BALMAMION Una vita in bicicletta
By Carlo Mia
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Book preview
BALMAMION Una vita in bicicletta - Carlo Mia
Indice
Cover
Prefazione
Carlo Mia
BALMAMION
Una vita in bicicletta
Titolo | Balmamion. Una vita in bicicletta
Autore | Carlo Mia
ISBN | 9791221418637
© 2022 - Tutti i diritti riservati all’Autore
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L’inizio della saggezza è il silenzio
Pitagora
PREFAZIONE
Per mio papà la fatica fatta in sella, è stata ben ripagata dai successi ottenuti in carriera, dalle solide amicizie che ha costruito e dai riconoscimenti di stima e di affetto che ancora a tutt’oggi riceve.
Anche se a lui la bicicletta ha dato molto, sa che non per tutti è così e difatti non mi ha mai spinto a seguire le sue orme, anzi. La prima bici me l’ha regalata da maggiorenne e da bambino ho sempre usato quelle dismesse dai miei cugini più grandi.
Ricordo che quando ero bambino e qualche suo amico, indicandomi, gli chiedeva corre anche lui?
, mio papà rispondeva no, è meglio che studi, troppe incertezze, pericoli e fatica a fare il ciclista
.
Quelle parole, non so se mi hanno spronato nello studio, ma senz’altro non mi hanno frenato nell’apprezzare le sensazioni dopo una faticosa salita in bici o dopo un’emozionante discesa.
In linea con questo pensiero, ancora oggi mio papà invita tutti i ragazzi a praticare sport, perché fa bene alla salute, alla socializzazione, abitua al rispetto delle regole ed è un’ottima palestra di vita, ma non condivide l’esasperazione agonistica che fa perdere di vista l’obiettivo principale di un giovane sportivo, che non è vincere, ma divertirsi in modo sano con i suoi amici.
In tema di sport l’altra grande passione di mio papà e di molti ciclisti piemontesi degli anni ’60, è il Toro.
Questa passione credo mi sia stata trasmessa a livello di DNA. Questa passione è quella che ha rafforzato l’amicizia con Carlo, che ringrazio per il pensiero, che lo ha portato a scrivere questo libro.
Buona lettura
Mauro
Intanto, Balmamion o Balma Mion?
Il cognome di questo ciclista ha sempre destato curiosità, perché in origine era un cognome doppio, che poi come vedremo, venne unificato.
Franco Balmamion, nasce a Nole Canavese l’11 gennaio 1940, qualche mese prima di quel funesto 10 giugno, giorno in cui Mussolini dichiarò guerra a Francia ed Inghilterra dal balcone di Palazzo Venezia a Roma ed è stato, oltre ad essere oggi un arzillo ottantaduenne, un grande ciclista, che nella sua carriera ha ottenuto molte vittorie, sulle quali spiccano le due consecutive al Giro d’Italia, negli anni 1962 e 1963, con un marchio di fabbrica riservato ad una ristretta élite di campioni, che lo contraddistinguerà da tutti gli altri corridori che lo hanno vinto, prima e dopo di lui.
Il ciclista canavesano, partecipò a ben undici Giri d’Italia e rimane ad oggi, l’ultimo italiano ed orgogliosamente piemontese, ad aver trionfato per due volte consecutive nella corsa Rosa.
Balmamion ammetterà molto sportivamente e con un velo di malinconia, ricordando in un’intervista rilasciata recentemente un campione, che in seguito ad avvenimenti ancor oggi avvolti nel mistero ed in cerca di una risposta plausibile che porti alla verità, non ebbe la fortuna di poter eguagliare e chissà, magari anche battere il suo record, perché i record sono fatti per essere battuti.
E’ un primato che da una parte può far piacere, ma dall'altra mi rattrista: se non avessero cacciato Pantani nel '99 sicuramente avrebbe bissato la vittoria del '98. Ed ora probabilmente, non saremmo qui a rimpiangerlo
.
In primis, la sua dichiarazione fa più giustizia all’uomo che al ciclista e nel contempo riporta all’attenzione un fatto che all’epoca, per la sua drammaticità, sconvolse un incredulo mondo sportivo. Inoltre si rammarica che, oltre a non esserci stato più nessun piemontese dopo di lui a vincere il Giro, non ci siano state negli ultimi anni, neppure più vittorie da parte di ciclisti italiani, l’ultima infatti è datata 2016, quando a trionfare fu Vincenzo Nibali.
Il nostro Franco, vinse le due edizioni della corsa Rosa, classificandosi poi secondo in un’altra ed ottenendo sempre piazzamenti lusinghieri, senza però mai vincere nemmeno una tappa. Il primo che vinse il Giro, senza ottenere vittorie di tappa, fu Carlo Oriani nel lontano 1913, una cosa poi riuscita in seguito anche ad altri ciclisti, tra i quali Gastone Nencini nel 1957, lo svedese Gösta Pettersson nel 1971 e lo spagnolo Alberto Contador, nel 2008 e 2015, un vero fuoriclasse delle corse a tappe, l’unico ad aver vinto, per almeno due volte Giro, Tour e Vuelta, al pari di un altro plurivincitore, il francese Bernard Hinault.
La regolarità, consentiva a Balmamion di essere sempre tra i migliori della frazione giornaliera ed alla fine tutto ciò gli permise, di essere premiato con la vittoria, perché come diceva Totò nel film Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi
: «è la somma che fa il totale».
Corse per diverse società, allora di spicco nel panorama ciclistico, come la Bianchi, che vestiva la famosa maglia azzurra, indossata anche da Fausto Coppi, per capirci, quella del un uomo solo al comando, la sua maglia è biancoceleste, il suo nome è Fausto Coppi
, coniata dal radiocronista Mario Ferretti, nella storica tappa del Giro d’Italia Cuneo-Pinerolo nel 1949, anche se non esistono a suffragio della stessa, delle registrazioni che lo confermino. Un po' come per l’altrettanto famoso clamoroso al Cibali!
proferito da Sandro Ciotti o da chissà quale altro radiocronista, nella popolare trasmissione radiofonica Tutto il calcio minuto per minuto
, in occasione della storica vittoria del Catania per 2-0, sull’Inter di Helenio Herrera nel 1961, ma che anche in questo caso, sembra sia frutto della fantasia ed ancor oggi la paternità della frase, è avvolta nel mistero.
Questa espressione, talvolta viene utilizzata nel linguaggio giornalistico, anche ai giorni nostri, quando una squadra delle cosiddette piccole
batte una grande
, destando una sorpresa nel campionato. Comunque sia, la meravigliosa citazione riguardante Coppi, sintetizzata in poche, ma intense parole, è servita nell’immaginario collettivo, ad alimentare la leggenda ed il mito del Campionissimo
.
Poi Carpano, Cynar, Sanson, il cui sponsor era l’omonimo gelataio
, che oltre ad essere un grande appassionato di ciclismo, lo era anche di calcio, nel quale fu uno dei pionieri nella sponsorizzazione sportiva. Ebbe un’idea che gli procurò diverse sanzioni quando, sul finire degli anni ‘70, decise di marchiare Sanson
i pantaloncini dei calciatori della sua Udinese, squadra della quale era presidente e che portò dalla serie C alla serie A, a cavallo degli anni ’70 ed ’80. Aveva intuito la potenza che avrebbe avuto quell’iniziativa sui media, per il riconoscimento del