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Una nuova Santa Rosa: Il recupero del culto tra Quattro e Cinquecento
Una nuova Santa Rosa: Il recupero del culto tra Quattro e Cinquecento
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Una nuova Santa Rosa: Il recupero del culto tra Quattro e Cinquecento

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About this ebook

Il volume percorre, con il contributo di numerosi studiosi, gli sviluppi che segnarono la storia del monastero di Santa Rosa e della città e territorio di Viterbo nei primi secoli dell’età moderna. È diviso in tre parti. La prima si concentra sul tema dei processi di canonizzazione quattrocenteschi, partendo da quello avviato nel 1457 per la canonizzazione di Rosa (saggi di Agostino Paravicini Bagliani, Gábor Klaniczay, Letizia Pellegrini e Alfredo Cento). La seconda verte sulla storia sociale e artistica di Viterbo nel medesimo secolo (saggi di Anna Esposito, Elena e Marco Espositi e Massimo Giuseppe Bonelli). La terza passa al Cinquecento, prendendo lo spunto dalla processione istituita in Viterbo per la festa di santa Rosa nel 1512 (saggi di Ottavia Niccoli e Letizia Pellegrini). Lungo l’intero volume Attilio Bartoli Langeli, Eleonora Rava, che è anche la curatrice del volume, e Filippo Sedda illustrano le fonti specifiche per la storia del monastero rosiano nei due secoli.
LanguageItaliano
Release dateJun 26, 2022
ISBN9788878539020
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    Una nuova Santa Rosa - Eleonora A cura di Rava

    a cura di Eleonora Riva

    Una nuova Santa Rosa

    Atti delle giornate di studio «Ad sonum campanæ tubarumque clangorem». Le delibere del 1512 sulla processione civica per la festa di Santa Rosa (10 giugno 2012) 1450. Il Giubileo di Santa Rosa (10 settembre 2016)

    immagine 1

    Centro Studi Santa Rosa da Viterbo onlus

    via S. Rosa 33, 01100 Viterbo

    www.centrostudisantarosa.org

    info@centrostudisantarosa.org

    Proprietà letteraria riservata.

    La riproduzione in qualsiasi forma, memorizzazione o trascrizione con qualunque mezzo

    (elettronico, meccanico, in fotocopia, in disco o in altro modo, compresi cinema, radio,

    televisione, internet) sono vietate senza l’autorizzazione scritta dell’Editore.

    © 2022 SETTE CITTÀ

    Via Mazzini, 87 • 01100 Viterbo

    Tel 0761 303020

    www.settecitta.eu • info@settecitta.eu

    Ebook realizzato da Cristina D'Andrassi

    isbn: 978-88-7853-901-3

    isbn e-book: 978-88-7853-902-0

    L’editore è a disposizione degli interessati per eventuali diritti non risolti.

    Impaginazione a cura di Fabiana Ceccariglia e Filippo Sedda

    ISBN: 9788878539023

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    https://writeapp.io

    Indice dei contenuti

    Parte prima

    I giubilei nella storia della chiesa

    Il ritmo dei giubilei cristiani

    Aprire e chiudere

    I processi di canonizzazione nel primo Quattrocento. Dall’apogeo al rallentamento, dalla crisi alla ripresa della fabbrica dei santi

    Santi in piazza, santi in tribunale e il Papa a San Pietro. La canonizzazione di Bernardino nel giubileo del 1450

    1. IL SANTO DEL GIUBILEO

    2. LA CANONIZZAZIONE DI BERNARDINO NELLA PENTECOSTE DEL GIUBILEO

    3. BERNARDINO, IL SUO PROCESSO E LA SANTITÀ CANONIZZATA NEL QUATTROCENTO

    CONCLUSIONI

    Il processo di canonizzazione di Rosa da Viterbo, 1457

    LA DOCUMENTAZIONE

    UN PROCESSO DELLA FAMIGLIA OSSERVANTE?

