Francesca - Un inverno a Milano
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Francesca - Un inverno a Milano - Valeria Valcavi Ossoinack
Prima parte
Domani
Giorgio…
Buongiorno, signora Berardi. Mi dica…
Mi porterebbe un tè?
Latte o limone?
Da quanto ci conosciamo, Giorgio?
Da qualche anno…
Sei.
Così tanto? Incredibile…
Di incredibile c‘è solo una cosa…
Cosa?
Che lei mi faccia ancora questa domanda. L‘ho mai preso con il latte?
Non mi pare.
Le sembro una che potrebbe mai mettere del latte nel tè?
Ma la sua amica…
Francesca?
Sì, la signora Francesca.
Signorina.
Ma…
Sì, lo so, ma ora è tornata signorina.
Non lo sapevo.
Non abbiamo messo i manifesti.
Ma sta bene?
Lei non l‘ha vista?
Sì, certo.
E come l‘ha trovata?
Bella.
Ha sempre avuto un debole per la mia amica, confessi.
Ma io sono sposato.
Felicemente, lo so. Me lo ha già detto.
C‘è qualcosa di male?
Per carità! Qualcuno deve pur esserlo, se il matrimonio va ancora tanto di moda.
Comunque, la signorina Francesca…
Cosa?
Lei lo prende con il latte.
Lei è americana.
Già, che sbadato, questo spiega tutto.
Gli americani non sono come noi.
E come sono?
Sono… americani.
Innegabile.
Stavolta Francesca è venuta per restare.
Non come l‘anno scorso.
No, non come l‘anno scorso.
Questa è una bella notizia per lei, signora Berardi.
Non sa quanto.
Ne sono felice…
La ringrazio, Giorgio.
E il marito?
Ex…
Mi scusi, l‘ex marito…
La riguarda?
No, direi di no… ha ragione.
Non esistono più i camerieri di una volta, non si prendevano certe confidenze. Parlavano solo se interrogati.
Ah, che bei tempi…
Fa lo spiritoso?
Non mi permetterei mai.
In ogni modo, lui ha chiesto il trasferimento a Londra, per stare più vicino ai bambini. Ora è più sollevato?
Notevolmente.
Comunque domani me ne vado.
Lo sapevo già.
Come faceva a saperlo?
Qui a Villa Thalia le voci corrono.
Almeno quelle.
In che senso?
Gli ospiti, li guardi…
Sì?
È già un miracolo se camminano.
Ah-ah… Ho sempre apprezzato il suo senso dell‘umorismo.
Non sono in molti, sa? Pensi che c‘è ancora qualcuno che si offende…
Non mi dica…
Il mio senso dell‘umorismo mi ha sempre aiutato.
A far cosa?
Ad arrivare alla mia età senza prendermi troppo sul serio.
E ci è riuscita.
Cosa sta dicendo?
Niente, signora Berardi, mi scusi…
Allora, questo tè?
Glielo porto subito.
Ah, un‘altra cosa…
Mi dica, signora Berardi.
Vuol venire a lavorare per me?
Un passo indietro
La storia era cominciata l‘estate prima, a Bellagio, sul Lago di Como, un pomeriggio di giugno del 1989: Francesca Dantoni si era presentata a Villa Thalia con il gravoso compito di dare a Eleonora la notizia della morte del padre. Era la sua volontà testamentaria, perché desiderava che le due donne, la figlia e quella cugina a cui era molto legato, avessero la possibilità di incontrarsi.
E da quel giorno, quasi ogni pomeriggio, all‘incirca per un mese, Francesca era tornata a trovare Eleonora. Le due donne avevano imparato a conoscersi, durante quelle lunghe chiacchierate, riuscendo a vincere, col passare dei giorni, la timidezza dell‘una e la distanza dell‘altra. E avevano imparato a volersi bene.
Eleonora non aveva un carattere facile. Dura, disillusa, a tratti cinica e arrogante, era una donna che aveva avuto tutto dalla vita, ma che si ritrovava sola, dopo molte avventure sentimentali finite male, e senza niente in mano, a parte un patrimonio difficilmente calcolabile. Ma se è vero quel luogo comune che i soldi non danno la felicità, e i luoghi comuni sono tali perché spesso sono veri, Eleonora Berardi lo incarnava alla perfezione. Cinque anni prima, si era ritirata volontariamente a Villa Thalia, in quella che lei considerava una prigione dorata, o una rinuncia anticipata alla vita, dalla quale ormai non si aspettava più niente.
