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I cinque mondi
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I cinque mondi

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Un viaggio epico che vedrà due giovani maghi del bosco, Dreken ed Ilianor, in compagnia di un ragazzo dai poteri nascosti, Aaron, intraprendere un lungo viaggio alla ricerca di quattro Talismani. Kantor, il signore dei Demoni, mira a recuperare i quattro Talismani per aprire un portale magico e liberare il Demone Perduto. Uno scontro epico tra forze Elementali, maghi, demoni, draghi, fate ed umani. La minaccia del Demone Perduto incombe sui Cinque Mondi.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateDec 30, 2021
ISBN9791220382168
I cinque mondi

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    I cinque mondi - Luca Saba

    1

    Correva l’anno 736 del regno di Evalor, figlio dell’Era dei Mondi. Al tempo i signori assoluti erano gli Uomini Dorati, che governavano gran parte del territorio del mondo Natural con il consenso di molti dei suoi abitanti.

    Al palazzo d’oro governava Adamir Nebethilen, figlio di Grashim. Era un re giusto che aveva fatto del suo popolo un esercito di scienziati, filosofi e lavoratori. Era ossessionato dalla ricerca di benessere del suo popolo e tentava di intrattenere rapporti diplomatici con i sudditi di razze diverse, che ormai si erano abituati al loro nuovo Padrone e da anni non rappresentavano più un problema.

    Era un tempo di pace quello di Adamir, fino a che una fredda notte d’inverno, quando ancora splendevano tutte le stelle, accadde qualcosa alla torre di Lasio, poco distante dalla città.

    Ormai da qualche secolo, la torre rappresentava l’archivio più importante del regno, dove venivano conservati antichi testi di tante razze e periodi diversi.

    Mi chiedo perché non abbiamo mai sentito parlare di questa storia disse Kahelin Druen, il più vecchio dei tre maghi che alla torre conducevano studi su alcuni antichi testi ritrovati tra le rovine di Giara.

    Aveva una barba bianca che nascondeva un volto vecchio e logorato da anni di duro lavoro. Era vestito con il classico abito dei maghi di Evalor: una tunica azzurra decorata sulle maniche da merletti d’oro, un mantello di una tonalità più scura cinto sulle spalle e lo stemma della casa reale e dell’ordine dei maghi di appartenenza sul petto a sinistra.

    Tylim Redder, un altro membro della ricerca, lo raggiunse posandogli una mano sulla spalla; Kahelin si voltò di scatto verso di lui incrociando il suo sguardo ansiogeno; Tylim gli sussurrò nervosamente:

    Dobbiamo capire perché è rimasto nascosto un simile segreto. Già, ma ci serve più tempo! gli rispose Kahelin, concentrandosi ancora una volta sulle antiche scritture. Tylim segui il suo esempio.

    Kahelin vide che si stava facendo tardi e si affrettò a chiamare il terzo dei maghi presenti:

    Dreken, tutto a posto? Ricorda che tra poco dobbiamo andare via. Preparati a sigillare l’entrata. Dreken Avsmaal, era di guardia. Dato che a nessuno, tranne che ai maghi, era concesso di entrare alla torre, i maghi a turno erano costretti a vegliare sul prezioso contenuto degli archivi.

    Dreken era un giovane mago da poco entrato a far parte dell’ordine: un incantatore dei boschi, nato in una piccola città umana di nome Argun, nei pressi delle sponde del fiume Esirit, non lontano dalla città di Evalor.

    Era già considerato da molti uno dei migliori maghi del bosco del suo tempo.

    Arrivo rispose il giovane mago.

    Lo vide avvicinarsi con passo svelto e impavido, quasi saltellante con la sua tunica verde smeraldo svolazzante, nonostante avesse passato alcune ore in piedi di guardia.

    A un certo punto, Kahelin sentì qualcosa di strano nell’aria. Era una sensazione che non avvertiva da molti anni e capì che il pericolo era imminente.

    Anche Tylim sembrò avvertirlo e ordinò subito a Dreken di sigillare le entrate.

    Ma cosa succede? Volete spiegarmi, non capisco! gridò Dreken guardandosi intorno.

    Chiudi quelle porte e basta! gridò Kahelin. E muoviti! gli disse, come se qualcosa di terribile stesse per accadere.

    Nel frattempo, Tylim recuperava tutti i libri vecchi, muffiti e pesanti ritrovati nel nuovo scavo.

    Nella notte limpida, quella strana presenza diventava sempre più inquietante e vicina.

    Mentre iniziava a pronunciare le parole per chiudere le entrate della torre, Dreken venne scaraventato contro il muro antistante.

    Dreken, muoviti gridava dal piano di sopra Kahelin che d’un tratto si vide davanti quattro figure vestite di nero e incappucciate che lo fissavano; Kahelin recitò delle parole incomprensibili e una delle figure si pietrificò all’istante.

    Ma era circondato e non aveva speranze. Tylim arrivò in suo aiuto mentre Dreken, appena rialzatosi, correva rapido lungo le scale al piano di sopra.

    Dreken raggiunse i suoi compagni e vide uno spettacolo che non si sarebbe mai immaginato: Kahelin era a terra senza un braccio e urlava di dolore, Tylim era stato ferito alla schiena e cercava di estrarre la lancia avvelenata che gli era stata conficcata tra le scapole. Vide tre brutti ceffi incappucciati disorientati che cercavano di toccare il muro per avere un punto d’appoggio. A quel punto non ci pensò due volte ed evocò delle enormi radici che, sorgendo dal pavimento di pietra, imprigionarono le tre figure. Sentì un movimento sospetto vicino alla scrivania di Kahelin e capì che un’ombra si preparava ad attaccarlo; ma dopo anni di addestramento sapeva cosa fare e lanciò contro quella creatura uno sciame di insetti per poterlo vedere, poi lo trafisse con una spada di legno delle foreste del nord che amava evocare nei momenti difficili.

    Dreken, prendi i libri e scappa! disse Tymil. Lui sta arrivando! gli fece eco Kahelin. E non puoi sconfiggerlo!

    Dreken si avvicinò come per aiutare i due vecchi compagni ma entrambi, presi da un’agitazione che non aveva mai visto prima sui loro volti, lo scansarono.

