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Colonia penale
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Ebook243 pages3 hours

Colonia penale

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About this ebook

Fabio Marella, ingegnere, manutentore, subacqueo e investigatore per caso alle prese con un nuovo delitto.
In trasfer ta ma sempre aiutato dalla sua squadra investigativa, questa volta in videoconferenza, dovrà aiutare una bella poliziotta a scoprire il colpevole di un omicidio che affonda le sue radici nel passato della Sardegna e nella storia del nostro paese.
Contemporaneamente scoprirà il valore dell’amicizia anche tra sessi diversi.
LanguageItaliano
PublisherLIBRINMENTE
Release dateJul 15, 2022
ISBN9791259610409
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    Colonia penale - Massimo Torsani

    Copyright

    Copyright © 2022 Librinmente

    Design copertina © 2022 Librinmente

    Tutti i diritti riservati. È vietata ogni riproduzione, anche parziale. Le richieste per l’utilizzo

    della presente opera o di parte di essa in un contesto che non sia la lettura privata devono

    essere inviate a:

    Librinmente

    Viale Giacomo Matteotti, 19

    00053 Civitavecchia (Roma)

    Telefono 0766.23598

    Telefax 0766.23598

    ISBN-13: 979 – 12 – 5961 – 040 - 9

    Stampato in Italia - Prima edizione

    http://www.prospettivaeditrice.it

    dedica

    Alla mia amica Loriana

    epigrafe

    …se non sono gigli son pur sempre figli vittime di questo mondo.

    Fabrizio De André

    Con me vita gioca tanto

    David Grossman

    Sfortunato chi ha perso tutto questo!

    Washington Irving

    Capitolo 1

    Hai bisogno di una vacanza!.

    Ma dai, Enzo. Adesso che abbiamo chiuso il campeggio torno a casa, a Spoleto. Lì penserò alle vacanze.

    Dietro alla sua scrivania, De Rosa non sembra un vicequestore della polizia di stato. Lo diresti piuttosto un funzionario di una compagnia assicurativa che vuole venderti una polizza oppure un preside intento a farti una ramanzina. È difficile pensare che dietro quell’apparenza comune si celi una mente freddamente analitica, capace di guardare al di là dell’ovvio e di svelare le più intricate trame criminali senza scendere a compromessi, neppure verso i suoi superiori. È per un motivo del genere che è stato trasferito qui in Sardegna dalla sua amata Napoli e che ora dirige il commissariato di Tortolì. Sono contento di ricordare che in qualche occasione gli sono stato di aiuto nel suo lavoro.

    No, Fabio, dico sul serio. Qui ed ora. Ti servirà per evitare di continuare a rimuginare su quello che è accaduto e che non hai potuto impedire.

    Diciamolo chiaramente, allora: su quello che ho causato non credendoLe, non fidandomi di Lei a causa della mia stupida gelosia, e che L’ha portata alla morte. Sì, perché è come se quel grilletto l’avessi schiacciato io gli rispondo agitandomi, alzando la voce e gesticolando.

    Lo vedi: hai bisogno di divagarti, di occuparti di altro, di non continuare a rimuginare pensando e dicendo sciocchezze del genere.

    E dove dovrei andare secondo te? gli domando.

    A Castiadas.

    A Castiadas? E perché proprio lì.

    Perché non è lontano da qui, è un posto molto bello e molto diverso da questa zona, … e poi perché lì avresti qualcosa di cui occuparti.

    Lo squadro sorridendo e con tono ironico: Ecco che arriviamo al punto, potevi anche saltare i preliminari e chiedermi subito quello che ti serve. Volta la testa imbarazzato e con la mano tamburella sul piano.

    Beh, ecco: ci sarebbe una cosa che potresti fare per me e ti sarebbe molto utile per distrarti.

    Mi guardo intorno: la luce che entra dalla finestra illumina una stanza anonima, contenente, oltre la scrivania, la poltrona dirigenziale ed altre due poltroncine, due classificatori appoggiati al muro ed uno scaffale contenente libri assortiti di criminologia. Unico elemento dissonante: un dipinto ad olio. Una veduta del golfo di Napoli con il consueto pino marittimo, ormai abbattuto da tempo, ed il Vesuvio sullo sfondo. Sicuramente un tentativo di lenire la sua nostalgia.

