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Il giallo della valigia di Piazzale Lodi: Milano, 1965. Un'indagine del commissario Caronte
Il giallo della valigia di Piazzale Lodi: Milano, 1965. Un'indagine del commissario Caronte
Il giallo della valigia di Piazzale Lodi: Milano, 1965. Un'indagine del commissario Caronte
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Il giallo della valigia di Piazzale Lodi: Milano, 1965. Un'indagine del commissario Caronte

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About this ebook

“La valigia lo stuzzicò più di ogni altro oggetto presente, e accese in lui quella caratteristica dell’intelletto umano, semplice e implacabile, che si chiama curiosità. Doveva assolutamente scoprire cosa conteneva, a chi era appartenuta e perché era stata abbandonata in condizioni tutto sommato decenti e, soprattutto, senza essere prima vuotata”.

Ersilia, una ragazza milanese bella e piena di vita, scompare nel nulla. Al commissario Caronte viene chiesto di indagare con particolare cautela: la giovane è lontana parente del prefetto. È l’estate del 1965. Pochi giorni prima i Beatles hanno suonato al Vigorelli: un concerto destinato a entrare nella leggenda. L’aria milanese è, al tempo stesso, torrida e frizzante, soprattutto tra i giovani studenti, sempre più ribelli alle regole di una società che considerano obsoleta, impegnati politicamente e attenti a quello che avviene nel mondo. Caronte, con il suo stile un po’ sopra le righe, dovrà misurarsi non solo con un’indagine che lo porterà a scoprire segreti di un passato recente e drammatico, che sembravano sepolti per sempre, ma anche con la mentalità e le decisioni dei suoi stessi superiori, in un momento storico politico sempre più carico di tensioni.

Alessandro Reali è nato a Pavia il 4 febbraio 1966. Per Fratelli Frilli Editori ha già pubblicato Fitte nebbie. La prima indagine di Sambuco & Dell’Oro (2012 III ed.), La morte scherza sul Ticino. La seconda indagine di Sambuco & Dell’Oro (2013 II ed.), Risaia crudele. Quei giorni dell’inverno del ’45 (2014), Sambuco e il segreto di viale Loreto. La nuova indagine di Sambuco & Dell’Oro (2014), Ritorno a Pavia. Un altro Natale per Sambuco & Dell’Oro (2015), La Bestia di Sannazzaro. Lomellina, inverno di guerra 1917 (2016), Ultima notte in Oltrepò (2016), Il fantasma di San Michele (2017), Pavia sporca estate (2018), La ragazza che sorrideva sempre (2019) e La matta di Milano (2020). Per Ticinum Editore ha pubblicato la raccolta di racconti Il diavolo del Ticino (2017).
LanguageItaliano
Release dateMay 24, 2021
ISBN9788869435331
Il giallo della valigia di Piazzale Lodi: Milano, 1965. Un'indagine del commissario Caronte

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    Il giallo della valigia di Piazzale Lodi - Alessandro Reali

    UNO

    Milano, 26 giugno 1965

    In ufficio faceva caldo. Il ventilatore girava al massimo e l’agente Zigoni dava la caccia alle mosche con un foglio di giornale, fin sul davanzale della finestra spalancata.

    Caronte fumava in silenzio, in maniche di camicia, mentre Perotti, che si ostinava a indossare il completo gessato, pareva un uccello impagliato in piedi contro il muro.

    Santino Nicosia detto Zafrata², un delinquente di origine calabrese specializzato in rapine – l’ultima, quella che gli era costata l’arresto, l’aveva compiuta sei mesi prima in piazza Tripoli, dove aveva frantumato i vetri di una gioielleria con una mazza da muratore – era evaso da San Vittore dopo aver bucato con un temperino la gola di un secondino, Riccardo Scala, che adesso versava in gravi condizioni all’Ospedale Maggiore. Durante la fuga, in combutta con un paio di complici, aveva ucciso un carabiniere ventitreenne, Marino Calabrò, a un posto di blocco, prima di cadere sotto i colpi d’arma da fuoco del maresciallo Cianfulli, una specie di mito per quanto riguarda rigore morale, disciplina e coraggio, negli ambienti dell’Arma milanese.