    Devi andare via e proteggere quei libri! Scopri il segreto e poi distruggili!

    Ora va’ via, corri e vai a Salenthill. Lì sarai al sicuro! Chiedi di Caranthir Fafron.

    Dopo questo discorso, Dreken si ritrovò fuori dalla torre a più di cento metri di distanza.

    Nel frattempo, nella torre di Lasio si fece tutto più buio e nella fortezza entrò, insieme a un uomo misterioso e vestito di nero, un vento gelido, di morte.

    Kahelin, non speravo più di incontrarti disse una voce profonda e impostata.

    Tu morirai, Kantor, e niente ti sarà rivelato! A quel punto, Kahelin guardò per l’ultima volta il suo amico Tylim di cui non avvertiva da un po’ l’aurea, e dopo aver rivolto un ultimo pensiero a Dreken, richiamando le sue forze si fece esplodere. L’eco dell’esplosione si sentì a distanza di vari chilometri, e la torre venne distrutta. Una mandria di cavalli selvatici spaventata dal rumore assordante si mise in movimento e corse via. Non c’era più nulla, tranne lui.

    Il Demone rise. Rise fragorosamente godendo della sua forza. Attorno a lui non era rimasto niente. I suoi seguaci erano come volatilizzati, la torre ridotta in polvere. Lui levitava a pochi metri dal terreno mentre teneva sotto il braccio sinistro il corpo privo di forze di Tylim Redder. Subito dopo, si volatilizzò nella foschia.

    2

    Aaron Parevil aveva appena compiuto 14 anni, età in cui i giovani umanoidi dovevano superare un duro rituale di iniziazione per cominciare la vita vera. Decise di compiere il suo passaggio alla vita adulta andando da solo nella fitta foresta, incurante dei pericoli che lo aspettavano, per uccidere un Minefronte; da qualche anno in cuor suo non attendeva che quella data; la sua infanzia era stata segnata all'età di otto anni dalla morte di suo padre e suo fratello maggiore durante una battuta di caccia, uccisi proprio da un Minefronte. Aveva giurato di vendicarli. Non gli interessava freddare l’animale autore del massacro: per essere fiero di sé stesso e della sua promessa gli sarebbe andata bene una bestia qualsiasi.

    Armato di una magnifica lancia in legno intarsiato con punta in metallo di Artemisia, lancia che il padre gli aveva lasciato in eredità, di un pugnale, un arco e una faretra, partì dal suo piccolo villaggio non lontano dalla città di Dikan, la capitale, e si addentrò nell’oscurità del bosco; il colore vivo e brillante delle foglie del bosco quasi si rifletteva sui suoi occhi smeraldo.

    Sentiva il fruscio delle foglie secche che calpestava mentre camminava, stando attento a evitare i rami più bassi; i suoi sensi sviluppati gli facevano percepire con forza gli odori forti della foresta, su tutti l'umido e la freschezza, che amava da sempre.

    La sua testa era piena di ricordi in quel momento, soprattutto di suo padre e di come lo aveva perso; lo riempiva di rabbia!

    La caccia durò molto più del previsto e fu il Minefronte a trovarlo: infatti dopo cinque ore di camminata senza risultati, Aaron stava per sedersi all’ombra di un sicomoro per riposarsi, quando d’un tratto sentì un rumore tra i cespugli; aveva un udito affinato essendo un umanoide, e fortunatamente si fidò del suo istinto e si arrampicò su un albero rapidamente; pochi secondi dopo nello stesso punto in cui si voleva sedere saltò fuori un Minefronte: era la prima volta che ne vedeva uno e quell’incontro lo segno per tutta la sua vita.

    Inizialmente rimase immobile come ammirato da quella creatura: aveva delle lunghe zanne, delle piccole corna sulle pieghe delle zampe, tre code, alto circa 1,5 metri al garrese e lungo 4; sapeva che i minefronti erano agili e attaccavano tendendo agguati. Vivevano ai margini delle grandi foreste dove si nutrivano degli animali della zona. Alcuni raramente nascevano alati e si contendevano i cieli con i grifoni.

    Poco dopo, Aaron si ridestò e si ricordò della sua missione. Così, impugnata la lancia, la scagliò contro l’animale puntando al cuore, ma quello la schivò e venne colpito alla coscia. Un grugnito mostruoso riempì il vuoto del silenzio della foresta e l’animale, come inferocito e offeso, diresse lo sguardo verso di lui e per un momento lo fissò con i suoi occhi color rubino. Aaron non si perse d’animo e si preparò a lanciargli contro una freccia, ma il Minefronte fu più rapido e con un balzo gli fu addosso. Aaron sentì un forte bruciore alla schiena come se si fosse spaccato in due quando cadde giù dall’albero; ancora stordito fece per rialzarsi, ma il Minefronte gli era addosso; per un'istante avrebbe potuto contare tutti i denti dell'animale con la bocca spalancata verso di lui, se solo ne avesse avuto il tempo; il Minefronte stava per colpirlo alla gola all’improvviso si accasciò al suolo.

    Si alzò con fatica scostando l'animale che gli era morto addosso, schizzandogli in faccia un getto di sangue caldo sufficiente da affogarlo. Era morto, ma non l’aveva ucciso lui.

    Dovresti ritenerti fortunato, ragazzo disse una voce. Non tutti riescono a sopravvivere all’attacco di un Minefronte, soprattutto se sono degli sventurati come te. Sono animali terribili e oggi mi hai costretto a ucciderne uno per salvarti.

    Aaron si guardò intorno e davanti a sé vide una figura alta e snella di carnagione verdastra che lo fissava; era una persona che non aveva mai visto prima. Era vestito solo con dei pantaloni lunghi fatti di foglie ben lavorate, aveva tantissimi bracciali, anelli, collane e teneva stretto in mano un arco grande e finemente lavorato.

    Dovevo ucciderlo io, era un mio dovere. Era seccato.

    Saresti morto senza il mio aiuto ragazzo, ora tornatene a casa si sentì dire in un tono come se lui gli fosse poco riconoscente.

    Ma tu chi sei? Io non ti ho mai visto, non sei un umanoide chiese Aaron.

    Infatti, non lo sono. Come vedi sono un uomo dei boschi. Non ti dirò il mio nome perché non è il momento, non è quello che ti interessa ora. L’importante che tu sia pronto quando sarà necessario.

