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Ti ho trovato (Un emozionante thriller FBI di Rylie Wolf—Libro 1)
Ti ho trovato (Un emozionante thriller FBI di Rylie Wolf—Libro 1)
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Ti ho trovato (Un emozionante thriller FBI di Rylie Wolf—Libro 1)

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About this ebook

Un noto tratto dell’autostrada pullula di serial killer, omicidi irrisolti e casi di persone scomparse. L’FBI, sapendo che deve risolvere il mistero di questo letale Triangolo delle Bermuda, assegna il caso alla sua mente più brillante – e agente impeccabile – Rylie Wolf, che si tufferà a capofitto in questa strada del pericolo. Rylie dovrà chiamare in soccorso il suo brillante istinto per decifrare questi casi ed entrare nella contorta mente degli assassini, mentre al contempo lotta contro i demoni del suo oscuro passato.

In TI HO TROVATO (Un emozionante thriller FBI di Rylie Wolf—Libro uno), l’agente dell’FBI Rylie Wolf non ha paura di dire la sua. Ma quando la sua caparbietà la fa finire con l’acqua alla gola, si trova a dover lavorare in un posto diverso: un pericoloso tratto dell’autostrada, che si dipana tra diversi Stati, noto per i casi irrisolti di omicidi e persone scomparse. Rylie, ancora angustiata da un omicida mancato per poco durante la sua infanzia, conosce benissimo questa zona. Era un posto dove sperava di non dover mai fare ritorno.

Le vittime vengono trovate legate ai cippi chilometrici lungo l’autostrada, la macabra firma di un serial killer.

Rylie e il suo nuovo collega devono rintracciare l’assassino, ma lo schema degli omicidi è confuso. Con l’FBI che le alita sul collo e man mano che la pressione sale, Rylie si trova nel bel mezzo di un gioco del gatto e del topo con un assassino più folle di quanto avrebbe potuto mai immaginare.

Riuscirà Rylie a fermare l’assassino prima che uccida ancora?

O sarà lei stessa la prossima vittima?

Un thriller psicologico complesso, pieno di svolte e colpi di scena, con una suspense da batticuore, la serie di gialli di RYLIE WOLF ti farà innamorare di una brillante protagonista, e ti costringerà a leggere fino a notte fonda. È un libro perfetto per gli amanti di Robert Dugoni, Rachel Caine, Melinda Leigh o Mary Burton.

Sono ora disponibili i libri #2 e #3 della serie: TI HO PRESO e TI VEDO.
LanguageItaliano
PublisherMolly Black
Release dateJun 16, 2022
ISBN9781094356211
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    Ti ho trovato (Un emozionante thriller FBI di Rylie Wolf—Libro 1) - Molly Black

    cover.jpg

    TI HO TROVATO

    Un emozionante thriller FBI di Rylie Wolf—Libro 1

    M o l l y   B l a c k

    Molly Black

    La debuttante Molly Black è l’autrice della serie di thriller ricchi di suspense dell’agente FBI MAYA GRAY, che comprende sei libri (e oltre); e la serie thriller di suspense dell’agente FBI RYLIE WOLF, composta da tre libri (e oltre).

    Avida lettrice e fan da sempre dei generi gialli e thriller, Molly ama sentire l’opinione dei lettori, quindi non esitare a visitare www.mollyblackauthor.com per saperne di più e rimanere in contatto.

