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Escursione fatale: La settima indagine di Ardoino e Vassallo
Escursione fatale: La settima indagine di Ardoino e Vassallo
Escursione fatale: La settima indagine di Ardoino e Vassallo
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Escursione fatale: La settima indagine di Ardoino e Vassallo

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About this ebook

Un rifugio montano, frutto della trasformazione di una vecchia postazione militare risalente alla fine del diciannovesimo secolo, viene inaugurato con un’escursione organizzata. L’occasione per trascorrere un paio di giorni lontano dalla città e dagli impegni lavorativi viene colta al volo da Elena Bonfanti e Noemi Vassallo, le quali, coalizzate, costringeranno il riluttante Angelo Ardoino a partecipare. Il percorso montano non è particolarmente impervio, però, nonostante ciò, non tutti i diciotto partecipanti che si avvieranno su per i monti arriveranno a destinazione. Le ricerche sono immediate, ma le difficoltà non mancano. Quando sarà chiaro che i dispersi non sono vittime di una disgrazia, Angelo e Noemi si ritroveranno con pochissimi indizi e un gran numero di indagati, ognuno con una propria versione dei fatti. Solo la tenacia dei due investigatori, dipanando il bandolo di una matassa sempre più ingarbugliata, porterà alla soluzione di un caso dove essi stessi sono testimoni. Elena Bonfanti offrirà come al solito tutto il suo sostegno, anche se il suo orizzonte è offuscato dall’incombere di una dura battaglia personale.

Ugo Moriano, nato a Imperia nel 1959, vive con la propria famiglia a Diano Marina in provincia di Imperia. L’amore per la lettura e l’interesse per la storia lo accompagnano fin dalla più giovane età. Esordisce nel mondo della carta stampata con il romanzo giallo: Il ricordo ti può uccidere a cui fanno seguito L’Alpino disperso (2009), A Sanremo si gioca sporco (2010), Sospetti dal passato (2011), L’arte del delitto (2012), L’Inganno del tempo (2014) 1° classificato al Premio Internazionale Montefiore, Antiche amicizie (2015), Radici lontane (2016) e Prospettive diverse (2017). Nel 2011 è stato pubblicato Arnisan il longobardo. Nel 2012 L’ultimo sogno longobardo vincitore del 61° premio Selezione Bancarella 2013. Nel 2013 Il diamante di Kindanost terzo classificato al Premio Internazionale di Cattolica. Nel 2014 Gnorff & Lenst. Nel 2015 Sangue longobardo. Nel 2018 Attacco dal cielo e Agguato a Monte Carlo. Nel 2019 Il segreto del confessionale. Nel 2020 L’angelo del dolore. Nel 2021 Il Re della gloria. Nel dicembre del 2009 vede la luce anche il suo racconto gotico Il Ritorno e nella primavera del 2010, sul sito della biblioteca di Diano Marina, viene pubblicato il link ad un suo racconto umoristico intitolato La vera storia della scoperta del fuoco. È componente della giuria del Premio Città di Cattolica 2016.
LanguageItaliano
Release dateMay 4, 2022
ISBN9788869436109
Escursione fatale: La settima indagine di Ardoino e Vassallo

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    Escursione fatale - Ugo Moriano

    I

    Elena oltrepassò il cancello pedonale poi, prima di spostarsi alla sua sinistra dove si trovava la fermata degli autobus, gettò uno sguardo alla struttura da cui era appena uscita.

    Gli edifici, immersi nella campagna della periferia milanese, non avevano alcun impatto aggressivo sul paesaggio circostante e davano l’impressione di volersi amalgamare con il verde che li circondava.

    Li avessero progettati e costruiti solo una ventina di anni prima adesso starei osservando dei palazzoni in cemento armato in stile sovietico; invece, per fortuna, all’inizio degli anni Novanta hanno optato per strutture snelle che si potrebbero quasi scambiare per alberghi di buon livello.

    Un refolo di vento la spinse a socchiudere gli occhi e, con un gesto per lei abituale, si passò una mano sui lunghi capelli corvini.

    In distanza, lungo il rettilineo di asfalto grigio, comparve la sagoma bianca del taxi che aveva chiamato una ventina di minuti prima.