    Ma che diavolo dici? Pronto a far cosa? Faccio già il falegname e non avrò futuro diverso o migliore.

    Questo è quello che pensi tu, Aaron Parevil. Sono sicuro che ci rivedremo presto. Per ora, pensa a non metterti nei guai come hai fatto oggi, segui il mio consiglio.

    Ma come fai a conoscere il mio nome? Dimmi, chi sei? Ma non fece neanche in tempo a dirlo che il suo salvatore, il primo uomo dei boschi che vide in vita sua sia era già dileguato tra il bosco fitto, lasciandolo solo con la carogna del Minefronte ai suoi piedi.

    Verso la strada di casa, Aaron ebbe tempo di riflettere sull’accaduto: quello che ancora non riusciva a capire è come quella persona conoscesse il suo nome; il suo pensiero però più spesso ricadde anche sul fatto che non fosse stato lui ad uccidere il Minefronte e che senza l’aiuto di quella strana figura, forse sarebbe morto.

    Si sentiva quasi avvilito, preso in giro ed era molto stanco. Non aveva superato la sua prova e si sentiva troppo debole ed inesperto. Tutto ciò lo faceva star male.

    Pensava che dal giorno dopo avrebbe ripreso la sua vita normale, non molto diversa da ogni ragazzo della sua età: dalla scomparsa del padre e del fratello più grande, Aaron aveva dovuto prendere in mano le redini della famiglia per aiutare la madre e i suoi tre piccoli fratelli. Divenne presto un buon falegname.

    Che stupido sono stato pensava tra sé e sé mentre già scorgeva in lontananza il tetto di casa. Avrei dovuto starmene a casa buono senza fare danni. Non era ancora pronto per combattere e il suo sogno, quello di diventare un giorno guardia reale al servizio di Evalor, sembrava sempre più lontano.

    Quello che accadde quel giorno non lo raccontò a nessuno, neanche a suo fratello Joshua con cui si confidava sempre. Un po’ per paura, un po’ per poter essere il solo a essere a conoscenza di una giornata così particolare.

    Appena la madre lo vide lo chiamò per la cena, Arrivo subito, il tempo di riordinare gli ultimi tronchi di legna. Quella sera non disse una parola e non dormì affatto.

    3

    Dreken Avsmaal cercava di immaginarsi cosa potesse essere successo. Poco dopo essere stato teletrasportato dalla torre, aveva sentito una forte esplosione e capì che Kahelin aveva adoperato la sua ultima magia. Aveva visto la torre cadere in mille pezzi e pensò di aver sottovalutato il problema fin dall’inizio.

    Ora si sentiva l’unico portatore di una verità scomoda. Se da una parte si rese conto della sua importanza, dall’altra tutto ciò gli incuteva timore.

    Cercò di riordinare le idee, si ricordò che i due colleghi di studio gli avevano parlato di andare a Salerthill, la città degli uomini della foresta e cercare Caranthir Fafron.

    Non ne capiva il motivo, ma forse lì sarebbe stato più al sicuro e quell’uomo, sempre che lo avesse trovato, avrebbe potuto spiegargli qualcosa.

    Era stanco per le forze adoperate durante lo scontro, Salerthill era troppo lontana, ma lui si sentiva troppo vicino al pericolo: così usò le sue ultime forze per evocare un Gron che lo avrebbe portato fino a destinazione.

    Aveva sempre considerato i Gron degli esseri formidabili: parenti dei cavalli, dal pelo lungo con tutte le tonalità del marrone, avevano quattro corna proiettate in avanti, due sulla testa e due più piccole sulle mandibole. Erano animali massicci ma comunque veloci. Di solito li si trovava liberi per le praterie o ai margini delle foreste.

    Questo faceva al caso di Dreken. Salì sopra l'animale che mansueto cominciò a galoppare ansimante in direzione di Salerthill; al mago piaceva quella sensazione di sentirsi un essere unico insieme a quell'animale. Sentiva il suo calore, lo accarezzava di tanto in tanto alla nuca per dirgli che era lì, adorava la sensazione di contatto del suo corpo con la sua schiena. Avvertiva la sua forza.

    Ancora nel cuore della foresta, a pochi passi dalla città, stremato per il viaggio, venne bloccato nel sentiero da due guardie; Dreken le squadrò rapidamente: una delle due era un colosso appoggiato allo stipite in pietra dell'arco simbolico che segnava l'entrata alla città e lo fissava. Aveva una lunga spada tipica dei guerrieri di Salerthill e un'armatura in corteccia dura. L'altra guardia, più schiva, gli sbarrava la strada.

    Scese dalla schiena del Gron che aveva evocato che scomparve.

    Dove vai straniero? gli chiese il colosso, non spostandosi di un centimetro dalla sua posizione, il suo sguardo di pietra fisso su di lui. L'altra guardia, un po’ curva e rachitica, gli girava intorno come un cane e lo squadrava.

    Sono diretto alla vostra città, cerco ospitalità e protezione, arrivo da Evalor disse Dreken.

    Che cosa hai fatto di male per scappare da queste parti? Tu arrivi da Evalor e sei un loro mago giusto? Magari hai rubato quei libri che tieni sotto le spalle continuò lui ad incalzarlo. L'altra guardia sfilò la spada ridacchiando e fece per avvicinarsi.

    Dreken era stanco e non aveva voglia di subire un interrogatorio, così giocò una carta per tagliar corto. È vero, sono un mago dei boschi, ma sono anche un caro amico di Caranthir Fafron a cui devo consegnare questi libri. In cuor suo sperava che quest’uomo potesse essere una persona importante e affidabile, e che potesse dargli le risposte di cui aveva bisogno.

    Caranthir Fafron, dici.

    I due si guardarono qualche istante, sembravano indecisi sul da farsi. Alla fine, uno dei due disse:

    Seguici straniero, ma sappi che se hai mentito perderai la vita.

    Dreken annuì in silenzio e seguì le due guardie che gli facevano strada.

    Guardandosi intorno percepì che quel che vedeva gli ricordava vagamente il suo campo di addestramento nell’isola delle arti del bosco del mondo dei maghi.

    La foresta era come se si aprisse al loro passaggio e si richiudesse in silenzio ingurgitandoli di nuovo: era viva.

