Claudia Contin Arlecchino: Il fuoco dentro
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Formatosi alla Scuola Sperimentale dell'Attore di Pordenone, Ivan Buttazzoni rivela per la prima volta i miti, i riti, le filosofie e le biografie dei suoi Maestri.
La figura di Claudia Contin viene così messa in dialogo con i suoi mille riferimenti pittorici. Mentre l’arte registica di Ferruccio Merisi è analizzata dal punto di vista filosofico ed esoterico.
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Claudia Contin Arlecchino - Ivan Buttazzoni
DA PIER ALDO ROVATTI A CLAUDIA CONTIN
Pier Aldo Rovatti è Dio nella filosofia, così come Claudia Contin Arlecchino è Dio nel teatro. Rovatti e Claudia sono stati i miei autentici Maestri, della mente e del corpo, e a loro devo la mia travolgente passione esistenziale, filosofica e artistica.
A loro devo la capacità di credere con tutto me stesso nell’assurdo e nell’impossibile.
Vent’anni fa avevo venticinque anni, e mi ero appena laureato in Filosofia a Trieste con una tesi su Jean Genet e Jean-Paul Sartre, avendo come relatore il professor Pier Aldo Rovatti, e ottenendo il punteggio di 110 e lode.
Avevo seguito Rovatti con ingordigia intellettuale per anni: da lui appresi a pensare in modo anarchico e spregiudicato.
Rovatti è il Maestro della mente, del pensiero e, a mio avviso, anche del corpo-attorale e dell’erotismo letterario.
Ho dedicato centinaia di pagine e diversi libri alla filosofia di Pier Aldo Rovatti, ho raccolto in poderosi memoriali ciò che da lui ho imparato, e non voglio ripetermi.
Ma non posso evitare di descrivere la presenza fisica e teatrale di Rovatti come poderosa anticipazione del mio futuro teatrale.
Rovatti è un attore in piena regola, nel miglior senso del termine, come lo furono Dario Fo e Carmelo Bene. L’esperienza rovattiana è inseparabile dall’impatto del corpo e della presenza scenica del Maestro sull’allievo.
Oltre ad essere corpo-teatro, Rovatti è voce-desiderante, la vocalità di Rovatti è infatti potente ed espressiva, come quella di Arlecchino.
La filosofia non esiste, questo l’ho imparato a mie spese, eppure Rovatti ne parla dandole esistenza attraverso l’imposizione della sua autorità personale.
Se la filosofia ancora sopravvive nel panorama contemporaneo, lo dobbiamo all’incredibile e magnetica presenza scenica di Rovatti, e al suo saper essere corpo e voce fino alle estreme conseguenze.
Da Rovatti, filosofo, commediante e martire, appresi i rudimenti dell’arte teatrale, della retorica e del magnetismo
Nessuno, neanche il politico più consumato, sa parlare come Rovatti, o incantare e affabulare in modo così squisito. Rovatti è una figura di potere, il suo sapere è potere sociale e intellettuale.
Egli è al vertice di una piramide, e sotto di lui brulicano i suoi adepti-rovattiani divisi in caste rigide e rigorose. Nulla esiste di ciò che la filosofia declama, e il filosofo è semplicemente l’uomo di potere che esige la fede assoluta e la totale sottomissione dell’adepto.
LA COMMEDIA DELL’ARTE NON ESISTE
Altrettanto brava a parlare, a recitare
e a produrre verità attraverso la parola, la voce e il corpo, è Claudia Contin Arlecchino.
Pier Aldo Rovatti e Claudia sono due miei archetipi psichici, che si contendono il primato, lottando con potenza e scatenando forze eclatanti.
Tra i due io preferisco Claudia, la Dea, la Regina e la profetessa del corpo. Perché nella nostra vita di carne e Spirito, il corpo è tutto, e lo Spirito è contenuto nella carne, e con essa fuso in modo misterioso.
Parlando del corpo e agendo sul corpo, Claudia Contin Arlecchino interagisce continuamente, costantemente con ciò che non muore, in noi. Il sapere e la prassi di Claudia hanno così una valenza mistica, in grado di stravolgere le vedute di qualunque fenomenologo.
Il fenomenologo Rovatti è l’interlocutore ideale della Claudia Contin donna-filosofo, audace esploratrice dell’essere, e abile architetto di mondi immaginari.
Se tutta la filosofia semplicemente non esiste, questo dice l’esperienza, altrettanto vale per la Commedia dell’Arte, che è perduta, dimenticata e sepolta nella spirale del tempo.
Cosa sappiamo noi di come veniva performato il teatro di maschera del Cinquecento? Nulla, assolutamente nulla. La Commedia dell’Arte come oggi la conosciamo, è un’invenzione novecentesca. Essa è un dogma recente, una forma di sapere-potere autoritaria ed arbitraria.
Eppure in essa vi è del sublime, e tutte le virtù di questa forma di teatro si esemplificano e incarnano nella vita-pulsante e sanguigna di Claudia Contin Arlecchino, mia adorata Maestra di arte e filosofia.