    E cosa dovrei fare in quel luogo dimenticato da Dio? Sono passato di lì esclusivamente, percorrendo la strada a scorrimento veloce, per andare a Villasimius. A quanto mi risulta di rilevante in quella zona c’è solo la speculazione turistica di Costa Rei.

    C’è molto di più di quello… e c’è un cadavere ritrovato in un fosso.

    Ah, no! Di nuovo cadaveri no! Ho chiuso con queste cose. I morti hanno la cattiva abitudine di ostinarsi a rimanere morti, soprattutto quelli che qualcuno ha reso tali prima del tempo.

    Questo cadavere è stato ritrovato in campagna, in un fosso asciutto, con la gola tagliata ed un numero inciso sul braccio nudo. La mia collega ed amica ispettore di polizia, a cui sono state affidate le indagini, non ne cava un ragno dal buco e mi ha chiesto aiuto.

    Come mai tutto questo incaponimento? Non è certo inconsueto che un delitto rimanga irrisolto.

    "Vedi Fabio, la mia amica è l’unica donna nel commissariato di Quartu Sant’Elena, competente per zona, e le è stato affidato questo caso proprio perché a prima vista ritenuto impossibile da risolvere. La cosa fa parte della guerra che le stanno facendo colleghi e dirigenti a causa del suo sesso e della sua indubbia bravura: cercano di sminuirla affidandole casi banali o, al contrario, casi impossibili. Per lei è diventato un punto d’onore riuscire a trovare il colpevole nonostante le difficoltà oggettive e l’inettitudine del magistrato a cui il caso è stato assegnato".

    Ed io cosa dovrei fare? Arrivare, guardarmi intorno, consegnare il colpevole legato mani e piedi alla tua amica e tornarmene qui? Per chi mi hai preso, per Hercule Poirot?.

    Enzo mi guarda fisso, sorridendo con affetto: No Fabio. Tu te ne vai lì per qualche giorno in vacanza. Ti divaghi e ti guardi intorno. Se poi riuscissi ad essere di aiuto a Mara tanto di guadagnato. Tra l’altro è una persona che vale la pena di conoscere.

    Enzo, lo sai che in questo momento non me la sento certo di interessarmi ad una donna.

    "Infatti, io ho detto persona, non donna, anche se lo è sicuramente e non si può fare a meno di notarlo. Ha alle spalle una storia un po’ particolare, che sarà lei a raccontarti se lo riterrà opportuno, che rende anche lei poco interessata a cercare un rapporto con un uomo, quel tipo di rapporto. Ma è una persona… ecco: che vale la pena di conoscere".

    Mi rilasso sulla poltroncina ed annuisco: Va bene, mi hai convinto, però vado lunedì perché la mia nipotina è tornata per il fine settimana e domani voglio passare la giornata con lei, prima che parta per tornare a scuola.

    Va bene, sono contento che tu abbia accettato. Ci sentiamo lunedì per telefono, così ti do il numero di Mara e ti combino l’appuntamento. Dai un bacione a Barbara da parte mia.

    Esco dal commissariato e salgo sul mio vecchio fuoristrada. Attraverso la zona industriale di Arbatax, monumento al mancato sviluppo industriale dell’isola, o per lo meno dell’Ogliastra, ed imbocco la statale orientale per raggiungere il campeggio ed andare a pranzo. Di fronte a me, a mezza costa del monte, Baunei, illuminata dal sole; a destra il golfo di Arbatax, con al centro i due isolotti con le rocce rosse. I turisti ormai sono partiti quasi tutti e la statale è pressoché vuota. Entrato a Lotzorai giro a destra e raggiungo l’ingresso del camping Le Ricciole. Il cancello è chiuso, come il campeggio, e quindi lo apro con il telecomando.

    Davanti alla reception Annalisa, amica e collega, mi ferma e mi avverte: Fabio, prima che mi dimentichi: stasera alle sei c’è la riunione dei soci.

    Grazie Annalisa e scherzando: dammi l’elenco delle riparazioni da fare per oggi.

    Per fortuna per quest’anno abbiamo finito. Ci voleva proprio: sono stanca. Gli elenchi della manutenzione ricominciano la prossima stagione mi risponde concludendo con una risata.

