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La sauna. Le indagini di Fabio Marella
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La sauna. Le indagini di Fabio Marella

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About this ebook

Un’altra indagine del manutentore che investiga, Fabio Marella. Una vicenda che affonda le sue radici nel passato remoto della vittima, quando ancora questa non era nata. Una girandola di colpi di scena che condurranno ad un finale a sorpresa.
Il nostro eroe sarà coadiuvato dalla nipotina e dai soliti amici.
Contemporaneamente al dipanarsi della vicenda principale, storie di sospetto e tradimento e di maturazione di giovani ed anziani. Tutto nel contesto di un’isola magica, presa d’assalto dai turisti e follemente amata da chi la frequenta, nativi e non: la Sardegna.
LanguageItaliano
PublisherLIBRINMENTE
Release dateJul 14, 2022
ISBN9791259610393
La sauna. Le indagini di Fabio Marella

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    La sauna. Le indagini di Fabio Marella - Massimo Torsani

    Copyright

    Copyright © 2022 Librinmente

    Design copertina © 2022 Librinmente

    Tutti i diritti riservati. È vietata ogni riproduzione, anche parziale. Le richieste per l’utilizzo

    della presente opera o di parte di essa in un contesto che non sia la lettura privata devono

    essere inviate a:

    Librinmente

    Viale Giacomo Matteotti, 19

    00053 Civitavecchia (Roma)

    Telefono 0766.23598

    Telefax 0766.23598

    ISBN-13: 979 – 12 – 5961 – 039 - 3

    Stampato in Italia - Prima edizione

    http://www.prospettivaeditrice.it

    dedica

    Dedicato a Claudia

    Epigrafe

    Lei sa che ogni letto di sposa

    è fatto di ortica e mimosa ...

    Fabrizio De André

    ¿Por qué te perdì por siempre

    en aquella tarde clara?

    Hoy mi pecho està reseco

    Como una estrella apagada.

    Federico Garcia Lorca

    Un giorno dopo 1/3

    Ciao Fabio, come va? Disturbo? Ho bisogno di un favore.

    Alzo la testa dal banco di lavoro, dove sono allineati vari utensili elettrici parzialmente smontati, e mi volto verso l’ingresso dell’officina:

    Dimmi pure Eligio, buongiorno.

    Ieri sera ho calato i palamiti abbastanza a largo. Volevo fare l’ultima pescata perché dopodomani parto, ho il traghetto prenotato, e quindi più tardi devo tirate in secca la barca per avere il tempo di lavarla. Del resto, il campeggio chiude tra qualche giorno. Stanotte però si è alzato un forte maestrale. Non me lo aspettavo. Pur essendo un vento da terra, fuori ci sono delle onde belle grandi. La mia barca è piccolina ed io non sono molto esperto. Mi accompagneresti con il tuo gommone che è migliore, e poi tu sei più bravo in mare. Ti prego. Vorrei recuperare almeno l’attrezzatura. Il pesce che ricaviamo dai palamiti te lo regalo. So che stai lavorando ma ho assoluto bisogno. Ti prego… tutto questo ad un ritmo incalzante e quasi con le lacrime agli occhi.

    Basta lo interrompo. Ho capito. Quello che sto facendo lo posso rimandare, e non devi regalarmi nulla. Ci vediamo tra un quarto d’ora alla darsena.

    Grazie, grazie! Sei un vero amico. Non lo dimenticherò. Se hai bisogno di qualcosa… lo interrompo di nuovo mettendogli una mano sulla spalla:

    Non ricominciare. Stai tranquillo. Non mi devi nulla. A tra poco. Spengo la luce ed esco dall’officina. Del resto, non ho particolarmente fretta di finire il lavoro. Manutenzione ordinaria: revisione delle attrezzature visto che stiamo per chiudere la struttura, di cui sono socio e tra l’altro, manutentore, e volevo portarmi un po’ avanti.

    Passo davanti la direzione e avverto Annalisa, la nostra receptionist nonché socia de Le Ricciole S.r.l. campeggio e villaggio turistico in quel di Lotzorai, Ogliastra, Sardegna, che sto uscendo in barca. Le chiedo anche di chiamare Barbara e di dirle di venire al mio gommone tra dieci minuti. Barbara è la mia adorata nipotina, oltre che mia assistente in barca, sul lavoro e, se la lascio fare, anche nei miei affari di cuore, di cui si impiccia regolarmente.

