Alla Ricerca Dell'Arcobaleno
By Andrea Lepri
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Quattro bambini decidono di andare a prendere le monete d'oro contenute nella pentola posta alla fine dell'arcobaleno: vivranno un'avventura indimenticabile!
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Alla Ricerca Dell'Arcobaleno - Andrea Lepri
Andrea Lepri
ALLA RICERCA DELL’ARCOBALENO
Storia & traduzione e immagini di Andrea Lepri
©Prima Edizione Febbraio 2021
Editore: Tektime – www.traduzionelibri.it
Questo romanzo è opera di fantasia.
Ogni riferimento a fatti o persone reali è puramente casuale.
Tutti i diritti sono riservati
INDICE
PROLOGO
IL TEMPORALE E L’ARCOBALENO
ALLA RICERCA DELL’ARCOBALENO
IL BOSCO MAGICO E IL REGNO DI TANTISOLDI
I QUATTRO TALISMANI
I FUNGHI SPAVENTOSI
LE TIGRI SDENTATE
IL RAGNO GIGANTE
L’EVASIONE
LA PENTOLA D’ORO
ORA DI TORNARE A CASA
ALLA FATTORIA
EPILOGO
ALLA RICERCA DELL’ARCOBALENO
PROLOGO
C’era una volta un bambino di nome... in realtà il suo nome non è poi così importante, perché tutti lo conoscevano come Cipollino
. Quel nomignolo se l’era guadagnato fin dal primo giorno di scuola, più precisamente all’ora della merenda del primissimo giorno di scuola! Al suono della campanella i suoi compagni di classe avevano tirato fuori dagli zaini crackers, mele e banane, merendine con sorprese di ogni tipo e succhi di frutta. Invece lui aveva poggiato sul banco un bel panino farcito, croccante e profumato. Lo aveva scartato e lo aveva addentato sorridendo, mentre tutti gli altri lo guardavano disgustati. L’odore acre e intenso della cipolla appena raccolta aveva invaso rapidamente l’aula, maestra e compagni corsero in lacrime ad aprire la finestra per riprendere fiato.
Cipollino era piuttosto magrolino. Aveva i capelli lunghi e dritti e spessi, pieni di ritrose. Erano di un colore rossiccio così strano che a volte, a seconda della luce, sembravano quasi verdi. I suoi occhi erano di colore marrone chiaro, il suo viso inondato di lentiggini.
Aveva un amico per la pelle che tutti chiamavano Ruotino
fin da quando, tanto tempo prima, era stato investito da un calesse. Ma non lo chiamavano così perché era finito sotto le ruote del carretto, il suo soprannome era dovuto al fatto che da allora, per muoversi, usava una sedia a rotelle. Infatti, anche se era trascorso ormai molto tempo dall’incidente, lui diceva di non essere ancora guarito bene. Diceva che le gambe non lo sorreggevano perché erano testarde e non ne volevano sapere di fare il loro dovere.
Ruotino aveva il viso paffuto e una gran cascata di riccioli neri che gli copriva quasi del tutto gli occhi scurissimi. Era grassottello anche nel corpo, infatti oltre a fare poco movimento perché non camminava era anche un gran mangione. Al contrario dei bambini della sua età lui mangiava di tutto, persino l’insalata e le verdure, e non aveva ancora trovato una sola ricetta che non gli piacesse.
Ruotino e Cipollino erano buoni amici, stavano sempre insieme e si aiutavano l’un l’altro nel fare i compiti. Spesso dovevano anche difendersi e farsi forza a vicenda, quando gli altri bambini li prendevano in giro per il loro aspetto oppure combinavano loro qualche scherzo poco simpatico.
Come in ogni classe che si rispetti, naturalmente, c’era anche un bambino un po’ antipatico. Era abbastanza alto, né magro né grasso, i suoi capelli fini erano biondissimi e i suoi occhi azzurri così chiari da sembrare un pezzetto di cielo.
I suoi compagni di classe lo avevano soprannominato Dispettino
perché era un po’ mascalzone!
IL TEMPORALE E L’ARCOBALENO
Cipollino aveva anche una sorellina di cinque anni di nome Giuseppina. Giuseppina aveva due belle codine bionde e il nasino a punta, e soprattutto i suoi occhi e il suo sorriso erano quelli di una gran furbetta. Portava sempre con sé Emma, la sua inseparabile bambola pezza preferita.
Cipollino e Giuseppina vivevano in una bella fattoria sulla cima di Poggio Malconcio, una dolce collina posta al margine di un bel bosco che ospitava un laghetto brulicante di pesciolini, anatre e ranocchi. Bisogna però dire che la fattoria non era più così bella come una volta. Un tempo era stata davvero bellissima, ma ultimamente i genitori di Cipollino l’avevano un po’ trascurata perché avevano avuto sempre meno tempo e meno soldi per fare le manutenzioni. Infatti nelle ultime stagioni il cielo si era rivelato piuttosto avaro di pioggia, e così, come per ripicca, il terreno si era rifiutato di dare piante rigogliose e raccolti abbondanti come una volta.
Ma anche se lo steccato non era più nuovo e dritto come un tempo, anche se qualche finestra era rotta e ogni tanto pioveva dal tetto, Cipollino e Giuseppina non avrebbero mai lasciato la fattoria di Poggio Malconcio! Non se ne sarebbero andati per niente al mondo, erano felicissimi di vivere là e sapevano di essere molto fortunati. Infatti i loro compagni di scuola e di giochi vivevano tutti quanti nel vicino paese di Fabbricone, nato alcuni anni prima insieme alla grande fabbrica di automobili. Abitavano in piccoli appartamenti posti all’interno grandi palazzi dalle finestre piccole, come tante api in un alveare, e la maggior parte di essi non aveva mai visto da vicino una gallina o un porcospino. E probabilmente non avevano visto neanche un nido su un albero, oppure un fungo porcino. Anzi, i funghi li avevano visti sicuramente: nel banco frigo dell’immenso supermercato che qualcuno aveva pensato bene di costruire insieme alla fabbrica, ai distributori di benzina e alle loro case-alveare.
