La marea della morte (Un emozionante thriller di Alexa Chase—Libro 2)
By Kate Bold
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About this ebook
Alexa Chase, 34 anni, una brillante profiler nell’Unità di Analisi Comportamentale dell’FBI, era troppo brava nel suo lavoro. Perseguitata da tutti i serial killer che ha catturato, si è lasciata alle spalle una carriera strepitosa per entrare nel corpo U.S. Marshall della polizia federale. In quanto vice maresciallo, Alexa – non solo brillante, ma altrettanto dura e prestante – ha potuto immergersi in una carriera semplice, dedicandosi a dare la caccia ai fuggitivi per consegnarli alla giustizia.
Ma con l’enorme successo dell’ultimo caso, l’FBI e i Marshal hanno deciso di rendere permanente la loro collaborazione. Alexa, frastornata dal proprio passato traumatico e da un disturbo post-traumatico da stress dovuto alle innumerevoli cacce ai serial killer, non ha scelta: ora dovrà lavorare con un collega dell’FBI che non le piace, e dare la caccia ad assassini seriali la cui giurisdizione si intreccia a quella degli U.S. Marshal. Alexa si vede costretta ad affrontare ciò che teme di più: entrare nella mente di un assassino.
Due giudici federali vengono assassinati e alcuni indizi sorprendenti indicano il lavoro di un serial killer che sta perseguendo una vendetta. Ma i giudici hanno processato e condannato centinaia di persone nel corso delle loro lunghe carriere. Con una lista dei sospettati lunga chilometri, Alexa si trova implicata in una corsa per la vita, per trovare l’assassino prima che uccida il prossimo giudice dell’elenco.
E quando la vittima successiva si presenta come una svolta scioccante, tutto ciò che Alexa pensava di sapere viene gettato nel dubbio.
Si tratta davvero di una vendetta? O questo assassino è più diabolico di quanto sembra?
Per trovare questo assassino diabolico, Alexa dovrà fare ciò che teme più di ogni altra cosa: entrare nella sua mente contorta, prima che possa colpire di nuovo. È un gioco del gatto e del topo, tra la vita e la morte, dove chi vince prende tutto.
Ma si farà inghiottire dall’oscurità?
Un thriller tormentoso e mozzafiato, con una brillante e torturata vice-maresciallo come protagonista, la serie ALEXA CHASE presenta dei gialli affascinanti e pieni zeppi di incessante azione, suspense, svolte, colpi di scena e rivelazioni. Il ritmo è incalzante e ti spingerà a leggere fino a notte fonda, senza poter mettere giù il libro.
È ora disponibile anche il libro #3 della serie: L’ORA DELLA MORTE.
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La marea della morte (Un emozionante thriller di Alexa Chase—Libro 2) - Kate Bold
LA MAREA DELLA MORTE
(Un emozionante thriller di Alexa Chase—Libro 2)
K a t e B o l d
Traduzione italiana a cura di Valentina De Vito
Kate Bold
L'esordiente Kate Bold è autrice della serie di thriller pieni di suspense di ALEXA CHASE, che per ora si compone di sei libri, e dell'avvincente serie di thriller di ASHLEY HOPE, che al momento conta tre libri. Appassionata lettrice e da sempre amante del genere mystery e thriller, Kate adora tenersi in contatto coi propri lettori: visitate il suo sito www.kateboldauthor.com per saperne di più e tenervi aggiornati.
Copyright © 2021 di Blake Pierce. Tutti i diritti riservati. A eccezione di quanto consentito dall’U.S. Copyright Act del 1976, nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, distribuitao trasmessa in alcuna forma o in alcun modo, o archiviata in un database o in un sistema di raccolta, senza previa autorizzazione dell’autore. Questo ebook è concesso in licenza esclusivamente ad uso ludico personale. Questo ebook non può essere rivenduto né ceduto ad altre persone. Se desidera condividere questo libro con un'altra persona, la preghiamo di acquistare una copia aggiuntiva per ogni beneficiario. Se sta leggendo questo libro e non l’ha acquistato, o non è stato acquistato esclusivamente per il suo personale uso, la preghiamo di restituirlo e di acquistare la sua copia personale. La ringraziamo per il suo rispetto verso il duro lavoro svolto da questo autore. Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, imprese, organizzazioni, luoghi, eventi e incidenti sono il prodotto della fantasia dell’autore o sono usati romanzescamente. Qualsiasi somiglianza con persone reali, vive o morte, è del tutto casuale. Immagine di copertina Copyright YuriyZhuravov, utilizzata sotto licenza da Shutterstock.com.