A venticinque anni troncai i rapporti con Trieste, abbandonai Rovatti e la mia promettente carriera accademica per trasferirmi a Pordenone e studiare, sotto la direzione di Claudia, i segreti fisici e metafisici del mio corpo, che pensa, sogna e desidera.
Non fu una scelta premeditata, fu il corpo, così saggio e magico, a guidarmi. Già prima di conoscerla, io avevo intuito che Claudia sarebbe stata tutto per me, e così fu.
A venticinque anni si è folli e spregiudicati, non credo che ora avrei il coraggio di compiere una scelta così radicale come quella di abbandonare per sempre Rovatti, il quale credeva profondamente in me e nelle mie doti intellettuali e filosofiche.
Grazie ad un pizzico di follia potei però incontrare la donna più straordinaria che esista: Claudia Contin Arlecchino.
RICORDANDO CLAUDIA
Scesi a Pordenone per chiedere di fermarmi alla Scuola Sperimentale dell’Attore, per essere formato dal punto di vista teatrale. Ero guidato da un’ardente motivazione espressiva, e da una incontenibile urgenza esistenziale.
A Pordenone incontrai Lucia Zaghet, che mi invitò a frequentare l’Arlecchino Errante 2003, Il Segreto di Pulcinella con Peppe Barra e Claudia.
Nei corridoi incrociammo Claudia, e Lucia me la presentò. Io fui subito folgorato dalla bellezza di quella donna dalle lunghe trecce rosse e dagli occhi di fuoco.
Intravidi in lei la donna di potere e sapere che Claudia è e non può evitare di essere. Già prima di vederla in scena, io ero artisticamente innamorato di lei.
Fu durante lo spettacolo pedagogico Gli Abitanti di Arlecchinia che la vidi in azione sul palcoscenico, e fui fulminato dal potere espressivo del suo corpo e della sua voce. Capii ciò che tuttora considero una verità assoluta: non c’è nessuno bravo come Claudia sulla scena ed in sala prove.
Ebbi modo di frequentare questa artista meravigliosa quotidianamente per un anno, e da lei imparai a creare e a sentirmi vivo.
Claudia Contin Arlecchino supera Rovatti quanto a seduzione filosofica. Fu lai a codificare i passi della Commedia dell’Arte in base alle incisioni di Jacques Callot.
Se la Commedia dell’Arte esiste, prospera e splende al giorno d’oggi, lo dobbiamo al genio pedagogico di Claudia Contin Arlecchino, per me l’unica.
Il professore
, anche quando è ribelle e illuminato come Rovatti, vive una cesura, una scissione inguaribile, che lo separa dal suo corpo e dal suo desiderio.
Al contrario Claudia è indiscutibilmente tutt’uno con il suo corpo, e con le volontà di potenza della carne. Rovatti è attore suo malgrado, Claudia lo è per scelta consapevole, e questa consapevolezza fa la differenza.
La filosofia riempie la testa di concetti astratti, cui si deve credere con un atto di fede. L’attore continiano invece non fa che vivere le ardenti verità del suo corpo.
Io sono poco propenso alla fede, presto mi accorsi delle imposture della psicoanalisi e della filosofia, e preferii Claudia a Rovatti, scelta che non rimpiango per nulla.
L’ANDROGINO ALCHEMICO
Il discorso dei rovattiani è a mio avviso machista, virilista, autoritario, marxista e fideista. Nessuno di questi attributi si armonizza con il mio spirito libero e indomabile.
Invece Claudia, interprete del ruolo maschile di Arlecchino, è in grado di incarnare l’Androgino mistico di cui parla l’alchimia.
La mia poetica, la mia estetica e la mia filosofia, coincidono con l’androginia più totale. Noi umani non siamo uomini o donne, ma Spiriti, entità eteriche temporaneamente ospitate in un tempio di carne.
L’Androgino è lo Spirito in sé, e viene prima del nostro crederci uomini e donne. L’uomo
e la donna
non esistono: solo lo Spirito androgino è, il resto non sopravvive alla prova della tomba.
L’Arlecchino di Claudia ha per me valenze mistiche e spirituali, che la laica Claudia rifiuta, ma che per me restano importanti.
Scelsi come Maestro di vita, di arte e di filosofia Arlecchino, proprio per la sua natura androgina. Non sarei mai stato a mio agio con il virilismo imperante nell’ambiente rovattiano, e sono stato saggio ad uscire per sempre da un simile contesto.
Pensandoci forse non era neppure il teatro in sé ad interessarmi, il teatro è solo un’arte morta e ormai sterile, era proprio lo spirito androgino e anticonformista di Claudia a catalizzare il mio interesse.
A venticinque anni cercavo Maestri in grado di pensare al di là della società. Nel genio assoluto e poliedrico di Claudia trovai uno specchio per consapevolizzare e sviluppare la mia personale ribellione e la mia filosofia di vita innovativa.
Se da giovanissimo cercavo dei Maestri, ora ho trovato me stesso, e ho scoperto che non manco di nulla per essere io il mio solo ed unico Maestro.
Eppure l’esempio incarnato di