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La casa dei limoni
La casa dei limoni
La casa dei limoni
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La casa dei limoni

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1966: la giovanissima Teresa varca come cameriera la soglia della “casa dei limoni” dell’anziano e ricco Giacomo, del quale diventa ben presto una sorta di figlia-amante. Dopo la morte di Giacomo, altri uomini entreranno nella vita di Teresa: il bell’Andrea, il raffinato Giorgio, Ettore, il giovane che chiama Oliver...Intanto accadono strani fatti e un misterioso personaggio si aggira nei parchi vicino alla casa dei limoni, un uomo elegante che sta ore ed ore a osservare i bambini...
2002: la storia fra Silvia e Stefano si è interrotta bruscamente dopo otto anni di convivenza. Lei ha lasciato la casa dell’uomo e si è trasferita in una pensioncina in attesa di un piccolo appartamento da affittare; inaspettatamente trova un bilocale proprio nella casa dei limoni dove abitava la più cara amica di sua madre, quella Teresa che era morta improvvisamente nello stesso periodo in cui i suoi genitori avevano avuto un incidente mortale e lei aveva trovato dei messaggi di Teresa nella loro segreteria telefonica...
La voglia di scoprire la verità sulla causa della morte di Teresa spingerà Silvia a indagare sulla vita della donna e a conoscere i suoi nuovi vicini di casa, tra cui Patrizio, un pianista strano ed affascinante...
Ma anche Stefano continua a farsi vivo da Berlino dove si trova per lavoro, e un giorno ritorna all’improvviso, costringendo Silvia a fare i conti con i propri sentimenti e con una verità che si rivelerà molto dolorosa...
LanguageItaliano
Release dateMar 26, 2013
ISBN9788875638719
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    La casa dei limoni - Silvana Canevelli

    I

    1966

    Anche oggi pioverà, disse Giacomo guardando il cielo imbrattato di nuvole nere che si rincorrevano sulla sua testa.

    Bene. Non ci sarà bisogno di innaffiare l’orto e rientrò in casa, stropicciandosi gli occhi col dorso aggrinzito della mano.

    Il figlio, rotondo e lattiginoso, comparve alle sue spalle barcollando. Sei già in piedi come al solito, pa’. Alla tua età dovresti stare più tranquillo... È pronta la colazione? e sbadigliò rumorosamente.

    Giacomo lo guardò con rabbia E preparatela te una buona volta. Non è mica la tua schiava Teresa!.

    No, certo, ma è la tua puttana, vero padre? e lo prese per un braccio, fissandolo con occhi sporgenti arrossati dall’alcol. Un po’ di rispetto per mia madre, no, eh!.

    Tua madre è morta da quindici anni.

    E tu hai più di settant’anni. Dovresti andare in chiesa a ripulirti dentro invece di fornicare.

    Sono affari miei e poi tu....

    Io cosa?.

    Niente... Terre, sei sveglia?.

    Sono qua... La colazione è pronta.

    Era sulla porta, i capelli neri ricci che le incorniciavano una faccia da zingara, gli occhi che erano perle nere, un corpo che si allargava con grazia dentro una vestaglietta a fiori rossi, una bellezza selvaggiamente infantile.

    Giacomo nel passarle accanto, le sfiorò il braccio, il seno, lasciò scivolare la mano sul fondo schiena. Poi la mano risalì lungo i fianchi, indugiò sotto le ascelle con piccoli continui palpeggiamenti. Mi fai il solletico Giacomo, smettila, e scappò fuori in giardino, tra l’albero di limoni che ballonzolavano impudicamente nell’aria e quello di mimosa macchiato di un melanconico giallo marcio, con piccoli singhiozzi di risate che saltavano nell’aria come petardi impazziti, invitavano a un gioco che lui non riusciva più a condurre.

    Anche se qualche notte si metteva Teresa addosso e poi ci si metteva lui, con il suo povero attrezzo spiaccicato sul ventre giovane e sodo, simile a un chewingum masticato e rimasticato, che proprio non ce la faceva ad alzarsi di un millimetro, anche se Teresa sotto si muoveva con la sensuale paciosità di un’onda lunga, il morbido ciuffo riccio del pube intriso di un caldo umore che gli arrivava come un’inutile benedizione.