LIBRI DI KATE BOLD
UN EMOZIONANTE THRILLER DI ALEXA CHASE
IL GIOCO DELLA MORTE (Libro #1)
LA MAREA DELLA MORTE (Libro #2)
UN THRILLER DI ASHLEY HOPE
LASCIAMI STARE (Libro #1)
INDICE
CAPITOLO UNO
CAPITOLO DUE
CAPITOLO TRE
CAPITOLO QUATTRO
CAPITOLO CINQUE
CAPITOLO SEI
CAPITOLO SETTE
CAPITOLO OTTO
CAPITOLO NOVE
CAPITOLO DIECI
CAPITOLO UNDICI
CAPITOLO DODICI
CAPITOLO TREDICI
CAPITOLO QUATTORDICI
CAPITOLO QUINDICI
CAPITOLO SEDICI
CAPITOLO DICIASSETTE
CAPITOLO DICIOTTO
CAPITOLO DICIANNOVE
CAPITOLO VENTI
CAPITOLO VENTUNO
CAPITOLO VENTIDUE
CAPITOLO VENTITRE
CAPITOLO VENTIQUATTRO
CAPITOLO VENTICINQUE
CAPITOLO VENTISEI
CAPITOLO VENTISETTE
CAPITOLO VENTOTTO
CAPITOLO VENTINOVE
CAPITOLO TRENTA
CAPITOLO TRENTUNO
CAPITOLO UNO
Una casa-ranch nel deserto di Sonora, otto chilometri ad est di Benson, Arizona
3 luglio, ore 23:00
Il giudice Antonio Rodriguez era seduto sulla sua poltrona a sbrigare alcune pratiche, in sottofondo il chiacchiericcio di un canale sportivo. Era un sabato sera e non avrebbe dovuto lavorare, ma un giudice non riusciva mai a stare al passo con tutta la burocrazia in cui il lavoro lo seppelliva.
Al momento si stava preparando per un caso di omicidio. Anche se non sarebbe dovuto andare in tribunale per un’altra settimana, aveva ancora una montagna di scartoffie da terminare. Dichiarazioni della difesa. Registri della polizia. Dichiarazioni dell’accusa. Prove. Sembrava infinito. In un certo senso era infinito, perché prima di allora aveva sei casi minori da portare a termine, tutti con le relative pile di scartoffie, e anche il lavoro dopo il processo per omicidio cominciava ad accumularsi.
Nonostante i comunissimi soggetti criminali come conducenti ubriachi e taccheggiatori gli dessero già abbastanza lavoro d’ufficio, per processare un caso di omicidio ci voleva una biblioteca.
Il telefono sul tavolino vibrò. Lui lo prese. Un messaggio da Carmen, sua moglie. Lo aprì e rise.
Una foto mostrava Carmen e le sue amiche sul ponte di una nave da crociera, con indosso abiti da sole e cappelli di paglia, mentre alzavano dei bicchieri con un cocktail colorato alla frutta. Un brillante oceano blu splendeva sullo sfondo.
Il giudice Rodriguez fece scorrere amorevolmente il pollice sull’immagine della donna sorridente, ancora gioiosa e carina nonostante i suoi 62 anni. Sposarla e lavorare in tribunale erano state le due cose più sagge che avesse mai fatto.
Le rispose. Sembra che la tua tradizionale crociera del 4 luglio stia andando bene. Non farti beccare da un pappagallo come l’anno scorso.