    L’umore, negli uffici di via Fatebenefratelli, non era dei migliori e il commissario, con quell’espressione caratteristica alla Jean Gabin, sembrava un toro pronto a caricare per uccidere il torero o chi per lui gli si parasse di fronte.

    Il dottor Santagata ha chiesto di lei, subito! disse Bistolfi, occhio stanco e baffo da viveur, affacciandosi alla porta.

    Caronte spense la sigaretta e si alzò stancamente. Indossò la giacca stazzonata sulla camicia bianca e le bretelle che reggevano i pantaloni scuri.

    "Perotti, sveglia, che tanto il muro el bòrla minga giò. Io vado a sentire cosa vuole il capo, poi andiamo a mangiare un boccone, che ne dici?".

    Dico che ho la gastrite nervosa, mangio in bianco e non posso bere vino replicò stizzito Perotti stropicciando la cravatta con le dita sudate.

    "Va be’, ghé pensi mì, a mangià e bév" aggiunse Caronte aprendo la porta dell’ufficio per ritrovarsi nel corridoio, sempre trafficato grazie a un viavai che si poteva definire di ordinaria amministrazione, in quella stagione.

    Bussò e, poco dopo, entrò nell’ufficio del vicequestore Santagata che lo attendeva come sempre ben pettinato e profumato di colonia, nell’impeccabile abito scuro.

    Scartabellava rapporti sulla scrivania linda e con l’indice e il pollice della mano sinistra accarezzava soddisfatto i baffetti corvini, curatissimi.

    Commissario, siamo tutti in pena per la sorte della guardia penitenziaria e affranti per il destino crudele del povero rappresentante dell’Arma. Per fortuna il maresciallo Cianfulli, che come lei sa gode della mia incondizionata stima, ha provveduto a fermare quel delinquente nell’unico modo possibile... Ho notato l’umore nero che serpeggia nei nostri corridoi in questi giorni. Purtroppo non possiamo permetterci di arretrare, neppure dopo questi eventi drammatici, anzi. Il dovere è il dovere e viene sempre prima di tutto, per noi servitori dello Stato! disse.

    Caronte conosceva bene il famoso maresciallo dei Carabinieri. I due non andavano al di là del rispetto reciproco. Di carattere opposto al suo, Cianfulli aveva lasciato più volte intendere che lo stile poco ortodosso del poliziotto (le sue frequentazioni di osterie e cabaret in compagnia di amici non sempre raccomandabili erano note) lo lasciavano quanto meno perplesso.

    Vuole dire che non dovremmo essere incazzati per quello che ha combinato Zafrata al nostro collega e al carabiniere? L’ho arrestato io e sapevo che avrebbe cercato di evadere il prima possibile. Posso anche capirlo, questo atteggiamento, da parte di un duro. Ma ammazzare così è da vigliacchi, proprio quello che era Zafrata. Uno della nuova generazione. Sono in tanti, adesso, che non danno più alcun valore alla vita altrui. Ammazzano chi gli intralcia il cammino e, per noi, è sempre più difficile e pericoloso cercare di arrestarli. Queste nuove bande hanno soppiantato i delinquenti di un tempo che, prima di fare del male a un essere umano, ci pensavano molte volte. Avevano un minimo rispetto della vita altrui... voglio dire.

    Mi faccia il piacere, Caronte, rispetto... rispetto della vita un cazzo! I delinquenti sono delinquenti, punto! Tutti della medesima pasta, il resto sono balle, lei non può venire qui fare la cernita, per difendere qualche amico suo: so io dove li vorrei vedere, tutti quanti, con la ricetta Cianfulli!.

    Lasciamo perdere che non è giornata farfugliò Caronte voltandosi per uscire.