    Copyright © 2021 di Molly Black. Tutti i diritti riservati. Salvo quanto consentito dalla legge sul copyright degli Stati Uniti del 1976, nessuna parte della presente pubblicazione può essere riprodotta, distribuita o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, o archiviata in un database o sistema di recupero, senza la previa autorizzazione dell’autore. Questo eBook è concesso in licenza al solo scopo d’intrattenimento personale. Questo eBook non può essere rivenduto o ceduto ad altri. Se vuoi condividere questo libro con qualcun altro, ti invitiamo ad acquistarne una copia per ogni destinatario. Se stai leggendo questo libro senza averlo acquistato o non è stato acquistato per il tuo utilizzo personale, sei pregato di restituirlo e di acquistarne una copia per tuo uso esclusivo. Grazie per aver rispettato il lavoro dell’autore. Questa è una storia di fantasia. Nomi, personaggi, attività commerciali, organizzazioni, luoghi, eventi e incidenti sono il prodotto dell’immaginazione dell’autore o vengono utilizzati in modo fittizio. Qualsiasi riferimento a fatti realmente accaduti o persone, vive o morte, è puramente casuale. Immagine di copertina Copyright Lario Tus, utilizzata su licenza di Shutterstock.com.

    LIBRI DI MOLLY BLACK

    UN EMOZIONANTE THRILLER FBI DI RYLIE WOLF

    TI HO TROVATO (Libro #1)

    UN THRILLER AVVINCENTE CON MAYA GRAY, FBI

    PRIMA RAGAZZA: OMICIDIO (Libro #1)

    SECONDA RAGAZZA: PRESA (Libro #2)

    TERZA RAGAZZA: INTRAPPOLATA (Libro #3)

    INDICE

    CAPITOLO UNO

    CAPITOLO DUE

    CAPITOLO TRE

    CAPITOLO QUATTRO

    CAPITOLO CINQUE

    CAPITOLO SEI

    CAPITOLO SETTE

    CAPITOLO OTTO

    CAPITOLO NOVE

    CAPITOLO DIECI

    CAPITOLO UNDICI

    CAPITOLO DODICI

    CAPITOLO TREDICI

    CAPITOLO QUATTORDICI

    CAPITOLO QUINDICI

    CAPITOLO SEDICI

    CAPITOLO DICIASSETTE

    CAPITOLO DICIOTTO

    CAPITOLO DICIANNOVE

    CAPITOLO VENTI

    CAPITOLO VENTUNO

    CAPITOLO VENTIDUE

    CAPITOLO VENTITRE

    CAPITOLO VENTIQUATTRO

    CAPITOLO VENTICINQUE

    CAPITOLO VENTISEI

    CAPITOLO VENTISETTE

    CAPITOLO VENTOTTO

    CAPITOLO VENTINOVE

    CAPITOLO UNO

    Tutto si era ridotto a questo.

    Tre mesi di indagini 24 ore su 24, migliaia di false piste, litri e litri di caffè... il tutto con un unico obiettivo: far cadere quel meschino figlio di puttana, un uomo che aveva terrorizzato un’intera comunità per mesi. Adesso era il momento di portare a termine quella missione.

    Avvolta nell’oscurità, sotto un lampione spento, all’angolo di una zona fatiscente della città, fuori Seattle, Rylie Wolf aspettava che il suo obiettivo si facesse vedere. Era rimasta lì, a casa sua, per ore, da quando lo aveva seguito, ad aspettare che il suo vecchio minivan blu tornasse dal lavoro alla Beaver Lake Elementary School.

    Cosa stava facendo?

    Istintivamente, frugò in tasca ed estrasse il cellulare, lo sollevò e guardò il display. Lo schermo era nero, la batteria scarica.

    Certo. A volte lei era così, talmente concentrata su un caso che anche gli atti più essenziali della vita quotidiana le sfuggivano. Durante il tragitto si era dimenticata di collegare il telefono al caricabatteria dell’auto.

    Figlio di puttana.

    Le sarebbe servito per chiamare i rinforzi.

    Proprio mentre prendeva la decisione di avvicinarsi, in modo da potersi avventurare e dare un’occhiata alle finestre, la porta del garage si alzò lentamente.

    Dal suo punto di osservazione, riusciva solo vedere all’interno. Non notò nulla di preoccupante, solo la parte posteriore del furgone blu con la targa di Washington.

    Il veicolo si avviò scoppiettando, le luci posteriori rosse si accesero e la vettura iniziò lentamente ad avanzare.

