Eliminare il caos in classe: Con casinometro, mindfulness e neuroscienze
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Book preview
Eliminare il caos in classe - Mauro Sandrini
1. Urlare non serve
Trascorrere una mattina nel chiasso, con alunni rumorosi, indisciplinati, provocatori, è un’esperienza devastante per le facoltà mentali di qualunque insegnante. La testa ci scoppia quando, tornati a casa, con quel poco di energia che ci resta riusciamo appena a chiudere le persiane, spiaggiarci sul divano e cercare soltanto silenzio, buio, solitudine.
Il caos a scuola può diventare l’incubo delle nostre giornate di lavoro. Se non riusciamo a domarlo, quel chiasso sviluppa dentro di noi un senso di frustrazione, mina la nostra autorevolezza, sia di fronte ai nostri alunni, sia con i colleghi, e ha effetti nocivi sulla nostra salute. Questo continuo stress alla lunga ci rovina la vita, anche perché inevitabilmente riversiamo malumore su chi ci sta vicino.
È un’esagerazione?
Quel che succede dietro la porta chiusa di molte aule viene drammaticamente rivelato da questa email che ricevetti qualche mese fa da R., insegnante di matematica in una scuola secondaria di una tranquilla città di provincia.
Buongiorno,
Una collega mi ha detto che lei organizza corsi per sviluppare la propria autorevolezza. Le scrivo per chiederle se potrebbero essermi d’aiuto.
Ho un serio problema a tenere le classi. Faccio fatica, anche nelle relazioni, a gestire i confini.
I ragazzi mi percepiscono come una bonacciona, ma io sono davvero stufa di farmi mettere i piedi in testa da dei ragazzini. Nella vita ho saputo tenere testa a situazioni più difficili, perché ora non posso riuscirci? L’ultimo episodio è stato quando ho ricevuto un astuccio in testa mentre ero di spalle! Mi ha fatto male, ma il preside non ha voluto sanzionare il ragazzo che ha ammesso di averlo tirato, perché non era sicuro che fosse stato lui.
Ho bisogno di trovare in me l’autorevolezza che nessuno ormai mi riconosce e anche saper capire il limite, per non far crescere il rumore e veder esplodere la classe. A volte mi sento impotente, di fronte a tutto! Sono in bilico tra le due situazioni, continuo a ripetermi che ce la posso fare, intanto però li lascio fare... fate, fate pure tutta sta confusione… ma spero solo che finisca presto la mia ora.
Mi sto disinnamorando dell’insegnamento, non trovo nessuna gratificazione, anche con la dirigenza che mi chiede che da lunedì deve essere tutto ok. E io, che non so da dove cominciare.
Per chi è questo libro
Se ci riconosciamo, anche solo in parte, in situazioni come questa, sappiamo che le note e i provvedimenti disciplinari non funzionano, anzi, esasperano i conflitti e annullano la nostra funzione di guida della classe, lasciandoci sempre più impotenti. Per questa ragione il caos in classe ci fa paura. Ancor oggi, soltanto con un certo imbarazzo, riesco ad ammettere che questo era anche il mio caso.
Con una classe in particolare: la 3C di un istituto tecnico con la fama di essere tranquillo
. La mia lezione era in programma per l’ultima ora di ogni sabato mattina. Ogni volta, quella ventina di adolescenti riusciva a scatenare il caos più indicibile. Io reagivo in modo scomposto, con urla e minacce, che ottenevano l’unico effetto di far aumentare il loro divertimento e il baccano generale.
Ero diventato la loro preda: l’antipasto del loro privato sabato del villaggio che sarebbe iniziato appena suonava la campanella. La considerazione di cui godevo in quella famigerata 3C era pari a zero, me ne rendevo perfettamente conto, ma non sapevo come fare e mi vergognavo ad ammettere che non ce la facevo a tenere quei ragazzi. Al mio primo incarico come insegnante, in giugno mi ritrovai totalmente esaurito, vagavo come in una palude, la mente annebbiata. Demotivato, affranto.
Anche nella tempesta accadono momenti di tregua, di bonaccia temporanea. Di quando in quando capitava, ogni volta con mia grande sorpresa, che la terribile 3C cambiasse improvvisamente atteggiamento e cominciasse a comportarsi in modo civile. Per tanto tempo ho pensato che si trattasse di pura casualità: brevi celestiali miracoli. Insomma, quei felici episodi rimanevano in balìa del caso, all’interno di un’esperienza generale disperante.
Per uscire da quella situazione, stanco delle sconfitte, degli sberleffi degli alunni (e anche di qualche collega poco simpatico), mi sono messo in viaggio. Con un taccuino sempre in tasca, ho cominciato a prendere nota, giorno dopo giorno, di tutto ciò che non funzionava, che mi infastidiva: dei miei alunni, delle mie reazioni, dei colleghi, delle prassi scolastiche. Annotavo anche ciò che funzionava, evidenziandolo col verde, il colore della speranza... Allora non lo sapevo, ma si trattava della prima versione di quello che sarebbe diventato il Diario del Caos (ne parleremo in seguito), uno strumento decisivo per uscire dall’impotenza e smettere di subire.
Qualcosa cominciò a cambiare quando, riflettendo sugli appunti del mio taccuino, mi accorsi che gli episodi di bonaccia non erano casuali. L’improvvisa calma degli studenti scaturiva sempre da qualcosa che avevo fatto io e non loro. Ed era sempre a seguito di un mio comportamento ordinato, tranquillo, mai scomposto. Quei ragazzi si limitavano semplicemente a rispondere/corrispondere alle mie azioni, come in uno specchio. Ancora non conoscevo l’esistenza dei neuroni specchio (Rizzolati, 2005), ma stavo scoprendo che certe mie azioni avevano un effetto immediato sul clima in classe. Che fosse anche il caos a dipendere dal mio comportamento e non riguardasse solo loro
, quei ragazzi colpevoli
di cui ero la vittima
?