    1475-76: il processo di canonizzazione di Bonaventura da Bagnoregio

    Parte seconda

    Viterbo nel Quattrocento

    Il comune e il monastero, 1446-1476

    ​1. 9 aprile 1446

    ​2. 27-30 marzo 1450

    ​3. 13 maggio 1450

    ​4. 12 agosto 1455

    La bella memoria anticha. Un testo di metà Quattrocento tra cronaca e libro mastro

    La fabbrica di Santa Rosa alla metà del Quattrocento

    Tra suggestioni rinascimentali e persistenze tardo-gotiche. L’arrivo di Benozzo Gozzoli a Santa Rosa e la cultura figurativa viterbese della metà del Quattrocento

    Parte terza

    Processioni: ritualità pubblica nelle città italiane della prima età moderna

    IL RITUALE CITTADINO: RELIGIONE E SOCIETÀ

    PER LA COSTRUZIONE DI UNA COMUNITÀ CITTADINA

    LUOGHI SACRI, SEGNALI DELLO SPAZIO URBANO

    RITI PROCESSIONALI A VENEZIA E A MODENA

    DISCALCI, GRAMI E PIANZOLENTI: LE PROCESSIONI PENITENZIALI

    LE PROCESSIONI, UNA AUTORAPPRESENTAZIONE CITTADINA

    Appunti su culti e città tra Quattrocento e Cinquecento: il caso di Viterbo

    BERNARDINO E LE (MOLTE) CITTÀ

    SANTITÀ NEL QUATTROCENTO VITERBESE, TRA FRANCESCANI E DOMENICANI

    Note sulle indulgenze concesse per la festa di Santa Rosa fino alle delibere del 1512

    Le due delibere del 1512

    UN RECUPERO SEICENTESCO

    UN ALTRO RECUPERO, 2012

    DENTRO LE DELIBERAZIONI

    PERCHÉ LA DOPPIA DELIBERAZIONE

    UNA INNOVAZIONE O UNA RIPRESA?

    LO SVOLGIMENTO DELLA PROCESSIONE

    NEI REGISTRI COMUNALI: UNA SCOMPARSA E UNA RESTITUZIONE

    LA GENESI DELLE DUE PERGAMENE

    L’ESTENSORE: IL CANCELLIERE AGOSTINO

    In questo volume il Centro studi Santa Rosa da Viterbo raccoglie gli atti dei convegni che ha finora , nei dieci anni della sua vita , promosso e svolto : la giornata di studio «Ad sonum campanæ tubarumque clangorem». Le delibere del 1512 sulla processione civica per la festa di Santa Rosa, tenutasi il 10 giugno 2012 ; e quella , svoltasi il 10 settembre 2016 , dal titolo 1450. Il Giubileo di Santa Rosa . Ci si è messo un bel po’ di tempo per pubblicarli : di ciò ci scusiamo con i relatori, che hanno pazientato a lungo per vedere stampati i propri interventi. Alcuni di loro hanno aggiornato i loro testi ; altri hanno preferito lasciarli com’erano al momento della consegna. Vada a loro merito la qualità di questo volume.

    La cura redazionale è stata assolta da Eleonora Rava. Sarah Tiboni ha uniformato e completato le citazioni bibliografiche. Attilio Bartoli Langeli ha lavorato alle bozze. Filippo Sedda ha collaborato all’editing.

    Parte prima

    I GIUBILEI QUATTROCENTESCHI E I NUOVI SANTI FRANCESCANI

    I giubilei nella storia della chiesa

    Agostino Paravicini Bagliani

    Ho accolto volentieri l’invito a presentare i problemi che riguardano in generale la storia dei giubilei perché mi sembrava interessante chiedersi quali intuizioni presenti nel primo giubileo cristiano, indetto da Bonifacio viii nel 1300, fossero rimaste storicamente attive nel corso dei secoli seguenti e di quali elementi, apparentemente assenti nel primo giubileo, la storia dei giubilei si fosse invece successivamente nutrita. Una riflessione impostata in questo modo potrà avvenire soltanto a tratti, privilegiando i problemi piuttosto che i particolari storici, la cui descrizione sarebbe fastidiosa.

