Il coraggio di restare
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Quando ho visto l’interprete, nella persona di Federica, sedere accanto all’imputato, a pochissimi centimetri da lui, anzi, praticamente attaccata a lui, per rendere possibile lo svolgimento della traduzione, ho provato una sorta di tenerezza.
Da questa esperienza nasce il racconto di tutte le emozioni che hanno abitato la mente dell’interprete per la durata del processo, che Federica, a mio avviso, descrive in maniera esemplare. Per questo il ruolo in assoluto più controverso credo l’abbia avuto proprio lei, per non parlare dell’aggravante del lutto (con la morte del padre) che l’ha colpita all’indomani dell’accettazione dell’incarico.
Ciò che ha fatto di Federica una donna intraprendente è stata la perseveranza nel procedere in un momento della sua vita in cui forse avrebbe volentieri abbandonato la sedia accanto all’imputato, per lasciare il posto al silenzio e al raccoglimento.
È un libro appassionato, accorato, un vero appello al coraggio e alla forza di non mollare mai, nemmeno di fronte alle sfide più insormontabili.
Un libro pieno di speranza, di amore, quell’amore indescrivibile per un padre tramutato nel coraggio di fronteggiare qualsiasi avversità.
Un invito a non fuggire il dolore anche quando questo sembra letteralmente lacerare.
Un inno alla vita, alla passione e all’umanità, malgrado tutto.”
Roberta Bruzzone (Criminologa)
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Book preview
Il coraggio di restare - Federica Paccaferri
Federica Paccaferri
Il coraggio di restare
ISBN: 9791280990143
Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
https://writeapp.io
Indice dei contenuti
Ringraziamenti
Prefazione
Introduzione
Capitolo I
Capitolo II
Capitolo III
Capitolo IV
Capitolo V
Capitolo VI
Capitolo VII
Capitolo VIII
Capitolo IX
Capitolo X
Capitolo XI
Capitolo XII
Capitolo XIII
Capitolo XIV
Capitolo XV
Capitolo XVI
Capitolo XVII
Capitolo XVIII
Capitolo XIX
Capitolo XX
Capitolo XXI
Bibliografia
Gallery fotografica di Federica Paccaferri
Ringraziamenti
Al mio babbo… il mio magnifico principe azzurro.
…poi guardandoti negli occhi, non importa che mi tocchi, basta che mi stai vicino, io sto fermo e non respiro… quasi non mi sembra vero, sei la mia metà del cielo
(Vasco Rossi)
Al mio meraviglioso padre, che mi ha insegnato che nulla si ottiene senza fare sacrifici; portandomi sempre con sé fin da bambina, mi ha fatto vedere il mondo attraverso i suoi occhi e mi ha insegnato ad avere coraggio ed entusiasmo, perché, come diceva sempre lui, poter dire di avercela fatta rappresenta la soddisfazione più grande. Ai miei figli Jacopo e Matilde e ai miei splendidi nipoti Evgheniy e Josef, la mia linfa vitale quando tutto sembrava perduto.
Al mio compagno di vita Roberto, che ha sempre appoggiato le mie scelte anche laddove queste sottraevano tempo alla nostra meravigliosa famiglia.
Al Dottor Roberto Evangelisti e alla Dottoressa Sabrina Tintini del tribunale di Macerata, che hanno creduto in me fin dal primo momento.
Alla mia adorata amica Glenda, che mi ha aiutato a realizzare questo bellissimo sogno nel cassetto
.
A Giancarlo e Luisa, che mi hanno letteralmente salvato dalla disperazione dei freddi corridoi dell’ospedale.
Alla mia cara amica Silvia e al magnifico papà Franco, per tutte le perle di saggezza
che ci ha regalato
A mio nonno Felice e alle indimenticabili serate estive a Seppio a guardare le lucciole insieme ai miei cugini!
Al caro Guglielmo, che il Covid ha portato via prematuramente ma il cui sorriso sarà sempre impresso nel mio cuore
La vertigine non è paura di cadere ma voglia di volare
(Jovanotti)
Federica, togliti le scarpe e mettiti le ali, tu puoi volare!
(Mauro Alimonti)
Prefazione
Il diritto all’interprete, nell’ambito di un processo penale, costituisce una condizione indispensabile per porre in essere una garanzia fondamentale per l’imputato: quello alla difesa e alla parità fra le parti
.
Federica Paccaferri ha ricoperto con estremo scrupolo ed assoluta professionalità il delicato ruolo di interprete nell’ambito del processo celebrato presso il tribunale di Macerata a carico di Innocent Oseghale.