Francesca aveva trentasette anni, due figli, una bella casa ed era in piena crisi d‘identità. Con Richard, il marito, si erano conosciuti da studenti, a Harvard, dove lei era iscritta a legge e lui a economia. Dopo la laurea si erano sposati e si erano trasferiti a Baltimora, la città di Richard. Francesca aveva iniziato a lavorare in uno studio legale, con molta passione e altrettante speranze. Ma quando era nata Sophia, la secondogenita, Richard aveva preso la decisione che sarebbe bastato il suo stipendio per mantenere la famiglia: la sua carriera era in ascesa e aveva ottime prospettive. Francesca, seppure a fatica, aveva rinunciato al sogno di diventare avvocato come suo padre: da allora, aveva fatto la mamma a tempo pieno. Erano sposati da undici anni, ma si sa, le persone cambiano, e loro erano cambiati in modo diverso, giorno dopo giorno, senza neanche accorgersene.
Quella che si presentò davanti a Eleonora era una persona confusa e insicura, che coltivava ancora l‘illusione che andasse tutto bene e si sforzava di essere all‘altezza del ruolo di moglie e di madre che il marito aveva voluto per lei. Quando Eleonora le aprì gli occhi sulla sua realtà, Francesca prese coscienza di essere profondamente infelice.
Il legame tra le due donne, col passare dei giorni, diventò sempre più stretto. Francesca trasse forza e consapevolezza da Eleonora, che a sua volta sentì di essere finalmente importante per qualcuno. E questo le diede di nuovo la voglia di vivere.
Dai racconti di Eleonora, Francesca seppe anche di avere un fratellastro, nato da una relazione che aveva avuto suo padre prima di emigrare negli Stati Uniti, finita in modo drammatico. Decise di avviare delle ricerche, perché sentiva che era suo dovere fare di tutto per ritrovarlo.
Alla fine di un percorso interiore nel quale Eleonora ebbe un ruolo fondamentale, Francesca decise che avrebbe lasciato il marito. Si era resa conto che, oltre a essere sempre più anaffettivo e distante - non solo nei suoi confronti, ma anche con i figli - Richard avevo annullato completamente la sua personalità. Fu una scelta difficile e dolorosa, ma si convinse che fosse la cosa migliore da fare.
Inevitabilmente, per le due donne, venne il momento del distacco. Alla fine di luglio, qualche settimana prima del previsto, Francesca dovette tornare negli Stati Uniti, perché Richard, una volta sapute le intenzioni della moglie, aveva anticipato a sua volta il rientro da Hong Kong, dov‘era in trasferta per lavoro. Certe cose non si possono affrontare per telefono, e almeno su questo i due erano d‘accordo.
A Eleonora crollò il mondo addosso, perché Francesca era diventata tutto quello che aveva. Era terrorizzata al pensiero di rimanere di nuovo sola e senza uno scopo, confinata in quel ricovero di lusso per anziani, insieme ad altri come lei, con la vita chiusa fuori dal cancello di Villa Thalia. Le due si lasciarono con la promessa di rivedersi l‘anno successivo, per quanto Eleonora non nutrisse molte speranze.
Un giorno di giugno del 1990, Francesca si presentò a Villa Thalia. Stavolta non era per una semplice vacanza, ma per rimanere. Era una donna libera, e voleva cominciare una nuova vita.
Così come comincia questa parte della storia.
Una nuova stagione
Era l‘ultima settimana di agosto.
Per Eleonora stava iniziando una nuova stagione: alla sua età, settantotto anni lo scorso aprile, non lo avrebbe mai creduto possibile. Ormai si era rassegnata a finire i suoi giorni a Villa Thalia.
Eppure era così: il giorno dopo avrebbe fatto traslocare ciò che aveva, più che altro vestiti e ricordi, dalla residenza dove aveva trascorso gli ultimi anni al superbo attico di piazza Castello a Milano, una delle innumerevoli proprietà immobiliari che aveva sparse in giro per l‘Italia, e non solo per l‘Italia. Ci avrebbe vissuto con Francesca, e i suoi due bambini, David e Sophia. E avrebbe ritrovato quell‘affetto e quel calore che le erano venuti a mancare troppe volte in passato.
Quel giorno che propose a Giorgio di lavorare al suo servizio - d‘altronde non avrebbe saputo come fare senza un maggiordomo - Eleonora era moderatamente felice. La felicità assoluta, così pensava, è una cosa per giovani, o per persone semplici. Oppure per gli innamorati, ma appena si innamorano. Dopo, tutto può succedere.
Quello che cercava era una serena e appagante routine familiare, qualcosa che non aveva mai avuto: una tranquillità che sapeva di buono, e di cose da fare. Non di muffa, e di notti insonni, come a Villa Thalia.
Quello che non sapeva è che stava andando incontro a uno dei periodi più movimentati della sua vita. Nonostante la sua vita, da quando si ricordava, fosse stata sempre piuttosto movimentata.
