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Qohelet: il Dio lontano
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Qohelet: il Dio lontano

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La lettura del libro del Qohelet solleverebbe non pochi problemi al credente che si fermasse al suo significato letterale. Se infatti tutta la Bibbia è parola di Dio, la Scrittura è però composta anche da testi, ci dice la Chiesa, che non debbono essere presi alla lettera, ma vanno interpretati. Questo è il caso del Qohelet. È bene quindi leggerne il testo non dimenticando il lungo cammino fatto dalla Chiesa, al riguardo dell'interpretazione delle Sacre Scritture, e della portata dell'ispirazione. Nel Qohelet troviamo, più che negli altri libri biblici, parecchie affermazioni che non sono da prendere alla lettera, ma da interpretare. Alcune sono legate a delle credenze religiose diffuse ai tempi dello scrittore del Qohelet, che per noi dovrebbero essere ormai del tutto superate, grazie anche allo stesso scrittore, a cui l'ispirazione ha suggerito di metterle in dubbio. Infatti, proprio nel mostrare l'evidente inconsistenza di queste credenze risiede la specifica utilità di questo scritto a fronte dell'insieme della Scrittura: è un libro ispirato per demolire alcuni elementi malfermi di una struttura architettonica peraltro valida nel suo insieme, per permettere di ricostruirli poi in modo tale da consentire loro di essere maggiormente stabili e poter servire d'appoggio per i nuovi elementi dell'edificio che il progredire della fede farà innalzare.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateMay 23, 2022
ISBN9791221408539
Qohelet: il Dio lontano

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    Qohelet - Giovanni Maglioni

    Libri contro nella Sacra

    Scrittura

    La lettura del libro del Qohelet solleverebbe non pochi problemi al credente che si fermasse al suo significato letterale. Se infatti tutta la Bibbia è parola di Dio, la Scrittura è però composta anche da testi, ci dice la Chiesa, che non debbono essere presi alla lettera, ma vanno interpretati. Questo è il caso del Qohelet.

    È bene quindi leggerne il testo non dimenticando il lungo cammino fatto dalla Chiesa, al riguardo dell’interpretazione delle Sacre Scritture, e della portata dell’ispirazione.

    Tutta la Bibbia è ispirata da Dio, e quindi qualunque cosa essa dica non può essere errato è una affermazione ancora di uso comune. Cosa significa però questo? Tutti noi sappiamo i guai in cui incorse Galileo affermando che la terra si muove girando intorno al sole, ciò che è contrario al dettato letterale della Bibbia.

    Erano ancora i tempi in cui il concetto di inerranza biblica era affermato in senso stretto, anzi assoluto. Si faceva l’esempio del cane di Tobia: se nel libro di Tobia si afferma che il suo cane stava muovendo la coda, è perché la coda stava muovendola per davvero.

    Solo molto tardi, e molto lentamente, si è giunti a capire che l’inerranza della Bibbia si applica all’essenza dell’insieme dei messaggi che con essa Dio vuole donarci. Vi possono quindi essere errori nei singoli fatti narrati, nelle circostanze di tempo e di luogo, nella struttura del mondo che essa ci propone, riguardo alla vita e alla morte dell’uomo… Questo lo diceva già sant’Agostino, ma occorre attendere gli anni ‘40 del ‘900 perché sia ufficialmente e ripetutamente ammesso dalla Chiesa.

    Il messaggio che ci viene trasmesso dai sacri testi non deve essere quindi preso alla lettera, altrimenti talvolta ci potrebbe indurre in errore. Ogni testo, ogni messaggio va interpretato tenendo conto, in particolare, della cultura prevalente nel tempo in cui fu scritto e del genere letterario usato dallo scrittore ispirato¹.

    Non si deve poi pretendere che il testo della Bibbia sia per noi sempre del tutto chiaro, oppure che in qualche scritto possiamo trovare la verità totale.

    Il messaggio divino ci viene infatti svelato gradualmente in forma compatibile alla comprensione consentita dalla mentalità del periodo in cui vissero i vari scrittori che ce lo trasmettono, e quindi esso diviene più completo e più chiaro mano a mano che la fede, progredendo nel tempo, consente una più completa formulazione dello stesso.

    Nel Qohelet troviamo, più che negli altri libri biblici, parecchie affermazioni che non sono da prendere alla lettera, ma da interpretare.

    Alcune sono legate a delle credenze religiose diffuse ai tempi dello scrittore del Qohelet, che per noi dovrebbero essere ormai del tutto superate, grazie anche allo stesso scrittore, a cui l’ispirazione ha suggerito di metterle in dubbio.

    Infatti, proprio nel mostrare l’evidente inconsistenza di queste credenze risiede la specifica utilità di questo scritto a fronte dell’insieme della Scrittura: è un libro ispirato per demolire alcuni elementi malfermi di una struttura architettonica peraltro valida nel suo insieme, per permettere di ricostruirli poi in modo tale da consentire loro di essere maggiormente stabili e poter servire d’appoggio per i nuovi elementi dell’edificio che il progredire della fede farà innalzare.

