Antropocene: – un museo –
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dell’impatto dell’homo sul pianeta Terra.
È questa l’idea che Vittorio Pavoncello offre alle istituzioni che vorranno edificare questa enciclopedia nello spazio, immaginata però come un luogo in cui si possano anche studiare e prevenire prossime pandemie e cambiamenti climatici.
Un museo diffuso per questa nuova forza geologica che è l’umanità, luogo d’incontro e laboratorio fra scienziati e pubblico.
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Book preview
Antropocene - Vittorio Pavoncello
Colophon
Antropocene
Un museo
ISBN 9791259990648
a cura di Vittorio Pavoncello
La collana Stati generali della memoria
è diretta da Vittorio Pavoncello
Si ringrazia www.lenius.it per la gentile concessione del glossario
© 2022 by All Around srl
redazione@edizioniallaround.it
www.edizioniallaround.it
Prefazione
Sono numerose le pubblicazioni che hanno per tema l’Antropocene e i cambiamenti climatici a questo fenomeno collegati, non c’è però una pubblicazione che abbia per oggetto un Museo dell’Antropocene. Perché di musei così tematizzati al mondo non ce ne sono. È pur vero che qualcosa esiste qui e là ma sono realtà museali che sconfinano spesso con le arti e tradizioni popolari, con l’etnologia, o ancora con il colonialismo ed i suoi reperti tribali. Insomma, così come la parola Antropocene attende una sua conferma scientifica, anche quei musei che alla parola vogliono rifarsi risultano imprecisi e indeterminati, creando una certa confusione su di un più esatto significato e interpretazione del termine. Con questa pubblicazione si vuole, quindi, dare qualche informazione in più sulla voce Antropocene ma dal punto di vista della necessità di creare un museo che ci permetta di rifletterci sopra e di vedere come deve essere fatto. Il che significa vedere come è l’homo, ma non solo come è stato ma anche come è e come si può immaginare che sarà. Per questo un museo che raccolga tutte le scienze sia quelle esatte o naturali insieme a quelle sociali e umanistiche, o definite anche scienze dure e scienze molli. Poiché l’Antropocene riguarda la vita su questo pianeta e nulla può essere tralasciato perché fa parte di un tutto. Tutte le scienze devono perciò concorrere a rendere questa nostra vita nell’ambiente sempre più abitabile e vivibile. Quindi, un museo come luogo di incontro e formazione fra scienziati e pubblico.
Gli articoli contenuti in questo libro vogliono, quindi, essere un contributo alla nascita e creazione di un primo museo al mondo dedicato all’Antropocene.
Con Giorgio Fabretti possiamo approfondire l’aspetto antropologico e scientifico della apparizione del DNA umano sul pianeta Terra, fino alla sua possibile sparizione, per cause naturali ma anche e molto per pratiche di irresponsabilità umana.
Grazia Francescato ci avverte, invece, dei possibili pericoli derivanti da politiche che, oggi, eufemisticamente possiamo definire come disattente ai cambiamenti climatici, quando non sono intenzionalmente finalizzate alla sola produzione di ingombranti prodotti da smaltire.
Gianluca Senatore offre, invece, al lettore una storia sia della parola Antropocene sia della storia delle implicazioni sociali che questa parola ha comportato sul piano di lotte, rivendicazioni e sensibilizzazioni sui cambiamenti ambientali.
Valeria Barbi attraverso un glossario molto completo ci permette di avere in un colpo d’occhio e attraverso le sue definizioni una idea di molti lemmi che oggi sono diventatati di uso comune ma di cui spesso non si conosce l’esatto significato o etimologia storica.
Il Museo dell’Antropocene si avvale anche di una sua possibile collocazione e sede, poiché la Fondazione di Antropologia Storica Giorgio e Raffaele Fabretti, Principi della Romana Antichità
, ha offerto allo Stato italiano una sede per il Museo dell’Antropocene
, nella monumentale Villa Fabretti all’Appia Antica
nei pressi della Villa dei Quintili, con annessi Cava Fabretti
, Opificio del Sanpietrino
ed oliveto secolare.
Vittorio Pavoncello
Antropocene - il Museo
di Vittorio Pavoncello
Introduzione
Il museo è un’istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo, aperta al pubblico, che effettua ricerche sulle testimonianze materiali e immateriali dell’homo e del suo ambiente, le acquisisce, le conserva, le comunica e specificatamente le espone per scopi di studio, istruzione e diletto.
È questa la definizione che l’ICOM (International Council of Museums) dà per museo e in questo contesto può muoversi un Museo dell’Antropocene.
Curiosamente però con una certa assennatezza l’Italia ha aggiunto a questa definizione una piccola postilla: promuovendone la conoscenza presso il pubblico e la comunità scientifica.
Ed è proprio dalla postilla italiana che un Museo dell’Antropocene diventa qualcosa di più inserito nella storia, nella società, nella ricerca. Perché non basta creare il museo come luogo in cui trovare studio, istruzione, diletto, ma bisogna far sì che questo viva, che sia promosso presso il pubblico e presso la comunità scientifica. Allora pubblico e comunità scientifica sono associati da un comune luogo che è appunto il Museo dell’Antropocene.
