ruota scrutando il buio.

    Sono almeno quattro settimane che non si vede una tempesta così, da quando è cominciato l’inverno. Le onde si frangono contro la torre di granito della Cornovaglia e lingue di spuma lappano la cupola in cima al faro. Il mare muggisce di collera per rimproverare il vento che lo strapazza, ma questo non si lascia intimidire e fa la voce grossa. La pioggia ghiacciata scende di traverso come se volesse tranciare le gambe al gigante dai piedi di roccia.

    Da una piccola finestra, una ferita viva nel costato della torre, Jo, il guardiano del faro, osserva preoccupato un gabbiano incauto, appena uscito dalle rocce in basso, librarsi in aria. Le bestie sono più sagge degli uomini e l’uccello deve avere un ottimo motivo per avventurarsi allo scoperto, pensa l’uomo. Il gabbiano è sballottato dalle correnti impazzite e una folata lo prende in pieno e lo sbatte contro il faro proprio accanto al punto di osservazione del guardiano, macchiando di livido sangue il granito. L’animale precipita senza vita ed è inghiottito da un’onda che lo aspetta con la bocca spalancata. Scrollando la testa, Jo sale la ripida scala che porta in cima al faro. Alto e secco, come lo sono solo i marinai, anche se il suo mare è quello che abbraccia con lo sguardo, è agile, forte e dimostra appena le sue cinquanta primavere. Indossa dei jeans slavati, che gli fanno difetto sul sedere piatto e troppo scarno, un maglione bianco a collo alto di lana spessa, scarponi color camoscio con la suola consumata all’esterno per via della postura sbilanciata. È il tipo d’uomo che sembra vestito in modo curato qualunque indumento indossi.

    Il rumore dei suoi passi sui gradini non si sente perché è coperto dal suono della tempesta. La cosa lo innervosisce.

    L’istinto gli dice che questa non è una notte come le altre.

    Agitato, raggiunge la grande stanza delle lenti, badando a dare le spalle alla luce intermittente che acceca e guarda il mare. Davanti ai suoi occhi danzano allegri zampilli d’acqua che, caparbi, hanno agilità e forza per raggiungere la cupola. Rivoli alimentati dalla pioggia rigano il vetro sulla cima del faro. Il guardiano non pensava certo di dover affrontare una tempesta simile già al secondo giorno del suo turno di lavoro che avrà la durata di un mese. Ora capisce i sorrisini del collega cui ha dato il cambio. Lui sapeva del maltempo in arrivo e che ha scampato per una manciata di ore.

    La torre di granito è ancorata a Fastnet Rock, un piccolo scoglio che emerge nel punto più meridionale dell’isola d’Irlanda, a 6,5 km a sud-ovest di Capo Clear, a 13 km dalla terraferma, nella contea brulla di Cork a 51° 23’ 03 N 9° 36’ 0 O. L’isolotto è spaccato in due rocce ben distinte: Fastnet Rock e Little Fastnet, separate da dieci metri di mare. Ora lo scoglio più piccolo, quello che non deve sopportare l’umiliazione di portare delle costruzioni sul dorso, è sommerso dall’oceano ed è come non fosse mai esistito, una leggenda.

    Una ventata improvvisa, devastante, carica di grandine fa vibrare le inferriate delle due balaustre, incrostate da catrame e ruggine, che circondano il perimetro della torre. L’intera struttura scricchiola. Pare sul punto di staccarsi dagli ancoraggi infissi nel granito. Questa notte il vento, la pioggia e il mare si sono alleati per sferrare l’attacco definitivo al dittatore incontrastato di questo tratto di oceano, il ciclope con un occhio di luce in mezzo alla fronte.

    Sulla Fastnet Rock trovano posto anche delle abitazioni e una piattaforma per l’atterraggio degli elicotteri. A ogni onda le strutture erette dall’uomo spariscono per riemergere infradiciate e spaventate.

