Storie di altri
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Info su questo ebook
Sabrina Uccello è nata a Napoli nel 1994. Dopo gli studi classici si laurea in Scienze della Comunicazione all’Università Suor Orsola Benincasa e si diploma in inglese e spagnolo rispettivamente al British Council e all’Instituto Cervantes. Dall’età di diciassette anni svolge la professione di giornalista, specializzandosi col tempo nello sport e nel 2016 si iscrive all’Ordine Nazionale come pubblicista. Lavora principalmente come corrispondente per la tv oltreoceano, in linea con la sua grande passione: piedi in Italia e cuore in America Latina.
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Storie di altri - Sabrina Uccello
Sabrina Uccello
Storie di altri
© 2022 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma
www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com
ISBN 978-88-306-5449-5
I edizione marzo 2022
Finito di stampare nel mese di marzo 2022
presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)
Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa
Copertina di Giulia Pennelli.
Storie di altri
"Cada persona que pasa por nuestra vida es única.
Siempre deja un poco de sí y se lleva un poco de nosotros.
Habrá los que se llevarán mucho, pero no habrá de los que no nos dejarán nada.
Esta es la prueba evidente de que dos almas no se encuentran por casualidad."
"Ogni persona che passa per la nostra vita è unica. Sempre lascia un po’ di sé e si porta via un po’ di noi.
Ci saranno coloro che si porteranno via molto, ma non ci sarà nessuno che non ci lascerà niente.
Questa è la prova evidente che due anime non s’incontrano per casualità."
Jorge Luis Borges
Prefazione di Barbara Alberti
Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.
È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.
Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi
Non esiste un vascello come un libro
per portarci in terre lontane
né corsieri come una pagina
di poesia che s’impenna.
Questa traversata la può fare anche un povero,
tanto è frugale il carro dell’anima
(Trad. Ginevra Bompiani).
A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.
Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.
Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.
Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterly. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov
.
Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.
Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.
Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.
Introduzione
Caro lettore,
Storie di altri è un libro con una pretesa: farti sentire meno solo.
Il manoscritto è una raccolta di venti racconti reali di venti persone diverse. Ho chiesto loro di pescare un bigliettino con dentro la definizione di un’emozione per poi domandargli: Che ricordo suscita in te?
. È cominciata così l’avventura. Ognuno ha svelato una piccola parte di vita e l’ha consegnata nelle mie mani. Ho fatto una promessa di segretezza in quanto ai racconti, per consentire a ciascuno di parlare senza inibizioni, scavando nei dolori e nelle inquietudini così come nei momenti migliori. Tuttavia, a ciascuno dedico quest’opera, come affermato nei ringraziamenti, perché senza loro non esisterebbero queste vite.
Per me è stato un viaggio emotivo profondo, che mi ha aiutato anche inconsapevolmente nello scopo che volevo raggiungere, ovvero avvicinarci tutti nell’epoca in cui il contatto umano è stato messo a dura prova dalla pandemia e in cui pare regnare la fugacità dei sentimenti.
Siamo più uguali di quanto pensiamo e necessitiamo dell’altro più di quanto possiamo credere.
Il libro può essere sfogliato secondo le tue preferenze. Nessuna storia è apparentemente collegata a un’altra. L’ordine dei capitoli nasce soltanto dall’intenzione di dare un’alternanza più o meno fissa a sentimenti tra loro contrapposti.
La mia speranza è trovarti coinvolto ed emozionato nella lettura, ma anche farti riflettere sulla persona che distrattamente ti passa accanto o quella che da anni ti ritrovi al tavolo della cucina a guardare negli occhi.
Tutti abbiamo la nostra storia e la grande necessità che qualcuno ci accolga.
Dolore
Quando facevo l’amore con Adriana, eravamo strani.
Volevamo che il momento d’estasi finisse presto, perché ciò che ci avvicinava di più erano i discorsi che eravamo soliti fare non appena terminato. Lei sceglieva sempre il lato destro del letto per stendersi, io mi accontentavo del sinistro.
Non ci guardavamo negli occhi mai: entrambi li mantenevamo incollati al soffitto, mentre io allungavo la mano per avvolgerle le spalle e lei mi accarezzava la gamba piegata.
Penso, in fondo, di essermi innamorato di lei per questo momento di condivisione, nato spontaneamente, subito dopo la nostra prima volta.
So bene che, quando accade, ciascuno cerca di dare il meglio di sé. Non conosco nessuno che s’infili nel letto della donna che desidera per poi raccontarle solamente difetti e storpiature. Eppure io, fin da subito, ho sentito il bisogno disperato di raccontarle la verità.
Mi ero ripromesso che sarei stato un uomo onesto, non avrei cercato di dissimulare, perché è troppo vistosa la cicatrice che mi parte dal petto e arriva oltre l’ombelico.
Così quella sera le raccontai tutto.
Adriana abitava nello stesso viale di casa mia ma avevamo cominciato a frequentarci soltanto da poco, sebbene in verità la spiassi da tempo. Mi sono piaciuti fin da subito i suoi capelli lunghi e rossi e a lei sembrava piacere il mio modo buffo di essere
. Così diceva. Eppure non avevo mai avuto il coraggio di chiederle di uscire. Eravamo nella stessa compagnia di amici, ma non mi sentivo all’altezza. Non avrei potuto passarla a prendere in auto di sabato sera, poiché la mia vista non funziona molto. Avevo difficoltà anche a trovare lavoro per questo motivo, e mi sarei sentito in imbarazzo nel non poterle offrire nemmeno una pizza. È stata lei, una domenica mattina mentre ero in giro col cane, a fermarmi per strada e a chiedermi se potesse accompagnarmi. Parlammo a lungo e le piacqui. Mi sentivo normale, mentre mi parlava dell’università e di un progetto edile al quale stava partecipando. Avrebbe fatto l’architetto da grande. E io ascoltandola assorbivo la sua