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La ballata di Nina Simone
La ballata di Nina Simone
La ballata di Nina Simone
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La ballata di Nina Simone

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Eunice Kathleen Waymon nasce a Tryon, Nord Carolina, figlia di una reverenda e di un tuttofare, il 21 febbraio 1933. E subito mostra un dono, per la musica e il canto, tanto da far urlare la comunità di fedeli della sua chiesa al miracolo. E, poiché i doni di Dio non vanno sprecati, Eunice viene messa a studiare la musica classica con il massimo rigore.
Inizia così, tra casa e chiesa, studio e salmi, il percorso di una delle più straordinarie cantanti e musiciste del XX secolo: Eunice Kathleen Waymon, nota al mondo come Nina Simone. Un percorso fatto di musica, certo, ma anche di dolori, di matrimoni falliti, violenze subite, razzismo. Fino alla presa di coscienza, grazie anche all’incontro con Martin Luther King, all’esempio di Rosa Parks. E grazie alla musica, che diviene strumento di lotta e disobbedienza, di risveglio delle anime e delle coscienze.

Una delle migliori poetesse italiane degli ultimi trent’anni, Francesca Genti, scrive sulla vita di Nina Simone un romanzo in versi. E lo fa in modo meraviglioso, con un uso sapiente del metro e della rima, creando un libro che ricorda le antiche ballate medievali ed è al tempo stesso unico e modernissimo, raccontando la vita straordinaria di un’eroina contemporanea, perfetto esempio e modello della lotta contro il razzismo e per l’emancipazione femminile.

La ballata di Nina Simone è un miracolo letterario, inaspettato e travolgente, un inno alla libertà che fa brillare la stella, oggi più attuale che mai, della grande artista afroamericana.

LanguageItaliano
Release dateJan 27, 2022
ISBN9788830536494
La ballata di Nina Simone
Author

Francesca Genti

Nata a Torino nel 1975, vive a Milano da molti anni. Ha pubblicato diverse raccolte di poesie e ha una piccola casa editrice che si chiama Sartoria Utopia dove confeziona a mano tirature limitate.

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    La ballata di Nina Simone - Francesca Genti

    CANTI DI EUNICE WAYMON

    CANTO DELLA BAMBINA PRODIGIOSA

    dove si racconta della nascita di Eunice Waymon,

    che con il nome di Nina Simone diventerà

    tra le più mirabolanti cantanti

    del secolo appena trascorso (Tryon, 1933)

    Tu lettrice tendi l’orecchio, tu lettore aguzza il diapason:

    i miracoli non si prevedono, sono fulmini che cadono,

    segui il sentiero dagli Appalachi, scendi dritto verso sud,

    valica i campi di tabacco, le fattorie di maiali Duroc,

    eccoci a Tryon, North Carolina, dove Dio ha puntato il dito,

    nella notte senza stelle nasce una bimba, futuro mito

    della musica mondiale, del jazz, del soul, della canzone,

    il suo nome è Eunice Kathleen Waymon, in arte Nina Simone.

    Pronipote di schiavi neri e di indiani trucidati,

    di irlandesi ubriaconi e di altri diseredati,

    nel suo sangue scorre tragedia, ira, soprusi, sopraffazione,

    lei è venuta in questo mondo per cantarne la tribolazione,

    il destino e le battaglie del passato e del presente,

    è arrivata in questo mondo per cantare la sua gente.

    Di divino possiede la voce e di umano il cuore che batte,

    Nina è l’eroe di questa storia che fallisce, risorge, combatte.

    Ma per ora è appena nata; ventun febbraio trentatré,

    sesta figlia di John Divine Waymon e di sua moglie, Mary Kate.

    La sua infanzia è come tante, sotto l’ala di mamma e papà,

    Mary Kate è una reverenda, John Divine lavora qua e là,

    quando entra in chiesa Eunice non cammina neanche ancora,

    ma se sente intonare un salmo la bambina si innamora,

    batte a tempo le manine e i piedini soddisfatti,

    è un miracolo sussurrano i credenti stupefatti.

    Tutta Tryon si convince, bianchi e neri, con vigore

    che Eunice sia un prodigio, che sia un segno del Signore.

    Mary Kate non fa eccezione: la sua bimba ha avuto un dono,

    ma non deve trastullarsene, deve farne qualcosa di buono.

    Il Signore che pregano i Waymon è un signore assai esigente:

    non ammette vanità, non regala niente per niente,

    il talento smisurato per la musica e il canto

    va coltivato per rendergli gloria, non per farsene un vanto.

    Le è proibito fischiettare arie alla moda e di varietà

    (ma suo padre John Divine di nascosto gliele insegnerà).

    Mary Kate detta la regola: la bambina si deve allenare

    quattro ore al pianoforte, poi in casa deve aiutare.

    Niente giochi, né amiche, niente uscite e distrazioni,

    la bambina prodigiosa studia note e alterazioni.

    È così che quel talento, folgorante e già alle stelle,

    la segrega dall’infanzia più del colore della pelle.

    La carriera della bimba è veloce e fulminante;

    ad appena cinque anni, entra in chiesa da aiutante,

    suona il piano accompagnando le preghiere del Signore,

    canta i gospel, impara i salmi entusiasta e con fervore,

    se partecipa ai revival, cade in trance ipnotizzata,

    nel suo corpo di bambina danza l’anima esaltata

    di una lingua sconosciuta intuisce il fondamento:

    è il Divino che la guida come fosse uno strumento.