    Con sguardo esperto, il guardiano individua una macchia bianca muoversi tra i marosi. Non è spuma. È un’imbarcazione che lotta contro la furia delle onde. L’unico albero al centro della barca, cui sono avvinghiate in modo disordinato le vele, si abbatte ripetutamente fino a sfiorare la superficie del mare in burrasca. D’improvviso, il natante è inghiottito dalle onde, ma riaffiora poco dopo, distante alcuni metri. Il guardiano segue impotente la tragedia che sta per compiersi. Il mare perfido gioca con la barca e, senza darlo a vedere, la dirige verso le rocce. L’uomo preme le mani sul vetro della cupola come se volesse spingere la barca lontano dagli scogli. Crede d’intravedere un uomo con indosso una cerata gialla armeggiare sul minuscolo ponte e gli sembra impossibile che non sia già stato sbalzato dalla groppa del mare in tempesta. O forse quella che scorge è solo una vela strappata che sbatte.

    Accompagnata da uno sfrigolio, la luce del bulbo si affievolisce e si ravviva a intermittenza. Il guardiano si volta e, come se fosse stata pizzicata a fare una marachella, la luce torna regolare. Rivolgendo ancora gli occhi al mare, Jo non scorge più la barca. Preoccupato, gira intorno al faro per guardare in ogni direzione. Sparita.

    Mentre pensa a cosa fare, un colpo improvviso lo fa sobbalzare. Scagliato dal mare e dal vento, un grosso ramo ha colpito la calotta di metallo in cima al faro. Il suono rimbomba per un po’. Jo controlla che la copertura non abbia danni importanti. Un’ammaccatura è visibile al centro di una lastra. Da un foro scendono lentamente gocce via via più dense. Per il momento, l’acqua non minaccia di bagnare le lenti o la lampada. Il guardiano afferra un secchio e lo mette sotto la perdita, poi torna a preoccuparsi della barca in balia delle onde. Cercando di spalancare meglio le palpebre, gli pare di scorgere una fievole luce che si allontana tra i marosi. Quando il faro illumina quella porzione di mare, è certo che si tratti della piccola barca a vela. La considera ormai fuori pericolo perché è rivolta al mare aperto che non cela insidie. È convinto di vedere un braccio alzato in un saluto e ricambia sentendosi un poco stupido.

    Jo si reca nel bugigattolo della postazione radio per segnalare l’imbarcazione in difficoltà, ma al suo appello rispondono solo scariche gracchianti. La tempesta deve aver danneggiato l’antenna e andrebbe sistemata, ma è un lavoro che è costretto a rimandare a quando il tempo migliorerà. Senza rendersene conto, immerso nei pensieri, afferra un bicchiere di cognac e ne finisce il contenuto. Poi, assorto, prende a camminare avanti e indietro. Infine abbranca il bicchiere per bere e si meraviglia che sia vuoto.

    Passano tre ore, ma la tempesta non dà tregua.

    Un chiarore lontano annuncia l’alba. Pare la luce del faro riflessa dentro uno specchio gigantesco. Il guardiano la benedice reggendosi ben saldo al mancorrente della balconata più in alto. Si tiene al riparo dal lato della torre non investita dal vento. Questo non lo salva dagli schizzi violenti che lo fanno rabbrividire di freddo ma gli danno energia e si sente vivo. È un rituale che l’uomo rispetta ogni notte.

    Senza motivo, Jo guarda sotto, ai piedi della torre. È sicuro di scorgere un involucro chiaro imprigionato negli scogli. Non capendo cosa sia, immagina: un telo cerato, un pezzo d’imbarcazione, un contenitore di plastica perso da qualche peschereccio, un ombrellone, forse è un frigorifero portatile sfasciato; non riesce a decidersi. Il mare raccatta le cose più impensabili.

    Curioso, Jo raggiunge la balconata inferiore e l’oggetto conteso dai flutti e le rocce si fa più nitido. Con un tuffo allo stomaco, l’uomo spera di aver visto male. Rientra in fretta e si precipita giù per la scala e varca l’ingresso principale che si trova in basso, a tre quarti di torre.

    Per raggiungere la base del faro affronta le scale viscide scolpite nella roccia. Resistendo alle intemperie, con il rischio di cadere e sfracellarsi, il guardiano continua a scendere verso l’oceano. Per i giri della scala, e le ondate che lo colpiscono in pieno con la forza di un ariete, di tanto in tanto perde di vista l’oggetto incagliato tra gli scogli, ma a ogni intervallo si rende più certa la macabra natura del fagotto. Un piede scivola e s’incaglia in una spaccatura e la caviglia si storce. Avverte una fitta di dolore che gli risale dalla gamba.