    Il ritmo dei giubilei cristiani

    1. Il ritmo centenario che Bonifacio viii impose al suo giubileo e avrebbe voluto fosse imposto a tutti i futuri giubilei fu una delle principali caratteristiche del primo giubileo cristiano, ma costituì anche un clamoroso insuccesso nell’operazione giubilare costruita dal Caetani. Nella bolla di promulgazione del giubileo, Bonifacio viii non parla del giubileo ebraico – e non usa nemmeno quella parola (se non vado errato il primo a farlo fu Sisto iv per il giubileo del 1475) [1] – di cui era evidentemente a conoscenza, se si pensa che al giubileo ebraico fa esplicito riferimento lo scriptor della cancelleria papale Silvestro nella sua epistola [2] . Lo stesso Stefaneschi [3] ha ritenuto opportuno spiegare perché Bonifacio viii avesse deciso che il suo giubileo fosse un avvenimento da celebrare non ogni cinquant’anni come il giubileo ebraico ma ogni «centesimo anno»; ma considerò che tali ragioni non fossero tali da dover essere sempre rispettate, perché sarebbe stato possibile in futuro, egli ritiene, disporre «su questo punto con più maturo consiglio»: un’espressione, quest’ultima, che sembra nascondere una larvata critica alla decisione voluta da Bonifacio viii, di ordinare che anche i prossimi giubilei fossero indetti ogni cent’anni:

    «Spieghiamo ora perché la grazia di questo dono rifiorisca nel centesimo piuttosto che nel cinquantesimo anno, affinché la domanda non abbia magari ad inquietare la mente. I cibi di rado offerti vengono consumati con maggiore avidità, dacché ognuno, non potendo sperare che abbia mai più a toccargli, si adopera ad evitare che la grazia trapassi invano; inoltre, perché a causa di questa concessione non rimanga trascurato e non venga meno il soccorso della Terrasanta, qualora troppo sovente si rendesse disponibile un’abbondante indulgenza nelle regioni di qua dal mare. Non riteniamo queste ragioni così stringenti da affermare che forse, in altro tempo, non possa disporsi su questo punto con più maturo consiglio» [4]

    Secondo il canonista francese cardinale Giovanni Monaco [5], Bonifacio avrebbe evitato nella sua bolla di usare la parola giubileo perché il giubileo ebraico si rinnovava ogni cinquanta anni, mentre la sua intenzione era quella di indire il giubileo per il centesimo anno. Egli afferma, infatti, di aver sentito dalla «stessa bocca del papa» che Bonifacio viii non volle seguire il ritmo veterotestamentario per due ragioni: anzitutto perché la tradizione testimoniava (così almeno si credeva allora) una tale remissione solo ogni cento anni dalla nascita del Signore; il papa non avrebbe voluto disattendere la tradizione, per quanto debolmente documentata, per il centesimo anno che cadeva nel suo pontificato e privare il popolo cristiano di questo beneficio. In secondo luogo, associando l’indulgenza del giubileo all’unica altra forma di indulgenza plenaria finora concessa, quella della crociata, il papa avrebbe affermato che tale indulgenza si può guadagnare praticamente solo una volta nella vita e non è perciò ripetibile [6].

    A proposito del numero cento, un’altra coincidenza sembra avere colpito l’immaginazione dei fedeli. Lo Stefaneschi ne parla in questo modo:

    «Né merita d’esser tralasciato il rilievo che, quantunque in modo casuale per coloro che vivono in terra, ma ben noto a Dio nella sua provvidenza, la celebrazione dell’anno centenario fu istituita con atto scritto da questo Papa Bonifazio ottavo, duecentesimo nella serie cronologica dei Papi» [7].

    Il Liber censuum della Chiesa romana indicava Celestino iii come 182° papa: se si aggiungono i diciotto papi che hanno regnato sino a Bonifacio viii si ottiene la cifra di 200. Tolomeo da Lucca, lo storico domenicano vissuto molto tempo in curia, riprenderà questa cronologia, considerando Bonifacio viii appunto come il 200° papa della storia. [8]

    Come è ben noto, il ritmo centenario voluto da Bonifacio viii non fu ripreso da nessuno dei suoi successori. Forse si discostava troppo dal modello ebraico; certamente si iscriveva in una prospettiva temporale troppo lunga; inoltre era troppo legato alla produzione di memoria del papa del primo giubileo, il pontefice più controverso del basso Medioevo.