    Eppure una volta... tentava di vantarsi lui.

    Ma sei fortissimo lo rincuorava Teresa e neanche lei sapeva quello che diceva, quello che faceva, perché Giacomo era il suo primo uomo anche se in paese una strofinata col cugino Gaetano, un robusto ragazzotto di qualche anno più vecchio di lei, c’era stata nel vicolo stretto; lui che l’aveva spinta contro il muro muffoso e le si era appiccicato addosso, e la martellava con un’ansia che cresceva e poi la mano le aveva sollevato la gonna, aveva giocato fra le sue gambe, si era infilata sotto le mutandine ruvide e poi lo aveva sentito muoversi contro di lei e lei si era messa a ridere. Ma cosa fai?. E lui l’aveva allontanata, le aveva detto: Vuoi che continui?. E lei stava per dirgli di sì, che poteva continuare perché l’onda che sentiva muoversi dentro doveva morire da qualche parte ma in quel momento aveva sentito la voce di suo padre che la chiamava e si era staccata da Gaetano con furia, si era messa a correre lungo il vicolo.

    Dove diavolo eri? La mamma ti cerca... Corri a casa.

    Il padre aveva allungato lo sguardo in tempo per individuare un’ombra che si allontanava dalla parte opposta, poi l’aveva presa per un braccio e le aveva detto Cerca di filare dritta, eh. Nei giorni seguenti lei aveva cercato il cugino perché le era piaciuto sentire la sua carne crescere contro di lei proprio come un palloncino che si gonfiava rapidamente, che poi scoppiava, sì le era piaciuto e aveva in qualche modo capito che poteva diventare ancora più eccitante. Ma Gaetano era come sparito dal paese. Venne poi a sapere che aveva trovato lavoro in una località vicina, faceva il giardiniere per una giovane vedova che aveva una bella villetta e soldi in banca e un letto caldo, un letto da farci scoppiare migliaia di palloncini. Si asciugò una lacrima. Poi andò a comprarsi un gelato. Qualcuno da un’auto di passaggio gridò Vorrei essere il tuo gelato. Lei proseguì impettita con un piccolo invisibile sorriso.

    Dopo tutto Gaetano non era un granché e poi aveva l’alito che sapeva di aglio...

    Giacomo era arrivato nel paese di Teresa in una tersa domenica mattina di ottobre stampata di accesi colori autunnali. Era andato fin lassù con la prima corriera del mattino per acquistare dei terreni, invece aveva acquistato lei. Mi servirebbe una ragazza per i lavori di casa. La pagherei bene. La casa è molto grande. Per i lavori faticosi c’è un’altra donna. Erano state quelle le prime parole che aveva rivolto ai genitori di lei, in piedi davanti ad un povero uscio sgualcito dal tempo, perché dal primo momento che l’aveva vista, aveva desiderato averla per casa, come figlia, si era detto all’inizio, ma gli occhi nerissimi che avevano indugiato sulla sua faccia, sul suo corpo, l’avevano costretto a un repentino mutamento di rotta.

    Diavolo, come la desidero... e si era ringalluzzito sentendo il sangue tumultuare nelle vene proprio come gli capitava una volta.

    Ma ha solo quindici anni mia figlia, e l’altra che ho, è sposata, lo squadrò il padre.

    Cinquanta mila al mese più vitto e alloggio. L’uomo valutò il pro e contro, in fondo poteva essere un’occasione da non perdere per quella sua figlia bella, certo, ma ecco talvolta era come se tra lei e il mondo esterno, quello nel quale bisogna prima o poi gettarsi per sopravvivere, si fosse piazzato uno strano ingombro, e lei restava a fissarlo questo ingombro, sospesa nell’aria come una fragile farfalla che qualcuno poteva afferrare proprio in quei momenti di incantato stupore, poteva appropriarsene, in una parola mettersela sotto; una creatura per questo da vendere in fretta al migliore offerente, e l’unico ad offrire qualche cosa di concreto era adesso questo vecchio magro e piuttosto elegante che doveva essere, bisognava assolutamente crederlo anche se un guizzo strano usciva dagli occhi azzurri quando si soffermava sulla ragazza, una gran brava persona. E poi aveva detto di abitare in una villa tutta sua, ed era vedovo e aveva un figlio scapolo. Beh in fondo poteva persino uscirci un matrimonio.