    Dreken aveva l’impressione che qualcosa lo fissasse e ciò gli creava una certa inquietudine, ma i suoi sensi erano indeboliti dalla stanchezza. Procederono in silenzio e dopo un interminabile percorso arrivarono in città: era la prima volta che ci metteva piede e la trovò subito bellissima, con dei palazzi di pietra e argento le cui guglie svettavano tra le vette degli alberi. Era situata all’interno di una gola naturale e per questo le varie parti della città erano collegate da ponti in pietra e legno comunque raffinati. Le piante erano dappertutto e tante specie diverse serpeggiavano tra le costruzioni, facendone parte. Dreken sentiva l'aria frizzare, era fresca e i rumori del bosco gli permeavano le narici dandogli un’aria di pace tranquillità in quel luogo incantato.

    Siamo arrivati, straniero disse uno dei due senza neanche guardarlo negli occhi.

    Ti trovi a Salerthill, città degli uomini della foresta, nata più di 6000 anni fa e custodita gelosamente dalla nostra gente. Aspetta qui e, se vorrà, Caranthir arriverà. Detto questo i due si allontanarono scomparendo nella direzione in cui erano arrivati, lasciandolo da solo.

    Dreken si guardò intorno, apprezzando la quiete di quel meraviglioso paesaggio e il rumore delle cascate che circondavano la gola. Decise di sedersi qualche minuto a riposare.

    Ben arrivato, Dreken. Si voltò e vide un uomo vecchio, un po’ curvo che lo fissava.

    Sono l’oracolo e il signore di Salerthill, mi chiamo Caranthir. continuò lui, avvicinandosi zoppicante facendo attenzione a non inciampare nella lunga tunica; il suo sorriso confortante era in parte nascosto sotto dalla lunga barba.

    Dreken, un po’ sorpreso, annuì. Sono qui perché…

    Lo so già, Dreken, ora seguimi sono impaziente di sentire le novità che hai da dirmi; dopo potrai riposare te lo prometto! si voltò e con un cenno della mano gli indicò di seguirlo. Camminava lentamente e non era difficile per lui stargli dietro. Il vecchio canticchiava una melodia ancestrale forse perso nei suoi pensieri; il mago non riusciva più a non fare a meno di notare la sua andatura zoppicante, era ormai parte di lui. Lo affiancò per non sembrare scortese e procedettero insieme per alcuni metri lungo il corridoio del palazzo che sia affacciava sulla città. Arrivarono in una grande sala spartana dalle colonne in pietra, bianche come la neve; Dreken vide che Caranthir le ignorò e tirò dritto strascicandosi puntando verso una grande finestra antistante. Il mago sentiva odore di incenso dappertutto.

    Dreken seguì l’uomo anziano. Gli ispirava fiducia.

    Poi aiutò il vecchio ad aprire la grossa vetrata.

    Dopo essersi seduti su delle sedie di paglia all’ombra di una veranda fiorita, l’oracolo rimase in silenzio, in contemplazione del paesaggio. Ma Dreken sospettava che stesse cercando le parole esatte per poter comunicargli quanto aveva da dirgli.

    Nel frattempo, era appena calata la sera. Dreken rabbrividì e, con le mani intorpidite dal freddo, alzò il bavero fino al mento. L’odore pungente del bosco riempiva le sue narici e lui percepì la sofferenza degli alberi nella morsa del gelido inverno. Questa sensazione aumentò la sua irrequietezza.

    Un servo si precipitò verso di loro preceduto dall'inebriante odore di cucinato che ridestò il mago, prima di sparire come era arrivato. Gli venne servita dell’ottima carne di fagiano e della frutta servitagli su un vassoio di terracotta.

    Io e Kahelin Druen ci conoscevamo da tanto tempo, da prima che sorgesse il regno di Evalor. Quelli erano anni molto più duri di adesso, si sentiva ovunque l’aria della sconfitta, della solitudine, della paura, e la vita era difficile.

    Tacque un attimo e chiuse gli occhi, come per rivivere dentro di sé quei momenti.

    A quel tempo si raccontavano molte storie di luoghi e persone dimenticate, ma non tutte erano prive di fondamento.

    Che cosa vuoi dirmi? lo interruppe Dreken.

    Io e Kahelin eravamo affascinati da una di queste leggende e per molto tempo abbiamo condotto ricerche per capire la sua origine: era la leggenda dei Talismani. Detto questo si interruppe e lo guardò fisso negli occhi, come se si aspettasse una risposta, ma a quelle parole Dreken avvertì il cuore in gola, come se avessero appena scoperto il suo segreto più nascosto. Ma fece finta di niente.

    Continua, per favore.

    Quando ci siamo separati, abbiamo giurato che se qualcuno di noi fosse venuto a conoscenza anche della più piccola novità riguardo la leggenda, avrebbe subito contattato l’altro, ed è per questo che tu sei qui.

    Dreken si sentiva a disagio ma, allo stesso tempo, era sempre più convinto che quel vecchio avrebbe potuto aiutarlo. Ma si poteva fidare di lui? Dopotutto, era un estraneo e nessuno gli aveva mai parlato di lui; ma Kahelin sapeva sempre quel che faceva. E nel caso le cose si fossero messe male, aveva recuperato ormai le forze e avrebbe potuto annientare senza problemi l’uomo e una ventina delle sue guardie, se avesse voluto.

    Hai ragione, sono qui perché ti devo parlare di quello che abbiamo scoperto, è un segreto troppo grande da custodire da solo. Ma dimmi, perché ti interessa tanto?

    Vedi disse Caranthir. La leggenda dice che tanto tempo fa, durante il regno del Sole, ci fu una battaglia spietata. La Grande Guerra contro il Demone Perduto. Questo venne sconfitto soprattutto grazie ai Mamenti superiori, ma a caro prezzo: venne persa parte della magia di un mondo sigillato che adesso a noi è sconosciuto. Così terminò il più grande impero del mondo Natural e iniziò il declino degli uomini. La guerra durò ben 43 anni, ma pare che non ne sia rimasta alcuna traccia. Se questo fosse vero, potremmo ricavarne enormi vantaggi, ma qualcuno potrebbe anche distruggere tutto, o peggio, prendere possesso di tutte le terre esistenti.