    Ci vediamo a pranzo la saluto e vado a parcheggiare davanti alla mia casetta: tanto, a campeggio chiuso, non vige più il divieto di entrare in pineta con l’auto. La mia casetta: il luogo in cui trascorro una metà, anche di più, dell’anno lavorando qui come manutentore e, da quest’anno, anche investigatore a tempo perso. Certo che, quando mi hanno conferito la laurea in ingegneria, non avrei mai pensato di finire a fare questo lavoro. D’altra parte, metà dell’anno in Sardegna e metà in Umbria, nella casa lasciatami dai miei genitori, non è per niente una brutta vita. Se non fosse…".

    Peste, la mia cagnetta, mi attende per farmi le feste: è tutta felice perché, ora che il campeggio è chiuso, è totalmente libera e può scorrazzare a piacimento. Dopo averla debitamente accarezzata, salgo nella verandina, apro il frigo, mi verso un bicchiere di prosecco e mi siedo a guardare il mare sgranocchiando pistacchi.

    Andando a tavola, su al ristorante del campeggio, ora ovviamente chiuso anche questo, incontro Francesca.

    Ciao cognatina, allora riunione stasera?. Francesca, oltre ad essere la sorella della mia ex moglie, è il direttore nonché genio finanziario del campeggio.

    Sì Fabio, l’ultima della stagione. Te la senti di partecipare?

    Certo che me la sento, è mai stato il contrario?.

    Beh, le ultime volte eri presente fisicamente ma il tuo contributo è stato inferiore a quello del tavolo, che almeno sosteneva i bicchieri e le carte. Da quando è successo….

    Alt Francesca! Cambiamo argomento. La vedo scuotere la testa ma poi assentire. Senti, parlando d’altro, dov’è tua figlia?.

    Sta arrivando. A proposito, la trovo un po’ strana in quest’ultimo periodo…

    Sarà per la lontananza dal suo bello? le domando con tono malizioso, sapendo quanto sia sensibile a quell’argomento.

    Non credo, perché i primi giorni che Matteo è partito, col fatto di sentirlo continuamente tra WhatsApp e Facebook, era tutta allegra. Da un po’ di giorni mi sembra cambiata. Forse con te si aprirà di più. Prova a parlarle.

    Certo! Lo sai che è la mia nipotina preferita.

    Bella forza: è l’unica che hai.

    Mi hai capito.

    Dopo mangiato faccio cenno a Barbara di seguirmi e torno alla mia casetta. Mentre preparo un limoncello per me ed un bicchiere di aranciata per lei, Barbara gioca con la sua omonima. Sì, perché spesso la chiamo Peste, anzi quel nome al cane l’ho dato perché già chiamavo così lei. Ci sediamo sul dondolo e le domando: Come va Papera?.

    Come vuoi che vada? Io a scuola vado volentieri, lo sai. Certo che avrei preferito restare al mare qui con te.

    Ma anche a Sassari puoi andare al mare.

    Ma non è la stessa cosa. A proposito: domattina mi porti a fare un’immersione? Ho già guardato le previsioni ed il mare dovrebbe essere abbastanza calmo per uscire con il gommone.

    Va bene bimba, ci hai proprio preso gusto vero?.

    Ha cominciato all’inizio dell’estate, prendendo il brevetto open junior nonostante fosse giovanissima, dodici anni, e da allora ha dimostrato le sue capacità, finendo per collaborare, non ufficialmente, con i ragazzi del diving interno al campeggio.

    Domattina alle nove alla darsena. E adesso dimmi: come ti butta? E con Matteo come va?. Fa una smorfia, dubbiosa.

    Non lo so, zio. Così e così. I primi giorni, quando è andato a Roma col quasi nonno, Nando lo zio di suo padre, era entusiasta di tutto: mi chiamava e mi contattava venti volte al giorno, ansioso di raccontarmi tutte le novità. Del resto per lui, cresciuto in Svizzera, Roma deve essere un mondo a parte.

    E poi cosa è successo? le domando incuriosito.

    Non lo so se è successo qualcosa….

    "Sia"

    "Come, sia?".

    "Si dice sia successo, non è successo: usa il congiuntivo, che non stai studiando per diventare giornalista o politico".

    "Va bene, uffa! Non so se sia successo qualcosa, va bene così? Sta di fatto che ha cominciato a mostrare meno entusiasmo e le chiamate si sono diradate. Non lo so, ma qualcosa non mi convince. E poi mi sento sola".