Un messaggio arrivò quasi immediatamente. Goditi la partita con i ragazzi domani. E SMETTI DI LAVORARE! Devono essere le undici là da te.
Il giudice Rodriguez rise di nuovo. Dopo una vita insieme, lei conosceva tutti i suoi trucchi.
Inviò un’emoji imbarazzata. Si diceva emoji
, no? Avrebbe dovuto chiedere ai suoi figli, entrambi neolaureati e residenti ad Albuquerque, dove c’erano più opportunità. Benson era una piccola città. Tutti i ragazzi se ne andavano, quando e se ne avevano la possibilità. Tuttavia, aveva ancora la sua fetta di criminali.
Carmen aveva ragione. Basta lavoro per stasera. Mise da parte le sue carte e alzò il volume della TV. Era ora che i suoi commentatori preferiti esprimessero la loro opinione su come sarebbe andata la partita di domani.
Suonò il campanello.
Ma che—?
Un visitatore? A quest’ora? Forse Larry lungo la strada stava di nuovo avendo problemi ad accendere la macchina. Aveva dovuto far partire la vecchia carretta di Larry con i cavi tre volte nell’ultimo mese. O forse Irene, un po’ più avanti lungo il viottolo, aveva problemi con le coliche del bambino. Le case in quel quartiere erano sparpagliate, ognuno aveva diversi acri di deserto da godersi, ma la gente si conosceva comunque e si dava una mano.
Il giudice Rodriguez alzò la sua pesante mole dalla poltrona ed uscì dal soggiorno, passando davanti alle foto della sua famiglia in varie fasi della loro vita, e raggiunse l’ingresso, accendendo la luce nel frattempo.
Arrivo!
esclamò. Il campanello non suonò una seconda volta.
Sbloccò la porta, perché anche nelle zone rurali dell’Arizona era saggio chiudere a chiave, e la aprì.
Fuori non c’era nessuno. La lampadina della veranda era accesa, con alcune falene che vi giravano intorno, ma all’interno del suo cono di luce non c’era altro movimento. Il cortile, il vialetto di ghiaia e il deserto appena visibile erano tutti vuoti.
Un brivido lo percorse. Chiuse velocemente la porta di nuovo a chiave. Qualcosa non andava. I bambini della zona erano tutti troppo piccoli o troppo grandi per simili scherzi. Il che significava che era stato un adulto.
Il giudice Rodriguez spense la luce del corridoio e, aiutato dalla scarsa illuminazione proveniente dal soggiorno, si spostò verso un cassettone vicino alla porta d’ingresso dove teneva una calibro 38 a canna corta.
Carmen odiava che avesse una pistola in casa. Era una ragazza di città di Phoenix, e non era abituata a quell’aspetto della vita di campagna.
Avrebbe potuto afferrare il fucile che usava per i coyote, ma sarebbe stato troppo ingombrante da usare all’interno ed era dall’altra parte della casa, nell’armadio della sua camera da letto.
Impugnando la pistola, si allontanò lentamente dalla porta, la sua mente che vacillava tra preoccupazione e rifiuto. Poteva essere semplicemente uno scherzo di qualche adolescente di passaggio, come quella volta in cui alcuni teppistelli avevano dipinto uno dei saguari per strada per farlo sembrare un pene. Oppure poteva essere qualcosa di più serio.
Dopotutto, aveva condannato un sacco di brutta gente.
Probabilmente non era niente, pensò. Diamine, poteva anche essere stato un problema elettrico. Quella casa era stata costruita negli anni Sessanta. Aveva i suoi piccoli acciacchi di vecchiaia, proprio come lui.
Dal retro della casa provenne uno scricchiolio, il suono inconfondibile della sua porta sul retro che si apriva.
Aveva dimenticato di chiuderla a chiave.
Il giudice Rodriguez iniziò a sudare freddo. Che fare? Il suo telefono era sul comodino in soggiorno. Tanto valeva che fosse a un milione di chilometri di distanza. Avrebbe potuto spostarsi laggiù, ma in quel modo l’intruso avrebbe potuto sentirlo e lui sarebbe finito nell’unica parte illuminata della casa.