    Attraverso la pineta fino alla mia casetta. Ne esco con pantaloncini e maglietta al posto della tuta da officina, do un’occhiata al mare che si vede dalla veranda e constato che, in effetti, appena poco lontano dalla riva si fa minaccioso. Poco male, sono uscito in condizioni molto peggiori.

    Alla darsena mi aspetta Eligio, in ansia. È vestito come nella pubblicità di un negozio di pesca: salopette impermeabile con stivali, cappello floscio a tesa larga, enorme retino da pesca con manico telescopico in una mano e cestello porta pesci rigido nell’altra. Nel frattempo, si precipita Barbara, correndo con tutto l’entusiasmo dei suoi dodici anni cresciuti tutte le estati al mare e trascorsi, da quando era alta un soldo di cacio, in barca con me. Anche lei è abbigliata stranamente, come se andasse ad una festa in maschera: costume da bagno a mezze maniche con i volant, cuffia da bagno plissettata e ciambella con la paperella alla vita.

    Chiedo loro: Ma come vi siete conciati? Andate ad una festa in maschera?.

    Mi risponde Barbara ansimando: Ma zio, c’è mare mosso come se questo spiegasse tutto. Tralascio e li faccio salire sul gommone mentre sciolgo gli ormeggi. Salgo a bordo anch’io, avvio il motore e lo dirigo verso il canale di lancio. Come al solito rimango un attimo ad ammirare il panorama di cui non mi sazio mai: a sinistra Santa Maria Navarrese con la spiaggetta, gli olivastri e la vecchia torre edificata per l’avvistamento dei pirati moreschi. A destra il promontorio che racchiude il porto di Arbatax e di fronte a noi gli isolotti di roccia rossa, illuminati dal sole alle nostre spalle. Distrattamente penso che sia strano, visto che di mattina il sole dovrebbe sorgere dal mare, ma sono impegnato al timone, visto che, superato il primo tratto vicino riva, il mare si mostra sempre più agitato. Concentrato nella guida, sento appena la voce di Barbara che mi chiama: Zio Fabio, zio Fabio!.

    Mi volto e vedo il suo sguardo terrorizzato ed il braccio proteso che indica, dietro di noi, a poppa, un’onda gigantesca che sta per rovesciarsi sul gommone. Stringo forte il timone e… stringo tra le braccia il cuscino mentre apro gli occhi e continuo a sentire la voce che grida: Zio Fabio, zio Fabio….

    Mi alzo dal letto, strofinandomi gli occhi, esco dalla camera ed apro la porta della mia casetta, mentre Barbara grida: Finalmente, non riuscivo a svegliarti.

    Incidentalmente noto che ora è vestita normalmente, con pantaloncini e top. È sempre carina la mia nipotina. Lo era anche nel sogno, quando era abbigliata come in un film muto.

    Zio Fabio, finalmente! Sbrigati, devi uscire subito. Ha chiamato Marcello Deiana e devi andare immediatamente da lui: era agitatissimo. Ha detto che si tratta di un’emergenza. Ti accompagno.

    La guardo con aria seccata e le rispondo: Tu non accompagni nessuno. Se si tratta di un’emergenza non è il caso di avere una bambina tra i piedi!.

    Impazzisco per Barbara ma mi piace anche punzecchiarla. Poi sono ancora stranito per essere stato svegliato bruscamente e con qualcuno me la devo prendere.

    Mi guarda con sussiego: Non sono una bambina e quando avrai bisogno di aiuto me lo dovrai chiedere in ginocchio.

    Si volta e se ne va a passo di marcia, tenendo al guinzaglio il mio cane di cui si occupa tutte le mattine. È proprio un peperino la mia bimba. Rientro in casetta, faccio una rapidissima doccia, mi vesto con le prime cose che mi capitano sottomano ed esco. È una bella mattina, il mare è calmo, non c’è vento ed il sole è sorto regolarmente ad est. In spiaggia ancora pochissimi bagnanti mattinieri e nella pineta un quieto silenzio. Ancora per poco perché in agosto il campeggio è pieno.