    Eh quando prenderebbe servizio?.

    Ma anche adesso....

    Fra una settimana. L’accompagneremo io e mia moglie... Ah, ecco Caterina, e indicò una giovane donna alta e bruna che avanzava verso di loro.

    Un’altra figlia? chiese Giacomo.

    No, no, mia figlia è quella là, intervenne la moglie e indicò una ragazzotta con due gote accese. Caterina è una nostra cara amica... è la figlia della maestra disse con una punta di sussiego.

    Ma sapete che siete tutte belle da queste parti disse Giacomo con un sorriso che mostrò un paio di denti d’oro.

    La donna alzò le spalle: Siamo povera gente.

    Teresa entrò così in quella casa inciampando nel grosso gradino di pietra che portava nella sala da pranzo e scoppiando in una squillante risata mentre finiva tra le braccia di Giacomo che perse l’equilibrio e se la tirò dietro sul pavimento di marmo che li accolse non troppo garbatamente, uno sopra l’altro.

    Fu così che Mario che si trovava in sala a leggere il giornale fece la conoscenza di Teresa, detta anche Terre.

    Erano ormai tre anni che Teresa viveva in quella casa e ci stava bene, le stanze erano spaziose, i mobili vecchi e rassicuranti, e Giacomo era molto generoso. Da principio lei si era limitata a fare i piccoli lavori di casa, per quelli grossi c’era Augusta che veniva dai monti tre volte alla settimana e scuoteva ogni volta la testa guardando quella strana nuova famiglia Perché quella ragazzina si faceva sempre più bella e non pareva accorgersene. Questo era il guaio. Augusta si chiese persino se non fosse un po’ ritardata. Un giorno lo disse a Giacomo. Ma è normale che non abbia un fidanzato, che stia volentieri qua da voi? Non è che sia un po’ indietro?... rise Augusta che con Giacomo aveva una particolare confidenza perché quando anni prima era morta di malattia la povera signora Elisa, lei si era sentita in dovere di consolarlo per qualche tempo finché a Giacomo non era andata via un po’ di tristezza per la mancanza della moglie che poi si traduceva soprattutto per lui nella mancanza di un corpo femminile a letto, che poi fosse Augusta o un’altra...

    Mi piaci molto ansava ogni volta alla donna dopo il loro incontro settimanale.

    Sì, come una qualunque vacca per il toro rideva lei, coprendosi con calma le nudità.

    Perché non vieni a stare qua? Tuo marito buonanima approverebbe.

    Ma mio figlio ha quasi vent’anni e già deve aver capito qualcosa....

    Poi la faccenda era finita da sé. Augusta si era sistemata con un contadino dei suoi posti e Giacomo con un po’ di tristezza l’aveva pregata di continuare a venire a servizio.

    Però non facciamo più quelle cose... sono una donna sposata ora. Lui si era sforzato di assentire, poi senza guardarla Senti, questi gioielli ti spettano... e le aveva dato una collana di perle e degli orecchini con brillanti che erano stati della moglie.

    Augusta aveva ringraziato, poi andandosene,aveva aggiunto decisa Allora ci vediamo lunedì prossimo alle otto... per i lavori.

    Sì, sì... grazie Augusta.

    Meglio così, si era detto Giacomo, in fondo lui stava invecchiando e certe cose proprio non ce la faceva più a farle. Era successo le ultime volte con Augusta È finita... Non risponde più questo, e lo tirava sudato e ansante, evitando di guardarla.

    Capita... Ci vuole un po’ di pazienza e Augusta prendeva ad accarezzarlo il suo povero coso, a stimolarlo. Ma era tutto inutile.

    Ne aveva parlato dopo qualche tempo con Luigi, un suo coetaneo che lavorava nell’edilizia come lui ed era considerato un uomo di mondo perché aveva avuto un’amante francese.