Meglio restare qui. Dal suo punto di osservazione poteva vedere il corridoio semi-illuminato e la cucina. Dato che non c’era luce lì dentro, e solo una luce accesa tra lui e quella stanza, non poteva vederla bene. Non riusciva a vedere niente dall’altra parte. Il piccolo corridoio che portava al bagno e alla stanza sul retro, dove c’era quella porta, era nascosto dietro l’angolo.
Il giudice Rodriguez tese le orecchie per sentire qualsiasi movimento. Negli ultimi anni era diventato un po’ duro d’orecchi, probabilmente a causa di trent’anni di criminali colpevoli che gli urlavano contro in aula, per non parlare dell’heavy metal di cui suo figlio minore era patito da adolescente fino ai primi vent’anni. Quindi non sentì niente, anche se questo non significava che non ci fosse nulla da sentire.
Il giudice Rodriguez aspettò. Un rivolo di sudore gli scorreva lungo la fronte. Il cuore gli batteva forte nel petto, ma la mano che stringeva la pistola non vacillò.
Tuttavia, nessun rumore o movimento proveniva dal retro della casa.
Aveva immaginato tutto? Era stanco e, come gli diceva sempre Carmen, oberato di lavoro. Il campanello poteva essere stato uno scherzo, dopodiché la sua immaginazione aveva inventato il rumore della porta sul retro che si apriva.
Beh, non avrebbe aspettato qui per sempre sperando che gli piovesse addosso la risposta.
Lentamente iniziò a strisciare lungo il corridoio verso la cucina. Ogni pochi passi si fermava, le orecchie attente a qualsiasi segno di movimento. Ancora niente. Stava diventando sempre più convinto che la sua mente gli avesse giocato un brutto scherzo. Un ladro non avrebbe preso di mira una casa con la luce accesa, la TV che faceva rumore e un’auto parcheggiata davanti. Un tossicodipendente in cerca di qualcosa da rubare per poter ottenere la sua prossima dose avrebbe fatto un gran baccano.
E nessuno dei due avrebbe suonato il campanello.
Il giudice Rodriguez aveva deliberato su molti casi di effrazioni, e non riusciva a ricordarne uno in cui l’intruso si fosse manifestato prima di irrompere.
Quindi sì, probabilmente era tutto nella sua immaginazione.
Tenne il dito sul grilletto per ogni evenienza.
Raggiunta la porta della cucina, fece capolino dall’angolo, guardando verso l’interno in penombra. Nessuno. Il breve corridoio che conduceva al bagno e alla stanza sul retro era quasi nero.
Rimase lì per un momento, scrutando nel buio e desiderando di non essere così pignolo nel risparmio di elettricità. La maggior parte delle persone lasciava più luci accese.
Doveva accendere la luce della cucina? No, questo avrebbe solamente allertato l’intruso, se ce ne fosse stato uno. Il giudice Rodriguez aveva fatto un buon lavoro muovendosi in silenzio. L’intruso probabilmente pensava che fosse ancora in soggiorno a guardare la TV.
Il giudice Rodriguez trasse un respiro lento e silenzioso e cominciò a strisciare attraverso la cucina, che odorava vagamente delle lasagne surgelate che Carmen gli aveva lasciato da riscaldare per la cena di quella sera.
Raggiunse la porta in fondo e si fermò. Ancora nessun rumore. Sbirciando da dietro l’angolo, distinse i contorni scuri della porta del bagno e di quella sul retro, entrambe aperte, sul lato sinistro del corridoio.
Quest’ultima dava sulla stanza sul retro, che aveva poco tranne alcune piante in vaso e qualche scatola di vecchi fascicoli. Niente che valesse la pena rubare. Non sentiva aria provenire da lì, quindi la porta era chiusa. L’intruso si era messo paura e se n’era andato?
Molto probabilmente non c’era affatto un intruso.
Doveva controllare, però.
Il giudice Rodriguez fece un passo nel corridoio.