    Al parcheggio prendo il mio vecchio fuoristrada e, passando davanti alla reception, avverto Annalisa che sto uscendo: Dillo anche a Francesca. Tanto per il momento ho visto che non ci sono lavori da fare per me. Per favore chiama Marcello e digli che sto arrivando.

    Francesca è la mia cognatina, mamma di Barbara, socia e direttrice del Villaggio Campeggio Le Ricciole, come recita il cartello posto al lato del cancello da cui sto uscendo.

    Non ci sono tante auto in strada a quell’ora ed arrivo subito all’ingresso del Sa Tanca. La struttura nostra concorrente in realtà concorrente non lo è poi molto, visto che si colloca ad un livello molto più alto del nostro modesto campeggio. In realtà è poco campeggio e molto di più un resort, con piscine, sauna, massaggi, centro estetico e tutto il resto necessario a soddisfare una clientela facoltosa. Non è poi gestito come il nostro, quasi familiarmente, ma fa parte di una holding che possiede altri campeggi, villaggi ed hotel in Sardegna, di proprietà di una ricca famiglia sarda: i Murru.

    Alla reception mi attendono Marcello ed il direttore. Il primo è un mio caro amico ed in un certo senso collega visto che si occupa della manutenzione della struttura. Col direttore invece, non ho molta familiarità. Naturalmente so che si chiama Pino Rossi, è torinese, trapiantato da molti anni in Ogliastra ed è sposato con una componente della famiglia Murru: credo si chiami Gavina. L’ho incontrato qualche volta a riunioni a cui ho accompagnato Francesca, ma non credo di averci parlato più di quattro o cinque volte e sempre di questioni di lavoro. Non ho mai visto la moglie né tantomeno qualcuno dei suoi datori di lavoro: i Murru che dirigono la holding di famiglia.

    Noto che sono entrambi molto agitati, anzi il Rossi pare veramente sconvolto. Saluto con una pacca sulla spalla Marcello e stringo la mano al direttore che mi ringrazia ripetutamente della sollecitudine mentre continua a scuotermi su e giù il braccio. Mi rivolgo a lui come Dottor Rossi ma mi interrompe subito, concitato: La prego, bando alle formalità. Se per lei va bene diamoci del tu e mi chiami pure Pino.

    Va bene Pino: sono qui. Cosa è successo di così grave? Un grosso guasto all’impianto elettrico? Il depuratore si è fermato?.

    Peggio, molto peggio mi risponde. L’abbiamo chiamata, anzi ti abbiamo chiamato perché hai risolto quel caso di omicidio in cui era rimasto coinvolto tuo cognato e sei riuscito a farlo scagionare trovando il vero colpevole. Poi sei amico del vicequestore di Tortolì. Tutto questo mentre mi hanno preso ognuno per un braccio e mi stanno guidando dentro la struttura. Attraversiamo un vialetto alberato costeggiato da bungalow. È un’architettura molto bella, in stile moresco: pareti con intonaco a buccia d’arancia imbiancato a calce, tetti piatti con merlature arabescate ed infissi azzurri, tipo il paese di Sidi Bou Said vicino Tunisi. Tra gli alberi, più avanti, si intravede il mare. Ci fermiamo all’ingresso di una piccola struttura, tra aiole di fiori. Sopra la porta una scritta recita: Sauna e Massaggi.

    Mentre Pino, scusandosi, non oltrepassa la porta, Marcello mi conduce dentro e inizia a raccontare: Stamane molto presto l’addetta alle pulizie mi ha chiamato: entrata nell’edificio per pulire ha trovato la sauna con la porta chiusa dall’esterno ed il pannello di comando del riscaldamento interno acceso, con il regolatore di temperatura puntato sul massimo. Mi ha avvertito perché la cosa le è sembrata molto strana. Ha pensato ad un qualche tipo di guasto o ad un mio intervento di manutenzione. L’ho trovata molto strana anch’io e per prima cosa, come mia abitudine, ho fotografato la porta ed il quadro comandi. Poi ho aperto ed ho trovato…. Si interrompe, mettendo le mani sugli occhi con aria affranta. Ecco guarda tu stesso ed apre la porta della sauna.