    Lo lasciò avvicinare, poi fece un cenno con la mano e la vettura accostò di fronte a lei.

    Non avendo altro bagaglio che la propria borsa, senza attendere oltre, Elena aprì la portiera posteriore e prese posto sul sedile.

    – Bon jornu, dove vuole andare? – domandò il tassista.

    – Piazza Gae Aulenti – rispose la giornalista restando leggermente sorpresa dal forte accento siciliano del giovane al volante.

    Negli anni Ottanta nessuno si sarebbe stupito della cosa, i meridionali venuti al nord in cerca di lavoro, dopo aver colonizzato le imprese edili e le fabbriche, erano entrati prepotentemente anche nel settore dei servizi, soprattutto in quelli che erano meno comodi e pertanto avevano in gran parte soppiantato milanesi e lombardi. Adesso però i loro figli erano perfettamente integrati e la cadenza originaria dei genitori era praticamente scomparsa, mentre il fenomeno migratorio interno, pur non essendo mai terminato, era più che altro legato a incarichi statali o contratti con le aziende dell’hinterland. I lavori più faticosi e disagevoli a livello di turni e orari erano stati lasciati agli stranieri, quasi sempre extracomunitari.

    In altri momenti avrebbe approfittato del viaggio per indagare sulla provenienza e sulle motivazioni del conducente ma quel giorno non ne aveva alcuna voglia.

    Mentre la BMW si avviava, i suoi occhi si posarono sull’insegna posta sul muro vicino al cancello che aveva da poco oltrepassato:

    IEO Istituto Europeo di Oncologia

    Quel giorno il traffico era intenso ma non caotico e sfruttando anche le corsie dedicate procedettero con una discreta speditezza.

    A metà del tragitto si accorse di aver già preso per ben tre volte lo specchietto del trucco dalla borsa.

    I capelli ci sono ancora tutti, quindi, mia cara Elena, smetti di fare la stupida si disse appoggiando ambedue le mani sulla clips di chiusura della borsa.

    Il medico era stato molto chiaro e lei, dopo gli ultimi esami diagnostici, non era rimasta sorpresa dalle sue parole. Nonostante ciò, in quel momento si sentiva nervosa, spaventata e confusa e, proprio perché si era attesa simili stati d’animo, quella mattina aveva evitato di raggiungere l’istituto con la propria auto.

    A lei piaceva molto guidare e lo faceva con sicurezza sia in città che in autostrada ma quel giorno, prevedendo che non sarebbe stata vigile e concentrata come sempre, aveva preferito evitare.

    Un conto è immaginare certe cose, un altro è sentirsele dire con tono gentile, ma che ammette ben pochi dubbi.

    Si distrasse un attimo quando l’auto passò accanto ai caselli neoclassici dell’architetto Rodolfo Vantini che si ergono in piazza Oberdan. Mentre se li lasciava alle spalle, le venne in mente uno dei suoi primi servizi televisivi, quando ancora era una principiante a cui venivano assegnati compiti di scarsa rilevanza.

    A quei tempi, pensò mentre si bloccava un attimo prima di afferrare nuovamente lo specchio, mi sono fatta una cultura sulle antiche mura spagnole e sul lazzaretto, descritto dal Manzoni nei Promessi Sposi.

    Su sua richiesta il tassista la lasciò nel piazzale antistante la stazione di Porta Garibaldi e lei entrò nella Feltrinelli dove acquistò una copia del libro Il divano di Istanbul, poi attraversò piazza Sigmund Freud e s’incamminò verso le scale che portano in piazza Gae Aulenti.

    Senza prestare attenzione alle numerose persone che popolavano quel piano rialzato rispetto alle vie circostanti si diresse verso l’ingresso di uno dei palazzi che, accanto alla spettacolare torre Unicredit, si affacciano sulla piazza. Mentre le fontane riprendevano a lanciare contro il cielo i loro getti, affrettando sempre più il passo, quasi temesse di giungere troppo tardi, arrivò fin nel portone dell’edificio, poi prese l’ascensore per salire al dodicesimo piano.