Un lampo alla sua sinistra. Una massa scura che si precipitava fuori dal bagno. Il breve, debole bagliore di luce sul metallo.
Poi un dolore bruciante al polso. La pistola cadde a terra.
Il giudice Rodriguez gridò, indietreggiando verso la cucina.
La figura scura lo seguì, sferrando un altro colpo con il coltello.
Riuscendo a malapena ad alzare il braccio in tempo per proteggersi il viso, il giudice Rodriguez sentì un’altra fitta di bruciore e dolore sull’avambraccio. Urlò, si voltò e corse verso il corridoio, sperando di arrivare alla porta d’ingresso e fuori in strada dove avrebbe potuto gridare aiuto.
Fece a malapena due metri.
Un altro taglio sulla schiena. Ansimò, barcollò e andò avanti, arrivando a metà del corridoio, proprio di fronte al soggiorno illuminato, prima che un altro fendente più profondo lo facesse cadere di faccia.
Si ribaltò. La figura incombeva su di lui, uscendo allo scoperto nella luce del soggiorno.
Il giudice Rodriguez si bloccò. Riconobbe quel viso.
In un istante si ricordò tutto di quel caso, e capì che non poteva sperare nella pietà.
Il coltello balenò verso il basso, pugnalandolo.
Poi salì, lasciando una scia di sangue, poi scese ancora.
E ancora.
E ancora.
Nel giro di due minuti, il giudice Antonio Rodriguez di Benson, Arizona, giaceva con gli occhi sgranati in una pozza di sangue, fissando il soffitto mentre il mondo sbiadiva intorno a lui.
L’ultima cosa che sentì dopo la chiusura della porta sul retro fu il telefono che vibrava in soggiorno.
Non avrebbe mai visto la foto di sua moglie che gli dava il bacio della buonanotte.
CAPITOLO DUE
Prigione di stato dell’East Jersey, municipalità di Woodbridge, New Jersey
4 luglio, ore 10:00
L’agente Alexa Chase aspettava che una guardia carceraria le sbloccasse una porta con pesanti sbarre d’acciaio. L’uniforme le aderiva addosso per via del sudore che colava da ogni poro del suo corpo. Il corridoio di cemento era fresco, ma Alexa non riusciva a smettere di sudare.
Quando la porta si aprì, lei e una seconda guardia di sicurezza entrarono in un breve corridoio che terminava con una porta identica.
La prima porta si chiuse dietro di loro. La guardia che l’accompagnava si sistemò la cintura, carica di pistola, manganello e spray al peperoncino, e fece un cenno al collega attraverso la telecamera di sicurezza. La seconda porta si aprì. Alexa si asciugò di nascosto i palmi sudati ai lati dei pantaloni dell’uniforme.
Al di là c’era una sala con sei celle per lato. Tutte piene. Di fronte ad una di esse, in fondo, c’era una sedia di plastica rossa, posizionata proprio al centro della sala in modo da essere fuori dalla portata di entrambe le celle. La guardia carceraria e Alexa percorsero anche il centro del corridoio. Alexa guardò a destra e a sinistra, tenendo d’occhio i detenuti, così come loro tenevano d’occhio lei. Uomini corpulenti e tatuati, seduti sulle loro brande o che camminavano avanti e indietro nelle loro minuscole celle. Silenziosi, vigili.
L’East Jersey State Prison era una prigione di massima sicurezza, che ospitava alcuni dei criminali più violenti dello stato. E lei era volata fin da Phoenix per vedere il più violento di quel reparto.
Bruce Thornton, altrimenti noto come il Diavolo del Jersey.
Diversi anni prima, quando era l’agente speciale Alexa Chase dell’FBI, aveva arrestato Thornton dopo che aveva commesso una serie di omicidi a Pine Barrens nel New Jersey. Era stato il suo caso più difficile fino ad allora: nessuno schema per gli omicidi, tranne la stessa posizione generale. Le vittime erano uomini, donne e bambini di ogni età ed etnia. La maggior parte era stata rapita altrove e portata nella vasta area forestale, tranne uno sfortunato escursionista e un altrettanto sfortunato cacciatore che erano già lì. Alcuni erano stati accoltellati. Altri erano stati fucilati o strangolati. Una bambina di dieci anni era stata sepolta viva.