    Dentro un corpo femminile disteso a terra, supino, con le gambe scomposte ed un braccio sotto la testa, i capelli rossi disposti intorno al capo come un’aureola. Indossa un paio di ciabattine ed una vestaglietta. Faccio un passo indietro sconvolto ed anch’io mi metto le mani sugli occhi. Poi lo interrogo: A quel punto cosa hai fatto?. Intanto usciamo e ci riuniamo a Pino.

    Ho soccorso la cameriera che stava per svenire. Poi ho telefonato al direttore, che è arrivato dopo una mezz’ora. Intanto siamo usciti dall’edificio. Il tempo che ci vuole per lavarmi, vestirmi ed arrivare da casa mia. Abito in campagna, vicino Ardali. Marcello non mi ha spiegato nulla. Ha solo detto di venire urgentemente. Ma io lo conosco e so che non è tipo da agitarsi senza motivo e ti assicuro che al telefono sembrava molto agitato. Così mi sono affrettato. Ho anche fatto rumore e svegliato mia moglie che stava dormendo nella stanza accanto alla mia. Appena arrivato, Marcello mi ha messo al corrente del macabro ritrovamento. Ho riconosciuto subito la ragazza: una cliente arrivata qualche giorno fa. Si è coperto il volto e sta singhiozzando. Poi si riprende: "Era la prima volta che veniva qui da noi. Dio mi perdoni, ho pensato subito: Adesso ci mettono tutto il Sa Tanca sotto sequestro. L’ho detto a Marcello che mi ha suggerito di chiamare te: hai esperienza di queste cose e poi sei amico del vicequestore. Stranamente la preoccupazione di Pino per il destino della struttura da lui diretta mi suona falso. Li fisso, prima uno poi l’altro, e scuoto la testa. Poi intervengo rivolto a Marcello: Mezzora per fare arrivare il direttore. Poi una mezzora perché arrivassi io. Insomma, hai trovato un cadavere, è passata un’ora ed ancora non hai chiamato la polizia. Questo è grave e certo non ne saranno contenti".

    Mi guarda implorante, come pure Pino ed entrambi mi dicono, quasi in coro: Fabio, cosa dobbiamo fare?.

    Assumo un tono pratico e rispondo: Dobbiamo subito chiamare la polizia. Pino, molto probabilmente apporranno i sigilli solo a questo edificio, ma preparati al fatto che la polizia possa interrogare i tuoi ospiti e magari limitarne gli spostamenti. Ci penso io a chiamare De Rosa, il vicequestore.

    Pino mi ringrazia ancora e chiarisce: La mia paura è solo che possano mandare a casa tutti. Se il Sa Tanca rimane aperto andrà tutto bene. Non conosci abbastanza la gente, Fabio. Saranno tutti felici di essere coinvolti in un caso poliziesco. Magari qualcuno verrà anche intervistato dai giornalisti e qualcun’altro finirà in televisione. Potrei perfino alzare le tariffe. Lo guardo esterrefatto, poi però penso che in fondo non abbia tutti i torti.

    Comunque, chiamo De Rosa che, ascoltata la mia descrizione dei fatti, mi intima di rimanere lì insieme agli altri che lui arriverà in un quarto d’ora. Riferisco a Marcello e Pino e domando loro: Toglietemi una curiosità. Ma la sauna è aperta anche di notte?.

    No risponde Marcello. Di notte non ci viene nessuno. E poi la porta è chiusa. Infatti, stamane la donna delle pulizie l’ha aperta con la chiave.

    E chi la chiude la sera?.

    Nessuno interviene Pino. La porta di giorno è aperta e fissata al muro. La sera l’ultimo che la utilizza la chiude semplicemente sbattendola. Poi per riaprirla ci vuole la chiave. Ogni sera verso le dieci, prima di andarmene a casa, passo a controllare nel caso fosse ancora aperta. Ieri sera l’ho trovata chiusa.

    Allora il delitto è sicuramente avvenuto dopo le diec8i e l’assassino deve aver avuto la chiave? domando.

    No, perchè Pino controlla guardando da lontano: quindi non può aver visto se la sauna era accesa risponde Marcello.