Comunque, anche se non era più nuova di zecca, la loro fattoria aveva comunque tutto ciò che una vera fattoria deve avere: c’erano un bel forno a legna per cuocere il pane e un piccolo frantoio per fare l’olio, c’erano le stalle e un grande fienile, c’era il pozzo di pietra e per finire c’era il granaio, dal quale ogni tanto facevano capolino i topolini di campagna. E poi c’erano il trattore, il ricovero per gli attrezzi e tanti alberi che regalavano loro frutti dolcissimi, di ogni specie e colore. Ma soprattutto c’erano gli animali, tanti animali.
C’erano due oche e un cavallo, due maiali e una mucca pezzata che tutte le mattine dava loro il latte fresco. E ancora le caprette e i conigli, un cane e un gatto, uccellini di tante razze e galline che regalavano loro uova a volontà. E tutto intorno c’erano i campi coltivati, che cambiavano colore ad ogni stagione: dal verde brunito dei cavoli di primavera al giallo acceso dei girasoli estivi, per finire con l’arancione settembrino delle zucche di halloween.
Ma sebbene per i bambini quello fosse un vero paradiso, da un po’ di tempo i loro genitori non sembravano più molto felici di vivere a Poggio Malconcio! Alcuni anni prima avevano deciso di lasciare la città per vivere a contatto con la natura, avevano trovato quel posto e se ne erano subito innamorati. Però quel tipo di vita richiedeva tanti sacrifici, così loro cominciavano a essere stanchi di andare a dormire la sera tarsi per poi alzarsi prima del canto del canto del gallo. Soprattutto perché ottenere buoni raccolti stava diventando ogni anno sempre più faticoso, così il loro entusiasmo diminuiva sempre più col passare del tempo.
La sera, davanti al caminetto acceso, Cipollino li aveva sentiti parlare più di una volta della possibilità di vendere la fattoria per trasferirsi nuovamente in città. Ma alla fine non riuscivano mai a decidersi perché erano troppo affezionati a quel posto e ai loro animali. Comunque, per farla breve, la vita alla fattoria non era più così serena e spensierata come una volta.
Cipollino e Giuseppina avevano capito la situazione e facevano del loro meglio per aiutare i genitori, avevano imparato a mungere la mucca e a strigliare il cavallo, a dar da mangiare ai maiali e alle galline e a raccogliere le uova. Avevano persino imparato a fare il pane. Per questo motivo, a volte, Cipollino restava un po’ indietro con i compiti per casa che la maestra gli assegnava.
Qualche volta lei lo rimproverava per non essersi preparato a dovere ma lui non se la prendeva, anzi, era felice perché sapeva di aver tolto un po’ di fatica ai genitori. Andrà meglio la prossima volta
si diceva scrollando le spalle mentre tornava a casa spingendo la carrozzina di Ruotino.
Ma nonostante l’aiuto di Cipollino e Giuseppina, ultimamente i loro genitori erano sempre più stanchi e nervosi, infatti a volte la sera litigavano. Non che fossero diventati cattivi o che non si volessero più bene, o che non volessero più bene a lui e alla sua sorellina. Ma quella vita, così faticosa e avara di soddisfazioni, li aveva resi un po’ più duri. Soprattutto erano delusi, perché i loro sforzi non erano ricompensati dai risultati che si aspettavano e che avrebbero meritato.
A volte un piccolo guasto al trattore era sufficiente per metterli in grave difficoltà, allora tutto il lavoro pesante toccava al cavallo Orazio, che poverino era anche un po’ anziano. Quando vedeva entrare nella stalla il papà di Cipollino trascinando il giogo, sospirava rassegnato scuotendo leggermente la testa. Di nuovo? Quand’è che ti deciderai a comprare un trattore nuovo?
sembrava pensare guardandolo.
Cipollino avrebbe voluto aiutare di più i suoi genitori, ma sapeva che il suo primo lavoro era la scuola perché era ancora piccolo. Il babbo e la mamma gli avevano spiegato mille volte che, se si fosse impegnato con la scuola, da grande avrebbe potuto scegliersi un lavoro importante e ricco di soddisfazioni. Allora, visto che gli piaceva così tanto, se lo avesse voluto avrebbe anche potuto comprarsi una fattoria tutta sua. Ma non avrebbe dovuto alzarsi all’alba per accudire gli animali, ci sarebbero state persone che lo facevano al posto suo. E lui questo fatto proprio non riusciva a capirlo: perché spendere tanti soldi per comprare una fattoria se poi paghi qualcuno per divertirsi al posto tuo con i tuoi animali?
pensava!
A volte desiderava essere già grande, avrebbe voluto guadagnare già un bel po’ di soldi per poter aiutare i suoi genitori. Così loro avrebbero lavorato di meno e sorriso di più. Ma anche se in alcuni momenti lo desiderava davvero tanto intensamente, anche se di tanto in tanto si sforzava a cercare un’idea, non avrebbe proprio saputo come procurarsi dei soldi.
Anche il suo amico Ruotino avrebbe voluto tanto sapere come trovare un bel po’ di soldi. I suoi genitori lavoravano entrambi alla fabbrica di automobili e stavano