    Sul pianerottolo si affacciava una sola porta e lei, al secondo tentativo, riuscì ad inserire il pass digitale nella fessura del lettore elettronico. Il computer che vigilava sugli accessi, dopo averne verificato in una frazione di secondo identità e permessi, diede il proprio via libera e di conseguenza le due ante di vetro blindato poste a guardia dell’accesso si aprirono scivolando di lato, mentre una telecamera immortalava la scena.

    Elena, senza neppure riporre il badge nella borsa, oltrepassò in tutta fretta la soglia e percorse il corridoio che si estendeva per oltre trenta metri lungo il lato nord dell’edificio.

    In quel settore la temperatura era decisamente rigida, in altri momenti il contrasto con l’esterno l’avrebbe spinta a cercare qualcosa con cui coprirsi almeno le spalle, ma quel giorno non se ne accorse neppure e avanzò lungo il silenzioso corridoio delimitato da pesanti lastre di vetro corazzato, baluardo difensivo dei molteplici server che, con i loro potenti hardware e software, consentivano all’emittente televisiva, per cui da anni lavorava, di portare avanti in modo molto competitivo la propria attività.

    I pochissimi tecnici presenti, abbigliati con candidi camici, vigilavano ventiquattro ore al giorno affinché nulla interrompesse il flusso incessante di elaborazioni. Nessuno di loro prestò attenzione alla donna che attraversava con passo affannoso il loro regno.

    Pur affrettandosi, le pareva che quel passaggio si stendesse quasi all’infinito e dovette fare uno sforzo per non affrontare l’ultimo tratto a passo di corsa.

    Finalmente oltrepassò la porta in fondo a destra, ma le rimaneva ancora da attraversare uno stretto corridoio con le pareti di mattoni che, dopo una decina di metri, terminava davanti all’ufficio verso cui era diretta.

    L’accesso a quel locale era spalancato e poco oltre la soglia la stava attendendo Lorenza Scherini, la sua migliore amica, colei a cui poteva rivolgersi ogni volta che aveva bisogno di aiuto o conforto.

    Nessuna delle due proferì parola, Lorenza spalancò le braccia ed Elena si precipitò nel suo abbraccio. Per oltre un minuto restarono così, l’avvenente e curata giornalista televisiva e la poderosa meteorologa, l’una avvinta all’altra, respirando all’unisono, con i cuori che battevano forte, come accadde solo a chi davvero ama un suo simile.

    Quando si separarono rimasero qualche istante a scrutarsi negli occhi, l’una in cerca di conforto, l’altra pronta a tutto pur di offrirglielo.

    – Vieni, mi sono fatta portare la colazione – Lorenza prese la sua amica sottobraccio – Prima di parlare, mangiamo qualcosa insieme.

    Normalmente Elena avrebbe sciorinato tutta una serie di scuse, ricorrendo anche a quelle più inverosimili, pur di non condividere la colazione con l’amica.

    Restare in forma non le era mai risultato difficile e non si sottoponeva a particolari privazioni per mantenere la propria linea, ma condividere il cibo con Lorenza era un vero suicidio alimentare. L’amica pesava oltre centoventi chili e non faceva nulla per calare anche di un solo grammo, pertanto le sue golose colazioni erano un tripudio di torte, pasticcini e stuzzichini che lei divorava, uno dopo l’altro, con soddisfazione.

    Quella mattina invece non fece alcuna obiezione e, una volta seduta al tavolo imbandito, si mise nel piatto ben quattro Marillenknödel. Senza attendere alcuna sollecitazione tagliò a metà uno di quella specie di canederli ripieni di marmellata di albicocche e, incurante dell’abbondante zucchero a velo, prese a mangiarlo con la stessa foga di un affamato.

    Lorenza la imitò. Per una volta la sua attenzione non era rivolta al cibo, ma all’amica che aveva di fronte. Solo quando Elena ebbe concluso il pasto, lei si pulì meticolosamente le dita con il tovagliolo di carta e poi pose la domanda, anche se aveva già intuito il tenore della risposta.

    – Cosa ti hanno detto?