    Casa e chiesa, studio e salmi, obbedienza alla famiglia,

    così cresce Eunice Waymon: timorata e buona figlia,

    quando compie i tredici anni, John Divine e Mary Kate

    si decidono a mandarla a studiare Bach, Satie,

    Mozart, Brahms, Franz Liszt, Beethoven,

    Haydn, Grieg, Ravel, Chopin,

    Robert Schumann e Šostakóvič

    presso un’abile insegnante: la signora Massinovitch.

    CANTO DELL’AMICIZIA

    dove si racconta l’incontro di Eunice

    con Miss Muriel Massinovitch (detta Miss Mazzy),

    sua prima maestra di pianoforte (Tryon, 1939)

    Le scarpe nuove, il vestito pulito,

    lo sguardo assorto, il sogno cucito

    al cuore chiuso, serrato per paura,

    i passi percorrono il bosco, la radura:

    a ogni metro si colma la distanza

    tra Eunice Waymon e la nuova circostanza.

    Un desiderio avvolge la bambina

    mentre ubbidiente all’incontro si avvicina.

    C’è una casa bianca in fondo al sentiero,

    Eunice lo percorre con passo leggero,

    la luce del sole la tiene al guinzaglio,

    è tenera sul viso, illumina il fermaglio

    che tiene ordinati i capelli di pece,

    ai lati disposti in lucide trecce.

    Mentre si avvicina all’appuntamento,

    la bimba è presa da un turbamento:

    arriva alla porta insicura ed esitante,

    anche la maniglia le sembra abbagliante.

    Casa Massinovitch è una fortezza,

    lei è piccola, è povera, sarà all’altezza?

    Lei che della terra non conosce il dramma,

    ma indovina il cielo se legge il pentagramma.

    Ma mentre il gesto si blocca indeciso,

    Miss Mazzy spalanca la porta e il sorriso:

    signora bianca, signora pettinata,

    le prende la mano (sconosciuta tenerezza),

    la porta in casa, la guida con lentezza

    fino a una stanza pulita, illuminata.

    (Mazzy profuma, camicia inamidata.)

    Eunice è stordita: c’è troppa bellezza,

    troppa calma, troppa luce, troppe porte,

    vicino alla finestra impera un pianoforte.

    Qui e ora e qui e ora, Eunice impara

    il qui e ora, il gesto che ripara

    il presente e lo fa brillare:

    la stella che danza\il suo pulsare

    il vortice sonoro, il tuffo nel piacere

    sui tasti bianchi, le dita nere,

    non il Signore, non i salmi stanchi:

    sui tasti neri, la musica dei bianchi.

    Miss Massinovitch le svela un segreto:

    la musica è gioia, è un amuleto

    cucito nel tuo cuore, nel tuo corpo,

    suonare per la gloria non è un torto,

    non è vanità e Dio non si arrabbia,

    lucida il talento, scardina la gabbia,

    per il tuo popolo diventa un’apripista:

    diventa la prima donna nera pianista.

    Per Eunice, Miss Mazzy è un oracolo,

    le sue parole la scoperta di un miracolo,

    da quel momento in poi sono la legge:

    il suo destino sarà uscire dal gregge,

    suonare gli immensi musicisti del passato,

    attraverso le mani lodare il creato,

    mischiare il suo spirito di nera potente

    al suono bianco dell’uomo d’Occidente.

    CANTO DELL’UMILIAZIONE

    dove si racconta la prima esibizione pubblica

    di Eunice a Tryon e un episodio di razzismo

    a cui la piccola si oppone (Tryon, 1943)

    Perché se mangio un panino all’emporio

    non posso sedermi sui banchi di legno?

    È un fatto ingiusto, è denigratorio,

    tutta Tryon conosce il mio ingegno,

    ma sono una nera, devo stare al mio posto,

    in piedi, occhi bassi, non creare trambusto.

    Dal cerchio trasparente è impossibile uscire,

    mi sono stufata di faticare e ubbidire.

    Ma i progressi nel piano continuano costanti,

    i successi di Eunice sono importanti,

    Miss Mazzy la stima, la guida e la sostiene,

    la rende forte, le dà tutto il suo bene,

    e riesce a ottenere da ricchi sodali

    un fondo per l’alunna e i suoi studi musicali,

    finché arriva il giorno a cui più Mazzy ambiva:

    mostrare al pubblico i progressi dell’allieva.

    Primavera quarantatré, interno cucina,

    la famiglia Waymon è intorno alla bambina,

    Eunice è vestita con l’abito migliore,

    non fa colazione, le batte forte il cuore.

    Insieme silenziosi sulla vecchia Ford,

    vanno verso il municipio, direzione nord,

    il mattino è luminoso, l’aria cruda e profumata,

    Eunice quasi non si muove, è paralizzata

    tanto è forte l’emozione di trovarsi in quella sala

    dove hanno luogo balli, feste e cene di gala.

    La signora Massinovitch la accoglie premurosa,

    le presenta il sindaco e altra gente facoltosa,

    sono tutti bianchi, gentili

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