    Allora gli chiedo se mi permette, intanto che aspettiamo, di dare un’occhiata alla stanza della ragazza. Acconsente, dice a Marcello di accompagnarmi e ci avviamo. Non so perché ho fatto quella richiesta. Forse pensando di essere un vero investigatore privato, un Philip Marlowe. Fabio Marella a mo’ di Humphrey Bogart, con tanto di impermeabile, cappello, sigaretta. Magari con le frasi celebri di quest’ultimo, che ho sempre sognato di pronunciare: - Dove sei stato ieri sera? – È passato tanto tempo, non me ne ricordo. – Ci vediamo stasera? – Non faccio mai piani in anticipo.

    Innanzitutto, per fare l’investigatore privato mi mancano l’esperienza, la licenza e l’impermeabile. Poi non fumo. Infine, entrando in quella stanza potrei compromettere il lavoro della polizia scientifica che sicuramente la controllerà. Però, in qualche modo, sento confusamente di doverlo fare. Vedere quel corpo senza vita di una ragazza giovane e bella deve avermi impressionato più di quanto pensassi. Più del naturale orrore di fronte allo spettacolo di una morte violenta. Mi accorgo che la mia mente ha lavorato sommersa, ricostruendo, da quel cadavere, l’immagine di una persona viva, allegra, sorridente. Una miriade di interrogativi mi si pongono: chi era, per quale motivo era giunta fin qui, quali erano i suoi sogni e chi e perché li aveva spezzati così ferocemente. Ho bisogno di sapere e forse in quella stanza posso trovare qualcosa che soddisfi la mia ansia di comprendere. Però non voglio danneggiare il lavoro della polizia, quindi chiedo a Marcello un paio di guanti usa e getta che indosso mentre mi conduce al bungalow.

    È una struttura ad un solo piano con un arco che introduce in un patio, circondato da un porticato, su cui si affacciano una dozzina di porte: probabilmente di altrettante camere. Al centro del patio, in un’aiola, una fontanella rotonda con sopra una statuetta da cui gorgoglia un getto d’acqua. Un po’ kitsch per i miei gusti, ma sicuramente rilassante. Pino si è avviato all’ingresso per aspettare la polizia e Marcello ha con sé un passe-partout con il quale si dirige ad una di quelle porte. Lo fermo, mi faccio consegnare la chiave, apro la serratura e spalanco la porta. All’interno una normale stanza d’albergo: letto a due piazze, comodini, armadio, scrivania e sedia. Le imposte sono chiuse e la stanza è in penombra. L’aria condizionata è accesa. La stanza è molto disordinata: abiti, biancheria intima e scarpe sparpagliati dappertutto, dépliant, riviste, spazzole e creme varie sui comodini e sulla scrivania. Il tutto restituisce l’immagine di una ragazza spontanea e solare, allegra e confusionaria. Almeno questa è la sensazione che mi comunica. Sulla scrivania un portaritratti con la foto di una bella signora e di una bambina molto somigliante sia alla donna della foto che al corpo disteso nella sauna: probabilmente la foto ritrae l’assassinata da bambina, con la madre. Non riesco a liberarmi dall’immagine della scena del delitto e qualsiasi cosa io osservi mi si ripresenta. Fotografo tutto con il cellulare, aprendo l’armadio, i comodini ed il cassetto della scrivania con la mano ricoperta dal guanto, attento a non cancellare eventuali impronte. Noto, tra le altre cose sparpagliate sui comodini, uno smartphone spento. Lo prendo in mano, tanto indosso i guanti, lo accendo e, con la penna per touch screen, scorro fino ad arrivare all’elenco delle chiamate e le fotografo con il mio telefono. Non so bene perché faccia tutto questo, ma, confusamente, sento che il mio ruolo in questa storia non finisce qui.

    Chiudo la porta ed insieme con Marcello, che mi ha aspettato fuori, mi avvio verso l’edificio della sauna mentre si sentono delle sirene di auto della polizia sempre più forti. Arriviamo alla sauna mentre De Rosa ed i suoi uomini stanno scendendo dall’auto, accompagnati dal direttore.

    Fabio, non ti avevo detto di rimanere fermo sul posto? E poi sempre tra i piedi tu, quando c’è un omicidio? mi apostrofa il vicequestore.

    Anch’io ti voglio bene Enzo. A proposito buongiorno.