    Poi, all’improvviso, si fermò.

    Rylie strizzò gli occhi, cercando di vedere meglio nell’oscurità. L’unica luce nell’area del garage illuminava il volto di un certo Edison Blaze nello specchietto retrovisore. Era duro, brutto e cattivo, il genere di persona che non si vorrebbe mai incontrare in un vicolo buio. Nessun indizio sul perché l’amministrazione avesse deciso che fosse una buona idea assumerlo come bidello alle elementari.

    Se Rylie avesse fatto a modo suo, presto si sarebbero tutti pentiti di quella assunzione. Molto presto. Fedina penale pulita, un corno. Qualcuno aveva falsificato quei documenti, alla grande.

    Lo osservò mentre si muoveva nell’oscurità. Sembrava alle prese con qualcosa sul sedile posteriore.

    Solo un breve lampo. Niente di più. Ma per un attimo le parve di vedere la sagoma di una manina premuta contro il finestrino laterale.

    Christopher.

    Il mondo attorno a lei iniziò a girare. La sua testa entrò in un vortice, gli occhi le si annebbiarono, il respiro si fece affannoso. Era successo. Le sue dita strinsero l’inutile telefono, sbiancando sulle nocche. Fece un passo incerto in avanti, le scarpe da ginnastica sull’erba umida e scivolosa del prato.

    Va bene. Bene. Pensa, Rylie. Mantieni la calma. Non puoi permetterti di commettere errori.

    Si portò la mano sinistra alla tasca per assicurarsi che le chiavi della macchina fossero ancora lì. Lanciò un’occhiata al suo pick-up, dall’altra parte della strada, cercando di decidere se dovesse prendersi una pausa in quel momento. Era il suo veicolo privato, non aveva una radio per chiedere aiuto, ma se fosse arrivata lì, avrebbe potuto staccarsi e seguirlo.

    Oppure... avrebbe potuto mettere fine a tutto. Proprio lì. Proprio in quel momento.

    Nel frattempo, ancora a metà della porta del garage, la portiera del lato guida dell’auto si aprì e ne saltò fuori la sagoma di Edison Blaze.

    Tirandosi in vita i jeans cascanti, entrò in casa.

    In quel momento, Rylie prese una decisione. Afferrando la Glock, si mosse in avanti, fermandosi sul retro del furgone, la pistola puntata verso la porta interna, leggermente aperta, che portava dal garage alla casa. Sbirciò nella finestra, ma non vide nulla oltre il vetro oscurato.

    Quando l’uomo apparve sulla soglia, all’inizio non la vide, poiché doveva essere stato abbagliato dai fari. Teneva in mano un sacchetto di carta con il pranzo. Fece qualche passo verso di lei, ignaro.

    Rylie puntò la pistola verso il suo sospettato. Fermo! FBI.

    L’uomo non si fermò. In qualche modo, Rylie sapeva che non sarebbe stato così facile. Edison Blaze aveva una lunga lista di arresti, ma nessuna condanna. Era abituato a eludere le colpe.

    Non quella volta. Era determinata a incastrarlo.

    Senza esitazione, saltò sul minivan, che tornò indietro barcollando. Si lanciò da un lato, mancando di poco il paraurti posteriore del furgone che sfrecciava sotto un lampione che lo illuminava completamente. Aveva un velo di sudore sulla fronte, uno sguardo selvaggio negli occhi. I capelli neri gli sventolavano sulla fronte come dita allargate.

    Rylie si alzò a fatica e si diresse verso il suo pick-up. Saltando dentro, diede gas e si lanciò sulla strada avviando l’inseguimento.