Tanto ella ha fatto, nonostante le non modeste difficoltà sul piano psicologico subite - come emerge dalle pagine del suo appassionato e documentato scritto – sia a causa delle concomitanti precarie condizioni di salute del padre, nonché dall’onere di fungere anche da portavoce di dichiarazioni autodifensive dell’Oseghale riguardanti un omicidio particolarmente efferato. Dalle righe del suo scritto emerge il quadro di una persona passionale e appassionata, e non è poca cosa in un mondo come quello in cui viviamo.
Dr. Giovanni Giorgio
Introduzione
Ho conosciuto Federica Paccaferri in tribunale, a Macerata, nella cittadina che il 29 gennaio del 2018 è stata teatro di uno dei delitti più efferati del nostro tempo: l’omicidio, il depezzamento, il vilipendio e l’occultamento del cadavere dell’allora diciottenne romana Pamela Mastropietro, ad opera del pusher Innocent Oseghale.
Sono stata consulente di parte della famiglia della vittima e, benché sia alquanto avvezza a casi efferati, di fronte a quello di Macerata, per ovvi motivi, ero obiettivamente attonita. Quando ho visto l’interprete, nella persona di Federica, sedere accanto all’imputato, a pochissimi centimetri da lui, anzi, praticamente attaccata a lui, per rendere possibile lo svolgimento della traduzione, ho provato una sorta di tenerezza.
Il libro da lei scritto, a tre anni da quel processo in Corte d’Assise, ha confermato ciò che ho pensato ogni qualvolta l’ho vista interagire con l’imputato: dev’essere alquanto difficile riuscire a svolgere il ruolo di mediatore linguistico in maniera idonea, senza instaurare una sorta di empatia con la persona in questione. Da questa esperienza nasce il racconto di tutte le emozioni che hanno abitato la mente dell’interprete per la durata del processo, che Federica, a mio avviso, descrive in maniera esemplare.
Non è un resoconto di cronaca nera, il suo, bensì un viaggio nella psiche della protagonista che, di volta in volta, prova, a volte con successo, a volte in maniera fallimentare, a tenere a bada i suoi demoni interiori.
Per tutte queste ragioni, il ruolo in assoluto più controverso credo l’abbia avuto proprio lei, per non parlare dell’aggravante del lutto che l’ha colpita all’indomani dell’accettazione dell’incarico. Credo che di fronte a una grave perdita ognuno possa avere reazioni differenti, specie nell’immediato.
Ciò che ha fatto di Federica una donna intraprendente è stata la perseveranza nel proseguire l’incarico, con tutte le difficoltà emotive del caso, in un momento della sua vita in cui forse avrebbe volentieri abbandonato la sedia accanto all’imputato, per lasciare il posto al silenzio e al raccoglimento.
Si sarebbe potuta crogiolare nell’autocommiserazione. E invece no. Lei ha guardato avanti ed è andata verso le direzioni che la vita le ha mostrato.
Il rapporto simbiotico da lei descritto con il padre non è un dettaglio di poco conto e va da sé che più forte sia un legame, più dura sia la dipartita.
Un libro appassionato, accorato, un vero appello al coraggio e alla forza di non mollare mai, nemmeno di fronte alle sfide più insormontabili.
Un libro catartico, un antidoto per il dolore. Un dolore che, paradossalmente, sembra alleviarsi nell’espletamento di un ruolo. Il fungere da tramite qui finisce per divenire un atto generoso per coloro che sono la parte lesa, i genitori di una ragazzina indifesa incappata nelle mani più orribili in cui potesse mai capitare.
Un libro pieno di speranza, di amore, quell’amore indescrivibile per un padre tramutato nel coraggio di fronteggiare qualsiasi avversità. Un accorato invito a non fuggire il dolore anche quando questo sembra letteralmente lacerare.
Un inno alla vita, alla passione e all’umanità, malgrado tutto.
Roberta Bruzzone
Capitolo I
Il Miracolo
Considero questo libro un miracolo. È stata una finestra su cui gridare nei momenti di indicibile dolore. Quando la morte ha bussato alla porta della mia famiglia, pur nella perdita, mi ha fatto un regalo
: poter scavare dentro me stessa e scoprire non solo le mie debolezze, ma anche e soprattutto i miei punti di forza.
In tutto questo, deve esserci stato per forza lo zampino
di mio padre, che mi ha sempre motivato a diventare la migliore versione di me.
Poi è arrivata la chiamata del tribunale e per qualche mese il Palazzo di Giustizia di Macerata è stato il mio rifugio
, il mio circo
. Non a caso, l’interprete è stato più volte definito come un equilibrista che deve barcamenarsi tra la gestione delle difficoltà linguistiche, psicologiche ed emotive.
