Su ciò che viene chiamato «arte»: L’arte vista da Tolstój
By Leo Tolstoy and Bruno Osimo
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About this ebook
Questo saggio di Tolstój è stato scritto nel 1896, ossia sette anni dopo Sonata «Kreutzer», del 1889. Il tema di quel romanzo – il sottovalutato strapotere manipolatorio della musica sulla volontà umana – viene qui ripreso in forma diversa e più generale.
Le varie arti sono affrontate insieme in parallelo, e si analizza in particolare il ruolo dell’arte nella società. Se nel Parassitismo (1910) lo scrittore divide le persone in due categorie, quelle che faticano e quelle che vivono a spese di chi fatica, qui lo stesso tratto distintivo è applicato agli artisti e ai fruitori dell’opera d’arte. Tolstój si domanda come possa un artista – che conduce una vita priva di fatica fisica e ha valori etici di riferimento diversi dall’operaio e dal contadino “faticatori” – trasmettere attraverso l’arte un messaggio che risulti coinvolgente per le masse popolari.
Oggi forse diremmo che l’artista moderno – in questa visione tolstojana – è autoreferenziale, e quindi i suoi prodotti non possono esercitare un appello sulle masse. L’arte permette a chi conduce una vita di fatica di riposarsi, distrarsi, rigenerarsi mediante la «percezione passiva dei sentimenti altrui». Per Tolstój l’artista prova sentimenti che il faticatore per definizione non può provare – per mancanza di tempo ed energia – e li “mette a disposizione” del popolo attraverso l’opera d’arte. Secondo lo scrittore, la persona che ascolta, per esempio, un brano musicale prova le stesse cose che provava il compositore quando l’ha scritto. Oggi forse diremmo che l’artista fa provare in modo virtuale all’uomo di fatica ciò che l’artista ha provato in modo empirico.
Leo Tolstoy
Leo Tolstoy grew up in Russia, raised by a elderly aunt and educated by French tutors while studying at Kazen University before giving up on his education and volunteering for military duty. When writing his greatest works, War and Peace and Anna Karenina, Tolstoy drew upon his diaries for material. At eighty-two, while away from home, he suffered from declining health and died in Astapovo, Riazan in 1910.
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Book preview
Su ciò che viene chiamato «arte» - Leo Tolstoy
Su ciò che viene chiamato «arte»
1896
L’arte vista da Tolstój
a cura di Bruno Osimo
Copyright © Bruno Osimo 2022
Titolo originale dell’opera: О том, что называют искусством
Traduzione dal russo di Nicole Colombo, Ekaterina Dzhevello, Alma Ganora, Gloria Gherbi, Nicolas Grecchi, Silvia Paramithiotti, Aurora Sechi, Natascia Veluti
Bruno Osimo è un autore/traduttore che si autopubblica
La stampa è realizzata come print on sale da Kindle Direct Publishing
ISBN 9788831462693 per l’edizione hardcover
ISBN 9788831462709 per l’edizione ebook
Contatti dell’autore-editore-traduttore: osimo@trad.it
Traslitterazione
La traslitterazione del russo è fatta in base alla norma ISO 9:
â si pronuncia come ’ia’ in ’fiato’ /ja/
c si pronuncia come ’z’ in ’zozzo’ /ts/
č si pronuncia come ’c’ in ’cena’ /tɕ/
e si pronuncia come ’ie’ in ’fieno’ /je/
ë si pronuncia come ’io’ in ’chiodo’ /jo/
è si pronuncia come ’e’ in ’lercio’ /e/
h si pronuncia come ’c’ nel toscano ’laconico’ /x/
š si pronuncia come ’sc’ in ’scemo’ /ʂ/
ŝ si pronuncia come ’sc’ in ’esci’ /ɕː/
û si pronuncia come ’iu’ in ’fiuto’ /ju/
z si pronuncia come ’s’ in ’rosa’ /z/
ž si pronuncia come ’s’ in ’pleasure’ /ʐ/
Sommario
Traslitterazione
Prefazione
I
II
III
IV
V
VI
Nota bio sul curatore
Dello stesso editore
Prefazione
Questo saggio di Tolstój è stato scritto nel 1896, ossia sette anni dopo Sonata «Kreutzer», del 1889. Il tema di quel romanzo – il sottovalutato strapotere manipolatorio della musica sulla volontà umana – viene qui ripreso in forma diversa e più generale.
Le varie arti sono affrontate insieme in parallelo, e si analizza in particolare il ruolo dell’arte nella società. Se nel Parassitismo (1910) lo scrittore divide le persone in due categorie, quelle che faticano e quelle che vivono a spese di chi fatica, qui lo stesso tratto distintivo è applicato agli artisti e ai fruitori dell’opera d’arte. Tolstój si domanda come possa un artista – che conduce una vita priva di fatica fisica e ha valori etici di riferimento diversi dall’operaio e dal contadino faticatori
– trasmettere attraverso l’arte un messaggio che risulti coinvolgente per le masse popolari.
Oggi forse diremmo che l’artista moderno – in questa visione tolstojana – è autoreferenziale, e quindi i suoi prodotti non possono esercitare un appello sulle masse. L’arte permette a chi conduce una vita di fatica di riposarsi, distrarsi, rigenerarsi mediante la «percezione passiva dei sentimenti altrui». Per Tolstój l’artista prova sentimenti che il faticatore per definizione non può provare – per mancanza di tempo ed energia – e li mette a disposizione
del popolo attraverso l’opera d’arte. Secondo lo scrittore, la persona che ascolta, per esempio, un brano musicale prova le stesse cose che provava il compositore quando l’ha scritto. Oggi forse diremmo che l’artista fa provare in modo virtuale all’uomo di fatica[1] ciò che l’artista ha provato in modo empirico.
Perché questo meccanismo funzioni, occorre però che ci sia un’intersezione tra la visione etica dell’artista e quella del faticatore: stessa religione e stessi riferimenti culturali, e questo, a parere di Tolstój, in epoca moderna non succede più. Di qui l’arte per l’arte, considerata una iattura.
Un anno dopo sullo stesso tema Tolstój scriverà Che cos’è l’arte, che riprende gli stessi argomenti in versione molto più ampia, in un numero di pagine cinque volte superiore. Ho pensato che la presente versione più concisa avesse il merito di essere molto più fruibile dati i ritmi attuali della nostra vita quotidiana.
Questa edizione è realizzata con il contributo delle allieve e dell’allievo del primo corso di laurea magistrale in traduzione della Civica Scuola per Interpreti e Traduttori «Altiero Spinelli» di Milano, anno 2021-2022. I loro nomi figurano per esteso nella pagina del colophon.
Milano, 19 giugno 2022
Lev Tolstój
Su ciò che viene chiamato «arte»
I
Quest’anno per la prima volta ho avuto occasione di ascoltare la migliore – secondo quanto affermano i cosiddetti esperti – opera di Wagner. L’esecuzione, sempre a detta degli esperti, è stata eccellente. Nonostante il mio desiderio di rimanere fino alla fine per poter avere il diritto di dare il mio giudizio, non ci sono riuscito, non per noia, ma per la terrificante falsità dell’opera nel suo complesso. La stessa cosa che prova l’orecchio musicale in presenza di così tante note false, con le quali tuttavia non si perde il senso dell’opera (se fossero tutti suoni sbagliati durante