    Dreken rimase sconcertato, non aveva mai sentito parlare di quella storia, e non pensava che quello che avevano scoperto alla Torre di Lasio avesse un collegamento con essa. Cercò di mascherare il più possibile la sua sorpresa. Prima hai parlato di Talismani, che cosa intendevi?

    I Talismani fanno parte di un’altra leggenda ma noi abbiamo sempre pensato che le due storie siano collegate. I Talismani non sarebbero altro che delle pietre magiche custodite chissà dove e potrebbero essere utilizzate per aprire il Portale del mondo sigillato, ove oltre ai Mamenti superiori è rinchiuso anche il Demone Perduto.

    Udite quelle parole, Dreken si alzò di scatto come morso dal più terribile dei serpenti. Poi si guardò intorno per assicurarsi che non ci fosse nessuno nelle vicinanze e si avvicinò all’orecchio di Caranthir. Credo che sia tutto vero…

    Caranthir sussultò e dal pallore che Dreken riuscì a intravedere nel buio, sembrava inquieto e nervoso, e come se aspettasse un seguito: Dimmi cosa sai, cosa avete trovato alla torre di Lasio!

    Dreken notò che i suoi occhi si erano illuminati e lo fissavano come quelli di un pazzo senza speranza; Poi il vecchio si alzò di scatto con un misto di eccitazione e sconvolgimento. Si sentì a disagio e si irrigidì, non senza sentirsi sorpreso a sua volta.

    Cerca di non darmi ordini, Caranthir. Non sono un semplice messaggero, ricordalo, e quello che so può cambiare il mondo.

    Caranthir tacque e lo guardò, poi chiuse gli occhi con aria stanca. Hai ragione, scusami, incantatore dei boschi.

    Poi Caranthir si sedette davanti a lui e rimase immobile a guardare aldilà della veranda, verso la cascata, in silenzio.

    Il mago vide che si era calmato. Poteva procedere. Sussurrò: Emaiven actum reasor plemivur! intorno a loro si creò una sorta di sfera dai riflessi azzurrognoli per evitare che altri sentissero, poi iniziò a raccontare a Caranthir delle ricerche su antichi testi ritrovati in un antico baule nella biblioteca delle rovine di Giara. Gli raccontò degli sforzi che erano stati costretti a fare per tradurli dall'antica lingua degli uomini del regno del Sole, e di come non erano riusciti a finire la loro opera perché qualcosa li ha sorpresi.

    Una forza inquietante ci ha travolti disse infine Dreken, tamburellando nervosamente con le dita.

    In pochi possono avere tanto potere per forzare le difese della torre di Lasio e mettere al tappeto uno come Kahelin. Ti ricordi alcuni particolari specifici? rispose Caranthir.

    Dreken incrociò il suo sguardo per un attimo. Poi chiuse gli occhi cercando di ricordare.

    Freddo. E un'ombra disse infine.

    Vide il vecchio annuire, come se quelle informazioni fossero estremamente preziose.

    Credo di aver capito; che colui che vi ha attaccato si chiama Kantor, o almeno così si fa chiamare. È il capo dei Demoni, vive e regna a Nyogorn. Come ben sai, i Demoni erano i consiglieri degli umani, una volta esiliati nel mondo delle anime non fanno altro che cercare una via per vendicarsi dei torti subiti. Kantor è molto forte e mi sorprende vederti ancora vivo.

    Dreken tirò fuori dal sacco di iuta tre antichi testi anonimi e all’apparenza privi di interesse. Questo è quello che Kantor cercava, pensò disse e il vecchio annuì. "Non so come facesse a sapere che quei libri fossero lì e nemmeno come potesse immaginarne il contenuto.

    Questo ora non importa. Dobbiamo capire cosa c’è scritto e valutare la veridicità e la pericolosità di quelle leggende.

    Il libro parla di una Grande Guerra durata 43 anni cominciò Dreken.

    E questo coincide… lo interruppe Caranthir.

    Il mago riprese a parlare: Parla di un mondo sigillato per proteggere gli altri quattro; questo per tenere per sempre il Demone Perduto in trappola. Parla dei Mamenti superiori, creature straordinarie, giudici del mondo, padroni delle terre che eseguono il loro volere attraverso i Mamenti inferiori coloro che mantengono l’equilibrio della vita. Si sono sacrificati alla prigionia perpetua per il bene dei mondi, per combattere fino all’eternità contro il loro grande nemico. Si racconta ancora che il Demone Perduto era dotato di una forza straordinaria, al pari dei Mamenti superiori, capace di creare rovina e devastazione in pochi istanti per centinaia di chilometri e di sbaragliare interi eserciti.

    C’è scritto qualcosa riguardo a qualche Portale, agli Elementali? disse Caranthir, un po’ confuso e preoccupato.

    È un libro un po’ disordinato nel racconto, forse è stato scritto molto in fretta! Nelle pagine successive si parla di un sacro Portale inviolabile che deve essere dimenticato. Non dice dove si trova, ma c’è scritto che servono quattro Talismani per aprirlo, anche se questo vorrebbe dire liberare il Demone.

    Allora forse Kantor vuole recuperare i Talismani esclamò l’uomo, rimase per un attimo in silenzio, Dreken lo vedeva assorto, forse per pensare a come agire. Poi riprese a parlare. Dice altro riguardo a questo?

    Mancano alcune pagine, non abbiamo fatto in tempo a tradurre le altre, ma ti posso leggere quella che abbiamo tradotto la sera prima dell’attacco, potrebbe essere interessante.

    Ti ascolto rispose il vecchio.

    Dreken voltò pagina e un formicolio alla nuca gli suggerì che stava per leggere parole che avrebbero cambiato tutto e di cui solo lui era a conoscenza.

    Acqua, aria, terra e fuoco: confidiamo nella vostra forza sacri Elementali, affinché il segreto non venga rivelato. Sparite e nascondetevi tra i mondi, non fatevi trovare e date la vita per la custodia del cimelio…

    Terminata la lettura, Dreken restituì lo sguardo all’oracolo che lo osservava in silenzio. Quella pagina poteva confermare la leggenda degli Elementali che Caranthir e Kahelin avevano cercato di spiegare per una vita intera. Si ridestò e cercò di concentrarsi sul da farsi.