    Enzo De Rosa è un bravo poliziotto ed una brava persona. Forse troppo bravo e troppo onesto, visto che è stato spedito per punizione al commissariato di Tortolì da Napoli dove aveva risolto un difficile caso pestando i piedi al Questore. Dopo un incontro burrascoso siamo diventati amici, in occasione di un precedente caso in cui era stato accusato di un delitto mio cognato Michele, papà della mia nipotina. Grazie alla serietà professionale di Enzo e al contributo di Barbara, dei miei amici e, modestamente, anche mio il caso era stato risolto, Michele prosciolto ed io avevo cominciato a frequentare la casa di Enzo e di sua moglie.

    Come cavolo è possibile continua Enzo, rivolto anche al direttore ed a Marcello, che abbiate avvertito la polizia più di un’ora dopo la scoperta del cadavere? Roba da incriminarvi tutti!.

    Enzo è una persona squisita tranne all’inizio di un caso, quando c’è la scoperta di un cadavere. Lo considera un affronto personale, come se l’omicida avesse agito solo per fargli un torto e reagisce come un leone a cui hanno pestato la coda. Gli descrivo come sono andati i fatti, secondo il racconto che mi hanno fatto Marcello e Pino, spiegando anche i timori del direttore rispetto alla sua attività ed alla sua carriera. Enzo ruggisce ancora, sottolineando la difformità tra simili bazzecole e la gravità di un omicidio, ma poi si azzittisce quando Marcello apre la porta della sauna. L’immagine della povera ragazza colpisce anche lui, sicuramente abituato molto più di noi a tali spettacoli. Riprende però subito la padronanza della situazione cominciando a dare disposizioni ai suoi uomini per compiere i necessari rilievi in attesa dell’arrivo del medico legale e del magistrato. Si dilunga con Pino e Marcello facendosi raccontare tutto della ragazza e della scoperta del cadavere. Poi si rivolge a me: Fabio, tu puoi, anzi devi, andare. Scompari che qui non ci fai niente. Ci vediamo domani sera a casa mia. Marisa prepara il sartù di riso. Vieni con Barbara.

    Quel piatto favoloso, di cui ho sentito tanto favoleggiare?. rispondo. E poi Barbara mia nipote?.

    Non credo che tu abbia altre donne fra le mani al momento. Comunque, mi sembra più seria e assennata di tante altre, e sicuramente più di te.

    Grazie dell’invito e dei complimenti. Ci vediamo domani sera a casa tua.

    Un giorno dopo 2/3

    Tornando in campeggio continuo a vedere nella mente il corpo di quella ragazza distesa senza vita nella sauna, quegli effetti personali sparsi nella sua stanza con allegra noncuranza, l’immagine di una bambina per mano alla mamma nel portafoto sulla scrivania e avverto un senso di impotenza. Mi ritorna alla mente un episodio del lontano passato. Al primo anno di università avevo un amico, poco più grande di me. Tra di noi si era instaurata, mio malgrado, una consuetudine: io conoscevo una ragazza, ne ero attratto, la inserivo nel giro delle nostre amicizie e lui prontamente e senza sforzo ci si metteva insieme, con grande scorno dei miei sentimenti e del mio amor proprio. Era successo anche con Marianna.

    L’avevo conosciuta alla fermata del tram, vicino alla stazione Termini, dove prendevo quasi tutti i giorni il mezzo che mi riportava a casa alla fine delle lezioni. Doveva avere orari dei corsi molto simili ai miei perché la trovavo quasi ogni volta alla pensilina della fermata, ad attendere come me. Era una ragazza affascinante. Almeno la ricordo così, anche se debbo dire che allora, vista la mia incapacità congenita a costruire una storia con un’esponente dell’altro sesso, ero probabilmente disposto ad accontentarmi. Però, riflettendoci, penso che fosse davvero una bellissima ragazza.

    Riuscii, forzando la mia timidezza, ad attaccare bottone e mi accorsi con stupore, mi succedeva sempre così, che anche a lei non dispiaceva di essere rimorchiata da me. Devo dire che, superato lo scoglio di trovare un pretesto per rivolgere la parola alla nuova conoscenza (mi succede ancora nello stesso modo), riuscivo ad essere abbastanza brillante e sciolto

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