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De l’amour hier, aujourd’hui et toujours (dell’amore ieri, oggi e sempre)
De l’amour hier, aujourd’hui et toujours (dell’amore ieri, oggi e sempre)
De l’amour hier, aujourd’hui et toujours (dell’amore ieri, oggi e sempre)
Ebook208 pages2 hours

De l’amour hier, aujourd’hui et toujours (dell’amore ieri, oggi e sempre)

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About this ebook

In questo libro, l’autore intraprende un viaggio culturale e umano, il cui punto centrale è l’Amore. Dall’analisi di famose coppie letterarie e cinematografiche (Trinity e Neo, Jane Foster e Thor, etc); a un excursus nelle vite delle più grandi persone della storia della letteratura, della scienza e dell’arte; fino ad arrivare ai propri dolci ricordi di famiglia e ad alcune riflessioni sulla società odierna e sulla religione. Il tutto accompagnato da bellissime fotografie del mare.

Nicodemo Morrone  è nato a Cirò Marina (KR) nel 1962. Vive in Calabria. Funzionario di P.S., ha viaggiato molto in Italia e all’estero conservando bei ricordi di Firenze e Messina dove è stato per alcuni anni e dove sono nati i figli Antonio e Giuseppe. Con la moglie Antonella condivide l’amore per la famiglia la passione per il lavoro e il mare. Questa è la sua prima esperienza letteraria.
LanguageItaliano
Release dateNov 30, 2021
ISBN9788830653610
De l’amour hier, aujourd’hui et toujours (dell’amore ieri, oggi e sempre)

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    De l’amour hier, aujourd’hui et toujours (dell’amore ieri, oggi e sempre) - Nicodemo Morrone

    cover01.jpg

    Nicodemo Morrone

    «De l’amour hier, aujourd’hui et toujours»

    (dell’amore ieri, oggi e sempre)

    © 2021 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma

    www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com

    ISBN 978-88-306-4594-3

    I edizione novembre 2021

    Finito di stampare nel mese di novembre 2021

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa

    «De l’amour hier, aujourd’hui et toujours»

    (dell’amore ieri, oggi e sempre)

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile:

    Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere.

    Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    Ai miei cari

    Premessa

    Cosa cerca una donna? Di dormire abbracciata a un uomo!

    Cosa cerca un uomo? Che una donna gli dorma accanto!

    Quindi?

    Scrivere poesie ognuno può, scrivere un libro chi può! Ovvero chi ne sente il bisogno, chi ha voglia di scrivere, chi ha qualcosa da dire, chi può toccare l’anima della gente. Il bisogno nasce quasi per caso, per necessità, per il bisogno di uscire dal caos.

    Avevo voglia di parlare e di dire tante cose, volevo aprire la mia anima agli altri, ma la paura di entrare in pensieri altrui era forte, allora ho cercato, con l’aiuto dei miei figli e di persone care, che ormai non sono più su questa terra, di esplorare dentro la mia testa cosa in effetti volessi dire.

    Scrivere non è semplice, comporta una fatica mentale, energia che va via, ma vuol dire anche costruire i pensieri e dargliene forma. Proverò, con semplicità umana, a descrivere sensazioni con le parole, sperando che tutto sia comprensibile e che abbia un senso e offrire a chi legge la voglia e la speranza che possa aprire il cuore a un mondo migliore.

    L’amore per sé stessi

    Nascere crescere e poi morire: il ciclo della vita, naturale o meno che sia! Crescendo, ci si accorge che si vive in stretto contatto con il proprio corpo, amato, odiato, adorato, ripudiato o desiderato, allora? Chi vive in simbiosi con i propri complessi, chi li allontana e poi, finalmente, ha la voglia di cancellare quella parola dalla propria mente.

    Nel periodo della leva, nel 1983, io mi sentivo complessato per la mia altezza, poi attraverso un addestramento duro, faticoso e rischioso, riuscii a vincere alcune paure e a fare cose che ad altri non riuscivano: una prova in particolare non dimenticherò mai… Il muro! Una parete alta forse 3 metri o meno, non ricordo bene, che si doveva superare tramite alcuni esercizi e movimenti, mi riuscivano facili, ero leggerissimo, saltavo e superavo quell’ostacolo con grande facilità. Ciò mi pose all’attenzione di tutti nella scuola militare: io, non alto, superavo quell’ostacolo con assoluta sicurezza, mentre altri, più alti, più forti e atletici, non riuscivano. Essere al centro dell’attenzione comporta anche un grande rischio e se si sbaglia e non si riesce più a fare quello che tutti si aspettano da te? Poi affiorano i ricordi delle serate passate insieme a un commilitone: aspetto da vichingo alto, biondo e fisico perfetto, e io gli insegnavo come riuscire a superare quella prova… Purtroppo non riuscì, qualcosa lo bloccava nell’esecuzione dell’esercizio e alle prove del fine corso d’addestramento non diventò paracadutista... io sì, un paracadutista militare! Ricordo quelle serate con commozione e amarezza, quel caro amico era così entusiasta a voler ottenere il titolo di parà... ma non riuscì… Ciò che per me era risultato semplice e naturale, per lui diventò un incubo, un blocco mentale, lo condizionò e gli impedì di superare quella prova!