Un luogo, uno spazio fisico al cui interno vivono il tempo, la storia, il futuro. Perché un Museo dell’Antropocene non è soltanto una vetrina ed esposizione del passato ma è un volano e una finestra sul futuro, sul nostro futuro e su quello di tutti. E per questo, pubblico e comunità scientifica possono e devono formare un insieme che collabora.
Considerando che un Museo dell’Antropocene non può non avere riferimenti alle ere geologiche che lo hanno preceduto, potremmo anche definire il Museo dell’Antropocene come un museo della vita, se non di tutti gli aspetti della forma vita, almeno e principalmente per tutto ciò che costituisce la vita dell’ homo. Non è però un museo di antropologia, perché in questo Museo dell’Antropocene rientrano anche le scienze della Terra, ovvero quelle discipline che si occupano di morfologia e dell’atmosfera e a queste si devono anche aggiungere quelle scienze che studiano la cosmologia. Perché la nostra vita vive in un ambiente che non è soltanto il prossimo vicino ma anche il prossimo lontano, da cui riceve influssi e trasformazioni.
Un Museo dell’Antropocene, quindi, si pone immediatamente come un museo che, fatto di storia, si situa e ricolloca la storia. Le varie età che culturalmente e storicamente hanno definito e storicizzato la presenza dell’ homo nella Natura e sulla Terra, sarebbero l’inizio dell’Antropocene, ma potremmo anche andare più in là e ravvisare nella scissione dal comune antenato di homo e scimmia l’inizio di una più vera e autentica antropizzazione dell’ambiente, da parte della scimmia homo. In questo testo si parlerà di ambiente ma per ambiente dobbiamo intendere la Natura, sebbene l’ambiente, oggi, sia un qualcosa che ha impresse le forti tracce dello sviluppo dell’ homo sulla terra.
Per termini di comodo si vuol far partire l’Antropocene dalla Rivoluzione Industriale e dall’intensificarsi del Capitalismo nell’Ottocento, dando così una lettura storico-politica a un fenomeno che ha le sue origini proprio nella specie homo. La Rivoluzione Industriale ha soltanto accelerato gli strumenti per modificare l’ambiente. E quindi, l’accelerazione è un modo ma non è la cosa. E la cosa, invece, deve per forza risiedere nelle prime trasformazioni che l’ homo ha introdotto nel suo rapporto con l’ambiente: la leva e la ruota, per ciò che riguarda la trasformazione meccanica, il fuoco per la trasformazione energetica.
Una storia dell’Antropocene, quindi, non dovrebbe rivolgersi soltanto all’epoca industriale ma al rapporto homo/ambiente in generale. Poiché senza la ruota non ci sarebbe la catena dell’industria e dei successivi collegamenti di microchips. L’epoca industriale velocizza l’impatto dell’ homo sull’ambiente, lo velocizza in tutte le sue trasformazioni ma non aggiunge molto a quei primordiali gesti antropizzanti che furono la ruota, la leva, il fuoco.
Voler vedere solo nell’epoca industriale l’inizio e l’origine dell’Antropocene significa privilegiare un settore e una fetta di storia rispetto alla vita dell’ homo nel suo ambiente, laddove suo
non significa proprietà ma specifico.
L’epoca industriale accelera, non crea dal nulla. Però l’accelerazione insieme alla globalizzazione si rendono pericolose per la nostra sopravvivenza e per questo il termine Antropocene acquista solo connotazioni negative, ma ciò è solo un modo di vedere la questione. Sarebbe, forse, più utile e corretto avere una visione più ampia della storia e dare alla parola Antropocene non soltanto i valori negativi di una trasformazione irresponsabile dell’ambiente da parte dell’ homo ma anche gli aspetti di una necessaria trasformazione per la sopravvivenza dell’ homo. Il dialogo fra le diverse teorie, pratiche e impostazioni, potrebbe trovare in un Museo dell’Antropocene, inteso come una realtà fluida e in continuo movimento e aggiornamento, un luogo privilegiato per il benessere e la salute dell’intera collettività umana.
Una parola ambigua
Antropocene è una parola ambigua, da un lato sembra premiare l’umanità e da un altro punirla per la sua stessa esistenza. Quando parliamo di Antropocene non possiamo mai parlare di un singolo uomo, di una singola donna, né di una singola religione o ideologia e neanche di una singola regione della Terra, ma dell’insieme delle attività umane tese a vivere e sopravvivere nell’ambiente, non solo quello terrestre ma anche quello cosmico. Poiché la Terra è inserita, per rimanere a ciò che ci è più vicino, in un Sistema Solare che è a sua volta inserito in una Via Lattea e così via. Abbiamo in questo modo una definizione di ambiente che non può essere soltanto un mero territorio, ma che ci spinge a considerare come ambiente pure quelle parti dell’Universo dove l’umanità non ha mai messo piede e perfino quelle parti di Universo dove la vita dell’umanità, oggi, risulta impossibile. L’Antropocene è a contatto con l’Universo. E possiamo anche definirlo, l’Antropocene, come quella parte di Universo dove l’umanità dopo millenni ha raggiunto il suo più alto grado di interazione con l’ambiente, tanto da arrivare a modificarlo per meglio adattarlo alle proprie esigenze vitali. Con il rischio però di distruggerlo. Un Museo dell’Antropocene serve anche a capire perché l’ homo può arrivare, anche se