    Ma no, ma no, cosa fa, commissario? Non l’ho mica fatta chiamare per litigare sui valori etici della criminalità. Volevo parlarle di un fatto strano, che ha coinvolto una cugina del signor prefetto... cugina alla lontana disse Santagata.

    Oh, allora siamo a posto.

    Come?.

    Niente, mi dica.

    La ragazza ha diciannove anni e abita con la madre e la sorella in corso Buenos Aires. Da due giorni è sparita, improvvisamente. Non ha lasciato detto niente a nessuno, un biglietto, una cartolina, nulla! Può immaginare quanta pena per quelle povere donne. In questi frangenti ci si lascia sopraffare dal pessimismo immaginando gli scenari più nefasti.

    Qualcuno le ha già interrogate?.

    Non ancora. Ho ricevuto questa mattina la telefonata, le lascio immaginare da parte di chi, per invitarmi a occuparmene con la massima cautela. La notizia non è ancora stata divulgata, ovviamente, anche perché al momento, per ciò che ne sappiamo, la signorina Ersilia Mercandelli potrebbe anche essersi allontanata di sua spontanea volontà.

    Il suo telefonista le ha mica rivelato se c’è di mezzo un amante, per caso?.

    No. Assolutamente. Ha tenuto a specificare, come le dicevo, che sono cugini alla lontana e, a parer suo, Ersilia e sua sorella Luciana sono ottime ragazze, come la mamma Eugenia del resto, vedova... Il marito gestiva il Bar Lux in corso Buenos Aires. È morto nel novembre del ’63 durante una rapina. Dovrebbe ricordare, se ne occupò il commissario Marcis: Filippo Mercandelli venne freddato in una notte di nebbia mentre abbassava la saracinesca del bar... i colpevoli purtroppo non furono arrestati. Il Lux è stato successivamente affittato. Le signore Mercandelli vivono al secondo piano, proprio sopra il locale.

    Ricordo l’omicidio per rapina. Marcis è sicuramente più informato di me, al riguardo disse Caronte, sperando forse che il vicequestore, ripensandoci, affidasse l’incarico informale al suo vecchio amico di origine sarda.

    Sì, certo, certo, ma non credo che l’episodio del Lux abbia a che fare con la sparizione di Ersilia Mercandelli si smarcò in fretta Santagata.

    Caronte sospirò. Era sudato e l’aria del ventilatore gli soffiava proprio sul collo, fin dentro la camicia indossata senza cravatta.

    Tagliò corto...

    E io cosa dovrei fare?.

    Per il momento recarsi in corso Buenos Aires e valutare la situazione, con il massimo riguardo, ovviamente, cercando di farsi un’idea più precisa su questa ragazza. Sappiamo che lei ama ficcanasare nelle case altrui disse il vicequestore, convinto di essersi esibito in una battuta divertente.

    Caronte sembrò non farci caso. Avrebbe potuto replicare in faccia al superiore una risposta ficcante, di quelle che zittiscono per un po’ l’interlocutore, ma preferì soprassedere.

    Faceva troppo caldo...

    DUE

    Quando facevano l’amore perdevano completamente il controllo. Era uno degli aspetti che rendeva la loro relazione ancor più gratificante. Una questione di tatto, di odori, di umori, molto fisica, che li eccitava e divertiva, per poi sorprenderli spossati e appagati.

    Luisella aveva certi glutei grandi e tondi che Caronte si dilettava ad accarezzare dolcemente, dopo l’amore, e soprattutto a osservare con una punta di gioioso divertimento quando la donna si alzava per recarsi in bagno e lavarsi.