    2. Il ritmo ebraico, introdotto da Clemente vi con il giubileo del 1350, fu interrotto già qualche decennio dopo con la bolla Salvator noster Unigenitus di Urbano VI dell’8 aprile 1389. Questa bolla stabilì, infatti, che l’intervallo fra un anno giubilare e l’altro sarebbe stato di trentatré anni, in riferimento agli anni di vita terrena di Gesù Cristo [9]. Le ragioni addotte da Urbano vi sono due: la prima è di ordine spirituale: «affinché i fedeli abbiano maggiormente memoria del medesimo Salvatore e di quanto fece per la salvezza dell’uomo e insegnò con le parole e gli esempi»; la seconda riprendeva in altro modo un argomento usato da Bonifacio viii ma in senso opposto:

    «prendendo noi in considerazione come l’età media degli uomini diventi di giorno in giorno più breve e in modo più esteso del solito, e desiderando che siano quanto più numerosi coloro che divengono partecipi della ricordata indulgenza, non pervenendo parecchi al [loro] cinquantesimo anno [d’età] per la brevità della vita umana [...] e affinché i fedeli abbiano maggiormente memoria del medesimo Salvatore e di quanto fece per la salvezza dell’uomo e insegnò con le parole e gli esempi [...] riduciamo il periodo di intervallo all’anno trentesimo terzo». [10]

    Urbano vi morì il 15 ottobre 1389 prima dell’inizio del suo giubileo, che sarà celebrato dal suo successore Bonifacio ix (1389-1404), ma non con l’assenso dell’obbedienza avignonese. Ciò che interessa qui sottolineare è che in meno di un secolo il ritmo giubilare passò prima da cento a cinquanta, poi da cinquanta a trentatré anni, il che dimostra – soprattutto se si tiene conto dell’intera storia dei giubilei cristiani – che, al di là delle motivazioni spirituali, certamente importanti, e delle contingenze storiche, altrettanto determinanti, è la flessibilità con cui è stato gestito il ritmo dei giubilei che ne ha assicurata la sopravvivenza e l’indubbia grande portata storica.

    Si sarà osservato che il giubileo del 1390 si pone in relazione con la produzione di memoria di Bonifacio ix. Ora, questo è un elemento che di solito si mette in evidenza parlando del ritmo centenario voluto da Bonifacio viii – sia perché il suo giubileo corrispondeva con il secolo, e quindi il ricordo del passaggio del secolo coincidente con il giubileo non poteva che nutrire la memoria del suo pontificato; sia perché Bonifacio viii era, stando ai calcoli che si potevano fare leggendo il Liber pontificalis, il 200° papa. Ma il legame tra giubileo e produzione di memoria di un singolo pontificato vale anche per altri pontefici, specie per quelli che coincidono con il passaggio di un secolo (o di un millennio!). Ma questo è un elemento sul quale si dovrebbero affinare le indagini. Il profondo desiderio di Bonifacio ix di indire un giubileo nel 1390 va forse interpretato anche come un elemento di imitazione di Bonifacio viii, qui come altrove.

    3. Se Bonifacio viii non ebbe successo con il ritmo centenario, ciò vale in una certa misura anche per il ritmo legato alla vita terrena di Cristo. L’idea fu ripresa infatti soltanto nel 1933, ossia dopo 543 anni, da parte di un papa – Pio x– che aveva peraltro già celebrato un giubileo nel 1925. Da allora, un solo giubileo è stato indetto a ricordo degli anni di Cristo, nel 1983, ossia trentatré anni dopo il grande giubileo del Dopoguerra (1950).

    Come Pio x, Giovanni Paolo ii celebrò due giubilei nel corso del suo pontificato: il secondo coincise con il passaggio non soltanto di un secolo ma – per la prima volta nella storia dei giubilei cristiani – di un millennio (2000). Ed è certamente questo, il giubileo di Giovanni Paolo ii, che godette di una maggiore attenzione mediatica.