    – Dovrò farmi operare. Hanno già fissato il giorno – disse Elena con voce neutra – l’ultimo venerdì di ottobre entrerò in sala operatoria.

    – Capisco, ma cosa ne pensa il dottor Gamberini?

    – Lui è quasi certo che sotto la ciste stia crescendo un tumore. In fondo è stato anche il dubbio che ha spinto il mio medico a dirmi di andare allo IEO per una visita più approfondita.

    – Ma il tecnico che ti ha fatto l’ecografia aveva escluso la cosa.

    – Sì, ma a quanto pare si stava sbagliando – La mano della giornalista salì inconsciamente a sfiorare il seno sinistro – Per fortuna avevo comunque deciso di farmi togliere questo nodulo che spesso mi dà fastidio.

    – In ogni caso non c’è alcuna certezza che nel tuo seno ci sia veramente qualcosa che non va – Lorenza si protese verso l’amica – quindi potresti ancora scoprire che ti sei preoccupata per nulla.

    In realtà la meteorologa era meno ottimista di quel che mostrava, sapeva che quella mattina nell’istituto oncologico avevano fatto degli ulteriori accertamenti diagnostici e pertanto il giudizio dei medici sembrava piuttosto motivato.

    – Vorrei tanto che fosse così, ma invece sento che Gamberini ha ragione, spero solo che non mi debbano asportare il seno.

    – Ma che dici? Ammesso che durante l’operazione salti fuori qualcosa di diverso dalla ciste – a Lorenza, parlando dell’amica, risultava impossibile pronunciare la parola tumore – al giorno d’oggi risolvono tutto in maniera poco invasiva e poi nel tuo caso la cosa è stata scoperta sicuramente per tempo.

    – Questo me lo hanno spiegato benissimo, però hanno anche ipotizzato diversi scenari poco gradevoli.

    – Dai, non puoi essere così pessimista! – la meteorologa si alzò e, aggirato il tavolo, fece alzare Elena e l’abbracciò – L’amica che conosco affronterebbe la sfida senza battere ciglio e sono sicura che anche questa volta sarà così. Farai quello che andrà fatto e alla fine tutto ritornerà esattamente come prima perché sei forte e soprattutto hai una come me dalla tua parte, quindi smettila di preoccuparti, adesso raccontami come vanno le cose con Angelo.

    Parlarono e mangiarono dolci per oltre un’ora e l’argomento tumore uscì dai loro discorsi. A chi le avesse ascoltate sarebbero sembrate due care amiche impegnate soltanto a chiacchierare e scambiarsi pettegolezzi.

    Erano da poco trascorse le tredici quando un nuovo taxi giunse in piazza Sigmund Freud. Elena, senza più il libro di Alessandro Barbero che aveva lasciato in dono all’amica, prese posto a bordo e si fece condurre al proprio appartamento in via Giacomo Leopardi.

    – Accosti, mi lasci pure qui.

    L’autista si fermò accanto al marciapiede e lei scese in piazzale Luigi Cadorna. Improvvisamente si era sentita soffocare all’interno del taxi e pertanto aveva deciso di fare a piedi l’ultimo breve tratto di strada che la separava dalla meta.

    Gettò, come sempre faceva quando capitava da quelle parti, uno sguardo distratto alla scultura ago, filo e nodo che si presta a diverse interpretazioni: un richiamo alla sottostante metropolitana di cui ha i tre colori delle varie linee, un richiamo al biscione rappresentato sullo stemma di Milano, un omaggio alla laboriosità del popolo meneghino.

    Elena, pur non apprezzando in pieno quello stile d’arte, propendeva per l’ultima ipotesi.

    Una volta che l’ascensore l’ebbe portata al quarto piano del suo palazzo, aprì il portoncino blindato ed entrò in quello che, prima di innamorarsi di Angelo, aveva considerato il proprio rifugio dalla mondanità e dal lavoro.

    Ho penato per riuscire a comprare queste quattro mura nel cuore di Milano, ma se Angelo mi proponesse di andare ad abitare da lui, non esiterei un attimo a metterle in vendita.