    Non era mai stato un uomo facile ai sentimentalismi, il commissario. Pensava che una certa ritrosia nel mostrare le proprie emozioni o, nel migliore dei casi, a camuffarle dietro una patina di cinismo, fosse una caratteristica ereditata dai suoi avi, per quel che ne sapeva lui generazioni di austeri contadini della Lomellina, la grande pianura di risaie, melighe, boschi e marcite, tra il Ticino e il Po. Suo padre, tanti anni prima, aveva colto l’opportunità di trasferirsi a Milano a lavorare come ragioniere, ma Caronte non aveva mai scordato l’infanzia trascorsa dai nonni, i vecchi capaci di stimolare la sua fantasia con i loro racconti, figli di antiche tradizioni orali perpetrate per secoli nelle stalle delle cascine dove i contadini si ritrovavano per scaldarsi nelle sere d’inverno. Pensava con una buona dose di compiacimento che, se era fatto in un certo modo, lo doveva in parte a loro. Ogni tanto ne parlava con Luisella, colta ed elegante borghese meneghina, capace di carpire come nessun’altra donna prima la tenerezza e le nostalgie infantili oltre la scorza tenace del suo uomo.

    Quella sera avevano cenato ascoltando Verdi, compositore che – per la donna – veniva appena dopo Puccini nella graduatoria delle preferenze musicali. Caronte, cosa nota a tutti coloro che lo frequentavano, aveva un debole per le canzoni popolari cantate nelle osterie che, fin da ragazzo, frequentava in compagnia di Beppe, giornalista sportivo, e Rommel, cronista al Corsera, ma non poteva negare la suggestiva potenza delle arie presenti nel Rigoletto, ascoltato mangiando una succulenta parmigiana di melanzane innaffiata da un Riesling fresco al punto giusto.

    Verso mezzanotte, a Porta Romana, con il braccio fuori dal finestrino della Fiat Millecento, ripensava alle parole di quel trombone di Santagata: uomo capace di una retorica insopportabile alle sue orecchie; eppure, come si spifferava nei corridoi della Questura, molto ben visto tra le alte sfere della politica, soprattutto in area democristiana.

    Ghè mìnga da fà mistéri, pensò parcheggiando sotto casa, lo sanno tutti chi lo protegge, quèl trumbùn de l’òstia...

    Una volta entrato spalancò la finestra della sala.

    Un po’ di fresco anche per te disse rivolto a Portos, il gattone rosso che divideva con lui l’appartamento. Il felino però non fece una piega, proseguendo il pisolino acciambellato sulla sua poltrona. Caronte sorrise e gli passò una mano sul manto morbido. Quindi tolse le scarpe, accese una sigaretta e sprofondò sul divano ripensando alla conversazione avuta con il superiore a proposito del caso relativo alla scomparsa della giovane Ersilia Mercandelli.

    Domattina ne sapremo qualcosa di più disse guardando la luna tra le antenne sui tetti: nessun dubbio, la televisione era oramai diventata l’amica particolare dei milanesi.

    Le otto del mattino sotto un cielo soave, tinto d’azzurro tiepido.

    Milano fremeva, vitale come sempre.

    Caronte prese un caffè doppio al bar del Maruchìn di Porta Romana.

    Beppe, il giornalista della rosa, nel frattempo trangugiava il cornetto con i gomiti poggiati al bancone. Il Marùchin, con marcato accento siciliano, aveva appena finito di decantare la sua nuova Alfa Romeo Giulietta Spider. La proprietaria del bar, che il giovane emigrante aveva provveduto a impalmare a dovere dopo alcune tristi esperienze come operaio alla Magneti Marelli e alla Breda, si rivelava, come sempre, molto generosa in cambio delle sue esagerate performance sessuali.

    Come capitava sovente, Beppe e Caronte attaccarono bottone parlando di calcio: erano entrambi grandi tifosi del Milan...

    Ciao giornalista, come va con i baùscia?.

    "Li sopporto ancora. Hanno appena vinto il campionato con Sandrino Mazzola miglior marcatore, cosa ci vuoi fare? Subiamo in silenzio, noi casciavìd! Quel ganàssa di Rommel però rompe le balle. Non capisce un cazzo di fùlbar³, eppure stanotte al Derby millantava frequentazioni di San Siro, sparlando di Rivera, esaltando Domenghini, Mariolino Corso e naturalmente il Mago Herrera... per dire, non ha fatto il nome di Luisito Suarez, di gran lunga l’uomo di maggior classe tra i Baùscia⁴".