    Le accarezzo una guancia: Sai bimba, è molto difficile portare avanti un rapporto a distanza, soprattutto alla vostra età. Comunque ci possono essere mille spiegazioni: è preso da quello che fa; ha cominciato la scuola e deve inserirsi in un ambiente nuovo; magari ha nostalgia di Ginevra, della sicurezza che comunque dà la casa in cui sei nato, anche se sei stato trascurato dai genitori.

    Si alza scuotendo i capelli: Forse hai ragione zio. Senti, stasera mi porti a mangiare una pizza?.

    Va bene Peste: andiamo dopo la riunione.

    Adesso ti rubo il cane, ciao! e se ne va seguita dall’altra Peste.

    La mattina dopo, alla darsena, la trovo già lì che sta caricando la sua attrezzatura sul mio gommone. Carico anche la mia, comprese le cinte dei piombi e le bombole di entrambi che ho preso nel magazzino del diving, ed avvio il motore. Percorro il canale di lancio a bassa velocità, nonostante lì intorno non ci sia anima viva, e mi avvio in mare aperto. La giornata è bellissima: c’è solo una lieve brezza da nord est ed il gommone procede veloce sul mare appena increspato. Giunti al gavitello che segnala il punto di immersione che abbiamo scelto, ormeggio l’imbarcazione e ci prepariamo. Barbara è sempre molto precisa nel sistemare e controllare l’attrezzatura: è indice di notevole maturità, cosa che spesso molti adulti non hanno. Tanta gente affronta il mare, un’immersione, come fosse un giro in metropolitana in città. Non vogliono capire che il mare non è un ambiente creato dall’uomo e protetto e non si rendono conto che la subacquea è una cosa semplicissima e priva di problemi… finché tutto va bene. La rarissima volta che qualcosa va storto semplicemente ci si lascia la pelle. E non vale pensare che tanto ci si immerge con il personale di un diving e che pensano a tutto loro. Possono essere anch’essi incompetenti, un brevetto non è garanzia di serietà, e comunque non si affida la propria vita a nessun’altro che a sé stessi.

    Barbara, adesso il controllo incrociato. Controlliamo ognuno l’attrezzatura dell’altro, per sicurezza, poi gettiamo in acqua le bombole, assicurate con una sagola e tenute a galla dai giubbotti equilibratori gonfiati, e ci tuffiamo. Indossati i respiratori iniziamo a scendere, seguendo la cima che ancora il gavitello. Mando avanti la mia nipotina e la seguo. Ammiro l’eleganza con cui si muove, che non ha nulla dei movimenti impacciati di una principiante, l’economia di movimenti e la sicurezza che esprime. Diventerà sicuramente qualcuno in quest’attività, se continuerà. Giunti quasi alla fine della cima ci fermiamo, passo avanti io che conosco meglio il posto, e procediamo nel percorso consueto di questa immersione. Superata una prateria di posidonie entriamo in un canyon le cui pareti distano un paio di metri l’una dall’altra e che sprofonda per un bel pezzo sotto di noi. Dopo una curva, un branco di dentici, disturbati dalla nostra presenza, si allontana rapidamente, con un guizzo delle code: alcuni sono veramente grandi. Da un buco nella roccia appare la testa di una grossa murena e la mostro a Barbara. Lei, di rimando, mi indica una bella aragosta nascosta in un anfratto. Lì sotto non siamo isolati, ma comunichiamo egregiamente con il sistema di segnali gestuali codificato nella subacquea, a cui ne abbiamo aggiunti diversi concordati tra noi due. Per le comunicazioni più impegnative abbiamo ciascuno una lavagnetta subacquea con penna.

    Meno male perché si presenta subito l’occasione di usarla, quando la peste sottomarina mi mostra uno strano essere e mi chiede spiegazioni. In effetti si tratta di un animale singolare: sembrava una massa informe di colore bruno, librata sopra uno scoglio coperto di alghe, quando ad un tratto ha spiegato quelle che sembrano un paio di ali, da un corpo lungo una ventina di centimetri e si è allontanata sembrando volare. Scrivo sulla lavagnetta che si tratta di una lepre di mare, un mollusco gasteropode particolare, poco conosciuto. Lo seguiamo e le mostro la conchiglia trasparente che si porta appresso.