    Dopo essersi tolta le scarpe e aver bevuto un bicchiere d’acqua, si sedette nel soggiorno illuminato da un’ampia finestra. Fuori i raggi del sole settembrino illuminavano, scaldandola, la città.

    Adesso cosa faccio?

    Con Angelo erano rimasti d’accordo che, salvo imprevisti, sarebbe ritornata a Diano Marina in serata, ma ora non era sicura di essere pronta ad affrontare il suo compagno e sua madre.

    Non temeva un loro disinteresse, anzi! Si sarebbero immediatamente preoccupati e l’avrebbero colmata di attenzioni.

    Prima però devo metabolizzare quanto mi sta succedendo e comprendere bene come lo affronterò, perché se no sarò io la prima a combinare danni.

    Si alzò di scatto e iniziò a passeggiare per la stanza sfiorando con le dita gli oggetti, ricordi di una vita, appoggiati sui mobili, per poi passare ai numerosi libri, tutti con i dorsi rilegati, che gremivano la libreria.

    Quello dove si aggirava era il locale più ampio della casa, un bel vano di cinque metri per sette con una portafinestra che si affacciava su un piccolo balcone. Il resto dell’appartamento era formato da una cucina abitabile, una camera da letto e un bagno che a suo tempo, una volta formalizzato il contratto di acquisto, aveva provveduto a far ampliare per installarvi una magnifica vasca da bagno.

    In realtà non aveva affatto bisogno di arrovellarsi troppo per afferrare qual era il problema di fondo che la stava angustiando.

    Non era spaventata dal possibile tumore che stava crescendo nel suo seno, quello era abbastanza convinta che, grazie ai progressi della medicina e alla sua forza di volontà, sarebbe riuscita a sconfiggerlo.

    Tu sei terrorizzata delle possibili conseguenze che la malattia avrà sul tuo rapporto con Angelo.

    Aveva trentanove anni e fin da ragazza era stata convinta di sapersi gestirsi da sola, affrontando con coraggio tutti i normali contrattempi che la vita riserva agli esseri umani, senza mai cedere allo sconforto e usando quei momenti difficili per rinforzare il proprio carattere. Poi però, durante un servizio televisivo effettuato in Riviera, nel suo mondo era arrivato un ispettore di Imperia, un uomo molto diverso dai soliti che abitualmente frequentava e, lentamente, l’aveva legata a sé al punto che in quel momento, la sua considerazione era in cima alla lista delle priorità che sentiva di dover affrontare.

    Non metterti strane idee in testa, lui ti ama e nulla cambierà questo sentimento. Solo tu, se inizierai a porti dei problemi assurdi, potrai rischiare di rovinare tutto.

    La ragione le diceva di correre a Diano Marina e raccontare tutto senza avere timori, ma poi subentravano i sentimenti e le sensazioni e allora perdeva ogni certezza.

    Se davvero sotto quella ciste che da mesi le dava un doloroso fastidio si nascondeva un tumore le conseguenze sarebbero state molto evidenti e lei, oltre a dover sospendere il proprio lavoro, avrebbe dovuto fare i conti con il proprio corpo che, volente o nolente, avrebbe subito dei contraccolpi.

    Quasi guidate da una volontà propria, le gambe la condussero in bagno dove si ritrovò a osservare la propria immagine riflessa nel lungo specchio appeso dietro alla porta.

    Era sempre stata consapevole di essere una donna piacente, orgogliosa dei propri seni prosperosi e sodi, come lo era dei capelli che, fin da ragazza, portava lunghi, folti e neri fin sotto le spalle, ma nei mesi seguenti, proprio quelle due caratteristiche, che considerava punti di forza del proprio aspetto, avrebbero potuto subire grandi cambiamenti.

    Angelo non si sarebbe certamente lasciato influenzare dalle conseguenze della malattia, ma lei? Lei avrebbe continuato a sentirsi all’altezza del suo amore?

    Per non farsi mancare nulla, mentre usciva dal bagno per tornare in soggiorno, ripescò dai propri ricordi l’immagine della collega del suo compagno che scendeva la scaletta della spiaggia a Oneglia.

    Gambe chilometriche perfettamente abbronzate, seni alti e sodi, occhi grandi

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