    Appare chiaro a una attenta lettura che, per usare un termine di Paolo Sacchi che mi sembra molto appropriato per definire certi libri della Scrittura, si tratta di «un libro contro», come quello di Giobbe, Giona e Rut.

    Un libro controtendenza, contro idee religiose diffuse, ma preconcette o accettate acriticamente, contro il comportamento di chi teme di scalfire le proprie certezze ponendosi delle domande scomode, contro una visione standardizzata e banale della fede, della vita, e del comportamento di Dio.

    ___________________

    ¹ Pio XII. Enciclica Divino afflante Spiritu (1943).

    I libri sapienziali

    La Bibbia cattolica ha istituito, nel corpo dei testi dell’Antico Testamento, un raggruppamento di libri sapienziali, nei quali il Qohelet viene inserito.

    Ma perché libri sapienziali? Da dove deriva questo nome? Quali libri compongono questo raggruppamento?

    Iniziamo dal fondo. Si tratta di libri che indubbiamente hanno una certa omogeneità, e che non sono riconducibili agli altri raggruppamenti biblici, che per noi cattolici sono costituiti dal Pentateuco, i libri storici e i libri profetici.

    Perché libri sapienziali? Perché hanno per oggetto la sapienza, intesa sia come pratica di un retto stile di vita, di buoni rapporti umani - con consigli pratici, persino di galateo - sia, soprattutto, la sapienza per eccellenza, il timor di Dio.

    Vi sono inclusi sette libri: Proverbi, Siracide, Giobbe, Qohelet, Sapienza, Salmi e il Cantico dei Cantici.

    Perché libri sapienziali? Perché hanno per oggetto la sapienza, intesa come saggezza. È saggio chi ha un retto stile di vita, che permette anche di avere buoni rapporti umani, ma soprattutto, chi pratica la sapienza per eccellenza, il timor di dio.

    Alcuni di questi libri sono senz’altro opera di scribi. Lo scriba era inizialmente una figura importantissima, comune a tutte le culture del vicino e del medio Oriente antico. Era a un tempo un funzionario pubblico, un letterato, un saggio, un maestro di scrittura, un giurista, spesso conoscitore di due o più lingue e delle culture e letterature straniere del passato.

    Gli scribi della Mesopotamia sono stati gli ideatori e i primi autori di dizionari, bilingui o anche trilingui, e hanno ricopiato per secoli i capolavori dell’antichità, persino quelli scritti in lingue ormai morte da molti secoli, come la lingua sumera.

    Noi siamo abituati a pensare il mondo antico come un insieme di staterelli chiusi, poveri di cultura, senza comunicazioni tra di loro. Nulla di più sbagliato. Vi era un forte interscambio culturale, basato su un substrato comune. Per esempio, una antica epopea mesopotamica che ci parla anche del diluvio, in parte ripresa e rimaneggiata dalla Bibbia nel libro della Genesi, è stata ritrovata tradotta, e talora sunteggiata, un po’ in tutte le lingue antiche, compreso il greco.

    Sarebbe quindi importante conoscere almeno gli elementi fondamentali di questo substrato comune, per capire meglio il pensiero ebraico e coglierne le peculiarità.

    Anche questa è una raccomandazione diretta ai lettori della Bibbia dalla famosa e basilare enciclica Divino afflante Spiritu (Pio XII, 1943), riguardante il contenuto e la corretta interpretazione delle Scritture².

    I libri sapienziali sono tra quelli che più risentono di questo patrimonio comune, e il loro pensiero deriva, più o meno direttamente, dalla antichissima sapienza egiziana, e dalle altre sapienze del vicino oriente antico.

    Il genere letterario sapienziale probabilmente nasce in Egitto, alla corte dei Faraoni, poco dopo il 3.000 a.C., e si sviluppa fecondamente in questo paese, e intende dare consigli utili per la formazione e l’educazione dei figli degli alti dignitari, destinati a continuare la carriera dei padri.

    A conferma poi dell’interscambio culturale esistente nell’antichità, il libro biblico dei proverbi include anche delle piccole sezioni di proverbi di provenienza dichiaratamente non ebraica. Uno scritto di un popolo pagano diventa così parte di un libro ispirato, diventa parola di Dio.

    Pure i proverbi, frutto della saggezza popolare di secoli, sono stati raccolti e messi in poesia dagli scribi, che ne hanno aggiunti molti nuovi.

    Appartengono a questo filone in particolare il libro dei Proverbi e il Siracide, in minor misura Qohelet e Sapienza, mentre il libro di Giobbe ha una propria

    Destinati alla élite

    Anche se, col passare del tempo, gli insegnamenti sapienziali non sono più destinati esclusivamente alla educazione dei figli degli alti funzionari, rimangono pur sempre diretti a una élite.

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