    Credo che sia meglio finire di tradurre il testo e capire dove sono gli Elementali. Dobbiamo trovare i Talismani, prima che lo faccia Kantor.

    Appena finì di parlare, però, i manoscritti presero fuoco e si polverizzarono. Tutto svanì nel nulla.

    Proprio come Kahelin aveva previsto… pensò Dreken. Tolse la barriera che li proteggeva, si sedette sulla sedia e iniziò a sorseggiare un vino che gli avevano servito prima della conversazione e che non aveva ancora toccato. Si godette il suo sapore dolce in silenzio, mentre osservava i movimenti della piuma di Caranthir che producevano leggeri ticchettii a contatto con la pergamena.

    La soluzione deve essere proprio in queste parole disse l’oracolo. Col capo chino e la faccia a pochi centimetri dal foglio, a Dreken sembrava che stesse cercando di carpire chissà quale segreto da dietro ogni lettera. Se solo avessimo tutta la traduzione…

    Non devi preoccuparti troppo, Caranthir. Ho una copia dei libri incisa su fogli di corteccia lavorata da me, grazie ai miei poteri.

    Il vecchio uomo tirò un sospiro di sollievo.

    Bene, vado a fare qualche ricerca, incantatore dei boschi, a domani. Caranthir si alzò e si diresse con la solita andatura improbabile verso le sue stanze. Dreken rimase solo, con la consapevolezza che da quel momento in avanti toccasse a loro trovare la soluzione il prima possibile. E sperava che solo loro fossero a conoscenza di tutto questo, lo sperava con tutto il cuore.

    Poco dopo entrò in una camera tutta bianca e profumata dove c’era un letto con coperte di seta e alcuni arazzi in fibre di legno e dorati appesi alla parete raffiguranti scene di caccia. Il pavimento era di legno di faggio e la vista dava sulla parte bassa della città sovrastata da un’immensa cascata che ricadeva su un grande lago in cui si intravedevano alcune barche di pescatori. Dreken non appena si coricò cadde in sonno profondo.

    4

    Era notte nella palude di Nyogorn. Kantor stava tornando a casa.

    Lo accolsero lamenti, urla e rumori di esseri striscianti.

    Si prostrarono, si spalmarono nella fanghiglia melmosa della palude. Erano Demoni di rango inferiore, ombre, draghi neri e tanti altri piccoli esseri fetidi e malsani che albergavano tra le fila del suo regno.

    Kantor era tornato a casa.

    Vide Swidagor poco lontano venirgli incontro con un manipolo di soldati, oltrepassando il ponte levatoio del castello nella quasi oscurità. Come al solito indossava la sua armatura in pelle di drago con scarti di ossa, e teneva la sua ascia sulla schiena; Kantor riconobbe subito il suo grugno beffardo con la mandibola storta e sporgente. Come al solito stava puzzando.

    Il suo sguardo cadde sul corpo morto che reggeva tra le braccia, quello di Tylim Redder.

    Devo andare nella camera degli spettri disse Kantor con voce profonda e sibilante a Swidagor. Abbiamo un cranio da esaminare.

    Scese le scale accanto all’ingresso del tetro castello di Nyogorn. Percorse un corridoio buio, spoglio e umido, e si fermò davanti a una piccola porta di legno, che Swidagor aprì: al centro c’era un enorme pozzo e un lettino di ferro sporco di sangue. Attorno, c’erano delle sedie.

    Stendilo sul lettino, Swidagor disse Kantor che, levitando, si portò al centro del pozzo. Si fermò qualche attimo e pronunciò parole incomprensibili. Un alone di luce verde lo avvolse, come per alimentarlo di nuove energie.

    Fracassagli il cranio e donami il suo cervello! Swidagor era già pronto con una scure, la cui lama era lunga un metro. Tagliò prima la testa, poi con un coltello si fece strada nella cute del mago, scorticò la pelle dalla faccia alla nuca mettendo a nudo il cranio lucido. Aprì poi con cura la scatola cranica con una sega rotante, strappò via la calotta cranica superiore, estrasse a mani nude il suo cervello e lo depose dentro un piccolo contenitore in acciaio al fianco del lettino.

    A quel punto si allontanò e lasciò Kantor da solo, che guardava con occhi febbricitanti il corpo del mago smembrato, da cui sgorgava ancora una grande quantità di sangue. Sul petto, all’altezza del cuore, si apriva una voragine, dentro cui si intravedevano resti maciullati dell’organo pulsante.

    "Ivarium variosk askerot avent uic" disse.

    Affondò le sue unghie affilate nel cervello, poi emise un urlo e dei tentacoli di energia avvolsero il cervello dello sventurato. Kantor iniziò a leggere nella sua mente e un’espressione soddisfatta comparì sul suo volto.

    Grazie Tylim, mi sei stato molto utile disse il Demone con un lieve sorriso. Il resto lo farò da solo.

    Buttò nel pozzo il corpo del defunto per nutrire le più infide creature dell’oscurità e si diresse verso il piano superiore.

    Dannazione! Talismani, Demone Perduto, Elementali, mondo dei Mamenti superiori pensò tra sé riflettendo un po’ confuso: Presto farò chiarezza su tutta questa vicenda.

    Salì la scalinata umida in pietra per tornare al piano della grande sala del palazzo: presto incontrerò il figlio del re di Evalor, Edron Nebethilen, devo partire al più presto. Pensò tra sé.

    Uscì a grandi passi sbattendo la porta in legno massiccio rinforzato del castello, saltò giù dal ponte levatoio; Il suo Antara lo stava aspettando. Entrambi sparirono poco dopo nella nebbia fitta.

    5

    Era mattina presto e Aaron Parevil stava andando a caccia con suo fratello Joshua nelle campagne vicine al suo villaggio, frazione di Dikan, per poter portare qualcosa da mangiare alla sua famiglia.

    Da quando due anni prima aveva incontrato l’uomo dei boschi che gli aveva salvato la vita, Aaron era diventato molto taciturno, pensieroso e chiuso.

    Aveva ormai diciotto anni e molto spesso pensava a quello che gli era successo; da un lato avrebbe voluto incontrare di nuovo l’uomo dei boschi, sapere il suo nome, andare via con lui e cambiare la propria vita, dall’altro pensava alla sua famiglia, sua madre e i suoi tre fratelli. Si sentiva responsabile del loro destino.