    Mentre siamo intenti ad osservarlo, un’ombra enorme oscura la luce del sole che traspare sopra di noi. Barbara si getta spaventatissima fra le mie braccia mentre io mi riprendo dall’emozione e le faccio cenno di tranquillizzarsi perché non si tratta di un pericolo. È solo un evento raro: siamo stati avvicinati da uno squalo elefante. Riesco a tranquillizzare la Paperina che lo segue con gli occhi sbarrati, mentre ci sopravanza immergendosi in una fossa, la bocca enorme completamente spalancata per catturare il plancton di cui si nutre, come ho scritto sulla lavagnetta, e le lunghissime fessure branchiali. Sarà lungo nove o dieci metri: uno spettacolo emozionante. Ed in effetti la mia nipotina trema tra le mie braccia mentre l’inoffensivo mostro passa vicino a noi e si allontana pigramente.

    Ritornati in superfice le chiacchiere di un’eccitatissima nipotina minacciano seriamente le mie orecchie e si prolungano per tutto il rientro.

    Nel pomeriggio, mentre sto caricando in auto l’attrezzatura subacquea, intendo cercare di fare qualche immersione in questa vacanza, sento alle mie spalle un saluto da una voce familiare: As Salam Aleikum fratello.

    Girandomi rispondo: Aleikum as salam Youssuf, come stai? E Chadia, e i bimbi?.

    Sto bene grazie. I bimbi sono a scuola, a Rabat e sento Chadia per telefono: a proposito mi ha detto di salutarti. Quella donna non è abbastanza modesta, si occupa un po’ troppo di altri uomini.

    Detto questo cosa vuoi fare? Vuoi sbudellarmi gridando inshallah? Smettila di far finta di essere un integralista, che con me non attacca.

    Sei sempre il solito senza dio, non so perché mi ostini a frequentarti.

    Forse perché siamo amici?. In effetti lo siamo da tanti anni, siamo anche stati al suo matrimonio, io e Sofia, prima che….

    Senti, cosa stai facendo, torni a casa tua in continente?.

    No, vado a farmi qualche giorno di vacanza. Tu invece quando parti?.

    Il lavoro è finito per questa stagione, dopodomani torno in Marocco.

    Senti, ma perché, adesso che anche tua moglie ha la cittadinanza italiana, non vi stabilite a vivere qui anche l’inverno?

    Mi guarda inclinando leggermente il capo e mi parla come si farebbe con un bambino ritardato: Fabio, tu stai bene qui, a casa tua, in Italia?.

    Ingenuamente rispondo: Si!.

    Beh, casa mia sta là! Hai capito? Piuttosto, dove vai in vacanza?.

    A Castiadas, perché?.

    Bene: perfetto! Ascolta: andresti a trovare mio cognato Aziz al suo negozio a Villasimius?

    Avevo già pensato di passare a trovarlo ma da come lo dici mi sembra di capire che ci sia qualche motivo particolare. A proposito, ma la vuoi qualche cosa da bere?.

    Un bicchiere d’aranciata, grazie. Ci spostiamo sulla veranda e ci sediamo al tavolo, lui con l’aranciata, io con la mia solita spremuta di frutta, uva, fermentata, leggasi vino.

    Senti riprende, penso sia meglio che te ne parli lui. Comunque, sì, ha qualche problema e spera che tu lo possa aiutare.

    Terminiamo di bere chiacchierando e ci salutiamo con un lungo abbraccio e con la mia promessa, rinnovata, di andarlo a trovare questo inverno:

    Ma non come dici sempre che poi non lo fai si raccomanda.

    Saluto anche Barbara che parte per Sassari, dove domattina l’attende la scuola, e Francesca e Michele che partono con lei. La stagione è davvero finita. Tornato alla casetta annaffio i miei peperoncini piccanti da compagnia e confido loro come mi sento ed i miei programmi. Sono comprensivi e disponibili ma preoccupati per la mia assenza. Rivelo loro che ho preso accordi perché qualcuno li innaffi. Mi rispondono che non è la stessa cosa.

    Capitolo 2

    Saluto Peste e la lascio a Sanneh, il nostro fido tuttofare che rimarrà in campeggio ancora per un mese. Poi, con le ferie, tornerà in Senegal e, se tutto andrà bene, riporterà qui la moglie e le figlie.

    Non ti preoccupare Fabio mi dice con quel suo buffo accento, il tuo cane ed io siamo diventati amici e non sarà certo un problema occuparmene.

    Per Sanneh non esistono problemi: per uno che a

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