    Era passata la mezzanotte, le strade erano vuote. Il semaforo diventò rosso proprio mentre si stava avvicinando. Lei rallentò ma non si fermò mentre attraversava l’incrocio, individuò Blaze che svoltava a destra sul Sammamish Pike, diretto alla strada interstatale 86, la via principale da quelle parti. Era lì che si stava dirigendo? Aveva senso. Se voleva andare fuori città, fuori dal paese, in fretta, quello era il modo più semplice. Diretta ad ovest, quella strada arrivava fino al confine canadese.

    E in quel caso, lei conosceva una scorciatoia.

    L’avvantaggiava l’aver vissuto alla periferia di Seattle negli ultimi sedici anni. Dalle sue ricerche, aveva scoperto che Blaze era un vagabondo. Si era fatto strada lungo la costa occidentale, dal Messico, alla California, all’Oregon, a Washington, lasciando un percorso di rapimenti di bambini lungo la strada, tutti casi irrisolti. Rylie aveva collegato Blaze a un uomo in Messico, che vendeva bambini a caro prezzo a offerenti che li usavano per una varietà di cose losche. Ora, lui aveva portato il suo regno del terrore a Washington.

    E terminerai qui, pensò Rylie, premendo sull’acceleratore e prendendo la ventottesima strada SE. Questa sera. Perché conosco queste strade meglio di te, stronzo.

    Volando nell’oscurità, a una velocità assurda, Rylie teneva le mani strette al volante. Una nebbia sottile e fitta si posava su ogni cosa, una leggera pioggerellina spruzzava il parabrezza. I fari illuminavano i corpi di insetti ignari, proprio prima che andassero a sbattere contro la parte anteriore del pick-up. Azionò i tergicristalli, lasciando dietro di sé una traccia dei loro corpi appiccicosi, peggiorando la visuale. Ai lati solo erba e alberi ad alto fusto. In lontananza, la linea dell’interstatale era segnata dal flusso costante di fanali posteriori rossi, che si dirigevano verso il confine canadese.

    Circa un quarto di chilometro prima della strada interstatale 86, la ventottesima strada SE si sarebbe intersecata con il Sammamish. Sforzandosi di vedere, notò i fari più avanti, che sbandavano sul Sammamish.

    Era il suo furgone. Doveva essere così.

    Il veicolo rallentò leggermente per svoltare sull’interstatale. Fece un balzo in avanti, un’idea terribile e sconsiderata le si insinuò nella mente.

    Devo farlo davvero? si chiese. Poi si fece un’altra domanda. Voglio davvero arrivare a questo punto?

    La risposta era inequivocabilmente sì.

    In quel momento Edison doveva averla notata, perché cominciò ad aumentare la velocità, facendo stridere le gomme.

    Troppo tardi.

    Lei andò a sbattere con la sua vettura contro il lato anteriore del furgone con un tale impatto che la lanciò in avanti, l’airbag si aprì e la buttò indietro facendola girare. Suonò un clacson e le ossa del suo collo quasi si spezzarono mentre allentava la presa dal volante e premeva i freni, aspettando che l’auto finisse il testa coda.

    Quando si fermò, tutto ciò che vide fu il mare bianco dell’airbag. Spingendolo da una parte e cercando di ignorare il dolore intenso alla schiena, cercò a tentoni la maniglia della portiera e la aprì, poi scivolò fuori da sotto, reggendo ancora la pistola.

    Dall’altra parte della strada, vide un unico faro, che brillava sulla mediana erbosa. C’erano segni scuri di sbandamento delle gomme sulla strada, che portavano verso il punto in cui la ghiaia era stata spostata. Oltre a ciò, solchi profondi di pneumatici nel fango portavano al furgone fermo che emanava un po’ di fumo.

    Correndo in avanti, con la pistola puntata, Rylie si fermò quando fu abbastanza vicina da valutare la situazione. Poi, allungò una mano e aprì il portellone scorrevole sul retro.

    Buio. I suoi occhi non riuscivano ad adattarsi all’oscurità. Prima che potesse capire cosa c’era dentro, le gomme iniziarono a stridere e il furgone prese il volo.

    Senza pensare, si gettò dentro.