All’inizio era solo un dubbio, ma col tempo giunsi a mettere a fuoco un nodo cruciale: quello dell’autorevolezza dell’insegnante, dal quale dipende direttamente il problema del caos in classe.
Da quel nodo, dagli approfondimenti e dalle sperimentazioni conseguenti, è scaturito un metodo di lavoro che traduce in modo pratico e facilmente utilizzabile il linguaggio del corpo, la mindfulness e, in breve, la consapevolezza delle dinamiche etologiche presenti durante le varie fasi della lezione, in particolare nei momenti critici.
È di questo che trattano le pagine che seguono, dove presento per la prima volta in modo organico il metodo che ho sviluppato durante gli ultimi vent’anni, grazie anche agli stimoli ricevuti dai numerosi partecipanti ai corsi di Eliminare il Caos in Classe
. L’obiettivo è uno solo: trasformare la confusione prodotta da una classe in una relazione empatica e positiva con gli alunni.
Uscire dal caos si può.
L’autorevolezza naturale in due mosse
Due tecniche si rivelano particolarmente efficaci per impostare le nostre reazioni di fronte al caos e riportare la calma in classe. Si chiamano Casinometro e Appello Includente.
Detto così sembra facile, ma lo è davvero? Cosa pensa chi le ha messe in pratica?
Subito dopo il seminario ho utilizzato in classe il Casinometro e mi è sembrato uno strumento meraviglioso, i ragazzi davvero si autoregolano. L’educatore che lavora in classe con me l’ha definito una trovata geniale, perché ha effetti immediati.
Simona, Roma
Il giorno dopo il corso ho provato ad attuare una delle tecniche proposte con un alunno che aveva deciso volutamente di irritarmi. Nella sua sconvolgente semplicità questa tecnica ha funzionato e con una sorta di compiacimento sornione e consapevole ho goduto della sua resa.
Eleonora, Milano
Insieme ad altri colleghi di tutta Italia mi sono sentita meno sola ad affrontare difficoltà e problematiche apparentemente banali, che però spesso mettono in crisi noi insegnanti e ci fanno sentire inadeguati.
Tiziana, Rimini
Questo corso è pensato per le scuole ma secondo me è utilissimo ogni volta che vogliamo impostare una buona relazione con gli altri. Ho capito parecchio delle nostre reazioni più intime, adesso mi sento più capace di gestire meglio il mio lavoro di accompagnatore turistico. È stata una mia amica maestra a insistere perché partecipassi nonostante le mie resistenze. A me pareva l’ennesima trovata pubblicitaria. Mi sono dovuto ricredere.
Moreno, Arezzo
Casinometro e Appello Includente sono due tecniche semplici e immediatamente verificabili nella loro efficacia. Bastano tre minuti per applicarle. Quei tre minuti sono esattamente il tempo che serve al cervello dei nostri ragazzi per riconoscerci come la loro guida. Proprio per questo il rischio è semmai di sottovalutarle, considerandole semplici trucchetti del mestiere di insegnante
, buoni solo per attirare l’attenzione temporanea degli alunni, del tipo effetto sorpresa
.
In realtà Casinometro e Appello Includente sono stati progettati per sollecitare da una parte le aree del cervello specificamente dedicate all’apprendimento e dall’altra per contenere quelle che lo ostacolano. Le precise ragioni della loro efficacia vengono approfonditamente illustrate in questo libro, alla luce delle più recenti ricerche e teorie delle neuroscienze.
Per fare il pane non è indispensabile conoscere la chimica della lievitazione. Puoi cominciare subito a sperimentare gli effetti del Casinometro (istruzioni al capitolo 4) e dell’Appello Includente (capitolo 6), seguendo gli specifici protocolli di utilizzo, che ne consentono un impiego appropriato.
Conoscere la chimica della lievitazione ci offre però la possibilità di capire il come, il perché, il quando del nostro pane e ci rende consapevolmente liberi di creare nuovi pani. A questo servono gli spunti introduttivi dei capitoli 2 e 3, insieme agli approfondimenti scientifici sviluppati con Angelo Gemignani, neuroscienziato (al capitolo 5); e con Genovino Ferri, medico psichiatra e psicoterapeuta (capitolo 8).
Viene infine proposta una sintesi del metodo (capitolo 7), utile per chiunque desideri migliorare il rapporto interpersonale con gli studenti e la qualità della propria esperienza a scuola. Il metodo riassume i principi alla base dell’autorevolezza e propone come svilupparla per impostare una relazione empatica con le nostre classi.
Cominciamo, allora!
Per prima cosa, come racconta Margherita, urlare non serve.
Caro Mauro,
Ho seguito il suo corso in gennaio a Faenza. Esperienza bellissima.
A scuola ho utilizzato varie tecniche apprese, dal fonometro, all’utilizzo della voce bassa sul rumore per spiegare gli esercizi: sono insegnante di educazione fisica e quindi pensi a spazi aperti come palestre o campi di atletica.
Il mio stupore è stato enorme quando mi sono accorta che funzionava... i ragazzi si avvicinavano, oppure zittivano gli altri per sentire quello che dicevo!
Vorrei raccontarle un aneddoto, successo proprio quest’anno in una classe (la incontravo per la prima volta, ero supplente) detta da tutti difficile
. Sono entrata in classe e c’era