    Vieni con me, Joshua, andiamo vicino a quel cespuglio. Aaron era riuscito ad apprendere l’arte della caccia non da suo padre ma da un cacciatore del suo villaggio che si era preso cura di lui già dai quattordici anni. Ormai era diventato tanto esperto da poter cacciare anche da solo; in questi ultimi anni era anche stato addestrato alle arti militari dalla guardia cittadina del suo villaggio. Era diventato molto bravo a tirar di spada e nel combattimento ravvicinato; l’arco lo aveva imparato ad usare durante la caccia.

    Joshua, quando vai a cacciare devi diventare come il bosco; devi essere come il vento, devi essere il vento. Devi diventare invisibile. Siamo degli umanoidi e con le nostre capacità lo possiamo fare; devi sentire i rumori del bosco gli disse mentre spostava un grosso masso per farsi strada, sotto lo sguardo stupito del fratellino. Cercava sempre di stimolare suo fratello a cercare i suoi poteri nascosti, presenti in ogni umanoide; voleva aiutarlo a trovare la sua strada. Quel giorno dopo ore di camminata infruttuosa finalmente Aaron riuscì a percepire la presenza di qualcosa:

    Da quella parte Joshua, seguimi, i cinghiali sono dietro quelle rocce; stanno andando a bere al fiume Smeraldo!. Così saltò su di un ramo e correndo leggero tra le chiome degli alberi si portò a pochi passi dalla sua preda. Joshua lo seguì a breve distanza cercando di non fare rumore. Eccoli pensò e guardò il fratello. Scostò una chioma dei lunghi capelli corvini dal viso e si preparò lentamente a scagliare una freccia dalla punta avvelenata. Prese la mira e colpì uno dei cinghiali del piccolo branco alla gola che si accasciò al suolo mentre gli altri fuggirono spaventati.

    Bravo Aaron! Esclamò Joshua. Sapeva che il fratello era entusiasta quando usciva con lui, lo faceva sentire protetto. Joshua aveva 13 anni, 5 in meno di lui. Aaron cercava di essere come il padre che non aveva mai avuto.

    Torniamo a casa per oggi va bene così; ci aspetta una camminata di qualche ora, spero che tu non sia stanco Joshua! La mamma ci aspetta.

    Tornarono a casa nel tardo pomeriggio, stanchi ma felici. Quando stava fuori nel bosco, Aaron si sentiva bene e in pace con sé stesso.

    Siamo tornati, madre. Abbiamo una sorpresa per te! Aaron sentì gridare Joshua entusiasta; sapeva che era fiero di avere in qualche modo di averlo aiutato in quella giornata di caccia. La madre prese il cinghiale, ringraziò la sua anima e si mise a cucinare una metà per la cena.

    Grazie, Aaron dissero i suoi fratelli più piccoli, saltellandogli attorno.

    Ho solo fatto il mio dovere come sempre, fratelli, è il minimo che possa fare per voi.

    Non dire così, Aaron Lo interruppe la madre: Sappiamo quanto sei importante per noi in questo momento e vorrei che tu restassi sempre qui. Avverto la tua solitudine, il tuo dolore.

    Madre… Aaron incrociò il suo sguardo per pochi istanti e notò tutta la sua tristezza. Poco dopo lei disse: È ora di cena ragazzi, tutti a tavola!

    Quella notte Aaron fece un sogno molto strano: prima gli apparve l’uomo che aveva incontrato nella foresta, che lo guardava senza dire una parola, poi, improvvisamente come quella volta, si dileguò e al suo posto comparve una figura che non aveva mai visto che gli parlò:

    Aaron sono qui. Tu non sai chi sono e non sai chi sei.

    Chi sei rispose Aaron, sentendo solo una voce ed avvertendo una presenza, come una luce e una sagoma umana in lontananza, senza riuscire a percepirne i dettagli.

    Sono un Mamento, figlio dei Mamenti superiori. Siamo coloro che governano i mondi, per voi entità inesistenti, astratte. Eppure, siamo coloro che direzionano le vostre vite e i vostri destini.

    Aaron era stupito e incredulo, non sapeva cosa dire. Perché parlava proprio con lui? Lui che era un taglialegna di un villaggio sperduto nelle campagne. Per chiunque lui sarebbe potuto morire anche l'indomani mattina senza che nessuno ne sentisse la mancanza.

    Il Mamento riprese a parlare: Tu sai che non devi stare qui. Devi cercare il tuo destino, lo devi seguire.

    Ma io non so che fare né dove andare. E devo aiutare la mia famiglia.

    Ma in cuor suo sapeva che il suo posto non era quello. Non aveva idea di dove potesse condurlo il destino, ma di sicuro non era passare tutta la sua vita in quella vecchia baracca! Di questo ne era certo.

    Dove vuoi andare, Aaron?

    Non lo so.

    Va’ a Evalor e trova la tua strada. Passa per il massiccio montuoso di Grhuul e prendi la tua arma, supera il fiume Becet e prosegui per la capitale.

    Temo di non sentirmi ancora pronto.

    Non puoi più aspettare, troverai chi ti aiuterà.

    Detto questo il Mamento, così disse di chiamarsi, si allontanò. Aaron era in ansia, sudava, cercava di seguire quella luce, voleva spiegazioni Aspetta! gridava, rincorrendo la luce che si faceva sempre più distante.

    Ma il Mamento andava troppo in fretta. Pochi attimi dopo sparì e al suo posto apparve la foresta che conosceva benissimo, si trovò immerso tra le foglie del bosco; sentì un fruscio tra un cespuglio ed apparve il Minefronte che lo aveva quasi ucciso. Poi da dietro un albero spuntò anche suo padre che si avvicinò alla bestia accarezzandola e sussurrando: Aaron, tu ci salverai.