    C’è una casa di alto livello... ragazze non troppo giovani, ma belle, ottime lavoratrici... Chiedi di una certa Rita.

    Gli aveva dato l’indirizzo, una via del centro alberata, e lui aveva telefonato, preso l’appuntamento. Aveva fatto un bagno caldo, era andato dal barbiere, si era profumato, aveva chiamato un taxi...

    La Rita, una quarantenne rossa e grassoccia, ce l’aveva messa tutta. Alla fine gli aveva detto So che alcuni fanno delle iniezioni gli aveva scritto un nome su un foglietto azzurro però dillo al tuo medico, non credo che facciano bene al cuore.

    Grazie.

    Ti aspetto, allora.

    Lui le aveva rivolto un sorriso malinconico. A presto. Si era fatto chiamare un taxi.

    Poi aveva incontrato Teresa.

    Ho paura dei tuoni lo aveva svegliato lei una notte di pioggia. Abitava lì solo da una settimana e Giacomo le aveva riservato una stanzetta accanto alla sua. Lei ci aveva portato la sua roba, una bambola senza una gamba, una coperta, due asciugamani, un paio di lenzuola, la fotografia della sua famiglia, madre, padre, sorella. Suo padre e sua madre l’avevano accompagnata con la vecchia Seicento, avevano dato un’occhiata in giro, se ne erano andati soddisfatti. Solo girandosi per un ultimo saluto, la madre aveva intravisto Mario che entrava in casa.

    Deve essere il figlio aveva detto.

    Non è molto giovane e neanche bello e la madre aveva annuito.

    Poi come parlando a se stessa, aveva aggiunto: Beh,Teresa è stata fortunata. Si metterà da parte un bel gruzzolo e poi magari diventa la moglie di un impiegato.

    O di un avvocato.

    Di un medico, meglio un medico e annuì ripetutamente mentre l’auto prendeva per la strada principale.

    Ho paura dei tuoni ripeté Teresa.

    E allora?.

    A casa vado nel lettone vicino alla mamma. Posso sdraiarmi?.

    Qui? Con me?.

    .

    Giacomo le fece posto. Poi si allontanò più che poté da lei. Finì sull’orlo del letto.

    Posso mettere i piedi fra le tue gambe?... Ho freddo.

    Come vuoi.

    Grazie, grazie Giacomo e i piedi morbidi si strusciarono contro le gambe secche di Giacomo dapprima con vigore, poi sempre più debolmente... Ora lui poteva sentirne il respiro regolare, il soffio caldo di un gattino che aveva accolto in casa sua per proteggere, per nutrire, per scaldare col suo vecchio corpo. La mattina Mario li trovò così, uno accanto all’altro che stavano ancora dormendo.

    Non disse una parola né quel giorno, né più avanti. Soltanto prese a uscire tutte le sere e a rincasare sempre più ubriaco.

    Una sera si portò a casa un ragazzo, un brunetto riccioluto e muscoloso. Gli diede da mangiare, poi disse: Stasera si ferma da noi.

    E dove dorme?. Gli occhi di Giacomo che tagliavano il figlio.

    C’è una poltrona letto in camera.

    Ah, già, in camera tua....

    Ognuno occupa la propria camera come vuole e si alzò trascinandosi dietro il brunetto che sorrideva, faceva gesti, salutava...

    Si fermò anche le sere seguenti e Giacomo non disse una parola. Solo una volta intervenneDovresti prenderti una donna... Sarebbe meglio, molto meglio.

    Poi il brunetto smise di venire, ma dopo qualche giorno arrivò un tipo rossiccio, altrettanto muscoloso. Fu in una mattina impregnata di rugiada, che Teresa rientrata in anticipo dalla spesa, li vide nudi distesi sul lettone di Giacomo.

    Mario che si muoveva furiosamente sul tipo rossiccio, il quale pareva soprattutto interessato a togliersi le caccole dal naso, raccoglierle fra le dita e lanciarle in direzione del cuscino. Più tardi Mario le disse Eri tu in casa?.

    Io, certo. Sai bene che oggi Giacomo è in città.

    E cosa hai visto? con sguardo feroce.

    Vi ho visto e scoppiò in un’allegra risata. "Era come

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