    4. Il numero di tre giubilei legati agli anni di vita terrena di Cristo è comunque esiguo se lo si mette in relazione con gli altri due ritmi – cinquantennale e venticinquennale.

    Il ritmo cinquantennale è stato osservato 13 volte:

    1350 Clemente vi

    1400 secondo giubileo di Bonifacio ix

    1450 Niccolò v

    1500 Alessandro vi

    1550 indetto da Paolo iii, presieduto da Giulio iii

    1600 Clemente viii

    1650 Innocenzo x

    1700 aperto da Innocenzo xii, concluso da Clemente xi

    1750 Benedetto xiv

    1875 Pio ix

    1925 Pio xi

    1975 secondo giubileo di Paolo vi

    2016 giubileo della Misericordia, indetto da Francesco. Anche il giubileo della Misericordia indetto da Papa Francesco ha rispettato il ritmo cinquantennale, perché è stato indetto a ricordo del giubileo voluto da Paolo vi per celebrare la fine del Concilio Vaticano ii (1966).

    Il ritmo venticinquennale è stato celebrato 14 volte:

    1475 indetto da Paolo ii, presieduto da Sisto iv

    1525 Clemente vii

    1575 Gregorio xiii

    1625 Urbano viii

    1650 Innocenzo x

    1675 Clemente x

    1700 aperto da Innocenzo xii, concluso da Clemente xi

    1725 Benedetto xiii

    1750 Benedetto xiv

    1775 indetto da Clemente xiv, presieduto da Pio vi

    1925 Pio xi

    1950 Pio xii

    1975 secondo giubileo di Paolo vi

    2000 secondo giubileo di Giovanni Paolo ii


    1

    Sul giubileo del 1475 vedi A. Esch, Il giubileo di Sisto iv, in La storia dei giubilei, a cura di C. Strinati, F. Cardini, M. Fagiolo, J. Le Goff e G. Morello, 4 voll., Roma, BNL edizioni; Firenze, Giunti, 1997-2000, ii (1450-1575), pp. 106-123.

    2

    A. Mercati, La lettera dello scrittore pontificio Silvestro sul giubileo del 1300, in Comitato Centrale [per le celebrazioni dell’anno santo 1925], Cronistoria dell’anno santo mcmxxv , Roma, Tipografia Poliglotta Vaticana, 1928, pp. 1191-1198 (rist. in Id., Saggi di storia e letteratura, ii, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 1982 (Storia e letteratura. Raccolta di studi e testi, 157), pp. 187-199; vedi anche l’edizione offerta da E. Mori e E. Mori, Un documento cortonese sul giubileo del ’300. La lettera di Silvestro scriptor pontificio (carta 6 del codice 101), con un saggio di Gerhard Wolf, Firenze, Olschki, 2000 (Accademia Etrusca, Cortona. Note e documenti, 16).

    3

    Iacopo Caetani Stefaneschi (Roma 1270 circa - Avignone 1341) fu creato cardinale diacono di San Giorgio al Velabro da Bonifacio viii nel 1295 (cfr. Eubel, Hierarchia Catholica, i, pp. 12, 50).

    4

    Iacopo Stefaneschi, De centesimo seu iubileo anno. La storia del primo Giubileo (1300), a cura di C. Leonardi, Firenze, Sismel Edizioni del Galluzzo, 2001 (Edizione nazionale dei testi mediolatini, 1. Serie, 2 1), cap. xii, p. 27.

    5

    Jean Lemoine (Crécy 1250 ca. - Avignone 1313) fu creato cardinale da Celestino v nel 1294 (cfr. Eubel, pp. 12, 44).

    6

    A. Paravicini Bagliani, Il giubileo di Bonifacio viii, in La storia dei giubilei, i (1300-1423), pp. 168-183: pp. 182-183. Sulle indulgenze papali nel Duecento, con particolare riferimento agli ordini mendicanti, vedi ora l’ampio studio (con regesti di 310 lettere papali) di É. Doublier, Ablass, Papsttum und Bettelorden im 13. Jahrhundert, Köln, Bohlau, 2017 (Papsttum im mittelalterlichen Europa, 6).