    Perse l’equilibrio quasi istantaneamente, sbattendo all’indietro sul pavimento vuoto. L’interno era spoglio, il che aveva senso, se fosse stato il suo furgone da lavoro. Quando afferrò qualcosa per stabilizzarsi, la pistola le cadde dalle mani.

    Dove... pensò, guardandosi intorno freneticamente in cerca della sua arma. Ma non c’era più. Per quanto ne sapeva, era volata fuori dal portellone spalancato del furgone. Probabilmente. Cazzo. Che faccio adesso?

    Il furgone sussultò di nuovo e lei inciampò all’indietro.

    Alla fine, si appoggiò alla fiancata del furgone. Non c’erano sedili, né moquette. C’erano vari strumenti, attrezzi che qualsiasi bidello avrebbe usato.

    Ma poi vide una forma spaventata, rannicchiata dietro il sedile del conducente, le mani minuscole aggrappate con tutte le forze allo schienale del sedile. Il ragazzino, Christopher, imbavagliato, i polsi e le caviglie legati, si era rannicchiato il più possibile dietro il sedile, come se cercasse di rendersi invisibile. La paura nei suoi grandi occhi era straziante.

    Lei lo sapeva.

    L’aveva capito subito, dal momento in cui aveva interrogato quel ragazzo nel cortile della scuola dopo la scomparsa, che il bidello c’entrava qualcosa. Era stato troppo sfuggente. Troppo impreciso. Dopo dieci anni da agente, aveva sviluppato un certo fiuto per le menzogne. Ne aveva sentito l’odore lontano un miglio.

    La vista del povero ragazzo spronò Rylie ad agire. Il furgone scese lungo la mediana, ondeggiando da una parte e dall’altra. Edison continuava a guardarsi alle spalle mentre guidava, cercando di farla cadere, uno sguardo selvaggio negli occhi, come se si stesse divertendo.

    Edison Blaze. Ferma la macchina, gridò Rylie.

    Lui ridacchiò. "Mi fermerò quando sarò morto, cagna. O quando lo sarai tu."

    Dallo sguardo nei suoi occhi, Rylie capì che diceva sul serio. Freneticamente, si guardò intorno. Una cassetta degli attrezzi sferragliava nella parte posteriore, scivolando avanti e indietro a ogni giro selvaggio del volante. Guardò fuori dal parabrezza e vide che si stavano dirigendo verso un ponte. Avrebbe potuto farli cadere dal bordo con un leggero giro della ruota.

    Tra i sussulti, quando la casetta scivolò di nuovo verso di lei, Rylie ci mise dentro la mano. Afferrò una chiave inglese, si lanciò in avanti facendo cadere tutto il peso dello strumento di metallo sulla tempia dell’uomo.

    Lui emise un ringhio e perse il controllo della vettura. Il furgone sbandò selvaggiamente, freni e pneumatici stridevano. Lei si voltò, afferrando il bambino tra le braccia e tenendolo avvolto nel suo corpo. Giusto in tempo, perché una frazione di secondo dopo, sentì il suo corpo spingersi da un capo all’altro della cabina, cadendo, senza peso per un momento, prima di andare a sbattere sul terreno duro.

    E poi, misericordiosamente, il silenzio.

    Quasi immediatamente, Rylie entrò in azione, ignorando il vacillare della vista e il dolore in quasi ogni parte del corpo. Lasciò andare Christopher, sentendo le sue grida soffocate, ma era troppo buio per vedere qualcosa tranne l’apertura del furgone, che ora era sopra di lei, a incorniciare il cielo stellato.

    Depose delicatamente il bambino. Resta qui, sussurrò. Fammi controllare alcune cose.

    Appoggiandosi al telaio, Rylie strisciò fuori, si arrampicò verso la portiera lato passeggero e l’aprì, sperando di vedere Edison Blaze, stordito o morto.

    Ma il sedile era vuoto.