    Era in compagnia della Contessa? chiese Caronte, salutando con un cenno del capo Ombra, un pensionato d’origine veneta che iniziava presto – e finiva tardi – coi bianchini.

    No. Per fortuna l’ha mollata a casa. Ha detto che avevano litigato: gran bella cinquantenne, la Savorgnino, di gusti raffinati e con due tette che ci metti una notte a esplorarle tutte. Pare che il marito le abbia lasciato pure una biblioteca con volumi degni di un bibliofilo... però, essendo notoriamente logorroica, la sciùra dev’essere un bel peso da sopportare.

    Tra un po’ Rommel la scarica, vai tranquillo, e allora lei se ne troverà un altro da spennare, dopo il marito e quel Tavazzi che girava in Ferrari prima di finire nei guai: bancarotta fraudolenta... vabbè, devo scappare, ci vediamo una di queste sere?.

    Dal Tenaglia, sicuro. Trippa?.

    Tiepida, però.

    Garantito, e l’insalata di nervetti, il nostro piatto preferito disse Beppe accendendo la sigaretta.

    La famiglia Mercandelli abitava al secondo piano, sopra al Bar Lux di corso Buenos Aires. Caronte, prima di suonare il campanello, fece tappa per un bianco, pensando alle abitudini collaudate del vecchio Ombra che, pur preferendo come lui il rosso, in estate lo tradiva col frizzante color paglierino.

    Consumò al banco accanto a due impiegati che discutevano con la barista a proposito delle figlie, pazze d’amore per quei quattro ragazzi di Liverpool che si erano appena esibiti al Vigorelli: i Beatles. Caronte ne aveva ascoltato con piacere alcune canzoni, grazie a Bistolfi che aveva la morosa grande fan, e non capiva il sarcasmo trapelato dal tono dei due uomini: il mondo stava cambiando rapidamente, i russi nel ’61 avevano spedito Jurij Gagarin nello Spazio, la televisione entrava prepotentemente nelle case e le automobili intasavano le strade, perché mai non dovevano mutare i gusti musicali dei ragazzi?

    Però... il Vigorelli per lui significava soprattutto le notturne di ciclismo con Maspes e Gaiardoni, Bianchetto e Beghetto, e i raduni di pugilato, come quella volta, il 7 settembre di due anni prima, quando aveva esultato con Beppe e Rommel per la vittoria di Sandro Mazzinghi che sfidava il campione americano Ralph Dupas per il titolo mondiale dei superwelter.

    Finalmente si decise a salire al secondo piano, dopo aver varcato il portone passando oltre alcune cassette di bottiglie vuote accatastate. Suonò il campanello. La ragazza che si presentò sulla soglia non raggiungeva la trentina. Colpiva il pallore del viso sotto il caschetto di capelli neri. Indossava un vestito beige che non rivelava le forme del corpo, ma Caronte intuì che dovevano essere generose.

    Buongiorno signorina, sono il commissario Caronte.

    Entri, la prego: siamo state avvertite che sarebbe passato questa mattina. Io sono Luciana, la sorella.

    Era un appartamento luminoso e arredato con mobili moderni. Oltre il corridoio, sulla destra, ecco il salotto. Un uomo attendeva accanto alla finestra. Una donna sulla cinquantina sedeva con le mani in grembo su una poltrona verde accanto al televisore.

    L’uomo, che indossava un completo chiaro con la cravatta scura, tese la mano al commissario.

    Sono l’ingegner Renato Pulvirenti, il fidanzato di Luciana. E lei è la mamma, Eugenia.

    La donna, un fuscello dai capelli grigi raccolti sulla nuca, si alzò di scatto.

    Siamo in un inferno. Ci aiuti, per carità disse.

    Faremo il possibile, signora.

    Si accomodi, non stia in piedi disse Renato Pulvirenti.

    Gradisce un caffè? aggiunse la donna, mentre Luciana sedeva sulla punta di una sedia mostrando le gambe,

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