    7

    Stefaneschi, De centesimo seu iubileo anno, cap. xii, p. 27.

    8

    Vedi quanto già esposto nel mio Bonifacio viii, Torino, Einaudi, 2003, pp. 250-252; vedi anche Stefaneschi, De centesimo seu iubileo anno, p. 78 nota 151.

    9

    Su questi giubilei, vedi A. Esch, I giubilei del 1390 e del 1400, in La storia dei giubilei, i, pp. 279-293.

    10

    Edizione parziale della bolla: Theodorus a Spiritu Santo, Tractatus historico-theologicus de Iubilaeo praesertim Anni Sancti, Romae, Ex typographia Bernabò & Lazzarini, 1750, pp. 32-36. Riprendo la traduzione di Mario Sensi (http://www.vatican.va/jubilee_2000/pilgrim/documents/ju_gp_07032000_p-6_it.html).

    Aprire e chiudere

    1. Un punto merita attenzione forse più di quanto non si sia fatto finora. Le cerimonie pubbliche che riguardano il primo giubileo cristiano, del 1300, sono state quattro. Tutte riguardano la promulgazione dell’indulgenza giubilare o la riduzione delle modalità per il suo ottenimento. Bonifacio viii non celebrò nessuna altra cerimonia legata al giubileo del 1300, che è l’anno in cui passò più tempo fuori di Roma di tutti gli altri anni del suo pontificato.

    Le cerimonie bonifaciane – lo ricordo brevemente – legate al giubileo sono state celebrate il 22 febbraio (Cattedra di san Pietro Apostolo), il Giovedì Santo, il 18 novembre (Dedicazione delle Basiliche dei Ss. Pietro e Paolo) e il 26 dicembre.

    Il 18 febbraio Bonifacio viii si recò a San Pietro con l’intenzione di promulgare la bolla del giubileo il 22 febbraio, festa della Cattedra di San Pietro. Il papa non si lasciò sfuggire una coincidenza cronologica che gli permetteva di promulgare il giubileo proprio in una delle due basiliche che i pellegrini avrebbero dovuto visitare per ottenere l’indulgenza plenaria. Ciò che qui mi interessa ricordare è che quello stesso giorno (22 febbraio) Bonifacio viii pubblicò «il testo di una dichiarazione papale bollata (...), mediante la quale i ribelli della Chiesa sono esclusi dal benefizio dell’indulgenza dell’anno centenario o giubileo concessa nel soprascritto privilegio», come scrive lo Stefaneschi nella rubrica che introduce il testo stesso della declaratio, con cui il papa esclude tra l’altro i Colonna dai benefici del giubileo [1] . In questa declaratio le parole «per quam rebelles Ecclesie excluduntur» e molte delle altre formule con cui si escludono «falsi ed empii cristiani che abbiano portato o porteranno ai Saraceni merci o beni proibiti, o li esporteranno alle loro terre o da quelle li importeranno» provengono dal formulario di una bolla che tradizionalmente veniva promulgata nel rito dei processus generales, ossia di scomunica in contumacia dei ribelli della Chiesa, rito che all’epoca di Bonifacio viii, già da due secoli, veniva celebrato tre volte all’anno, cioè il Giovedì Santo, il giorno della festa dell’Ascensione e il 18 novembre [2].

    Non si hanno notizie di eventi pubblici legati al giubileo dal 22 febbraio al Giovedì Santo, che in quell’anno giubilare cadeva il 7 aprile. Lo Stefaneschi ricorda questa data perché il papa concesse allora la prima riduzione delle severe modalità di ottenimento dell’indulgenza giubilare. Il 7 aprile, fu lo stesso pontefice a promulgare la sua decisione. Lo dice lo stesso Stefaneschi: «nella solennità della Cena del Signore, dalla voce stessa del Pontefice alla moltitudine radunata all’aperto presso il Laterano [3]».

    Va qui sottolineato che

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