Non riusciva a vedere alcuno schema, nessun modus operandi, a parte l’ovvia importanza psicologica del luogo stesso. Perché, oltre ad essere una fitta foresta di pini dove era facile nascondere un corpo, era la località del famoso Diavolo del Jersey, una creatura leggendaria con ali coriacee, una testa simile a quella di una capra, mani artigliate, zoccoli fessi e una coda biforcuta.
I media, ovviamente, se ne erano già accorti e avevano soprannominato l’assassino Diavolo del Jersey.
In un primo momento, la polizia locale aveva respinto quella connessione, pensando che l’assassino stesse semplicemente usando quel terreno sterile perché era un luogo molto vasto, nel quale ci si poteva nascondere facilmente. Molti altri criminali lo avevano fatto prima, dopotutto. Ma Alexa la pensava diversamente.
Aveva approfondito la tradizione del Diavolo del Jersey: dove era stato avvistato, come era piombato sulle sue vittime, le teorie contrastanti sulla sua origine. Il fatto che non esistesse non aveva importanza. Era la leggenda ad essere importante.
Perché lei aveva la sensazione che l’assassino stesse cercando di crearsi la propria leggenda.
La sua ricerca l’aveva portata in una dozzina di buchi neri, dal folklore al satanismo, dall’ecologia agli psichedelici, dalla storia alla criptozoologia. Era stato un viaggio inquietante, coinvolgente.
Ma le aveva fornito lo schema di come lui avesse distribuito i corpi, e le aveva permesso di capire dove sarebbe stata portata la sua prossima vittima di rapimento per essere fatta fuori.
Due giorni accampata nella fredda e piovosa pineta erano stati premiati con l’apparizione di Bruce Thornton, con un ragazzino di undici anni, terrorizzato, al seguito. Quando lei era balzata fuori dal suo nascondiglio, Thornton si era arreso, un sorriso sul volto e uno scintillio trionfante negli occhi. La sua leggenda era già stata creata.
Alexa aveva visto quel bagliore, e l’aveva quasi ucciso. Aveva alzato la pistola, puntandola proprio alla sua testa, e aveva iniziato a premere il grilletto.
Il sorriso di Bruce Thornton si era solo allargato.
E lei invece si era fermata, e l’aveva arrestato.
Era il rimpianto più grande della sua vita.
Avrebbe voluto ucciderlo. No, aveva sentito il bisogno di ucciderlo. Un terribile impulso animalesco dentro di lei voleva dare la caccia a quel predatore, e mostrargli che era soltanto una preda.
Solo un paio di settimane prima aveva quasi ceduto alla tentazione una seconda volta, con un serial killer di nome Drake Logan. Si era pentita di non aver ucciso anche lui.
Quindi era arrivata lì, per affrontare il diavolo del suo passato.
Il corridoio sembrava estendersi in lunghezza; la sedia di plastica rossa si allontanava da lei mentre camminava e camminava, apparentemente all’infinito, lungo un corridoio che non poteva misurare più di cinquanta metri.
Dalla cella più lontana provenne un fischio basso, una successione di note stonata e fuori tempo. Ci volle un momento perché Alexa la riconoscesse.
Night with the Jersey Devil
di Bruce Springsteen. La canzone preferita di Bruce Thornton.
Fischietta quella dannata canzone tutto il tempo,
mormorò la guardia carceraria accanto a lei. E dire che con tutto questo allenamento, a quest’ora dovrebbe essere intonato.
Alexa raddrizzò le spalle e fece gli ultimi passi che la portarono davanti alla sua cella.
Bruce Thornton non era un bel vedere. Raramente i serial killer lo erano. Seduto sul letto in fondo alla cella, in divisa arancione e pantofole, assomigliava molto all’idraulico disoccupato che era quando