A parte gli ultimi sei anni, ma quelli non si potevano neanche definire vita.
Casa
Allora, che ne dici?
Che ne dico?
Ti piace?
Mi chiedi se mi piace?
Certo, va fatto ancora qualche lavoro…
È stupenda!
E va anche un po‘ rimodernata.
Trovi?
I mobili, molti andrebbero cambiati, è roba da museo.
A me sembra che vadano bene.
A me no, decido io! Aria nuova, vita nuova! Mi daresti una mano?
A far cosa?
Con l‘arredamento.
Certo, volentieri.
E poi ci sono le camere dei bambini, completamente da ripensare. Credo che qui dentro un bambino non ci abbia mai neanche messo piede.
Eleonora, stai facendo così tanto per noi…
Tu hai idea di quello che voi state facendo per me?
Non c‘è paragone…
Questo lo dici tu. Hai visto fuori?
E quando? Siamo entrate insieme.
Allora usciamo in terrazzo.
Va bene.
Sei pronta?
Sì.
Guarda.
My God!
Non è magnifico?
Sono senza parole.
È Parco Sempione.
Lo so, ci siamo stati l‘anno scorso, ti ricordi?
È vero.
Però da quassù fa un altro effetto.
Sono contenta che ti piaccia.
È tutto meraviglioso.
Te l‘ho detto che ho proposto a Giorgio di lavorare per me?
Ha accettato?
Io non sono abituata ai rifiuti.
Che domande sciocche, faccio.
Ormai dovresti conoscermi.
Però mi fa piacere, che venga Giorgio.
Allora?
Cosa?
Credi che vi troverete bene?
Anche tu non scherzi.
Cosa vuoi dire?
A proposito di domande sciocche.
Preparativi
Nelle settimane successive, Eleonora e Francesca non ebbero un momento di tregua. Nell‘attico di piazza Castello, trecentocinquanta metri quadri di appartamento e più o meno altrettanti di terrazzo affacciato sul parco, fu un susseguirsi incessante di decoratori, arredatori, antiquari, mobilieri, traslocatori, vivaisti, fattorini, lucidatori, tappezzieri, e chi più ne ha, più ne metta. Il grosso dei lavori era stato fatto tra luglio e agosto, ma c‘era da trasformare una casa abitabile in una casa dove chiunque avrebbe sognato di abitare.
Giorgio, dopo qualche giorno di riflessioni condivise con la moglie, e qualche notte in compagnia di se stesso, decise di accettare la proposta di Eleonora. D‘altra parte era da tempo che meditava di lasciare Villa Thalia, dove aveva trascorso gli ultimi dodici anni della sua vita lavorativa, la maggior parte dei quali passati sull‘attenti ad aspettare un cenno di richiamo da parte di questo o quell‘altro ospite, non tutti gradevoli e non tutti educati. Gli si era intorpidito il cervello, oltreché il corpo, a furia di aspettare.
Se aveva ancora qualche dubbio, almeno di una cosa era sicuro: con quelle due non si sarebbe certo annoiato. E ogni residuo dubbio fu spazzato via dall‘offerta economica messa sul piatto da Eleonora Berardi: una di quelle offerte che, come ormai si usa dire, non si possono rifiutare.
Le due donne contattarono un‘agenzia di collocamento specializzata in personale di servizio e Giorgio partecipò con loro ai colloqui per la ricerca di un cuoco, una cameriera, una colf e un tuttofare con una qualche esperienza da giardiniere. Giorgio, in qualità di maggiordomo, avrebbe coordinato il resto del personale. E avrebbe fatto da autista a Eleonora.
Alla fine di settembre, Jenny, la babysitter di David e Sophia, che anche stavolta era venuta con loro in Italia, dovette tornare a Baltimora per riprendere l‘università. Per i bambini, che negli ultimi due anni le si erano molto affezionati, fu un distacco difficile. E anche la ragazza partì a malincuore. Andarono tutti quanti ad accompagnarla a Linate, compresa Eleonora. Quella fu una giornata di pianti.
Il problema della sostituzione di Jenny tolse il sonno a Francesca, finché la mamma di un compagno di classe di David all‘American School of Milan, l‘istituto privato che i suoi figli avevano cominciato a frequentare dall‘inizio del mese, le segnalò il nominativo di una ragazza fidata e di buon carattere. Si chiamava Chiara, aveva vent‘anni, e con i bambini fu amore a prima vista. Passò anche l‘esame di Francesca, e quello, ben più puntiglioso, di Eleonora.
Grazie alla laurea in legge, al suo perfetto bilinguismo e, non ultime, a un paio di telefonate di Eleonora a persone che conoscevano persone, Francesca fu