    Lottando con la furia del mare, che gli arriva a metà polpaccio, aggrappandosi agli spuntoni di roccia, l’uomo osserva la cosa che ha attirato la sua attenzione.

    Inorridito guarda il cadavere di una giovane donna nuda. Il corpo candido è lucido come cera. A ogni ondata il mare la ricopre baciandole la pelle e carezzandola piano.

    II

    Rischiando a ogni passo di finire in mare, il guardiano del faro raggiunge il corpo della donna che il mare cela a intervalli. Per prima cosa Jo si posiziona spalle all’oceano. Così se mentre la solleva la donna dovesse sfuggirgli, avrebbe forse un’altra possibilità di afferrarla prima che dall’isolotto sia trascinata negli abissi. Davanti al cadavere, per trovare stabilità, mantiene le gambe piegate come fosse seduto su una poltrona inesistente. Gli arti inferiori della morta sono incastrati nelle rocce e non riesce a liberarli. La pioggia battente gli offusca la vista e troppo spesso è obbligato a smettere per detergersi gli occhi con la manica del maglione. I flutti lo fanno barcollare come un ubriaco, ma non lo vincono. Un muro d’acqua si schianta su di lui. Cade e si ritrova steso bocconi sopra il cadavere. Stranamente non prova ribrezzo per il contatto, ma una sorta di tenerezza. Si accorge immediatamente che le gambe del cadavere ora non sono imprigionate. Con uno scatto si rimette in piedi senza esitare. si carica la donna sugli avambracci e, con i flutti spumosi che gli lambiscono l’inguine a ogni assalto, compie gli estenuanti passi per salire le scale aiutandosi anche con le ginocchia per sollevare il peso.

    Esausto, riesce a portarla all’interno del faro.

    Una volta dentro, posa con delicatezza il corpo esanime della donna sulle piastrelle del pavimento e chiude la porta. Poiché l’uscio è rimasto aperto a lungo, il pavimento dell’ingresso è inondato d’acqua. Fradicio e senza energie, il guardiano riprende fiato piegando la schiena e tenendo le braccia tese sulle cosce.

    In una vita precedente aveva studiato criminologia, smettendo a un passo dalla laurea. Sapeva che il corpo non poteva essere lasciato dov’era poiché le rocce, i pesci e il mare l’avrebbero corrotto rendendo difficile l’identificazione della donna e cancellato eventuali prove, nel caso si tratti di omicidio. Per preservare la salma decide di metterla sdraiata sul tavolo di legno marino che si trova nell’angolo del locale. Il guardiano valuta che la ragazza avesse intorno ai vent’anni e che fosse una sportiva, visto il fisico asciutto e muscoloso. Il volto della giovane morta è avviluppato nei lunghi capelli neri che sembrano alghe. una sirena triste in attesa che qualcuno la svegli.

    Strano destino quello che ha condotto il guardiano del faro fino a questo giorno. Nato in Italia, portato giovanissimo in Irlanda dai genitori che avevano aperto un ristorante, ha vissuto la gioventù a Dublino con un nome corto al posto del suo lungo: Jo invece di Giovannni Battista. L’hanno chiamato con il nome di un santo non certo perché i genitori fossero religiosi, ma per omaggio al nonno materno.

    Il ragazzo italiano aveva delle difficoltà a rapportarsi con gli altri e preferiva starsene da solo magari in compagnia dell’oceano. Non ricorda neppure perché abbia scelto di studiare criminologia, forse una ragazza che gli piaceva l’aveva convinto e trascinato in quegli studi, ma di certo sa perché ha smesso. Un giorno ha letto un annuncio che offriva il posto di guardiano per il faro di Fastnet Rock. Quelle poche righe su un giornale cambiarono la sua vita per sempre.

    Da quella data sono ormai passati quasi trent’anni ma Jo, Giovanni Battista, non ha rimpianti: la solitudine è la sua vita. Un altro motivo lo ha spinto a isolarsi, anche se vuole dimenticarsene.

    Jo si siede su una seggiola e osserva il cadavere della donna cercando di riportare alla mente qualcosa di ciò che ha studiato all’università di Dublino. L’acronimo della facoltà l’aveva sempre fatto sorridere, UCD, che in italiano suona come uccidi, nome davvero

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