    Dietro di lei si udiva il fruscio dell’erba. Lentamente, si voltò per affrontarlo.

    La sua prima reazione fu un senso di meraviglia per quanto fosse alto, visto da vicino. Dalle immagini non si sarebbe detto. Era alto più di un metro e ottanta e aveva le spalle larghe, indossava una maglietta nera stretta sul torace muscoloso e un paio di jeans sporchi. Il sangue gli colava lungo la tempia e il ghigno sul volto diceva che non aveva apprezzato per nulla l’intrusione di Rylie.

    Sei Rylie Wolf, sussurrò. "Giusto? Non hai detto che ti chiami così? Sei dell’FBI. Sei tu quella che mi è stata alle calcagna per tutto questo tempo.

    La bocca di Rylie si aprì come per parlare, ma non uscì alcun suono. Non riusciva nemmeno a pensare cosa dire.

    Fece un solo passo verso di lui, mille pensieri affastellati nella mente, mentre Edison Blaze piegava le gambe e si lanciava verso di lei, la bocca contorta in un ghigno alieno che mostrava tutta la sua dentatura. Era tutto ciò che Rylie riuscì a vedere nella fioca luce della luna, prima che il suo corpo fosse travolto da una valanga di muscoli, in un movimento sfocato e strano, pieno di odio e di rabbia. Le si buttò contro, ferendole il petto con una spalla e spingendola goffamente all’indietro, mandandola a sbattere contro il terreno umido di rugiada. Sentì qualcosa di pungente tra le scapole una frazione di secondo prima che un cespuglio di aprisse spalancandosi attorno a lei.

    I resti frastagliati di un piccolo cespuglio, o qualunque cosa fosse, le strapparono la camicia e le graffiarono la pelle.

    La sua vista cominciò ad annebbiarsi, il nero di una notte senza fine si insinuava da ogni lato, costringendola ad una specie di visione canalizzata. Vedeva soltanto lui che, spingendosi in avanti, tendeva le braccia per afferrarle le spalle, premendole all’indietro la clavicola e stirandole i muscoli.

    Finalmente, ringhiò con rancore, l’alito rancido. Sulla fronte gli si erano formate rughe di rabbia sopra gli occhi stretti e penetranti, il naso largo arricciato in una specie di punta mozza di carne e cartilagine. Una barba accennata gli copriva le mascelle e il collo.

    Rylie chiuse gli occhi mentre, nonostante i suoi sforzi per fermarlo, le mani dell’uomo le lasciarono le spalle e iniziarono a chiudersi intorno alla gola, dita strette e muscolose che si avvolgevano tutto intorno e cominciavano a stringere.

    Raggelante. Rimase completamente immobile. Il dolore divampò tra le sue spalle e lungo la schiena, ma non era niente in confronto al bruciore che sentiva nei polmoni. La forza di quell’uomo era incredibile, la pressione imbattibile.

    Da qualche parte, il piccolo Christopher iniziò a piangere.

    Fermalo. Fermalo, Rylie. Quel ragazzo ha bisogno di te.

    Le dita dell’aggressore si strinsero più forte, e il respiro di Rylie si affievolì. Per tutto il tempo, lei lo fissò, chiedendosi se quella fosse l’ultima cosa che avrebbe mai visto. Gli occhi azzurri di quell’uomo erano fissi nei suoi e lei scosse la testa, gettando i suoi lunghi capelli ricci sui suoi polsi. Il suo sorriso sottile mostrava denti gialli, illuminati dall’unico faro luminoso, la sua bocca la inondava con il suo alito pestilenziale.

    Lei cercò di prendergli le mani con gesto implorante, le dita e i palmi aperti, tremando per chiedere un po’ di pietà, ma dall’espressione sul suo viso capì che quell’uomo non sapeva provarne. Le sue dita si chiusero ancora più saldamente e la spinse indietro ancora più forte.

    Lei gli avvolse le dita

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