    Aaron si svegliò molto presto, fradicio di sudore e con il cuore in gola, ancora prima dell’alba. Un rumore dall'esterno attirò la sua attenzione: si affacciò dalla finestra contemplando l'oscurità di una notte come la pece. Vide poi apparire a pochi metri dal suo davanzale la civetta della luna, animale rarissimo e quasi leggendario. Il suo sguardo di ghiaccio incontrò quello inespressivo dell'animale, che si avvicinò ciondolante alla sua finestra e aprì le ali. Era molto turbato ma in quel momento aveva capito che doveva lasciare la sua famiglia. Decise di prendere un po’ d’aria per rinfrescarsi le idee e trovare le parole giuste da dire alla sua famiglia. Quando raggiunse la porta di casa, trovò la madre all’uscio. Appena lo vide, la sua espressione si trasformò in una maschera di rassegnazione, si fiondò verso di lui senza dire una parola, lo abbracciò e pianse in silenzio. Se in un primo momento Aaron rimase immobile per la reazione di sua madre, come se già sapesse, subito si riscosse e avvolse le braccia attorno alla sua schiena.

    Madre, io…

    Lo so, Aaron, so già tutto da molto tempo. Io e tuo padre sapevamo che, prima o poi, saresti dovuto andare via. Era scritto nel tuo destino.

    Ma come è possibile tutto ciò? disse Aaron un po’ confuso.

    Il mio potere, figliolo: sono una veggente. Devo interpretare le mie visioni, ma quelle che ti riguardano sono sempre state chiare.

    In che senso madre? Che cosa sai di me? Chi sono io?

    Il tuo destino non è qui, né in questo né in altri mondi figliolo. Sono sicura che troverai la tua strada e mi renderai fiera di te.

    Aaron la guardava tremante e sentì che le sue guance cominciavano ad inumidirsi; sapeva che la madre non gli avrebbe detto nulla di più anche se lo avesse saputo. Era nella sua natura.

    Come farai con i bambini?

    Ci penso io a dirlo a Joshua e agli altri, non voglio che ti vedano partire. Spero di rivederti presto figlio mio.

    Si abbracciarono ancora una volta, poi Aaron prese lo zaino che sua madre aveva riempito con molte provviste; il suo arco, la faretra e la spada. Da solo si diresse a sud verso il massiccio montuoso di Grhuul, la terra dei Troll.

    Non ho nulla da temere, pensava tra sé, Sono sempre stato solo e da solo troverò la mia strada.

    Si voltò e rivolse un ultimo sguardo alla madre che lo guardava con tristezza dall’ingresso della sua casa natale.

    In cuor suo, sentiva che non l’avrebbe mai più rivista.

    6

    Quella mattina Dreken era intento ad analizzare il contenuto degli antichi libri, in particolare del terzo che gli sembrava essere il più importante.

    Si trovava bene a Salerthill: nonostante la stagione invernale, il clima era mitigato dalla magia evocata dai maghi controllori degli uomini verdi, che alimentavano la forza degli alberi sacri del palazzo dei Salici, sede del signore della foresta di Sangen.

    Dreken leggeva con attenzione la copia da lui creata delle pagine del manoscritto, alla ricerca di qualcosa di interessante. Aveva qualche difficoltà legata alla lingua, ma riusciva comunque a decifrarlo.

    Trovava interessante la stanza in cui si trovava. Era seduto su un divano in pelle di capricorno nero, davanti a lui un tavolino in legno che gli arrivava fino al ginocchio, con adagiata una piccola bottiglia di baskur, potente liquore che stenderebbe un cavallo. Tutto intorno arazzi con scene di guerra, illuminati da ampi finestroni su tre lati. Non c’è nulla, niente! Forse tutto questa roba è una sorta di protezione contro gli estranei, pensò.

    Dopo ore di ricerca, tuttavia, trovò qualcosa che si ricollegava al paragrafo che aveva letto a Caranthir la sera prima, prima che le pagine si distruggessero: Il segreto non dovrà essere mai più rivelato; le forze oscure sono in agguato, e lo saranno per millenni per poter ridar vita al Demone Perduto. In caso contrario, distruggete il primo Portale.

    Letto questo trovò un'altra parte molto interessante che, a suo parere, avrebbe potuto aiutarli a capire dove potevano essere nascosti i Talismani e i loro custodi, gli Elementali.

    "La forza della terra nascosta tra i boschi a oriente, la forza dell’aria protetta dalle correnti più potenti, la forza del fuoco è la forza dei vulcani, la forza dell’acqua nel supremo signore del deserto. E la forza dei mondi al confine dei soli."

    Dreken era soddisfatto. Mandò a chiamare Caranthir che arrivò poco dopo.

    Vide l'oracolo apri la porta e con solito fare zoppicante segui la sua traiettoria fino a che non riuscì a lasciarsi andare sulla poltrona davanti a lui.

    Allora, a che punto siamo? Hai scoperto qualcosa? Ho delle notizie da darti.

    Prima che l’uomo più potente di Salerthill potesse dire un’altra parola, Dreken iniziò a leggere quello che aveva tradotto. Sollevò lo sguardo e provò a leggere il pensiero del suo interlocutore, pensando di trovare un muro nel suo sguardo, come al solito. Questa volta gli sembrò che Caranthir udendo quelle parole fosse esterrefatto.

    Vedo che iniziamo a vederci chiaro. Dobbiamo solo capire dove andare e soprattutto prima degli altri.

    Hai ragione. Manca poco ma dobbiamo decifrare quegli scritti. Tu hai qualcosa da dirmi?

    Nel dirlo lo fissò negli occhi aspettando una sua reazione. Con un cenno deciso del braccio gli rispose:

    Non credo importante come quello che mi hai appena letto ma… Oggi nella nostra biblioteca al palazzo dei Salici ho trovato un testo e delle mappe antiche. Nel libro si conferma l’antica guerra contro il Demone Perduto, quindi si richiamano terre lontane, di un altro mondo, che possono avere a che fare con questa storia.

    Cosa vuoi dire? gli disse Dreken incuriosito.

    Lui si raddrizzò e lo guardò:

    C’era una mappa, di un mondo che non ho mai visitato e di cui non ho mai sentito parlare.

    Potrebbe essere il mondo privato della magia dopo la Grande Guerra, dove sono stati spediti gran parte degli umani sconfitti.

    Esatto! È quello che ho pensato anch’io gli rispose Caranthir con voce squillante: E penso che lì potrebbe essere custodito uno dei Talismani.

    Se davvero esistono, dobbiamo organizzare una spedizione quanto prima. Sarà difficile, ma appena scopriremo dove andare tutto, si appianerà.

    "Già, forse hai ragione.

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