    Così vinsi quel complesso e cominciai ad amarmi... Sì! Ad avere cura del mio corpo… e da paracadutista ricordo, con assoluto piacere, la sensazione di liberarmi nell’aria e di essere vicino a Dio, in quel silenzio assoluto, e vedere tutto dall’alto in piccolo e come cominciasse a prendere forma mano a mano che ci si avvicinava al suolo, come ci ricordava sempre il nostro capitano cappellano che si lanciava con noi e che, solo dopo la preghiera rivolta al nostro protettore San Michele Arcangelo, potevamo liberarci nel cielo e assaporare la grandezza del Creato e ringraziare il Signore di quella gioia! Al tempo, lo raccontavo ai miei figli e li rassicuravo dicendo loro che l’altezza non era tutto… che il fisico non era tutto… basta desiderare qualcosa per ottenerla… basta avere fiducia in sé stessi… solo in sé stessi e credere che se si esiste e per uno scopo… volere è potere… Dio è sempre con noi… i genitori sono sempre con noi… le persone care sono sempre vicine a noi. L’amore verso i figli è anche non impegnarli da grandi nell’assistenza obbligata ai genitori anziani, diventa un non vivere per loro, con i problemi, le preoccupazioni e tutto ciò che i grandi hanno passato. Noi si è fatta la vita e i figli devono farsi la loro, non bisogna essere egoisti, pretendere e volere a ogni costo la loro presenza per accudirci, rinfacciandogli quello che si è fatto per loro. Il gesto d’amore più grande è proprio quello di non disturbarli, se hanno bisogno d’aiuto darglielo, se ti cercano andare, se hanno voglia di vederti accontentarli. Tutto deve avere un significato, non si può essere sempre possessivi e invadenti nella loro vita, è la loro vita, noi non abbiamo nessun diritto di intrufolarci e di fare i maestri, se non ci viene richiesto! Il Signore è misericordioso, da anziani si può anche amare i figli senza opprimerli e senza fare richieste assurde e litigare, urlando parole, urla e offese, si può elegantemente mettersi da parte e non invadere il loro spazio, altrimenti non cresceranno mai, solo gli ignoranti pensano che i figli adulti non siano capaci di pensare a loro stessi e, purtroppo, tanti al mondo ve ne sono!

    Poesia e amore

    L’etimologia della parola poesia è da ricollegare al latino pŏēsis, dal greco ποίησις, derivato a sua volta da ποιέω, che significa produrre, fare, creare e, in senso più ampio, comporre. Andando ancora più indietro, si risale alla radice sanscrita pu- che ha appunto il significato di generare, procreare. La poesia è, in altri termini, il frutto della creazione artistica che tanto raggiunge vette sublimi quanto riesce a trasfigurare il dolore, la sofferenza e le tragedie in bellezza estetica ed etica. O meglio, l’arte di produrre composizioni verbali in versi, cioè secondo determinate leggi metriche o secondo altri tipi di restrizione. L’amore è un bisogno, una necessità. L’amore è un sentimento che trasforma, che rende il mondo più bello di quanto abbiamo sempre sognato. Qualcuno ha scritto che quando ci innamoriamo: "abbiamo l’impressione che tutto l’universo sia d’accordo". Ed è il tema prediletto della poesia sin da tempi lontani e resterà al centro del pensiero dei poeti finché esisterà questo genere di letteratura. E la poesia è talmente soggettiva che non può esserci una classifica oggettiva, neanche per ognuno di noi, che cambiamo mille volte nell’arco della vita, modificando spessissimo i nostri gusti. Allora? Come non sentire, ancora una volta, un nodo in gola e la voglia di piangere ascoltando le frasi di una canzone nota, nel tempo, cantata da vari autori¹: "io canto il mio amore per te questa notte diventa poesia… io canto la tristezza che è in me… io ti amo e gridarlo vorrei… ma stasera non posso nemmeno parlare… perchè piangerei …io ti amo io ti amo".

    Ricorrente e struggente il tema dell’amore e tutto ruota intorno a esso… ai posteri!

    Debut (inizio)

    Da ragazzi ci si credeva immortali, tutto passava nel gioco e nella curiosità, crescendo il mondo diventa sempre più elastico, ha senso cercare di tirarlo e poi lasciarlo andare?

    Gli incontri erano tutti focalizzati nell’attesa del dopo, la preparazione, lo specchiarsi, il vestirsi, tutto faceva parte della presentazione, a chi poi? A una ragazza, mica a un mostro! Ma l’attesa era snervante, la timidezza, il balbettare, tutto faceva parte del gioco. Sì, alla fine era tutto un gioco, le ragazze più forti crescevano e si preparavano solo per questo, i maschi no: avevano le partite, gli scontri per il territorio, forse è naturale che l’uomo sia portato per la guerra e che la donna lo sia invece per il riposo del guerriero!² Tuttavia, bisognava sconfiggere la paura, allora? Auto-convincersi di essere pronti, il sollievo di una parola cara di un familiare e quella ancora (allora) più gratificante dell’amico del cuore. Altra nota dolente, l’amico del cuore: ma esiste veramente o e solo un’altra invenzione legata alle usanze umane di voler per forza giustificare la consuetudine? Gli incontri, i primi, potevano produrre un risultato positivo o catastrofico. In questo era determinante come le ragazze si presentassero, più forti, più sicure, sono nate per questo, cresciute per questo, e nei paesi era prevedibile, l’arroganza delle femmine dei paesi era palpabile, specialmente quelle più

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