Ho visto tante cose. Non volevo però, nella maniera più assoluta, che quanto da me vissuto rimanesse confinato all’esperienza personale. Sarebbe stato un gran peccato! La morte di mio padre ha segnato indiscutibilmente la mia esistenza, così come l’esperienza unica in tribunale.
L’elaborazione del lutto ha richiesto tempo e aiuto.
Nessuno può farcela da solo, ragione per cui ho messo in campo tutte le mie risorse: …perché quando chi ci ha amato davvero incomincia a morire, allora è lì che il nostro bisogno d’amore diventa smisurato...
[1] .
Mettere tutto nero su bianco è stato terapeutico (sono state necessarie varie letture per dare vita a questo progetto; per fortuna la mia casa è contornata di libri; d’altronde, come sosteneva il grande Cicerone, una casa senza libri è come una stanza senza finestre
), così come lo è stato appoggiarmi a tutte le persone più care, senza l’aiuto delle quali non mi sarei mai rialzata! Forse il mio operato è stato un granello di sabbia nel deserto, ma per me ha rappresentato davvero tanto.
"Certi traumi non si superano mai… Lascia pure che il dolore attraversi ogni tua cellula, lasciati sprofondare nel grigio dello sconforto, resta imperfetta con i tuoi graffi sul cuore, vi sarà un giorno qualunque in cui la vita ti chiamerà a vivere.
Perché la vita è questa, cadere e rialzarsi. E perché vivere non è mai stato un errore, nonostante i se solo avessi
o se solo potessi
.
Tu rispondi all’appello, raccogli le tue emozioni sparpagliate in mille pezzi tra ricordi, e riprenditi la tua vita.
Nel fluire del tempo prenderà forma la tua rinascita.
Nello scorrere della vita il tempo scandirà la voglia di ricominciare e all’improvviso, aprirai gli occhi e… ti ritroverai proprio lì dove vorresti essere".
(Ana Maria Sepe)
Capitolo II
Tra la vita e la morte: il tragico incidente
Signora!
Aprii timidamente gli occhi… i farmaci avevano avuto un effetto lievemente ottundente su di me e mi sentivo, per così dire, ovattata...La teniamo ancora 24 ore qui in osservazione perché la sua ferita alla testa è un po’ bruttina…
Ripensai alla voce soave di quella sera; era lo straordinario medico Eritreo che avevo conosciuto sei mesi prima al Pronto Soccorso di Macerata, dove mi ero recata con mia figlia Matilde a qualche mese di distanza dalla morte di mio padre, quando lei iniziò a manifestare segni di turbamento. Ora era di fronte a me e mi sorrideva.
Era il 10 febbraio 2020 quando mi svegliarono le voci concitate di medici e infermieri che si adoperavano per suturare la mia ferita profondamente sanguinante. Dopo il " blackout" che avevo vissuto con il mio incidente stradale, mi meravigliavano le luci abbaglianti del Pronto Soccorso.
Ancora oggi, a distanza di mesi, mi domando grazie a quale miracolo possa essere arrivata in ospedale quasi illesa rispetto all’urto che io e la mia auto, completamente distrutta, avevamo subito.
Avevo una strana euforia. Non ero affatto consapevole di quello che mi era accaduto, o per lo meno della gravità, ma ricordo che, quando sentii parlare i chirurghi tra di loro, impallidii letteralmente: Vediamo se l’utilizzo degli arti inferiori è stato compromesso… Allertate il neurologo prima di procedere con la tac e l’elettromiografia! Fate presto, sta perdendo molto sangue e l’emoglobina è arrivata a 9… di questo passo rischiamo di doverle fare una trasfusione quanto prima…se continua così, chiederemo il trasferimento all’Ospedale Regionale di Ancona! Veloci, blocchiamo la fuoriuscita di sangue dalla ferita del cuoio capelluto, è molto profonda!
Una lacrima fluì sul mio viso, al pensiero che in macchina con me avrebbero potuto esserci i miei due figli...
Sentii una forte morsa di dolore, tanto che i medici credettero per un momento che stessi avendo un mancamento, e si riversarono su di me. Presto, sta perdendo i sensi, aumentate l’adrenalina!
La serata trascorse tra radiografie, tac e altri esami diagnostici. Non avevo la benché minima idea di chi fosse il mio carnefice
, ossia colui che mi aveva investito. Chi era colui o colei che aveva fatto sì che fossi trasportata in Pronto Soccorso in codice rosso? Questo quesito mi attanagliava. Cosa mi era successo per ridurmi in quelle condizioni, immobile su un letto d’ospedale?
I miei familiari mi attendevano al di fuori della sala.
Distesa sulla barella, piena di lividi e con la testa fasciata, incontrai